sabato 30 novembre 2013

Il campionato più bello del mondo- La rovesciata di Cantarutti


 
Anche quel giorno ci fu qualcosa di clamoroso al Cibali. Era il 12 febbraio del 1984 ed il Catania riceveva tra le mura amiche il Milan, ancora Piccolo Diavolo condotto da Ilario Castagner. La classifica degli etnei era alquanto precaria. La squadra di Di Marzio occupava il posto di fanalino di coda, il salto di categoria aveva rivelato purtroppo un organico non all’altezza della situazione per puntare ad una salvezza tranquilla, nonostante gli inserimenti in organico dei brasiliani Pedrinho e Luvanor.

 Tuttavia, all’altezza della 19esima giornata i rosso azzurri potevano ancora tentare un disperato aggancio alla penultima posizione per tentare un disperato salvataggio finale. La gara al cospetto dei rossoneri, però, non cominciò nel migliore dei modi. Dopo appena 4’ il centrocampista Gabriello Carotti sorprese il pur bravo Roberto Sorrentino (al momento allenatore del Teuta Durazzo in Albania). Ma spinto dal suo pubblico, il Catania trovò la forza di reagire ed al 38’ pervenne al pareggio con Ciro Bilardi, ex-centrocampista della Cavese. Ad ogni modo, le emozioni di quella domenica non erano ancora finite, in quanto il Milan di Eric Gerets e Luther Blisset, ma anche di Tassotti, Baresi ed Evani arrancò pericolosamente. All’82’, infatti, Aldo Cantarutti, tra i più noti bomber di provincia, realizzò un’autentica prodezza. Palleggio aereo in piena area di rigore e sforbiciata volante che si spense imparabilmente alle spalle di Ottorino Piotti. Il Cibali esplose come l’Etna, un boato incontenibile di fronte ad una prodezza spettacolare. Ma nel bel mezzo del tripudio l’arbitro Benedetti di Roma ebbe la poco felice idea di annullare quel gol di incredibile bellezza.

 Il Cibali questa volta si trasformò in una polveriera. Un tifoso invase il terreno di gioco, tentando una vera e propria caccia alla giacchetta nera e la partita stessa fu interrotta per molti minuti. L’arbitro, scortato dai Carabinieri, decise di portarla al termine, ma lo scippo ai danni del Catania era stato clamoroso. Finì 1-1 ed il Catania mestamente retrocesse nuovamente in Serie B.

 

venerdì 29 novembre 2013

Europa League 2014: La forza del blasone


I tifosi dell'Eintracht in trasferta a Bordeaux
La forza del blasone.  Un nutrito plotoncino di compagini blasonate ha già staccato in anticipo il biglietto per il passaggio del turno. Superano, infatti, la fase a gironi squadre che almeno una volta nella loro storia hanno vinto qualcosa in ambito continentale: Fiorentina, Lazio, Siviglia, Valencia, Tottenham Hotspur ed Eintracht Francoforte. Mancano ancora all’appello, ma potranno rimediare nell’ultima partita a disposizione, la Dinamo Kiev ed il PSV Eindhoven, che hanno incassato due brutti stop al cospetto delle rivelazioni Genk e Ludogoretz. Il vero spettacolo di questa giornata di Europa League lo hanno regalato però l’Eintracht ed i suoi tifosi, presentatisi in 15.000 nella trasferta decisiva a Bordeaux, dove le aquile hanno vinto meritatamente di misura. Erano coloratissimi. Tutti o quasi indossavano un giubbotto di colore arancione per regalare una coreografia straordinaria.

Virtù belghe. Il buon momento del calcio belga si riflette anche in Europa League, dove il
Philip Desmet nel Waregem del 1986
Genk di Mario Been (ex-giocatore del Pisa di Anconetani) ha già passato il turno, battendo di misura la Dinamo Kiev, e potrebbe essere imitato dallo Zulte Waregem, vittorioso per 2-1 sul terreno del Wigan Athletic. I rossoverdi dello Zulte sono sorti nel 2001 e rappresentano una sorta di continuazione del vecchio SV Waregem che, fondato nel 1925, vide poi bruscamente interrotta la propria storia nell’estate del 2001. Di lì, quindi, l’idea di una fusione con lo Zulte, altra compagine della regione delle Fiandre dell’Ovest. Lo Zulte Waregem, dopo il 2° posto in campionato della passata stagione, proviene dai preliminari di Champions League, dove è stato eliminato dal PSV Eindhoven. Il passaggio del turno non sarebbe una novità in Europa League per lo Zulte, visto che impresa analoga gli riuscì anche nel 2007, dove fu poi fermato dal Newcastle United. Ad ogni modo, il vecchio Waregem vanta poi trascorsi ben più importanti. Nel 1974, infatti, vinse la Coppa del Belgio e nel 1986 arrivò fino alle semifinali in Coppa UEFA, estromesso dal Colonia di Littbarski. In quella edizione i fiamminghi eliminarono anche il Milan, dopo una vittoria esterna a San Siro. Era il Waregem di Danny Veyt, Desmet e del colored Mutombo.

mercoledì 27 novembre 2013

Le leggende del gol 4a- Wlodzmierz Lubanski

 Un'entrata assissina dell'inglese Roy McFarland nel '73 ne rallentò bruscamente una carriera che altrimenti sarebbe stata ancora più sensazionale e ricca di numeri. Ma Wlodzmierz Lubanski rappresentò, ad ogni modo, uno dei migliori talenti del calcio polacco in assoluto. Difese lungamente dal '63 al '75 i colori del Gornik Zabrze (unica squadra polacca a raggiungere una finale europea, quella di Coppa delle Coppe persa nel '70 contro il Manchester City), con cui peraltro si aggiudicò per quattro anni consecutivi dal '66 al '69 la classifica dei cannonieri della Ekstraklasa, la massima divisione del calcio polacco. E' l'unico insieme all'israeliano Mizrahi ad aver vinto 2 volte la classifica dei marcatori in Coppa delle Coppe. Con i minatori di Zabrze (Gornik significa appunto "minatore") ha giocato complessivamente 234 partite con 155 gol all'attivo. Dal '75 all'82 si disimpegnò con 82 gol all'attivo nelle file del Lokeren in Belgio, per poi concludere la carriera nelle serie minori francesi con il Valenciennes (capocannoniere della Ligue2 con 28 gol nell'83) ed il Quimper. In Nazionale oltretutto è sceso in campo 75 volte con ben 48 gol all'attivo.
 Ricchissimo anche il suo palmarès con le squadre di club e con la Nazionale. Ha vinto infatti 7 campionati e 6 volte la Coppa di Polonia, mentre ha vinto l'Oro Olimpico nel 1972 a Monaco di Baviera.

martedì 26 novembre 2013

La Top11 del Cile- 2a


Marcelo Salas e Ivan Zamorano
di Antonio Vespasiano (giornalista di Calcio2000)
 
CILE TEMPESTOSO

Cervello della squadra è JAIME PIZARRO perla del Colo-Colo degli anni ’80 quando ottenne una valanga di successi sia in Patria che a livello continentale, culminati con la storica Libertadores del 1991, di cui fu l’uomo in più. Metronomo prezioso, dettava i tempi di gioco con maestria e intelligenza. Lottatore generoso ma corretto, mai una reazione fuori posto. Ambidestro, si guadagnò per carisma e personalità il soprannome di Kaiser. In Nazionale giocò 53 partite, compresa la sfortunata finale della Coppa America del 1987. Il ballottaggio come trequartista lo vince, sull’eterno rivale Francisco Valdés, CARLOS REINOSO, conosciuto anche come “el Maestro”. Giocatore di classe superiore, baciato da un talento straordinario al quale seppe unire tecnica e visione di gioco. Capace di lanci millimetrici da quaranta metri, come di puntuali filtranti in area. Aveva nelle corde la giocata di fino come la rabona o i gol dalla bandierina. Spese la parte migliore della sua carriera in Messico, diventando uno dei giocatoti più importanti nella storia del Club América, griffando la prestigiosa vittoria sul Boca Juniors nella Copa Interamericana del 1978.

Ala destra il velocissimo ENRIQUE HORMAZÁBAL, esterno destro offensivo e fantasioso, tra i migliori calciatori cileni di sempre. Giocatore completo, imprendibile nell’uno contro uno. Versatile, scaltro, lo chiamavano “'Cuá Cuá”, ed è così che è ricordato nella Storia del Colo-Colo. Con la Roja, scrisse pagine di storia, trasformando l’attacco cileno nel più prolifico della Coppa America del 1955 e 1956, biennio d’oro per lui che fu eletto in entrambe le occasioni miglior giocatore del torneo, di cui fu anche capocannoniere nel ‘56. Uno screzio col C.T. Riera non gli permise di essere tra i convocati del Mondiale del ’62. A sinistra LEONEL SÁNCHEZ protagonista indiscusso del terzo posto ai Mondiali del ’62. I suoi gol esaltarono il pubblico di casa. Splendida la prodezza con la quale ipnotizzò Yashin nei quarti di finale. Si ripeté anche col Brasile in semifinale, ma fu inutile. Chiuse il torneo con 4 centri, capocannoniere insieme ad altri cinque giocatori. Ottimo attaccante, generoso ma troppo focoso. In quel Mondiale oltre che per i gol passò alla storia per l’ignobile sceneggiata nella “Battaglia di Santiago”, che costò l’espulsione a David e un naso rotto a Maschio. Gli 84 gettoni di presenza ne fanno il recordman di sempre della Roja.

In panchina, e sembra quasi un’eresia, il miglior marcatore nella storia del campionato cileno, FRANCISCO VALDÉS. Brillante regista offensivo è stato uno dei calciatori di spicco del Colo-Colo di cui è il miglio marcatore all-time. Cervello fine, piedi educati con la Nazionale ha giocato i Mondiali del ’66 e del ’74, epica la sua rivalità con Reinoso. Poi JORGE ARAVENA, specialista delle punizioni che calciava di sinistro in modo potente e preciso, tanto da guadagnarsi il soprannome di “mortaio”. Durante la qualificazioni a Messico ’86 segnò un gol ad altissimo tasso di spettacolarità, ricordato ancora oggi come “el Gol Imposible”.

lunedì 25 novembre 2013

The Badge of the week: Colonia


 Fondato nel 1948 dalla fusione tra il Kolner Ballspiel 1902 ed il Sulz 07, l’1FC Koln, il Colonia, ha vinto tre volte il campionato tedesco (l’ultima volta però nel ’78) e 4 volte la Coppa di Germania. Nel suo curriculum europeo, invece, conta una quantità di semifinali raggiunte ed una finale di Coppa UEFA persa nell’86 di fronte al Real Madrid. Nel ’78 e nell’81 ha vinto invece il Trofeo Juan Gamper a Barcellona.

 Il logo societario dei biancorossi rappresenta da sempre un caprone, animale tipico della Renania, regione di appartenenza del club. Il caprone ha anche un nome e per la precisione si chiama Hennes in onore di Hennes Weisweiler, ex-giocatore ed anche tecnico del club, fautore di un calcio tipicamente offensivo. Il primo caprone fu donato al club da un imprenditore circense durante il Carnevale di Colonia. Le maggiori rivalità del Colonia sono al cospetto del Borussia Moenchengladbach, del Bayer Leverkusen ed in particolare nei confronti del Fortuna Dusseldorf, tutte compagini corregionali. La rivalità contro quelli di Dusseldorf è anche di natura come dire “birrofila”. Quelli del Colonia vanno matti per la Kolsch, a quelli del Fortuna piace tanto la Alt.

sabato 23 novembre 2013

La Top 11 del Cile-1a


di Antonio Vespasiano (giornalista di Calcio2000)

 
Per raccontare del calcio cileno bisogna partire dal 1553, anno in cui i conquistadores spagnoli, guidati da Pedro de Valdivia, furono travolti e sconfitti dall’esercito Mapuche, nel quale si distinse un guerriero di nome Colocolo. Quello stesso capo tribù arucano nel 1925 fu scelto come simbolo del neonato Colo-Colo, il club cileno più importante e titolato del Paese (in bacheca anche la Coppa Libertadores del 1991), a rappresentare ideali quali coraggio, forza e orgoglio tipici di un popolo che sovente li ha ostentati anche in campo, attraverso le performance dei giocatori della Nazionale. Quattrocento anni dopo la battaglia di Tucapel, infatti, lo Stadio Nazionale di Santiago del Cile (città fondata proprio da Pedro de Valdivia) fu teatro, nel 1962, di un altro celebre scontro, passato alla storia come la “Battaglia di Santiago”, quando cileni e italiani se le diedero di santa ragione, inscenando il più cruento match di calcio che si sia mai visto. Ma il fútbol cileno non è solo “garra y orgullo”. È bene sottolineare anche come quella cilena sia stata la seconda federazione nata in Sudamerica e dopo più di un secolo di vita la Roja si è guadagnata l’onore di essere considerata come la quarta potenza calcistica del Sud America, dopo Brasile, Argentina e Uruguay.

 

Il buon nome di cui gode, non solo nell’ambito della CONMEBOL, la Nazionale cilena, però, non può dirsi cha faccia leva su successi degni di nota. Nonostante il Cile sia tra i membri fondatori della Coppa America, dopo trentacinque partecipazioni al più antico torneo continentale del mondo non è ancora riuscito ad aggiudicarsi alcuna vittoria. Quattro volte ha chiuso al secondo posto e cinque al terzo. Probabilmente il podio di bronzo ai Mondiali casalinghi del ’62 è stato il momento di maggior splendore del calcio cileno. Sovente però nella storia dei Campionati del Mondo la Roja ha dovuto fare i conti con vergogne e scandali. Dagli arbitraggi accomodanti della kermesse casalinga del ’62, fino al vergognoso epilogo delle qualificazioni ad Italia ’90, dove il teatrino di Antonio Rojas costò l’esclusione dalle qualificazioni per Usa ’94, senza dimenticare che il lasciapassare per il Mondiale tedesco del ’74 arrivò soltanto perché l’Unione Sovietica si rifiutò di giocare nello Stadio Nazionale di Santiago, che poco tempo prima era stato campo di concentramento e cortile per le fucilazioni del regime di Pinochet. La medaglia di bronzo ai Giochi Olimpici di Sidney e il terzo posto ai Mondiali under 20 del 2007 sono ottime basi da cui ripartire in vista di maggiori fortune per il prossimo futuro.

giovedì 21 novembre 2013

Le leggende del gol-3: Tanju Colak


Tanju Colak
 Tanju Colak (classe ’63) è l’unico calciatore turco ad essersi affermato in un’edizione della Scarpa d’Oro, come miglior realizzatore del calcio europeo. L’impresa gli riuscì nella stagione del 1987/88 alla guida dell’attacco del Galatasaray, realizzando ben 39 gol, record per il campionato nazionale. Colak aveva in realtà sfiorato il primato nel 1986 con la maglia del Samsunspor (squadra della sua città natale), piazzandosi terzo, mentre nel ’91 avrebbe poi vinto la Scarpa d’Argento. Il turco ha vinto 5 volte la classifica dei marcatori del campionato: nell’86 e nell’87 con il Samsunspor, nell’88 e nel ’91 con il Galatasaray e nel ’93 con il Fenerbahce. Accadde anche questo nella strepitosa carriera di questo bomber, che passò da una parte all’altra del Bosforo, scatenando le proteste dei tifosi. Nel ’94 chiuse la carriera nelle file dell’Istanbulspor.  Con 257 reti in 296 gare è il miglior realizzatore di sempre del calcio turco. Nel ’91 in Galatasaray-Aydinspor realizzò 5 gol in una sola partita, record superato molti anni dopo soltanto da Hakan Sukur. Conta anche 9 gol in 31 partite con la Nazionale.

 Ha concluso la sua carriera agonistica a soli 31 anni per essersi macchiato di varie attività illecite. Tra le quali il contrabbando di Mercedes ad Ankara, per il quale iniziò a scontare una pena detentiva di oltre 4 anni.

martedì 19 novembre 2013

Il campionato più bello del mondo: Gol di Frustalupi


Mario Frustalupi
 Una sola volta è accaduto nella storia del campionato italiano che una squadra si laureasse Campione d’Italia, dopo aver avvicendato l’allenatore sulla propria panchina nel corso della stagione stessa. Questo tipo di impresa riuscì all’Inter nella stagione del 1970/71. Aveva iniziato il campionato sulla panchina meneghina Heriberto Herrera, paraguayano ex della Juve dai metodi ferrei, che però aveva imbarcato un inizio non facile, perdendo in casa con il Cagliari sonoramente e poi anche il derby con il Milan per 3-0. Pertanto dalla sesta gli subentrò il neanche 40enne Giovanni Invernizzi, che operò un imponente recupero in classifica. L’11 ottobre del ’70, alla terza di campionato, lo stesso HH2 non andò oltre il 2-2 sul terreno del Bologna. I felsinei passarono in vantaggio al 26’ con Beppe Savoldi, quindi nella ripresa al 49’ pareggio di Facchetti ed al 71’ prodezza di Mario Frustalupi, centrocampista dal talento sopraffino che cresceva sotto gli insegnamenti di Mariolino Corso, che Pelè aveva definito il calciatore “bianco” più forte in assoluto. Tuttavia, l’implacabile Savoldi al 76’ siglò il punto del decisivo pareggio. Fu quello l’ultimo risultato positivo di Heriberto Herrera, vittima di un esonero precoce.

lunedì 18 novembre 2013

The Badge of the week- Besiktas JK


 
Fondato nel 1903, il Besiktas è il club più antico di Turchia e pertanto ricco di blasone e di storia. Il suo primo Presidente Mehmet Samil Bey ne decise nel logo l’utilizzo delle aquile nere, riprendendolo dallo stemma del liceo francese in cui aveva studiato. Il nome del club prende dal quartiere omonimo in cui da sempre risiede, quindi la “J” ha il significato di Jimnastik e la “K” quello di Kulubu. La bandiera della mezzaluna turca all’interno dello stesso logo fu poi introdotto nel 1959, quando la Turchia affrontò gli eterni rivali della Grecia in un confronto internazionale con una squadra interamente composta da giocatori del Besiktas.

 I bianconeri hanno vinto per 13 volte il titolo nazionale e 9 volte la Coppa di Turchia, più 8 edizioni della Supercoppa. Nel 1987 è arrivato ai quarti di Coppa dei Campioni, nel 2003 in quelli della Coppa UEFA. La casa attuale del Besiktas è l’Inonu, che verrà rimpiazzato verso la fine del 2014 dal nuovo Vodafone Arena. La tifoseria delle aquile nere è tra le più calde di Turchia. Il Carsi, che si schiera politicamene a sinistra, è parte attivissima anche nelle lotte sociali nel suo paese.

venerdì 15 novembre 2013

Le leggende del gol 2a- Franz Bimbo Binder


 Franz Binder, per tutti conosciuto anche con il soprannome di Bimbo, è uno dei pochi cannonieri al mondo a poter vantare nel suo score un numero di reti maggiore rispetto al numero di partite giocate: ben 1.006 gol in 756 partite ufficiali (media 1,33 a partita). Uno dei pochi del resto ad aver valicato il muro dei 1000 gol realizzati in carriera. Nato a Vienna nel 1912, ha vestito per forza di cose la maglia di due nazionali, quella austriaca, suo effettivo paese d’origine, e quella tedesca, dopo il triste Anschluss dell’Austria alla Germania nazista. Per 19 anni consecutivi ha vestito la maglia del Rapid Vienna, squadra che ha guidato alla vittoria per 4 volte nel campionato austriaco e per 2 in quello tedesco. Al suo attivo anche una Coppa di Germania. Binder ha vinto per 6 volte la classifica dei marcatori in campionato: nel ’33, nel ’37 e nel ‘38 in quello austriaco e dal ’39 al ’41 in quello tedesco. Nella finale della Gauliga del 1941, cioè il campionato tedesco del tempo, il Rapid Vienna superò in rimonta per 4-3 lo Schalke 04 in svantaggio di tre gol e con tripletta del Bimbo. A Vienna ne parlano ancora.

mercoledì 13 novembre 2013

The Badge of the week- Aston Villa


Aston Villa FC
 Fondato nel 1874, l’Aston Villa per il calcio inglese ha prima di tutto il significato della pura tradizione.  7 volte Campione d’Inghilterra (anche se nella maggior parte dei casi a cavallo tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, con l’ultimo titolo vinto nel 1981), altrettante FA Cup, più il contorno di 5 League Cup, l’undici di Birmingham vanta il suo trofeo più prestigioso con la Coppa dei Campioni vinta nel 1982. Nel suo logo societario è sempre figurato un leone, accompagnato dai colori blue and claret quasi fino dalle sue origini. precisamente dal 1886. Dal 2007 il logo è cambiato, riducendo la dicitura in AVFC al posto di Aston Villa Football Club, ed aggiungendo una stella, per ricordare una volta di più il titolo di Campione d’Europa del 1982, che i villans conquistarono battendo per 1-0 il Bayern Monaco. Gol di Peter Withe, un mito o qualcosa di più. Il nuovo logo, comunque, è stato disegnato sulle indicazioni dei tifosi dell’Aston Villa, dopo una petizione del Presidente Randy Lerner.

martedì 12 novembre 2013

FA Cup 2014, Very Welling


 Non sono mancate le sorprese, ma non ce ne erano dubbio, nel First Round Proper della FA Cup. Le più piccole della piramide il Dawentry Town e lo Shortwood United hanno entrambe abbandonato la competizione come prevedibile, ma altre sono balzate agli onori della cronaca in maniera esaltante.

Very Welling. Il piccolo Welling United, formazione nata nel 1963 nel sobborgo londinese di Bexley, ha infatti compiuto l’impresa di giornata, superando sul proprio terreno il Luton Town per 2-1, squadra ben più blasonata che aveva particolarmente brillato nella scorsa edizione. Il Welling United milita nella quinta divisione inglese (di media fa 820 spettatori a partita in campionato) e negli ultimi anni ha ben figurato nei turni iniziali della Coppa. Il fondatore del club biancorosso fu l’ex-portiere del Charlton Athletic Sydney Hobbins insieme con i fratelli Barrie e Graham. Il suo miglior risultato in FA Cup fu il raggiungimento del terzo turno nel 1988/89.

Non lontano dalla City. Non lontano dalla City, comunque, si è registrato uno dei
risultati più clamorosi del turno. In quanto il piccolo Boreham Wood, sesta divisione, ha fermato tra le mura amiche con un pareggio ad occhiali il Carlisle United, che viaggia più in alto con tre categorie di differenza. Occorrerà dunque il replay, ma i bianconeri sognano di arrivare per la terza volta nella loro storia al Second Round Proper. Se andrà male, quantomeno avranno fatto meglio dei local rivals del St. Albans City, battuto per 8-1 dal Mansfield tra le mura amiche, peraltro dopo esser passato a condurre incredibilmente per 1-0. Intanto lo Stourbridge, data di nascita 1876 nelle West Midlands, è l’unico club di settima divisione rimasto in lizza. Ha battuto 4-1 il Biglleswade Town, di pari categoria, ed affronterà in trasferta lo Stevenage.

lunedì 11 novembre 2013

Le leggende del gol, 1a- Oleg Blokhin


 Il gol rappresenta tutta o quasi l’essenza del calcio. Momento culminante di ogni partita. Spesso le prodezze relative al gol rimangono immortali, così come gli stessi cannonieri. Iniziamo pertanto una rassegna dei più importanti goleador del calcio mondiale.

 Nato a Kiev nel 1952, Oleg Blokhin è stato il più importante cannoniere del calcio sovietico. Del resto vinse la classifica marcatori del Campionato dell’URSS in ben 5 occasioni: nel 1972 (con 14 reti), ’73 (18), ’74 (20), ’75 (18) e ’77 (17). Con 211 gol, comunque, Blokhin è il primatista di reti nell’ex-Campionato dell’Unione Sovietica, realizzati in 432 presenze, altro primato imbattuto. Tutti gol sono stati messi a segno esclusivamente con la maglia della sua amata Dinamo Kiev, con cui ha vinto 8 Scudetti e 5 Coppe nazionali, due volte la Coppa delle Coppe e la Supercoppa Europea. Da ucraino Oleg lo Zar ha anche giocato 109 partite con l’URSS e realizzato ben 42 reti. Nel 1975 è stato premiato con il Pallone d'Oro di Football France. Ha concluso la sua carriera pur sempre a suon di gol con gli austriaci del Vorwarts Steyr ed i ciprioti dell’Aris Limassol. Ha allenato poi molte squadre, non disdegnando la vita politica.

domenica 10 novembre 2013

La Polonia di sempre-2a parte


La seconda parte dell'articolo di Antonio Vespasiano sulla Top11 della Polonia di sempre.
 
DEYNA SI NASCE

Nel centrocampo a tre prezioso è il contributo di HENRYK KASPERCZAK, giocatore indispensabile per gli equilibri della squadra, mediano “olandese” in quella Polonia che stupì tutti, Italia compresa, piazzandosi terza ai Mondiali del ’74. Complemento ideale di Deyna, visto il dinamismo e la vivace aggressività del suo gioco che non si limitava a compiti di sola rottura viste le frequenti incursioni offensive. Argento alle Olimpiadi del ’76 anno in cui fu nominato calciatore polacco dell’anno. Regista della Polonia è KAZIMIERZ DEYNA campionissimo e uomo simbolo di una generazione d’oro che negli anni ’70 sbalordì l’Europa e il Mondo. Tecnica da fuoriclasse, visione di gioco impareggiabile, passo compassato ma tocco morbidissimo. In campo era un collettore di gioco e idee, il suo era un calcio di sentimento e poesia calato nel cuore della macchina da gioco di Górski. Uno di quei talenti che nascono una volta ogni cent’anni. Oro alle Olimpiadi del ’72 (in cui fu anche capocannoniere), Argento in quelle del ’76, in mezzo il terzo posto ai Mondiali di Germania dove Pelè lo incoronò miglior giocatore della manifestazione, con tanto di terzo posto nella graduatoria del Pallone d’Oro. Completa il trio ZBIGNIEW BONIEK, probabilmente il giocatore polacco più conosciuto, vuoi per le sue indiscutibili qualità tecniche, vuoi per la vetrina che seppe offrirgli la Juve nei primi anni ’80, quella di Platini e dei successi internazionali nei quali c’era sempre il suo zampino tanto da guadagnarsi l’appellativo di “bello di notte”, in virtù delle sue prestazioni in campo europeo dove si giocava in notturna appunto. Centrocampista offensivo dall’innata duttilità e dall’esplosiva falcata che sprigionava in fulminee progressioni. In Nazionale ha giocato tre Mondiali tra cui quelli del 1982 terminati al terzo posto.

Tra le riserve ZYGMUNT MASZCZYK, infaticabile podista della linea mediana. Pilastro del Ruch Chorzów club nel quale militò 14 stagioni, vincendo tre Campionati e una Coppa di Polonia. Con la Nazionale “Zyga” vinse le Olimpiadi del ’72 e fu Argento nel ’76. Ai Mondiali del ’74 faceva coppia con Kasperczak nel cuore del centrocampo biancorosso. Degno di menzione è anche ZYGRFRYD SZOŁTYSIK, imprendibile folletto (162 cm) del cuore grande e dalla tecnica raffinata. Astuzia, velocità, scaltrezza erano queste le qualità grazie alle quali teneva testa ad avversari ben più dotati atleticamente. Proverbiale la sua intesa con Lubański nello Górnik Zabrze, più volte portato al successo, e in Nazionale dov’è stato tra i protagonisti dell’Oro olimpico del ’72. Tra i grandi centrocampisti polacchi merita di essere citato anche MIROSŁAW OKOŃSKI, professione trequartista, è stato un grandissimo talento anche se mai del tutto all’altezza delle sue potenzialità. Popolare tra i tifosi non solo per i suoi gol ed i suoi dribbling ma anche per il suo carattere da showman.

sabato 9 novembre 2013

Il campionato più bello del mondo, il Tir del quartiere


Simone Tiribocchi
 Per fortuna del Milan il Bentegodi in versione Chievo non è così amaro come quando i rossoneri invece affrontano nello stesso impianto i più blasonati cugini dell’Hellas Verona. Gli scaligeri dell’Hellas, infatti, sono stati nella storia talmente indigesti per il Milan tanto da creare una terribile definizione, la “Fatal Verona” appunto, che nel 1973 e nel 1990 decretò la perdita di ben due Scudetti quasi certi in favore dei meneghini. Nei confronti con il Chievo al Bentegodi, invece, il Milan ha avuto vita quasi sempre più facile, anche se una delle poche sconfitte ebbe un peso di non poco conto per la squadra cara B. ed adesso a Barbara B.

 Il 3 dicembre del 2005, infatti, il Milan cadde di fronte al Chievo a Verona in un match cruciale per le sorti del campionato. Si giocava nell’anticipo del sabato ed il Milan di Ancelotti passò in vantaggio al 22’, grazie ad una sortita offensiva del difensore georgiano Kakha Kaladze. Ma il volitivo Chievo di Pillon non si perse senza dubbio d’animo ed al tramonto del primo tempo trovò il pareggio con il suo scudiero per eccellenza, cioè Sergio Pellissier, uno dei pochi valdostani ad aver giocato in Serie A. Tuttavia, il gol decisivo arrivò ad opera di Simone Tiribocchi, detto Tir, all’82’, quando aveva rilevato da un paio di minuti il brasiliano Amauri. Il Milan perse malamente, mentre la Juve vincendo a Firenze si portava a ben più 8 in classifica. Un’altra Fatal Verona.

venerdì 8 novembre 2013

Europa League 2014, già 8 le qualificate


di Vincenzo Paliotto
La punta dell’Esbjerg. Con due turni di anticipo ben 8 squadre sono già sicure di aver passato la fase a gironi, tra queste costituisce motivo di grande sorpresa la qualificazione dell’Esbjerg. Infatti, non molti sono stati nella storia delle competizioni europee gli exploit dei club della Danimarca, se si fa eccezione per qualche buon risultato del Brondby e del defunto B1903, assorbito poi dal più moderno Copenaghen FC. Fondato nel 1924, in rappresentanza di una città portuale di poco oltre i 70.000 abitanti, l’Esbjerg giunge ai sedicesimi da sorpresa autentica, dopo aver battuto gli svedesi dell’Elfsborg grazie ad un gol dell’olandese Mick Van Buren, pescato dall’Excelsior Rotterdam nella serie cadetta. Vincitore di 5 titoli nazionali (l’ultimo però nel ’79), i biancoblu non erano mai andati così oltre in Europa. Tra l’altro hanno eliminato anche il quotato Saint Etienne. Il suo impianto, il Blue Arena, conta 18.000 posti dei quali gran parte a sedere, mentre il tifo organizzato è rappresentato dai Blue Knight. Nell’80/81 approdarono al secondo turno della Coppa dei Campioni, dopo aver eliminato l’Halmastd, altra compagine svedese. Poi la strada gli fu sbarrata dallo Spartak Mosca, ma con molta fatica.

Guardando ad Est. Guardando ad est tre formazioni hanno guadagnato l’accesso ai
sedicesimi: l’ormai conferma Rubin Kazan, il Dnipro ed il Ludogoretz, squadra nuova del calcio bulgaro. Il Ludogoretz Razgrad è un club molto giovane, fondato appena nel 2001, ma che ha già vinto due volte lo scudetto ed una coppa nazionale. La città di Razgrad si trova nel nord-est del paese ed ha uno stadio molto piccolo, capace di appena 6.000 posti, e quindi per le gare europee si trasferisce per ovvietà di motivi nella capitale. Il gol decisivo nel pareggio contro il Chernomorets Odessa porta la firma di Juninho Quixada, un brasiliano con la doppia nazionalità. Non l’unico peraltro in squadra così come gli altri auriverdi Choco, Marcelinho e Michel Platini (!) ed il serbo Cvorovic.

Nel regno di Zahavi. La vittoria più prestigiosa è stata riportata, però, dal Maccabi Tel Aviv, che ha battuto con un netto 4-2 l’Eintracht Francoforte, conservando buoni propositi di passare il turno. I gialloblu che rappresentano la destra israeliana in netta contrapposizione quindi con l’Hapoel Tel Aviv, per antonomasia il club dei lavoratori, cercano finalmente un risultato di prestigio in Europa dopo aver vinto nel 1969 e nel 1971 2 volte la Coppa dei Campioni d’Asia. L’eroe della serata è stato Eran Zahavi, ex del Palermo tra le altre cose, che ritornato in patria però si è accasato con il Maccabi e non con l’Hapoel, la squadra che lo aveva lanciato reso un idolo, scontentando come si può immaginare i suoi ex tifosi. Zahavi ha realizzato una sontuosa tripletta dinanzi ai numerosi sostenitori tedeschi giunti a Tel Aviv.

Top 11- La Polonia di sempre 1a


di Antonio Vespasiano (di Calcio2000) prima parte di un articolo dettagliato ed imperdibile.

 
 Nonostante il calcio in Polonia affondi le proprie radici sin dall’inizio del secolo scorso, quando ingegneri minerari inglesi ne avevano diffuso la pratica, lento è stato il suo sviluppo. Vero è che la Federazione nacque nel 1919 e che l’affiliazione alla FIFA avvenne quattro anni dopo, ciononostante per poter godere dei primi successi internazionali c’è stato bisogno di attendere gli anni ’70, periodo di massimo splendore del calcio polacco. I motivi di questo incredibile ritardo sono facilmente rintracciabili nella tribolata situazione in cui la Polonia si è venuta a trovare durante e dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, con l’annessione al Terzo Reich, seguita dal lungo martirio della operazioni belliche e poi dalla riorganizzazione socio-culturale del comunismo. Solo quando il Paese s’è assestato al di là della Cortina di ferro è stato possibile lavorare ad un modello di calcio che seppe trarre il meglio da tre elementi: la cultura del lavoro e dell’organizzazione tattica (tale da permettere un fortunato connubio tra rigore difensivo e fantasia offensiva), una preparazione fisica all’avanguardia e la compresenza di una irripetibile generazione di talenti. Ingredienti questi sapientemente mixati dal leggendario Kazimierz Górski, C.T. polacco durante i fantastici anni ’70. Unico acuto prima di allora era stato lo straordinario ottavo di finale perso 6-5 ai supplementari con il Brasile di Leȏnidas ai Mondiali del 1938.

 

 L’epoca d’oro del calcio polacco ha inizio con i Giochi Olimpici di Monaco nel 1972, nei quali, contro ogni pronostico, la squadra guidata in campo da Lubański sconfisse 2-1 la favorita Ungheria e vinse la medaglia d’Oro. Due anni dopo si qualificò ai Mondiali tedeschi a discapito dell’Inghilterra centrando un incredibile terzo posto (1-0 al Brasile), dopo aver fatto paura ai futuri Campioni del Mondo della Germania Ovest. Nel 1976 ancora una medaglia olimpica impreziosì il palmares polacco, questa volta però d’Argento visto il 3-1 patito ai danni della Germania dell’Est. Grazie a questi successi la Polonia divenne una delle squadre da battere a livello mondiale, ed è con questa etichetta che si presentò a Spagna ’82 centrando un altro terzo posto (3-2 alla Francia). Spentasi la generazione d’oro, dalla metà degli anni ’80 è iniziato un lento declino. E non inganni l’argento olimpico del 1992; il serbatoio delle giovanili del calcio polacco ha smesso di sfornare talenti. Dopo aver raggiunto i Mondiali del 1986 la Polonia ha dovuto aspettare sedici lunghi anni prima di qualificarsi di nuovo per un Campionato del Mondo (Corea & Giappone 2002) per giunta grazie soprattutto alla naturalizzazione del nigeriano Olisadebe. Solo nel 2008, invece, ha fatto l’esordio assoluto ad in un Campionato Europeo. Per tradizione, infatti, la Polonia ha sempre offerto il meglio di sé sul palcoscenico Mondiale; c’è da dire però che l’ottima impressione fatta, soprattutto a livello infrastrutturale, durante gli Europei dello scorso anno lascia ben sperare per un riscatto futuro del calcio polacco, a patto però che il settore giovanile mostri segnali di risveglio.

 

LA FORMAZIONE DI SEMPRE

UNA DIFESA BUNKER

Il titolo quale miglior portiere polacco di tutti i tempi spetta a JAN TOMASZEWSKI. Nonostante i diversi successi internazionali (terzo posto ai Mondiali del ’74, medaglia d’Argento alle Olimpiadi del ’76 e ben 59 presenze in Nazionale), indimenticabile nella sua carriera resta il 17 ottobre 1973 quando a Wembley la Polonia fece lo sgambetto ai Maestri inglesi pareggiando 1-1 ed estromettendoli per la prima volta nella loro storia da un Mondiale. Eroe della serata con le sue strepitose parate fu proprio Tomaszewski, che chiuse la porta ai disperati assalti inglesi spazzando via i pregiudizi sul suo conto che lo dipingevano come poco affidabile e senza personalità. Si confermò poi al Mondiale tedesco, durante il quale parò ben due rigori. Peccato che il regime comunista gli impedì di trasferirsi all’estero prima dei trent’anni, precludendogli di fatto maggiori fortune. Come secondo preferiamo alle bizzarrie di Jerzy Dudek l’affidabilità del baffuto JÓZEF MŁYNARCZYK, portiere titolare nella fortunata spedizione Mondiale del 1982 così come in quella del 1986. Dopo i successi in Patria, dove vinse due Campionati consecutivi e il titolo quale miglior giocatore polacco nel 1983, s’impose sul palcoscenico internazionale con la maglia del Porto, indossata per tre stagioni durante le quali vinse Campionato, Coppa dei Campioni, Coppa Intercontinentale e Supercoppa Europea.

martedì 5 novembre 2013

FA Cup 2014, il First Round Proper



di Vincenzo Paliotto
Esaurita la lunga fase di ben 6 turni tra Preliminary e Qualifiyng Round, la FA Cup entra ulteriormente nel vivo con la disputa del First Round Proper, che accoglierà le formazioni appartenenti alla Football League e cioè della League One e della League Two, l’equivalente della Lega Pro italiana. Non mancheranno proprio per questo motivi di enorme interesse, anche se le attenzioni continueranno a concentrarsi sulle ultime due formazioni dell’8° livello rimaste ancora lizza. Il Dawentry Town, formazione del Northamptonshire, e lo Shortwood United, che per la prima volta nella loro storia sono arrivate così lontano in Coppa d’Inghilterra. Nelle ultime sei stagioni sono state soltanto tre in totale le squadre arrivate così lontano provenienti dall’8° livello della piramide calcistica inglese. E questo ovviamente suscita un interesse ancora maggiore intorno a questi due club della Non-League. Il Dawentry Town, comunque, si esibirà sul terreno del Chesterfield, mentre lo Shortwood United giocherà nel Monday Night tra le mura amiche contro il Port Vale.

Humber Derby. Tra gli altri motivi di notevole interesse spicca il local derby tra il Grimsby Town e lo Scunthorpe United, formazioni  avversarie da sempre, che giocano uno dei derby più sentiti del Regno Unito. Le due squadre giocano il cosiddetto Humber Derby, che per la verità vede in lizza anche l’altra blasonata formazione corregionale dell’Hull City. Grimsby e Scunthorpe si sono affrontate per la prima volta nel 1951 ed il bilancio dei confronti è attualmente di 24 successi per il Grimsby, 14 dello Scunthorpe e di 16 pareggi. Due volte soltanto si sono affrontate in FA Cup, in cui lo Scunthorpe non ha mai vinto.

 The londoners. Abbastanza nutrito il contingente delle formazioni appartenenti all’area londinese, anche se le big della Premier League e della Championship ancora devono entrare in lizza. Ma al momento il Brentford, il Barnet, l’ottimo Leyton Orient capolista in League One, il Wimbledon, il Dagenham&Redbridge, il Sutton United, il Welling United ed il Boreham Wood proveranno a tenere alto il nome calcistico della capitale.

 Cross border. Così come quello dell’area detta di crossborder, cioè di confine, in questo caso con il Galles. Rimangono, infatti, in lizza il Wrexham (la squadra più antica del Galles, nata addirittura nel 1864), il Kidderminster Harriers (due volte finalista nella Welsh Cup negli Anni Ottanta), l’Hereford United (protagonista di uno dei più famosi giant-killing nel 1972 ai danni del Newcastle United), il Newport County (arrivò fino ai quarti di finale in Coppa delle Coppe nel 1981) e lo Shrewsbury Town (vincitore della Welsh Cup in ben 6 occasioni e noto per avere una vera e propria divisa cult negli Anni Ottanta).

Wimbledon-Coventry. Non mancheranno altre sfide di prestigio, come quella che vedrà il Wolverhampton impegnato in casa dell’Oldham Athletic , mentre il Luton Town, rivelazione nella scorsa edizione, giocherà in casa del Welling United. Il Corby Town (7° livello) affronta il Dover  (6° livello) nell’accoppiamento tra le più “basse” al momento della competizione. La sfida di maggior fascino sarà, comunque, quella tra il Wimbledon ed il Coventry, vincitrici rispettivamente della FA Cup nel 1989 e nel 1987, cioè due delle vittorie tra le più clamorose della storia.

sabato 2 novembre 2013

Il campionato più bello del mondo: Gol di Ciccio Graziani


 Ci sono calciatori la cui storia personale prima che la carriera agonistica rimane indissolubilmente legato al nome di una squadra, ma in qualche caso anche a due. Come nel caso di Francesco “Ciccio” Graziani, che nel corso della sua straordinaria carriera ha siglato gol importantissimi in particolar modo con la maglia di due squadre, quella del Torino ultimo sculettato del 1976 e quello della Roma che ha provato a vincere la Coppa dei Campioni nel 1984. Peccato perchè Ciccio avrebbe potuto fare incetta di trofeo importanti nella sua carriera a livello di club, invece premiata con un solo tricolore, quello appunto del ’76 con il Torino di Gigi Radice. Altre tre volte Graziani, comunque, andò vicino al titolo nazionale: nell ’82 con la maglia della Fiorentina, altro suo grande amore, nell’84 e nell’86 con la Roma, battuta per due volte sul filo di lana dalla Juventus. Nell’86 clamorosa fu la sconfitta casalinga al cospetto del già retrocesso Lecce.

 Ad ogni modo, Ciccio Graziani ha coronato la sua encomiabile carriera di goleador e pregevole colpitore di testa con il titolo iridato del 1982, vinto con il gruppo dei fantastici cavalieri di Re Enzo Bearzot. Peccato per la sua carriera di allenatore, troppo presto tramontata, e per la parentesi di Campioni, il reality organizzato da Italia1 per descrivere il mondo del calcio, che lo vedeva nei panni dell’allenatore del Cervia. Da uno come Graziani, puntero di un altro calcio e dai valori più umani e meno commerciali, non ce lo saremmo aspettati. Ma come dire: scelte professionali.

 Graziani decise al 32’ del primo tempo un equilibrato Torino-Roma del marzo del ’76, che consegnò altri due punti importanti per i granata che rincorrevano con la Juve lo Scudetto. Ancora una volta Ciccio fu decisivo, nonostante la resistenza di una Roma coriacea, ma ancora Rometta.