venerdì 27 febbraio 2015

EuropaLeague2015: Ottavi di meraviglia


 
di Vincenzo Paliotto
Per la prima volta nella sua giovane storia l’Europa League parla italiano. Ben 5 compagini della nostra penisola, infatti, hanno tagliato il traguardo degli ottavi finale e dal sorteggio di Nyon è saltato fuori anche un derby, che si prospetta a dir poco intrigante tra la Roma e la Fiorentina, già divise da una grande rivalità in campionato e già affrontatesi nei quarti della Coppa Italia. Ad ogni modo, oltre a Napoli ed Inter, la vera impresa di giornata è del fantastico Torino di Ventura, prima squadra italiana nella storia a violare l’imbattibilità del San Mamès, uscendo tra gli applausi del caldo pubblico basco. In tema di derby giocati nelle coppe europee la Fiorentina per la terza volta affronta una squadra italiana, con una tardizione peraltro da sfatare. I viola persero la finale di Coppa UEFA nel 1989/90 e nella scorsa Europa League furono eliminati proprio negli ottavi di finale ancora per mano dei bianconeri. La Roma, invece, gioca il suo secondo derby internazionale, dopo aver perso la finale di Coppa UEFA di fronte all’Inter nel 1990/91.

 
Alle spalle delle italiane il contingente più numeroso è quello spagnolo, ucraino e russo con due squadre a testa, ma le iberiche Villareal e Siviglia sono chiamate purtroppo ad un derby fratricida. L’ennesimo in ambito spagnolo, addirittura il 28esimo in tutta la storia delle coppe europee. Sorpende l’exploit delle ucraine, in un momento economico e sociale poco fortunato per il paese. Ma in tal caso Dnipro e Dynamo Kiev hanno trovato ed energie e lucidità per andare avanti, sbarazzandosi oltretutto di avversari non facili. D’altro canto hanno fatto bene anche le russe con lo Zenit San Pietroburgo e la Dinamo Mosca. Sono due potenze economiche del calcio dell’est ed oltretutto i moscoviti approdano agli ottavi senza aver mai perso, così come l’Inter. La Dinamo Mosca non arrivava agli ottavi di un torneo dall’edizione della Coppa delle Coppe del 1995/96, nell’occasione nei quarti lasciarono il passo al Rapid Vienna.

 A fare notizia comunque è anche l’esguità delle formazioni inglesi e tedesche, rimaste nella contesa con appena una squadra a testa, l’Everton ed il Wolfsburg, mentre neanche una squadra lusitana è presente nel tabellone degli ottavi, dopo i successi e le affermazioni degli ultimi anni. Anche il Belgio e l’Olanda al momento garantiscono la loro presenza con il Bruges e l’Ajax, alla ricerca di un risultato europeo di prestigio dopo molti anni.

 L’impresa di giornata nel tabellone è comuqnue dei turchi del Besiktas, che ad Istanbul dinanzi a 70.000 spettatori hanno eliminato il Liverpool, che né Balotelli né Brendan Rodgers hanno riportato nei piani alti del aclcio europeo. La formazione di Slaven Bilic si è affermata ai calci di rigore (decisivo l’errore di Lovren), dimostrando grande carica agonistica, ma anche una buona organizzazione di gioco. Questa volta Istanbul non ha portato fortuna ai colori dei reds, che inq uesto stadio vinsero la Champions League contro il Milan nel 2005. La migliore campagna europea del Besiktas è del 2002/2003 in Coppa UEFA, stoppatasi nei quarti per mano della Lazio. I bianconeri eliminarono Sarajevo, Alavès, Dynamo Kiev e Slavia Praga. La squadra di Bilic è partita dalla Champions, dove ha eliminato il Feyenoord, ma dove a sua volta è stato estromesso dall’Arsenal per un solo gol.

 I sedicesimi di Europa League sono stati caratterizzati da qualche intemperanza di troppo. A Kiev la partita è stata momentaneamente sospesa per il tentativo dei tifosi ucraini di assaltare quelli francesi, mentre tafferugli sono scoppiati anche a Napoli ai danni di quelli del Trabzonspor, oltre le vicende note del match di Rotterdam, dove era impegnata la Roma.

 

giovedì 26 febbraio 2015

Esterophilia: Schalke 04-Werder Brema


di Vincenzo Lacerenza

Schalke 04-Werder Brema 1-4 (21/05/1988, Bundesliga, trentaquattresima giornata)

Schalke 04
: Schumacher, Wollitz (Hermann 83'), Schipper, Klinkert, Fichtel, D. Wollitz, Nielsen, Mirbach (Opitz 66'), Mielers, Tschiskale, Edelmann. Allenatore: Horst Franz

Werder Brema: Reck, Schaaf, Sauer, Otten (Burgsmüller 46'), Kutzop, Brafseth, Borowka, Votava, Hermann (Elits 80'), Riedle, Ordenewitz. Allenatore: Otto Rehhagel

Marcatori: Riedle 6', 17', Ordenewitz 26', 44', Tschiskale

Arbitro: Hans Peter Dellwing

Chiuso il 1987 con un piazzamento Uefa e salutato Rudi Völler, uomo simbolo della squadra accasatosi alla Roma, il Werder Brema, per il nuovo torneo, scommette sul promettente Karl Heinz Riedle, giovane attaccante di belle speranze e dal già discreto senso del goal, prelevato dal Blau-Weiß Berlin. Oltre al baffuto attaccante, fanno le valigie anche alcuni veterani come Hans Benno Möhlmann, mediano dalle spiccate attitudini offensive, che dopo nove anni di onorato servizio si trasferisce all'Amburgo, e Dieter Schlindwein, difensore bocciato dalla società e spedito a farsi le ossa all'Eintracht Francoforte.

A prendere il posto dell'oggetto misterioso arriva Uli Borowka, poliedirco terzino ingaggiato dal Borussia Moenchengladbach, capace di diventare un elemento cardine dei Grün-Weißen, fino a meritarsi anche la convocazione della nazionale, con cui scenderà in campo sei volte. Anche se la perdita di due calciatori carismatici come Völler e Möhlmann, potrebbe far pensare ad un indebolimento della rosa, il campo sembra ragione alla dirigenza e ad Otto Rehhagel, tecnico pragmatico tornato a sedere sulla panchina biancoverde dopo un fugace passaggio nel 1976 e noto al grande pubblico soprattutto per aver condotto la nazionale greca ad uno storico trionfo continentale nel 2004.

sabato 21 febbraio 2015

Lipsia, la leggenda della Lokomotive


di Vincenzo Paliotto

 C’è un mito che non tramonta mai dall’altra parte della Germania. Nonostante gli sconvolgimenti politici e sociali, il retaggio di quella che fu la DDR rimane ancora vivo nelle abitudini di tanti tedeschi. E specchio fedele di questo non tarscurabile effetto sociale è proprio la fede calcistica dei tedeschi che appartenevano a quella che fu la Germania Est. A Lipsia hanno provato quelli della Red Bull a trapiantare un loro franchising calcistico, come hanno fatto a Salisburgo e a New York, ma i tifosi locali di Lipsia non hanno ceduto, rimanendo fedeli al Chemie Lipsia e alla Lokomotive Lipsia, le squadre storiche e blasonate della città. La Lokomotive in particolare ha riacquistato la propria identità calcistica grazie alla fede e all’attaccamento alla maglia dei suoi tifosi.

Lokomotive Lipsia 1987
 Lipsia, al di là di quale parte del Muro sia stata nei suoi vari periodi storici, è una delle culle del calcio tedesco. Il VFB Lipsia, fondato nel 1896, vinse non a caso il primo titolo tedesco della storia, battendo in finale nettamente il DFB Prag, che era la squadra della comunità tedesca trasferitasi a Praga. In realtà le vittorie in campionato della compagine di Lipsia divennero poi anche altre in quegli anni pioneristici per i teutonici, con le susseguenti affermazioni in campionato nel 1906 e nel 1913. Tuttavia, dopo la divisione della Germania, il Lipsia si trovò in pianta stabile nella Oberliga ed a partire dal 1965 assunse il nome di Lokomotive Lipsia, che in qualche modo avrebbe fatto sognare i tifosi della città. La Lokomotive nacque in pratica dall’unione del VFB Lipsia e della Rotation Lipsia ed era per il regime la squadra di punta della città, anche ai danni del Chemie. Infatti, i migliori talenti dello stesso Chemie venivano trasferiti alla Lokomotive nell’intento di allestire una squadra vincente ed in grado di primeggiare. La Lokomotive non riuscì mai a raggiungere il sogno di un titolo nazionale (cosa in cui invece riuscì clamorosamente il Chemie), ma in compenso vinse per ben 5 volte la Coppa della Germania Est e si guadagnò ottimi consensi in Europa. Nel 1974 la Lokomotive, infatti, giunse fino alle semifinali della Coppa UEFA, eliminata soltanto per mano del Tottenham Hotspur, ma avevano estromesso dalla competizione squadre molto quotate e blasonate del calibro di: Torino, Wolverhampton, Fortuna Dusseldorf ed Ipswich Town. Nel 1987, invece, i gialloblu fecero ancora meglio, arrivando fino alla finale della Coppa delle Coppe, dopo aver eliminato Glentoran, Rapid Vienna, Sion e Bordeaux, perdendo però per mano dell’Ajax e di Marco Van Basten.

 
La storia della Lokomotive Lipsia è continuata poi con fortune importanti fino alla dismissione dell’Oberliga. Nella Germania della riunificazione il club è sprofondato nelle categorie inferiori, cambiando anche nome in Vfb Lipsia. Tuttavia, nel 2004 gli stessi e nostalgici tifosi della vecchia Lokomotive hanno rifondato il club con la stessa denominazione e gli stessi colori sociali, partendo dalle categorie dilettantistiche. Anzi dall’ultima divisione del calcio tedesco, l’11esima e definita Kreisklasse. Ma un amore ed un attaccamento ai colori sociali totalmente ripagato. Infatti, nell’ottobre del 2004 per il match interno contro l’Eintracht Grossdeuben in 12.421 sono accorsi per celebrare il ritorno della loro Lokomotive in campo. “Heroes die, legends live forever”, questo è lo slogan preferito dei sostenitori gialloblu nell’accompagnare la loro squadra al grande ritorno verso il grande calcio.

anti-Red Bull
 Lipsia è senza dubbio, però, una città che calcisticamente fa gola a tanti, a partire dai milionari della Red Bull, il colosso di bevande energetiche di statura mondiale, che sta cercando di trapiantare il proprio business ed il proprio interesse nel mondo del calcio. Dopo aver lanciato la stessa idea a Salisburgo e quindi negli Staes ed in Brasile, approfittando della crisi economica e societaria della Lokomotive, ma anche del Sachsen Lipsia, l’ex-Chemie Lipsia, la Red Bull ha acquistato il titolo del Markettstadt, dando così vita alla Red Bull Lipsia, una squadra ricchissima, ma che in pratica fatica a trovare tifosi. In tanti, infatti, preferiscono seguire le vicende della Lokomotive e del Sachsen, ma non degli artefatti della Red Bull. Anzi la squadra è oggetto di feroci critiche anche da parte della maggior parte delle tifoserie tedesche. Negli stadi tedeschi è facile trovare delle tifoserie che nelle loro curve espongono striscioni contro la squadra della Red Bull. Eppure la Red Bull Lipsia milita nella Zweite Bundesliga, la seconda divisione teutonica, cioè un campionato ben più ambizioso e da seguire rispetto alle categorie minori. Ma forse anche questo non basta per vincere i legittimi amori calcistici dei nostalgici di Lokomotive e Chemie. 

 

mercoledì 18 febbraio 2015

Trabzonspor, gli eroi di Trebisonda


Trabzonspor 1975/76
gli Euroavversari del Napoli
di Vincenzo Paliotto
 Il calcio a Trebisonda, dove cadde soltanto nel 1461 l’ultimo spicco dell’Impero Ottomano, è soprattutto sinonimo di fattore campo. In nessun’altra parte della Turchia, nemmeno sui vari fronti di Istanbul, l’imbattibilità casalinga di una squadra è durata così a lungo. L’Huseyn Avni Aker rimane spesso un terreno proibito, inaccessibile sia per le compagini del calcio turco, ma anche per le avversarie europee. Dal 1976 al 1982 il campo del Trabzonspor rimase inviolato per ben 80 incontri di campionato consecutivi, praticamente un’eternità ed un primato mai battuto.  La tifoseria del Trabzonspor, del resto, è tra le più temute del calcio turco e la trasferta a Trebisonda è quasi sempre sconsigliata, anche ai sostenitori delle squadre straniere. Non a caso nella Coppa dei Campioni del 1976/77 in questo stadio cadde anche ilgrande Liverpool, battuto di misura da un calcio di rigore di Cemil, anche se poi i reds conquistarono la qualificazione ad Anfield Road.

L'Huseyn Avni Aker
 Il Trabzonspor è nato soltanto nel 1967 dalla fusione di due club locali acerrimi rivali, Idmanocagu e Idmangucu, e la sua divisa di gioco blu and claret fu scelta prorpio per fare un omaggio agli inglesi dell’Aston Villa. Peraltro nella Coppa UEFA del 1994/95 il Trabzonspor eliminò clamorosamente dalla competizione proprio l’Aston Villa. A caldeggiare la fusione di più club nelle maggiori città turche fu il Presidente della locale federcalcio Orhan Seref Apak nell’ottica di potenziare e di rendere più bello il massimo campionato nazionale. In tutta la sua appassionante storia il massimo campionato turco è stato quasi sempre ad appannaggio delle tre grandi squadre della capitale. Ma la prima squadra a rompere l’egemonia delle squadre di Istanbul fu proprio il Trabzonspor, che salì sul podio del vincitore nel 1976, dopo essere stato promosso in massima divisione soltanto due anni addietro. La squadra rossoblu nel 1973 aveva affidato la panchina al profeta Ahmet Suat Ozyazici, che al primo assalto vinse il campionato cadetto affacciandosi nel massimo torneo nazionale. Dopo una stagione di assestamento, appunto, nel 1976 il Trabzonspor addirittura vinse il suo primo Scudetto tra il tripudio dei suoi tifosi.

martedì 17 febbraio 2015

Europa League 2015: i 32esimi di finale






Come comparasemplice mette a confronto le tariffe dei servizi, noi cerchiamo di raccontarvi i confronti tra le squadre di calcio.

Ajax Amsterdam-Legia Varsavia

 Dal punto di vista del tifo è la sfida più difficle del tabellone. Gli ultranazionalisti, o meglio razzisti, del Legia che sfidano la squadra di origine ebraica dell’Ajax. Un doppio confronto che mette in grave preallarme sia il governo olandese che quello polacco. Ad ogni modo, per il Legia l’ipotesi di giocare una ipotetica finale in casa potrebbe essere irripetibile. I verdi militari di Varsavia sono alla ricerca di un risultato di prestigio internazionale dal 1990/91, quando giunsero alle semifinali della Coppa delle Coppe, ma poi superati dal Manchester United. L’Ajax ha invece vinto la Coppa UEFA una sola volta nel 1992, superando nella doppia finale il Torino con due pareggi.

Aab Alborg-Bruges

Il tosto Bruges del campionato belga (una sola sconfitta fino ad ora e leadership assoluta) sfida i sorprendenti danesi di Alborg. Tuttavia, i fiammnghi nel loro primo turno preliminare si sono già sbarazzati del Brondby. Nella loro storia hanno sempre avuto la meglio sui danesi (Brondby nell’89/90 e poi Lingby, al di là di una sconfitta interna imposta dal FC Copenaghen). L’Aalbrog prova a riscrivere la storia: nel 2008/2009 giunse agli ottavi dell’Europa League, ma poi battuto ai rigori dal Manchester City.

Besiktas-Liverpool

 Per i turchi c’è da vendicare la vergognosa ed incredibile scoppola patita in Champions Legaue nel 2007/2008. Dopo aver vinto 2-1 in casa, grazie ad un’autorete di Hyppia e gol di Bobo, i bianconeri di Istanbul persero poi per 8-0 ad AnfiledRoad. Segnarono 2 volte Crouch, Gerrard e Bale e poi tripletta di Benayouan. Fu una mazzata terribile per i bianconeri. La sconfitta più dura della storia europea delle aquile. I turchi vantano, comunque, un ottimo momento in campionato, incollati al Fenerbahce con il Galatasaray alle spalle. Ad ogni modo, il Liverpool è la terza avversaria inglese di stagione per il Besiktas dopo Arsenal e Tottenham. Il Besiktas può far bene anche contro i reds, dopo aver messo in crisi gli spurs.

Dnipro-Olympiakos

 Sfida inedita tra gli ucraini del Dniproed i greci dell’Olympiakos. Due squadre che al momento provengono da esperienze stagionali diverse. Ma c’è un comune denominatore che inquesto caso le accomuna. Ed è quello del fantastico bomber OlegProtassov, che nel 1988 lasciò quello che era nella versione sovietica il DnjeprDenpetrovsk per passare proprio all’Olympiakos a peso d’oro. Fu in effetti un grande acquisto. Poca fortuna comunque per i biancorossi del Pireo nei recenti precedenti con le ucraine Shaktar Donetsk e per ben due volte con il Metallist Kharkiv.

Anderlecht-Dinamo Mosca

 Il sogno di Boris Rotenberg, il ricchissimo Presidente della Dinamo, è quello di portare la sua squadra ad un successo internzaionale di prestigio, al pari del CSKA Mosca e dello Zenit. La Dinamo ha giocato una finale di Coppa delle Coppe nel 1972 e poi nulla più. Persero di fronte ai Rangers Glasgow. L’Anderlecht vuole invece ritornare grande anche in Europa. Vinse la Coppa UEFA nel 1983, piegando in finale la resistenza del Benfica.

Guingamp-Dynamo Kiev

 Una cittadina bretone di appena 8.000 abitante che avanza così lontano in una coppa europea. E’ questa la leggenda del Guingamp, club di grandi tradizioni e che punta tutto sul vivaio e sui prestiti. In Francia per questo gridano all’ennesimo miracolo. Del resto i francesi hanno eliminato nel proprio girone il PAOK Salonicco, un avversario non proprio facile. La Dynamo Kiev avanza in Europa comunque con buone credenziali, almeno sulla carta. Ma il Guingamp è capace di qualsiasi cosa.

Villareal-Salisburgo

 Doppio confronto molto interessante. Il Villareal è squadra che produce un buon calcio con una discreta tradizione europea. Il Salisburgo, dopo essere regina in patria, vuol dire la sua anche in  Europa e potrebbe riuscirci. Gli austriaci schierano anche Alan, il capocannoniere della competizione fino a questo momento.

PSV Eindhoven-Zenit San Pietroburgo

Due squadre non proprio in forma, che provano a chiedere qualcosa all’Europa. Lo Zenit spera di rinnovare i fasti del 2008, quando vinse la coppa ai danni dei Rangers Glasgow in finale. Il PSV invce ha trionfato nel lontano 1978, battendo il Bastia nella doppia finale. Altra squadra ed altri tempi, vedremo il responso di questo doppio confronto.
 
 

lunedì 16 febbraio 2015

Esterophilia: Velez Sarsfield-Aldosivi


di Vincenzo Lacerenza (www.calciofuorimoda.blogspot.com)

Velez Sarsfield-Aldosivi 4-1 (20/10/1976, Campionato Nazionale argentino, ottava giornata)

Velez Sarsfield
: Falcioni, Osvaldo Barreiro, Gaetan, Malaquin, Larraquy, Cardone (Olmedo), Dominè, Rodriguez, Roldàn, Luna, Meglio. Allenatore: Lazaro Vladem Quevedo Ruiz


Aldosivi: Riolfo, Ruiz, Alvarez, Hipolito, Diaz, Raimondi, Sotelo, Bello Meza, Mustico, Viera, Zugasti. Allenatore: Roberto Josè Saba

Marcatori: Roldàn 36', rig. Rodriguez 51', Meglio 66', aut. Barreiro 85', Luna 89'

Arbitro: Jorge Sukutian

Nel 1976, in Argentina, Apertura e Clausura ancora non dettano i tempi della stagione pallonara, nè tanto meno imperversa l'attuale macrotorneo a trenta squadre, fortemente voluto da Julio Humberto Grondona, ex presidente della federazione albiceleste spentosi lo scorso 30 Luglio. Ma potrebbe un comparare semplice. Dal 1967 al 1985 infatti la formula adottata dall'AFA, prevede lo svolgersi di due campionati differenti: il Metropolitano, da disputare nella prima metà della stagione e rivolto alle formazioni dell'agglomerato urbato di Buenos Aires, e il Nacional, che infiamma le platee nella seconda mettà dell'anno, riservato a tutte le compagini della nazione. Fatta eccezione per il triennio 1982-1985, quando per ragioni logistiche, la governance argentina del pallone decide di invertire la finestra temporale in cui si svolgono le competizioni: Nacional in Primavera e Metropolitano in Autunno.

sabato 14 febbraio 2015

I giorni del Grifone: prodezza di Nicola Caccia


di Vincenzo Paliotto (I giorni del Grifone, rubrica di amarcord dedicata al club più antico d’Italia)

 Fu una stagione di transizione a tutti gli effetti quelli del Genoa in edizione 2003/2004. La Federcalcio e le istituzioni avevano ripescato a tavolino il Grifone condannato alla terza serie, ma l’occasione era stato poco sfrutatta dai rossoblu, affidatisi in panchina a Roberto Donadoni, campionissimo del Milan di Sacchi, ma con tante difficoltà una volta arrivato in panhcina. La sua esperienza ligure in effetti durò quattro partite, prima della sua dipartita in favore del “Sasso di Matera” Luigi De Canio, che pure raggiunse una salvezza faticosa, nonostante un organico ben assortito strada facendo dal Presidente Preziosi. A gennaio, infatti, a Genova approdo Diego Milito direttamente dal Rcing Avellaneda, dove aveva segnato gol importante. Milito esordì nel pareggio interno contro l’Ascoli al Ferraris. I rossoblu non erano andati oltre l’1-1 contro i bianconeri marchigiani.

 Ad ogni modo, una delle partite più belle della stagione si registrò nella gara interna contro il Verona, altra delusa del campionato del 23 marzo del 2004. I rossoblu si imposero per 4-1, grazie ai gol dell’intramontabile Marco Rossi, vero trascinatore, Foglio, lo stesso Milito ed un incredibile rete in rovesciata di Nicola Caccia, napoletano che visse la sua gloria sotto al Lanterna. In effetti la prodezza di Milito esaltò il Ferraris, ma in quel pomeriggio il vero fuoriclasse fu prorpio Nicola Caccia, capace di deliziare il suo pubblico con tre colpi di tacco a partita, dispensare assist ed essere soprattutto autore di gol pregevoli. Infatti, piegò la resistenza della difesa degli scaligeri con una rovesciata volante strappa applausi. Soltanto a tempo scaduto il rumeno Mihalcea accorciò le distanze per gli ospiti veneti.

mercoledì 11 febbraio 2015

Reinaldo è nosso Rei- 2a parte


Reinaldo, Paulo Isidoro e Marcelo
di Vincenzo Paliotto
O rubo do Brasileirao

 Tuttavia, quella in prospettiva iberica fu soltanto l’ultima delle punizioni che il regime militare brasiliano riservò al Rei di Belo Horizonte. Reinaldo aveva, infatti, vissuto soltanto poche stagioni prima delle autentiche repressioni agonistiche da parte del regime. L’Atletico Mineiro  per due volte giunse ad un passo dalla vittoria nel massimo campionato nazionale e per due volte il titolo gli fu letteralmente depredato e negato. I mezzi utilizzati dalla CBF, la federcalcio brasiliana, e dai suoi mandanti si rivelarono addirittura grotteschi ed anche, nella loro evidente malafede, poco elaborati. La più clamorosa si registrò proprio nel 1977, una stagione in cui peraltro la dittatura organizzò un campionato con ben 62 squadre ai nastri di partenza, ovviamente distribuite in varie fasi e vari raggruppamenti. Il poco più che ventenne Rei stava guidando il suo Atletico Mineiro in una stagione strabiliante del Brasileirao. Reinaldo stava andando in gol con una media realizzativa straordinaria. Dal primo turno di campionato alle semifinali Reinaldo timbrò il cartellino dei marcatori praticamente per 28 volte in 18 occasioni, stritolando ogni record del torneo nazionale. Il Rei andò in gol nel primo turno contro il Remo, poi suggellò il suo momento magico con una cinquina rifilata al Fast e poi castigò tutte le grandi del calcio nazionale. Reinaldo decise quasi da solo anche la semifinale contro il Londrina, rifilando ai malcapitati avversari una sontuosa tripletta ed il Galo giunse ad ogni modo alla grande finale da imbattuto, in attesa di contendere il titolo al Sao Paulo, che nella sua semifinale aveva eliminato l’Operario. Ma la più clamorosa ed allo stesso tempo indecente  delle decisioni adottò in quel momento la CBF. La federcalcio auriverde, infatti, squalificò per la grande finale Reinaldo, facendogli scontare con un sistema di sanzioni disciplinari cervellotico un turno di squalifica che era un residuo della prima fase del campionato. Era chiaro l’intento della CBF di privare l’Atletico Mineiro del suo giocatore più importante, senza il quale i bianconeri avrebbero avuto una vita difficilissima al cospetto del Sao Paulo. Fu un modo indegno per bilanciare la grande assenza nelle file pauliste che corrispondeva al nome di Serginho Chalupa. Il regime, però, riuscì a raggiungere il suo intento, completando la sua opera affidando la direzione di gara a Cesar Coelho, che arbitrò nettamente in favore dei paulisti. Il tecnico del Sao Paulo Rubens Minelli, infatti, nei giorni che precedevano la gara riconobbe l’inferiorità della propria squadra rispetto agli avversari e puntava su una condotta di gara difensivista in attesa di approdare ai calci di rigore. Coelho codardamente acconsentì al gioco duro ed ostruzionistico del Sao Paulo, culminato nell’intervento da codice penale di Chicao, che comportò la rottura dei legamenti del brillante Angelo. La partita non si sbloccò da un pareggio a reti bianche con il nervosismo dell’Atletico ed il Sao Paulo finì per prevalere con i tiri dagli undici metri in un Mineirao gremito di oltre 100.000 spettatori. Il Sao Paulo vinse un titolo nazionale pur avendo perso  per ben 4 volte, mentre l’Atletico Mineiro fu vicecampione ma imbattuto, amara consolazione per la squadra decisamente più forte del Brasile.  Lo stesso cannoniere dell’Atletico molti anni più tardi in un’intervista (a Placar nel 2012) tornò nuovamente su quanto accadde in quei primi mesi del 1978 (anche se si trattava del titolo del ’77): “Nel ‘77, la dittatura fu esplicita. Fui expulso nella primea fase del campionato, ma mi fecero scontare quella squalifica, evitandomi di giocare la finale”.

martedì 10 febbraio 2015

Esterophilia: Grasshoppers-Basilea


di Vincenzo Lacerenza (www.calciofuorimoda.blogspot.com)

 
Grasshopper-Basilea 3-0 (14/04/1996, turno finale Lega svizzera, settima giornata)

Grasshopper Club:
Zuberbühler; Haas, Vega, Gren, Gämperle; Lombardo, Koller, Vogel. Ibrahim (82. Smiljanic); Erceg (60. Abdullahi), Türkyilmaz (90. Jodice). Allenatore: Cristian Gross

FC Basilea: Huber; Ceccaroni, Meier, Walker, Orlando; Cantaluppi, Nyarko, Smajic, Sutter; Okolosi (46. Zuffi), Hakan Yakin (69. Konde). Allenatore: Karl Engel

Marcatori: 32' Vega, 84' Türkyilmaz, rig. 90' Türkyilmaz

Arbitro: Serge Muhmenthaler

L'Hardturm, per lui, non aveva segreti. Prima di salire su un treno per Losanna e spiegare le ali verso una brillante carriera, aveva calcato per due anni quel terreno di gioco. Il Kreise 5 di Zurigo l'aveva respirato tra il '73 e il '75, eppure quando nel 1993 tornò, gli sembrò tutto diverso. Ma non tanto per il tempo che passa e che ineluttabilmente porta via con sè quello che è stato, tanto quanto per la situazione emergenziale che aveva trovato al suo rientro. La "Z" stilizzata cucita sul cuore l'aveva portata soltanto per due stagioni, ma tanto era bastato per fargli capire cosa significava essere un Hoppers. Per chi nasce ad Hinwil, diecimila anime e una spolverata di neve lunga tutt'un anno, daltronde la scelta è inevitabile: Zurigo o Grasshopper. Zuri o Hoppers. La working class o l'eleganza aristocratica del pallone. Una dicotomia vecchia quanto il mondo: il primo derby si era giocato niente meno che nel 1897, lo stesso anno in cui un gruppo di giovincelli del Liceo d'Azeglio fondò la Juventus. Aveva ancora i capelli, anche se leggermente stempiato, quandò si infilò tra i viali acciottolati di Kreise 5 e giocò la sua partita ufficiale con gli Hoppers. Era ormai glabro quando si sedette, nel 1993, sulla panchina dei bianco-azzurri. Erano passati vent'anni e niente era più lo stesso. Christian Gross prese il timone della squadra in uno dei periodi più bui della formazione elvetica: l'anno prima gli Hoppers avevano rischiato persino di retrocedere, riuscendo però a cogliere la ciambella di salvataggio offerta dai playout. Non erano anni felici quelli. Erano in tanti a pensare che una ventata di novità avrebbe giovato alla squadra. Ma nessuno, nemmeno i più ottimisti avrebbero pensato a quello che di lì a poco si sarebbe materializzato. I più perfidi pensarono persino ad un'operazione di marketing da dare in pasto ai tifosi delusi dalle ultime scottanti annate. Ma furono subito smentiti. Da Gross, dal Grasshoper, dai risultati. Che arrivavano a grappoli: vicecampioni al primo tentativo, titolo e fiumi di birra l'anno dopo. Ma non era finita. Si erano ormai abituati a vincere, l'annus horribilis era ormai alle spalle, ma volevano seminarlo sempre più, fino a farlo diventare un pallido ricordo. Il campionato mantenne le aspettative della piazza: i biancoazzurri conclusero, appaiati in vetta insieme al Sion, la stagione regolare. Il bello doveva ancora venire. E sarebbe venuto ai playoff, che poi non erano nient'altro che una mini-lega composta da otto formazioni, le prime della stagione regolare, dove tutte contro tutte si battagliavano lo scettro elevetico in gare di andata e ritorno, per un totale di quattordici incontri. Senza esclusione di colpi, a tutto vantaggio dello spettacolo e dell'adrenalina.
Mentre in un campionato se si sbaglia c'è modo e tempo per attutire il colpo, qui un errore può costare il titolo.

lunedì 9 febbraio 2015

Reinaldo è nosso Rei- 1a parte



di Vincenzo Paliotto
 Nel calcio brasiliano i goleador vengono identificati con un appellativo più che altro dal significato inconfutabile e cioè quello di artilheiros, vale a dire artiglieri, per testimoniarne la loro esplosiva voracità in zona-gol. Nessuno, però, in Brasile sa quanti siano effettivamente gli artilheiros. Ci sono quelli più noti e rinomati che hanno fatto le fortune dei club del calcio nazionale e della Selecao, ma ce ne sono molti altri sparsi praticamente in tutto il mondo. Ogni campionato, più o meno prestigioso che sia, attualmente può godere o ha beneficiato del suo goleador brasiliano. Gli osservatori più attenti non molto tempo fa ne scovarono uno anche nelle Isole Far Oer, che d’altro canto si sa  hanno un clima e temperature stagionali non proprio vicine a quelle dei brasiliani. Del resto in Brasile giocare a calcio ed in particolar modo fare gol rappresenta un’arte vera e propria, anche da esportazione se è il caso, che ha fatto le fortune economiche più o meno grandi di molti calciatori carioca. I calciatori brasiliani, infatti, sconfiggendo in molti casi anche il loro peggior nemico come la saudade, riescono ad accasarsi ed ambientarsi dovunque ad ogni latitudine.  Anche se in tal caso bisogna dire che neanche le cifre sono poi molto precise e sempre del tutto attendibili. Senza ombra di dubbio il mitico Pelè e quindi il suo predecessore Arthur Friedenreich ed il suo successore Romario hanno scavalcato e non di poco la barriera dei mille gol in carriera, anche se per quanto riguarda i brasiliani bisogna dare risalto al fatto che le statistiche calcistiche nel paìs do futebol tengono conto quasi sempre anche dei gol realizzati in amistoso, cioè nelle amichevoli. Metro di valutazione che invece non viene adottata per quanto riguarda il calcio nel Vecchio Continente.

sabato 7 febbraio 2015

Aprile '81: pareggio genoano all'Olimpico


di Vincenzo Paliotto (I giorni del Grifone, rubrica di amarcord dedicata al club più antico d’Italia)

26/04/1981 Lazio-Genoa 2-2

Lazio: Marigo; Pighin, Citterio, Perrone, Pochesci, Simoni (34' Ghedin), Garlaschelli, Manzoni, Chiodi, Viola, Greco. A disposizione. Nardin, Scarsella, Cenci e Marronaro. Allenatore: Castagner.
Genoa: Martina; Testoni, Caneo, Corti, Onofri, Nela, C. Sala, Lorini, Russo (88' Manueli), Manfrin, Todesco (60' Boito). A disposizione: Favaro, Conti e Odorizzi. Allenatore: Simoni.
Arbitro: Bergamo di Livorno.
Marcatori: 20' Greco, 42' Corti (GE), 64' Russo (GE), 75' Greco.

 
Il gol del vantaggio di Russo
Fu anche quella una domenica cruciale per le sorti del Grifone di quella stagione. Del resto la Serie B edizione 1980/81 veniva proposta in versione di lusso: Milan, Lazio, Genoa e Samp tra le altre ai nastri di partenza erano un motivo sufficiente per considerarlo una edizione come dire gold della cadetteria. Gigi simoni d’altra parte si presentò all’Olimpico con al chiara intenzione di fare risultato. I rossoblu a lunghi tratti misero in evidente difficioltà i romani, anche se furono costretti ad inseguire per un gol di Greco, arrivato nell’unica distrazione difensiva della prima frazione di gioco. Ma al 42’ il veloce Corti in un ribaltamento offensivo trovò il pareggio sperato, aggirando l’opposizione del giovane Marigo. Ad ogni modo, all’inzio della ripresa il Genoa ispirato da un immenso Claudio Sala, che mise costantemente in affanno al retroguardia laziale, tanto che Castagner dopo neanche un tempo fu costretto a sostituire il frastornato Simoni con il più rude Ghedin. Al 64’, quindi, Russo, ispirato ancora dall’ottimo Corti siglò il raddoppio genoano. Tuttavia, il Genoa non riuscì a conservare quel prezioso vantaggio e nel finale ancora Greco impattò per il 2-2 finale, grazie alla notevole complicità di Bergamo di Livorno. Gli sfavori arbitrali nei confronti del Genoa erano allora già una realtà.

 
Il Genoa avrebbe comunque conquistato la Serie A in compagnia di Milan e Cesena, mentre la Lazio rimase in B, forse anche per quel pareggio casalingo. Il Genoa si era rinforzato bene con gli arrivi estivi di Martina, Caneo, Corti, Claudio Sala e Todesco. La promozione arrivò grazie alla sapiente guida tecnica di Gigi Simoni. Il bombero Russo contribuì alla promozione con ben 13 centri, formando un’ottima coppia con Boito. Poi le loro fortune genoane si sarebbero esaurite di lì a poco, ma per colpe non loro.

giovedì 5 febbraio 2015

Esterophilia: Galatasaray-Bursaspor


di Vincenzo Lacerenza (www.calciofuorimoda.blogspot.com)

 
Galatasaray-Bursaspor 5-2 (04/10/1987), sesta giornata, Lega turca)

Galatasaray
: Simovic, Tanman, Yuvakuran, Demiriz, Altintas, Onal, Prekazi, M. Altintas, Colak (77' Tufekci), Tutuneker (77' Demirel), Kovacevic. All. Jupp Derwall

Bursaspor: Kardesler, Gunduz (46' Salimoglu), Otlan, Sen, Kayan, Erdem, Ulusavas, Caliskan, Kilic, Biyedic (46' Ertas), Hattat. All. Nevzat Guzelirmak

Marcatori: Colak rig. 11', Biyedic 23', Tanman 24', Colak 26', Prezaki 37', Onal 44', Ulusavas 69'.

Arbirtro: Ilyas Ayan

Per il Galatasaray la stagione 1987/1988 deve rappresentare quella della riconferma in campionato, magari dando anche un occhio di riguardo alla Coppa dei Campioni. Campione in carica al fotofinish, a scapito del Besiktas, formazione giunta a soltanto una lunghezza di distanza dai giallorossi, ai nastri di partenza i Cimbom si presentano grossomodo con lo stesso organico. Pochi sono i nomi a movimentare il mercato ed a infuocare l'estate di Istanbul. Su tutti l'acquisto di Tanju Colak, capocannoniere delle precedenti due edizioni del torneo prelevato dal Samsuspor e che all'Ali Sami Yen si consacrerà come uno dei migliori attaccanti turchi di tutti i tempi. Insieme a lui, sempre dalla stessa compagine, approda sul Bosforo anche Savas Demiral, mediano tutta corsa e polmoni pagato circa cento milioni di lire turche. Sarà una stagione a senso unico per gli Aslanlar.
Timonati dal serafico Jupp Derwall, tecnico campione d'Europa nell'80 con la Germania Ovest e vicecampione planetario due anni più tardi in Spagna, i Leoni iniziano il campionato a spron battuto, dando subito una sterzata decisiva alla manifestazione: in cinque giornate vincono quattro vole, solo il Samyer, tra le mura amiche, riesce a strappare un pareggio, stoppando la marcia, fin lì inarrestabile, dei capitolini. L'avversario più credibile è ancora una volta il Besiktas, capace di reggere il ritmo infernale impresso dai giallorossi e staccato soltanto di una lunghezza: un gap, tutto sommato, colmabile. Alla sesta giornata il calendario mette sulla strada degli uomini di Derwall il Bursaspor di Nevzat Guzelirmak, turco di origini macedoni siedutosi in panchina dopo una carriera interamente votata alla causa del Gotztepe Izmir, espressione calcistica della sua città natale. Salvatosi per un pelo l'anno precedente, il Bursaspor, con l'affacciarsi del nuovo torneo, sembra aver invertito la rotta: dieci punti racimolati, media di due a partita, tre vittorie, terzo posto e soltanto tre gradini di distanza dalla vetta occuppata dal Galatasaray. Quello che va in scena all'Ali Sami Yen, il 4 Ottobre 1987, è una sorta di scontro diretto di inizio stagione, di quelli impronosticabili, offerti dalle dinamiche della prima ora. Se da un parte per il Galatasaray può essere l'occasione per provare a scappare in vetta alla graduatoria, sperando magari in un passo falso del Besiktas, dall'altra, per i biancoverdi di Bursa, la sfida è un esame probante per testare le rinnovate ambizioni della società. Il canovaccio dell'incontro si intuisce sin da subito, e non corrisponde a quello sperato alla vigilia dai Timsahlar. Non passano neanche quindici giri di lancette che il Gala è già avanti: dal dischetto Colak non perdona. Proprio quando il più appare ormai fatto, con la strada spianata per i padroni di casa, l'Imperatore, al secolo Nejat Biyedic, fromboliere bosniaco naturalizzato turco, autore quell'anno di ben diciassette centri, rovina i piani di Derwall, riportando in equilibrio le sorti dell'incontro. Nemmeno il tempo di metabolizzare il cambiamento di risultato, che un nuovo ribaltone è dietro l'angolo: palla al centro e dopo neanche sessanta secondi ecco servita la rete del vantaggio giallorosso siglata da Cuneyt Tanman, mordace difensore centrale col vizietto del goal rimasto sempre fedele, tranne una fugace parentesi della durata di una stagione al Giresunspor, ai colori giallorossi. Ma non è finita.

mercoledì 4 febbraio 2015

La città del football. Viaggio nella Londra del calcio



Vincenzo Lacerenza si produce in una delle sue virtù giornalistiche migliori, cioè quella della recensione dei libri. Ed in tal caso rende giusta causa a La città del football, il libro di grande successo di Gianni Galleri.

Wembley, Stamford Brige, White Hart Lane. Craven Cottage, Boleyn Ground, Selhurst Park. Ma anche Vicarage, The Valley, Griffin Park. Fino ad Hayes Lane, Tolworth e Ship Lane. Arsenal, Chelsea, Tottenham. Fulham, Watford, Brentford. Ma anche Corinthian, Thurrock, Bromley. Attraverso aneddoti, zenit, personaggi. Epopee sfocate, kabale ricorrenti, oligarchi russi e nonsense del nostro tempo. In "La città del football, viaggio nella Londra del Calcio", di Gianni Galleri, all'esordio letterario, c'è spazio per tutto e per tutti. Dalla Premier alla Conference. Dalla periferia al centro, più che il contrario. Centripeto più che centrifugo. Dalle suburbie della City all'empireo, anzi l'Empire, che poi non è nient'altro che Wembley. Una sorta di noblesse oblige della penna. Tutto filato e tutto d'un fiato. Tutto mappato, documentato e raccontato. In modo preciso, puntuale, svizzero. Ma sopratutto schietto, spontaneo, appassionato. Senza troppe architetture e sovrastrutture, gingilli ampollosi e vezzi magniloquenti. Con "La Citta del Football" sembra di stare li. Accanto all'autore, zaino in spalla e reflex a tracolla. Accalcati nella tube, trasportati sui lunghi viali in riva al Tamigi, assiepati sulle terraces in attesa di un Coventry-Wimbledon di Fa Cup. Al pomeriggio, al tramonto, al'imbrunire. Tra gracchiare di freni ed eufonica sinfonia di clacson, foschia e traffico, fish and chips e football. Scorrevole, coinvolgente, accattivante. Per gli amanti del calcio bristish. Ma non solo. La città del football, viaggio nella Londra del calcio; di Gianni Galleri, Urbone Publishing, 142 pagine, 12 euro.
 

domenica 1 febbraio 2015

Nostalgia cadetta: Bologna-Pescara


 
Bologna – Pescara 0-1 (11/01/87, 17ª giornata serie B)

 
Reti: 31’ Rebonato

 
Una delle cose che rende più bello il calcio è la sua imprevedibilità, il suo sovente sfuggire a schemi logici, a leggi matematiche. In questo sport può capitare che una squadra retroceda dalla B alla C e venga ripescata al posto di un’altra, una settimana prima dell’avvio del nuovo campionato; succede allora che questa squadra si presenti in campo con una rosa costituita per la categoria inferiore e con un allenatore esordiente nella serie cadetta. Retrocessione sicura, penserete voi; se non ultimo posto, penultimo al massimo, di più è impossibile pretendere. E invece, la squadra in questione, pian piano comincia a macinare punti e a scalare la graduatoria, fino a trovarsi nelle prime tre posizioni, quelle che garantiscono l’approdo in A. Ma crollerà, non potrà durare al vertice più di qualche domenica, si saranno detti tifosi e addetti ai lavori. Macché! Rimane lì fino alla fine, fino all’ultimo turno, nel quale, battendo il Parma (altra pretendente alla promozione, guidata da un certo Arrigo Sacchi) ottiene la certezza del salto di categoria, col primo posto per giunta. Un autentico miracolo sportivo. Fautori di tale impresa, datata 1986/87, Giovanni Galeone e il suo Pescara. Il tecnico partenopeo – che, dopo questa prima esperienza, in Abruzzo tornerà altre tre volte – si ritrova con una rosa allestita per la C, piena di giovani senza grande esperienza – quali i difensori Cristiano Bergodi, Giacomo Di Cara (sedicenne all’epoca), il centrocampista Franco Marchegiani, le punte Stefano Rebonato e Gianluca Gaudenzi –, per i quali quella stagione fu un vero e proprio trampolino di lancio, e qualche elemento più navigato – si pensi a Gian Piero Gasperini e Luigi De Rosa (Maradona per i tifosi del Bari).


L’avvio è un po’ stentato, tanto che bisogna attendere cinque giornate per ottenere la prima vittoria; ma lentamente la squadra assume una propria identità e maggiore continuità di risultati, acquisendo di conseguenza fiducia. Si aggiunga poi che i bianco-azzurri non avevano nulla da perdere: già la salvezza sarebbe stato un successo inatteso; tutto ciò che di meglio fosse arrivato, sarebbe stato accolto con vero tripudio. Fatto sta che alla fine del girone d’andata il Delfino è clamorosamente secondo. Il Bologna - che aveva subito l’onta della prima retrocessione in B nell’ ’82 e da quel momento non si era più ripreso, disputando anche un campionato di C1 – viveva al contrario l’ennesima annata anonima, nel mezzo della classifica. A fare per primo le spese di questa situazione deludente sarà il ct Vincenzo Guerini – lo sfortunato mediano bresciano, ex Fiorentina e nazionale, costretto al ritiro dal calcio giocato a soli 22 anni a causa delle gravissime conseguenze di un incidente stradale -, esonerato a metà aprile per far posto al più esperto Giovan Battista Fabbri. Lo scontro diretto al Dall’Ara arriva alla diciassettesima giornata, ad inizio gennaio. Gli emiliani cercano subito la via della rete, ma sono sfortunati: Lorenzo Marronaro (il Puffo romano, sei stagioni al Bologna, dall’ ’84 al ’90, con complessive 46 realizzazioni; fu il capocannoniere emiliano di quell’anno, mentre nel successivo torneo cadetto si sarebbe dimostrato il goleador più prolifico con ben 21 centri) colpisce il palo di testa due volte.