venerdì 28 febbraio 2014

Europa League, Derbi Sevillano


 Senza dubbio l’Europa League non avrà il prestigio e gli alti valori tecnici della Champions, ma in fatto di imprevedibilità la seconda manifestazione continentale per club sembra quasi essere al momento inarrivabile. I match di ritorno dei sedicesimi di finale hanno riservato il clamore di pronostici inattesi, uno dei quali metterà in scena negli ottavi il Derbi sevillano tra il Betis ed il Siviglia, una delle stracittadine più sentite del calcio iberico. Oltretutto Siviglia diventa la sesta città europea a poter godere di un derby nelle manifestazioni internazionali, dopo Milano con due Milan-Inter in Champions League, Madrid con Real-Atletico in una Coppa dei Campioni dei primordi, un inedito Steaua-Rapid Bucarest nella Coppa UEFA del 2006, un Espanol-Barcellona all'epoca della Coppa delle Fiere nel '66 e quindi Londra con un Arsenal-Chelsea di ultima generazione. Il Siviglia è nato nel 1905 e vanta un palmarès migliore, comprese due vittorie in Coppa UEFA nel 2006 e nel 2007, ma il Betis, sorto nel 1915, può contare forse su un seguito di tifosi maggiore, nonostante abbia militato più a lungo in cadetteria. Oltretutto i biancoverdi sono attualmente malinconicamente ultimi nella Liga ed il loro exploit contro il Rubin Kazan è una versa sorpresa. Il primo derbi sevillano si giocò nel 1915 nella Copa Duca de Santo Mauro. Ma quelli in programma a marzo in Europa League avranno uno scenario senza dubbio diverso.

Le rimandate della Champions League giocheranno un ruolo importante anche negli ottavi della consorella Europa League. Il Benfica, infatti, trova sulla sua strada il Tottenham Hotspur in una riedizione di una semifinale di Coppa dei Campioni del lontano 1961/62. Nell’occasione prevalsero di un gol i lusitani di Eusebio. Il Napoli, invece, trova sul suo cammino un’altra squadra proveniente dalla Champions del calibro del Porto. Partenopei e dragoes si affrontarono in Coppa UEFA nel 1974/75, con il Napoli di Vinicio che ottenne due successi di misura con gol del gregario Orlandini e del gringo Clerici. Ovviamente il precedente di maggior lusso storico è quello che vede opposte Juventus e Fiorentina in un caldissimo derby italiano. L’antagonismo tra viola e bianconeri è di dimensioni planetarie. Oltretutto le due squadre si affrontarono nella finale di Coppa UEFA del 1990 con successo finale degli juventini. (nellafoto Dunga e Casiraghi nella finale del 1990)

mercoledì 26 febbraio 2014

Subbuteo Le leggenda- Vintage edition


 Quali tradizioni e quali aspetti sono riusciti ad essere impermeabili e a resistere agli stravolgimenti dettati dall’inarrestabile marcia calcio moderno? A fatica riusciremmo a contarli tutti sulle dita di una mano. Il calcio è profondamente cambiato, forse più in peggio aggiungerebbero in tanti, ma tra le cose di maggior tradizione e passione che miracolosamente resistono all’evolversi dei tempi troviamo il Subbuteo, il calcio in miniatura in punta di dita che ha fatto sognare più di una generazione prima dei videogames e prima di ogni forma emulativa del calcio, che pur sempre rimane il gioco più bello del mondo.

 La Gazzetta dello Sport in collaborazione con la Fabbri Publishing ci presenta pertanto una sua nuova imperdibile collezione: Subbuteo La leggenda-Vintage edition. Dal 28 febbraio prossimo troveremo in edicola l’uscita settimanale delle rosea accompagnata con la squadra da leggenda di turno. Si parte con il Liverpool annata 1976/77 (costo 6,99 euro), quello che per intenderci vinse la sua prima Coppa dei Campioni. Si prosegue poi di settimana in settimana con squadre assolutamente leggendarie, passando da campionati a coppe e a titoli indimenticabili. Arsenal, Aston Villa, Manchester City, Paris Sainte Germain, Borussia Monechengladbach, Inter, Milan. Ce ne sarà per tutti i gusti.

 Ma quelli della Gazzetta non hanno voluto far mancare niente ai propri lettori, riservando loro anche gli accessori del Subbuteo e quindi anche tutti i numeri, le notizie e le statistiche della squadra di cui è prevista l’uscita. Una raccolta da non perdere e da consultare volta per volta attraverso il suo minisito:  http://goo.gl/RjCRrg

 

martedì 25 febbraio 2014

1975/76: Il Liverpool vince la Coppa UEFA


 Dopo appena due anni di digiuno, il calcio inglese tornò a vincere la Coppa UEFA grazie al fortissimo Liverpool, che nel frattempo era passato dalla gestione di Billy Shankly a quella di Bob Paisley. Oltretutto con il successo del 1976 il Liverpool diventò la prima squadra europea a centrare il prestigioso bis nella Coppa UEFA. I reds si presentavano e preannunciavano sicuramente come tra i più forti d’Europa, considerato anche l’enorme potenziale tecnico a disposizione con Clemence, Neal, Ray Kennedy, Toschak, ma soprattutto Kevin Keegan, il miglior talento inglese dopo il ritiro dalle scene calcistiche di Bobby Charlton. Keegan era stato scovato nelle file del piccolo Scunthorpe United da Shankly e lanciato abbastanza rapidamente nell’orbita del grande calcio. Keegan, che fu autentico primattore già nel corso della finale del 1973 contro il Borussia, non starà a guardare neanche nel corso di questa edizione della coppa.

Bomber olandese. L’Ajax di Amsterdam, dopo aver dominato in Europa dal 1971 al 1973, cercava di proseguire il proprio ciclo vincente, nonostante i molti adii, primi fra tutti quelli di Cruyff e Neeskens, partiti alla volta di Barcelona. Gli aiacidi si affidarono a nuovi talenti, come il centravanti Ruud Geels. Cresciuto nel Telstar Ijimuiden e trasferitosi prima al Feyenoord e poi al Go Ahead Eagles di Deventer, fu prelevato dall’Ajax dal campionato belga, dove si disimpegnava con la maglia del Bruges. Ad Amsterdam visse delle incredibili stagioni dal punto di vista della prolificità sottoporta, vincendo per ben 4 volte il titolo di cannoniere dell’Eredivisie. Riuscì ad aggiudicarsi anche il titolo di tiratore scelto della Coppa UEFA con 10 gol, primato che tuttavia servì poco alla sua squadra. Dopo aver eliminato il Glentoran Belfast e l’Hertha Berlino, l’Ajax uscì di scena al terzo turno dopo i calci di rigore contro il Levski Spartak di Sofia. La prestigiosa parabola dei lancieri si era ormai definitivamente eclissata.

Il mago Happel. Dopo il Twente Enschede, anche questa edizione della Coppa UEFA si presentò con una grande sorpresa, rappresentata in questo caso dai belgi del Bruges, guidati da un santone del calcio europeo come l’austriaco Ernst Happel. Dopo i fasti con il Feyenoord e la nazionale olandese, Happel diede lustro alla squadra nerazzurra belga, che raggiunse la finale di Coppa UEFA dopo un cammino esaltante. L’inizio nella competizione europea fu alquanto balbettante contro i francesi del Lione. Sconfitto in Francia con un rocambolesco 4-3, il Bruges passò tra le mura amiche con un eloquente 3-0. Nelle seconda uscita continentale il Bruges fu ospite dell’Ipswich Town in Gran Bretagna e sul terreno inglese rimediò un pesante 3-0, che pareva concedere poche possibilità di recupero nel ritorno. Happel, però, preparò la partita in maniera magistrale e suonò l’Ipswich con un esaltante 4-0, che demolì impietosamente le ambizioni di una squadra competitiva come quella inglese. Nel terzo turno e nei quarti di finale i nerazzurri fecero due vittime illustri che rappresentavano il calcio italiano. La Roma fu superata con un doppio successo di misura, mentre il Milan perse 2-0 in Belgio e a San Siro non andò oltre un 2-1 che premiava comunque i fiamminghi. I rossoneri milanesi, comunque, sfiorarono il passaggio del turno,  riuscendo infatti a ribaltare la situazione con i gol di Bigon e Chiarugi. Ad un quarto d’ora dal termine Hinderyckx, subentrato a Le Fevre, segnò il gol della qualificazione. In semifinale, quindi, estromise il forte Amburgo vincendo in casa per 1-0 beneficiando di un’autorete di Kaltz, dopo aver impattato sull’ 1-1 al Volkparkstadion. Il Bruges si rivelò una squadra spietatamente cinica, che praticava con disinvoltura la tattica del fuorigioco, con pressing e squadra corta. Per qualsiasi formazione diventava difficile affrontarla. Happel aveva trasformato una squadra dai precedenti non proprio illustri in una delle più temute del continente. Il Bruges aveva vinto fino a quel momento due soli titoli di campione in Belgio ed in Europa non vantava certo grandi tradizioni. Il miglior risultato era stato un quarto di finale in Coppa delle Coppe perso contro il Chelsea. Si misero in luce tra i nerazzurri il portiere danese Jensen, il centrale austriaco Krieger, quindi il cervello Vandereycken, il corridore instancabile Cools ed il cannoniere Lambert. Con quattro punti di vantaggio sull’Anderlecht intanto il Bruges si stava aggiudicando anche il suo terzo titolo di campione nazionale.

sabato 22 febbraio 2014

Stasi Football Club. Il calcio al di là del Muro


 Vincenzo Paliotto ci presenta la sua nuova pubblicazione come sempre edita dalla Urbone Publishing, dal titolo Stasi Football Club. Il calcio al di là del Muro, il primo di un serie di instant-book del nuovo progetto editoriale della collana Offside.
 Disponibile in formato cartaceo e molto presto in ebook. Questa la sinossi del volume:
 La DDR rappresentava un noto acronimo geografico, ma per lo più politico, per definire tra una coltre di misteri e di informazioni deviate quella che era la vita al di là del Muro, quello di Berlino per intenderci. Del resto la Germania Est era il paese del Patto di Varsavia maggiormente esposto ai confini con il mondo occidentale ed un Muro non è risultato poi sufficiente per evitare il paragone asfissiante e per certi versi imbarazzante tra due entità politiche e sociali completamente diverse. Anche il calcio nella ex-DDR recitava comunque un ruolo estremamente significativo. Anche se in parte snobbato dal regime, riuscì a ritagliarsi comunque uno spazio importante, in certi casi anche vincente, ma oggetto purtroppo di contaminazioni politiche e partitiche fuorvianti e persino poco immaginabili. Stasi Football Club ne traccia un profilo breve ed esauriente tra le vite controllate degli stessi calciatori, arbitri che poi lavorano al servizio della stessa Stasi, il doping che è persino un programma di Stato fino al crollo di un Muro, che non è riuscito a cancellare per forza di cose 50 anni di storia.
http://www.urbone.eu/obchod/stasi-football-club

Il campionato più bello del mondo- Parata di Romano Cazzaniga


Romano Cazzaniga con lo
Scudetto al petto
 Una folla di oltre 72.000 spettatori si addensò sugli spalti del vecchio affascinante Comunale di Torino. Juventus e Torino avrebbero dovuto giocare uno dei derby della Mole più affascinanti della storia, in quanto bianconeri e granata giocavano quasi appaiati in classifica per il primato. Torino e Juve disputarono quasi un campionato a parte in quella stagione. Nessuna delle altre contendenti fu in grado almeno minimamente di inserirsi nella lotta per il tricolore. La Juventus arrivò anche ad accumulare cinque lunghezze di vantaggio, ma quel primato lentamente si assottigliò sotto i colpi dei granata di Radice, tecnico rigido ma di vedute all’avanguardia detto il “tedesco”, per i suoi occhi chiari e capelli biondi.

Era il 28 marzo del 1976 e quel derby tanto atteso si risolse quasi tutto nella prima frazione di gioco. Due malaugurate autoreti di Cuccureddu e Scirea portarono il Toro avanti di due gol, poi nell’intervallo, al momento del rientro delle squadre negli spogliatoi, accadde il vero fattaccio. Luciano Castellini, infatti, il portiere del Toro fu tramortito da uno scoppio di un petardo lanciato dalla Curva Filadelfia che non permise all’estremo difensore granata di tornare in campo. Il Torino rientrò sul terreno di gioco con il 12esimo Romano Cazzaniga tra i pali. Cazzaniga era arrivato nell’estate del 1975 dal Taranto, dopo una discreta militanza nel Monza, nella Pro Patria e nella Reggina. Radice lo aveva scelto come secondo portiere ed in grado di fare spogliatoio alle spalle dell’inamovibile Castellini. La Juve attaccò a testa bassa, anche se era quasi scontato che quella partita sarebbe poi stata risolta con un 2-0 a tavolino in favore del Torino, così come recitava il regolamento dell’epoca. Il debuttante Cazzaniga però fu bravo a smorzare i furiosi attacchi della Juve, con più di una parata di prestigio, mentre il solo Damiani accorciò inutilmente le distanze. Cazzaniga, comunque, coronò quella sua stagione ambiziosa con ben 3 presenze, che gli fecero guadagnare il meritato titolo di Campione d’Italia.

 Quel successo dei granata di Gigi Radice fu comunque un crocevia fondamentale per la vittoria dello Scudetto da parte del Torino, l’ultimo in ordine cronologico della sua gloriosa storia. Nell’estate del 1977, in ritiro precampionato con il Toro, Cazzaniga, nell’intento di fare uno scherzo ai propri compagni, cadde da un balcone, riportando varie fratture e chiudendo anzitempo la sua carriera.  

venerdì 21 febbraio 2014

Europa League 2014, sorprese tra le big


Soriano del Salisburgo
I gol di Soriano.  Dopo la lunga parentesi dei turni preliminari e della fase a gironi, il primo confronto ad eliminazione diretta non rimane certo scevro di clamorose sorprese. L’Europa League pertanto si conferma torneo continentale senza dubbio meno prestigioso e ricco della Champions, ma che comunque chiama in causa valori tecnici non trascurabili, in cui emergono spesso i volti nuovi del calcio europeo. Impressionante è stata la debacle interna dell’Ajax, rimasto folgorato all’Amsterdam Arena da un primo tempo choccante giocato dall’Austria Salisburgo, squadra che nel lontano 1994 giocò perdendola contro l’Inter la finale di Coppa UEFA. Ma la squadra del colosso della Red Bull, oltre a dominare il campionato austriaco, ma questa non è una notizia che fa clamore, si impone con grande autorità in Olanda, dopo aver fatto bottino pieno nel proprio girone di qualificazione. L’eroe della serata è lo spagnolo Jonhatan Soriano, autore di una doppietta e quindi nuovo capocannoniere della competizione. Il 28enne iberico, ex-prodigio dell’Espanol e passato poi attraverso l’Almeria, il Poli Ejdo ed il Barcellona B, è arrivato a quota 6, cercando di mantenere un po’ tardivamente le grandi promesse del suo inizio di carriera. Spettacolare la sua seconda segnatura personale con una parabola quasi da centrocampo.

Le retrocesse. Tuttavia, quello del Salisburgo non è stato l’unico exploit  clamoroso dei 32esimi di finale. La matricola bulgara del Ludogorets continua nelle proprie imprese, andando a vincere anche all’Olimpico di Roma con gol dello sloveno Bezjak e mettendo ancora una volta in mostra il suo straordinario portiere Stoyanov, che tra le altre cose neutralizza un rigore di Felipe Anderson. La sconfitta della Lazio ha fatto notizia allo stesso modo delle non vittorie delle squadre provenienti dalla Champions. Napoli, Porto, Shaktar Donetsk, Basilea e Viktoria Plzen si sono accontentate di un pareggio, seppur di diversa entità a secondo degli impegni, mentre il Benfica ha espugnato con un gol in fuorigioco il temibile Toumba, casa del PAOK a Salonicco.

mercoledì 19 febbraio 2014

Coppa UEFA 1974/75: Vittoria del Borussia Moenchegladbach


 
Il supercannoniere Jupp Heynckes
Il calcio tedesco era rimasto clamorosamente a digiuno in tutte le edizioni sia della Coppa delle Fiere che della Coppa UEFA e soltanto nella edizione del 1972/73 una squadra della Bundesliga, nell’occasione il Borussia Moenchengladbach, era approdato alla doppia finale, peraltro battuta dal Liverpool. Nella seconda metà degli Anni Settanta il calcio tedesco visse un risorgimento clamoroso e le squadre di club teutoniche spesso dominarono nelle tre competizioni europee. Il Bayern Monaco si impose in Coppa dei Campioni per tre edizioni consecutive, mentre in Coppa UEFA finalmente si affermò proprio il Borussia Moenchengladbach. Peraltro i colts scalzarono dalla poltrona della Bundesliga lo stesso Bayern, dando vita ad uno spettacolare dualismo.

Rivelazione olandese. Tempi proficui, ad ogni modo, viveva anche il calcio olandese, non solo nei successi e nelle prodezze dell’Ajax e del Feyenoord, ma anche in quelle di un piccolo club il Twente Enschede, che stava raccogliendo delle soddisfazioni inimmaginabili. Tra l’altro il Twente era stato fondato soltanto nel 1965, ma nonostante la recente fondazione, aveva ben presto scalato le posizioni di successo in Olanda ed anche all’estero si faceva rispettare. Non a caso già nel ’73 era stato tra le semifinaliste della Coppa UEFA, battuto proprio dal Borussia. I biancorossi ebbero la possibilità di schierare un collettivo fantastico, dove emergeva il talento di gente come Zuidema, Palhpatz, Thijssen, Arnold Muhren e Jeuring. Nel primo turno il Twente con due pareggi eliminò il temibile Ipswich Town, andando ad imporre il 2-2 proprio a Portman Road. Quindi castigò l’RWDM Molenbeek e diede dimostrazione di forza assoluta contro il Dukla Praga. Dopo la sconfitta pesante per 3-1 in Cecoslovacchia, ad Enschede il Twente ribaltò il risultato con uno spettacolare 5-0, grazie ad una tripletta di Zuidema ed una doppietta di Notten. L’avventura continuò nei quarti a spese del Velez Mostar ed in semifinale ai danni della Juventus. I bianconeri riportarono un pesante passivo per 3-1 in Olanda, mentre a Torino le loro ambizioni furono messe a tacere da una spettacolare azione personale di Zuidema, che partendo da metà campo andò a trafiggere Zoff quasi indisturbato. Con queste credenziali il Twente approdò ad una doppia finale evidentemente comunque non facile contro il Borussia.

lunedì 17 febbraio 2014

FA Cup 2014, il miracolo dello Sheffield United


 Non c’è niente di programmato. E’ tutto così straordinariamente casuale e spettacolare nella Fa Cup, anche di questo 2014, che porta alla ribalta dei quarti di finale un club di League One, vale a dire del terzo livello del calcio inglese. Lo Sheffield United, infatti, ha superato in una sfida vibrante per 3-1 il Nottingham Forest in strepitosa rimonta. Gli ospiti era andati in vantaggio con Paterson fino poi a subire il pareggio e quindi il sorpasso nei minuti finali. Il giovane Coady in prestito dal Liverpool ha siglato il pareggio, mentre Porter ha realizzato la doppietta finale. Il tutto nel tripudio di Bramall Lane in una sfida molto particolare per il calcio inglese. Infatti, l’allenatore dello Sheffield United è Nigel Clough, figlio di Brian, ed egli stesso giocatore di indubbio valore del Forest dal 1984 al 1993 con oltre 100 gol al servizio del club. Inoltre il confronto con il Nottingham Forest è molto sentito da queste parti per una rivalità che travalica il contenuto calcistico. Le due città, infatti, divennero acerrime rivali dopo che negli Anni Ottanta i minatori di Nottingham non aderirono agli scioperi che invece stavano portando avanti quelli di Sheffield. Per cui la sfida si è inasprita nel corso degli anni.


 Lo Sheffield United è stato fondato nel 1889 ed ha vinto 4 volte la FA Cup ed anche un titolo di campione nazionale, ma questi allori appartengono al calcio pioneristico. La Football League fu vinto nel 1898 (5 punti vantaggio sull’inseguitrice Sunderland) e l’ultima FA Cup risale al 1925, stagione in cui battè di misura a Wembley il Cardiff City. Ma l’entusiasmo è grande intorno all’impresa dei blades, le lame, che rappresentano una delle realtà più importante di Sheffield, la città dell’acciaio. Il derby contro i cugini del Wednesday viene infatti detto lo Steel City Derby, più semplicemente derby dell’acciaio. La squadra di Nigel Clough si affaccia, dunque, ai quarti di finale della coppa più antica del mondo, dove per ironia della sorte potrebbe trovare proprio i cugini del Wednesday, che però devono battere il Charlton Athletic. Lo Steel Derby è combattutissimo e seguitissimo, anche quando le squadre si sono battute nelle categorie inferiori. Nel ’52 ad Hillsbrough si registrò il record di presenze con 62.000 spettatori, mentre nel 79/80 in terza divisione i derby registrarono le presenze di 42.000 e 47.000 paganti. Lo Steel City Derby in FA Cup, però, non è una novità. Nel 1993 (nella foto qui in alto) le due squadre si trovarono di fronte addirittura in semifinale. Vinse 2-1 il Wednesday. Dopo i gol di Chris Wadlle ed Alan Cork, risolse la sfida nei supplementari un gol di Mark Bright. I confronti nella FA Cup tra i due club sono stati addirittura 9, con una incredibile equità di risultati. Il primo derby di coppa risale alla stagione 1899-1900, passò al replay lo United.

 Quelli dello Sheffield United sono pronti anche all’ennesima impresa di questa competizione. I blades hanno eliminato fino ad ora: Colchester United, Cambridge United, Aston Villa, Fulham e Nottingham Forest. A disposizione del tecnico Clough anche Diego De Girolamo, nato in Inghilterra da madre inglese e padre napoletano (il nome di battesimo un chiaro riferimento a Dieguito Pibe de Oro), classe ’95, fu invitato con successo da Arrigo Sacchi  a giocare con l’Under 17 italiana. Una promessa.

sabato 15 febbraio 2014

Il campionato più bello del mondo- Doppietta di Borgonovo


 
Sembrava imbattibile quell’Inter del Trap, che poi in effetto avrebbe conquistato lo Scudetto, macinando letteralmente il campionato. Ma quel pomeriggio insolito del 12 febbraio del 1989 la squadra nerazzurra, un’autentica armata schiacciasassi, si dovette arrendere al Franchi di Firenze di fronte alla giovane e vogliosa Fiorentina di Sven Goran Eriksson, allenatore serio e ricco di prospettive. L’Inter stava dominando il campionato senza mezzi termini, approfittando di un Milan distratto dalla Coppa dei Campioni e temendo in effetti un ritorno del Napoli di Maradona.

 Anche quel giorno l’Inter passò rapidamente in vantaggio al 13’ con Lothar Mattahus dagli undici metri, ma subì il ritorno di Roberto Baggio al 33’ e quindi il sorpasso dei viola con Enrico Cucchi, centrocampista figlio del Mister Pierino Cucchi. Ma l’Inter ancora una volta sembrava inarrestabile ed in due minuti, 55’ e 57’, Aldo Serena capovolse nuovamente il punteggio, portando ancora avanti i milanesi. Tuttavia, la Fiorentina reagì con grande orgoglio, impattando al 73’ con Stefano Borgonovo e quindi passando addirittura in vantaggio a pochi minuti dalla fine tra il tripudio generale. Con la contemporanea vittoria del Napoli ai danni del Como il campionato si riapriva improvvisamente. Fu quella una delle tante giornate di gloria del centravanti Stefano Borgonovo, alla fine di quella stagione passato poi al Milan.

venerdì 14 febbraio 2014

La Copa Libertadores 2014 al via


La locandina di Nacional Medellìn-Newell's
Old Boys (foto Alfonso Santoriello)
 Anche questa volta la Copa Libertadores conserverà intatto il suo fascino. Nonostante i problemi economici che cavalcano anche il continente latinoamericano e quindi anche il suo calcio, la maggiore manifestazione sudamericana per club riserverà emozioni forti di ogni genere, tenendo come ala solito in sospeso fino alla fine il pronostico della squadra vincente. Anche se i brasiliani sembrano avanzare qualche pretesa in più. Da quattro stagioni consecutive vincono la Copa ed il contingente auriverde anche in questo caso sembra ben nutrito, rappresentato dai detentori dell’Atletico Mineiro, dai cugini eterni rivali del Cruzerio e quindi ancora dal prestigioso Flamengo (campione per l’unica volta nell’81 con Zico, ma anche dal Botafogo e dall’Atletico Paranaense. Anche se in tal caso le favorite sembrano ancora una volta le due squadre di Belo Horizonte.

 Le speranze argentine invece passano dal Velez Sarsfield (campione nel 1994 con Carlitos Bianchi in panchina), dal San Lorenzo de Almagro (la squadra del Papa che ha partecipato complessivamente 12 volte), il Newell’s Old Boys e quindi le matricole Arsenal Sarandì e Lanùs, entrambe vincitrici nella loro storia di un’edizione della Copa Sudamericana. Il granate Lanùs vi ha trionfato proprio nel 2013 ai danni del Ponte Preta. Sia il Boca Juniors che il River Plate sono tra le grandi assenti della competizione.

 Ci saranno poi anche le eterne di Montevideo: il Penarol, arrivato alla sua 42esima partecipazione, ed il Nacional, che invece si è fermato a 41, ma hanno vinto rispettivamente 5 volte e 3 volte la Copa Liberatdores. La partecipanti classiche saranno anche altre come i paraguayani del Cerro Porteno, i peruviani dell’Universitario Lima e dello Sporting Cristal, il Bolivar ed altre ancora. L’unica esordiente è l’Independiente del Valle, club ecuadoregno.  Intanto la Copa Libertadores è iniziata tra non poche sorprese: il Flamengo ha perso 2-1 in Messico a Leòn (gol decisivo dell’ex-genoano Boselli), mentre il Newell’s Old Boys è stato sconfitto di misura a Medellìn dal Nacional, dove la Copa ha sempre un fascino particolare.

giovedì 13 febbraio 2014

Corrado Viciani, il gioco corto di matrice operaia


 Definirlo “il maestro” non è un eufemismo. Corrado Viciani, nato a Bengasi in Libia nel 1929, fu l’autentico precursore del gioco a zona in Italia, che al tramonto degli Anni sessanta le cronache sportive chiamavano “gioco corto”. Ex-difensore tra le altre della Fiorentina e del Genoa, Viciani iniziò ad allenare la piccola Fedit Roma, poi dopo Sangiorgese, Fermana, Ravenna e Prato, ottenne i migliori consensi con il suo gioco innovativo nella Ternana, che da provinciale pilotò a sorpresa fino alla Seria A alla guida di un manipolo di autentici sconosciuti. Il grande giornalista Barendson affermò in merito: “Poche volte si è visto assomigliare una squadra al proprio ambiente come è avvenuto a Terni”. Il suo credo tattico fu apprezzato anche altrove al timone di Atalanta, Avellino, Taranto, Vicenza, Civitanovese e nel ’74 alla guida del Palermo, allora in Serie B, raggiunse la finale della Coppa Italia persa però soltanto ai calci di rigore contro il Bologna. Dopo 120' di gioco intenso che si erano conclusi sull'1-1. Il Bologna aveva pareggiato soltanto garzie ad un discusso rigore fischiato ai danni di Bulgarelli.

 Anche la sua esperienza con la Cavese fu oltremodo proficua. Arrivò a Cava de’ tirreni nella stagione del 77/78 in Serie C per sostituire Fontana e raggiunse l’8° posto l’ultimo utile per andare nella nuova Serie C1 in piena riforma. Fu decisiva una vittoria all’ultima giornata per 3-0 a Siracusa. Poi arrivò 8° nel ’79 e 12° nell’80, lanciando molti giovani di valore. Nell’80 un gol del figlio, Enrico Viciani, decise il derby del Vestuti in favore della Cavese. Tornò poi a Cava nell’84/85, ancora una volta a campionato in corso al posto di Benetti, riuscendo a salvare gli aquilotti dalla retrocessione. Con lui Signorini divenne un libero importante. Ci mancherà “il Maestro” con la sua disciplina ed il suo calcio operaio.

lunedì 10 febbraio 2014

1973/74: Il Feyenoord vince la Coppa UEFA


Il Feyenoord Rotterdam 1973/74
 Dopo il successo nella Coppa dei Campioni nel 1970, prima vittoria assoluta per gli olandesi in campo internazionale, il Feyenoord Rotterdam non era riuscito a ripetersi brillantemente nelle sue successive partecipazioni europee. Nel 70/71 era stato eliminato in Coppa dei Campioni addirittura al primo turno dai rumeni dell’ UT Arad con due pareggi e nella stagione successiva dal Benfica, mentre nel 72/73 in Coppa UEFA era stato estromesso al secondo turno dall’ OFK Belgrado. Ad ogni modo, nella stagione del 73/74 l’undici di Rotterdam si presentò ai nastri di partenza della Coppa UEFA con intenzioni ben più bellicose. I biancorossi eliminarono nei primi due turni gli svedesi dell’ Osters Vaxjo e i polacchi del Guardia Varsavia, mentre nel terzo turno incrociavano in un derby con i cugini belgi le ambizioni dello Standard Liegi. Dopo il 3-1 rimediato in Belgio, il Feyenoord ribaltò il risultato al De Kuip, grazie ad i gol di Lex Schoenmaker e Wim Van Hanegem. Da lì il Feyenoord iniziò la propria corsa verso la finale. Nei quarti, infatti, aggirò senza non poca fatica l’ostacolo presentato dai polacchi del Ruch Chorzow. Dopo l’ 1-1 in Polonia, gli olandesi prevalsero in casa per 3-1 dopo i tempi supplementari. I gol decisivi furono di De Jong e ancora di Schoenmaker, autore di una doppietta. In semifinale, invece, fu la volta dello Stoccarda, superato per 2-1 al De Kuip e fermato sul 2-2 in casa, con ancora Schoenmaker sugli scudi. Il Feyenoord approdava quindi alla sua seconda finale europea a distanza di quattro anni, confermando oltretutto il momento decisamente positivo del calcio olandese. L’exploit europeo del Feyenoord non era comunque casuale, in quanto la squadra di Rotterdam si stava aggiudicando anche il titolo dell’Eredivisie, precedendo di sole due lunghezze in graduatoria l’irriducibile Twente.

Irriducibili Spurs. In finale il Feyenoord avrebbe trovato un difficile cliente quale il Tottenham Hotspur, da tre anni ormai protagonista in Coppa UEFA. La squadra londinese aveva disputato un bellissimo torneo, strapazzando il Grasshoppers Zurigo, l’Aberdeen e la Dinamo Tblisi anche con punteggi larghi. Completarono il proprio cammino infierendo poi sul Colonia ed il Lokomotive Lipsia. Particolarmente bella fu la sfida contro il Colonia. E il Tottenham, dopo aver vinto 2-1 in Germania, si impose a White Hart Lane con un netto 3-0, con due gol di Chivers ed uno di Coates. I bianchi di Londra, quindi, passarono anche a Lipsia per 2-1, con marcature di Peters e McGrath, replicando tra le mura amiche con un eloquente 2-0, reti di McGrath e Chivers. Per cui il Tottenham Hotspur si presentava alla doppia finale con i favori del pronostico.

venerdì 7 febbraio 2014

Stefano presente


Stefano Furlan
 Sono passati 30 anni dal delitto di Stefano Furlan, ma in molti non dimenticano. Stefano presente. 
Il calcio non fu più lo stesso a Trieste da quel triste pomeriggio dell’8 febbraio del 1984. La città che era stata del calcio anche attraverso le poesie di Umberto Saba ed i miracoli sportivi di Nereo Rocco si era arresa inconsciamente in una delle giornate più buie, e poi così in fretta anche dimenticate, del calcio italiano. Nel vecchio Pino Grezar si disputava un derby valevole per la Coppa Italia tra la Triestina e l’Udinese, eterna rivale degli alabardati, anche se come tutti sanno in Friuli l’antagonismo tra Udine e Trieste non si limita soltanto ad una partita di pallone. L’atteso match era terminato a reti bianche. La Triestina, che militava in Serie B, aveva provato ad impensierire i bianconeri guidati trionfalmente da Arthur Zico, ma senza troppa fortuna. Poi all’esterno dello stadio i tifosi si riversarono per le strade che circondano lo stadio, ma senza nulla che facesse presagire ad incidenti. Del resto gli ultras bianconeri al seguito erano poco più di una sessantina di fronte agli oltre 20.000 spettatori che avevano gremito lo stadio. Tuttavia, la polizia effettuò improvvisamente una inutile ed incauta carica di alleggerimento, al termine della quale il  20enne Stefano Furlan venne malmenato e colpito dai manganelli degli agenti delle forze dell’ordine. Oltretutto agenti anche molto giovani e senza dubbio inesperti per le grandi manifestazioni sportive. Trattenuto in questura e ritornato a casa in serata, il giovane Furlan sarebbe entrato in coma il giorno successivo. Il giovane triestino sarebbe morto in ospedale una ventina di giorni più tardi in seguito a quelle terribili ed inutili percosse. Trieste si ribellò a quello che fu un delitto da parte degli agenti di polizia. Delle ragazze provarono ad inoltrare la propria testimonianza anche attraverso il quotidiano triestino Il Piccolo, ma quella verità fu quasi subito offuscata, distorta ed infangata. Le ragazze sostenevano che gli agenti avessero sbattuto la testa di Furlan contro un muro. Un giovane giornalista riuscì a far riaprire il caso in seguito ad una sua indagine, raccogliendo la preziosa testimonianza delle ragazze e grazie anche all’apporto di mamma Renata. Soltanto dopo oltre un anno fu comminata una lieve pena ad uno degli agenti, ma quasi tutto l’episodio finì nel vorticoso dimenticatoio. Trieste ed i suoi tifosi, però, non dimenticarono. Stefano Furlan era morto senza motivo. Non sussisteva nessuna necessità da parte delle forze dell’ordine di effettuare una carica né tantomeno esisteva un motivo per colpire così duramente il giovane tifoso della Triestina. Manifestazioni, cortei, raccolte di firme furono organizzate sin dal giorno del decesso di Stefano Furlan e la stessa curva degli ultras alabardati fu dedicata alla sua memoria, affinchè il nome di quel giovane rimanesse sempre impresso nel ricordo di tutti e non dimenticato. Ed allo stesso tempo rimaneva chiaro che la città di Trieste quella versione inventata dalle forze dell’ordine non l’aveva mai accettata. Sono passati trent’anni ormai, ma Trieste e la famiglia Furlan sono ancora alla ricerca di un colpevole. Tutti i tifosi della Triestina l’8 febbraio di ogni anno ne onorano il suo ricordo, appoggiati anche dalle altre tifoserie. Un tempo occupavano la Curva Nord nel vecchio Stadio Pino Grezar, poi hanno mantenuto un’analoga posizione anche al tempo del trasferimento nel più moderno Stadio Nereo Rocco. Continuano a portare in tutti gli stadi d’Italia il nome di Stefano Furlan, nonostante la gloriosa Triestina nel 2012 sia stata costretta addirittura a ripartire dal Campionato di Eccellenza.

giovedì 6 febbraio 2014

The Badge of the week- Galatasaray FC


Fondato nel 1905, il Galatasaray, in compagnia degli eterni rivali del Fenerbahce, è la squadra più amata e blasonata di Turchia. Ha infatti vinto 19 Scudetti, 14 Coppe di Turchia ed in 13 occasioni la Supercoppa. Tuttavia, il suo risultato maggiore rimane l’affermazione in Coppa UEFA nel 2000, seguita pochi mesi più tardi anche dal successo nella Supercoppa Europea, battendo rispettivamente l’Arsenal ed il Real Madrid. E’ infatti l’unica squadra turca ad aver vinto qualcosa all’estero. Il Galatasaray gioca le proprie gare interne nello spettacolare Turk Telcom Arena, capace di quasi 53.000 posti, terminato nel 2011, anno in cui ha sostituito l’Ali Sami Yen Stadium.

 Il suo attuale crest societario fu disegnato e realizzato nel 1925 da Ayetullah Emin e rappresenta in sostanza l’emblema e le iniziali del Galatasaray Liksei, cioè il Liceo nella parte europea della città in cui fu fondato il club.

lunedì 3 febbraio 2014

La tradizione europea del PAOK


Quelli del PAOK sbarcano ad Istanbul contro il Fenerbahce
di Vincenzo Paliotto

 Non è che il nome del Benfica evochi ricordi proprio piacevoli in casa del PAOK. I bianconeri, infatti, incrociarono i destini con le Aquile di Lisbona in Coppa UEFA nel 1998/99, subendo una delle eliminazioni più beffarde della loro storia europea. Il PAOK infatti fu battuto per 2-1 in casa allo scadere, ma al Da Luz interpretò una partita strepitosa, andando in vantaggio di due gol con Maragos e l’egiziano Sabry, mentre Kandaurov avrebbe accorciato le distanze per i benfichisti. Dagli undici metri, però, il Benfica passò il turno. La storia europea del PAOK è del resto contrassegnata da tante beffe e miracoli mancati, anche se molte squadre importanti hanno poi subito una sconfitta o un’eliminazione da parte dell’undici di Salonicco.

Quarti di nobiltà. La miglior performance continentale del PAOK risale alla stagione del 1973/74, con la squadra che si spinse fino ai quarti della Coppa delle Coppe.  Eliminate il Legia Varsavia e l’Olympique Lione, i bianconeri si arresero di fronte al Milan. I rossoneri si imposero per 3-0 a San Siro, quindi al Toumba non bastò una doppietta del solito Stavros Sarafis per riequilibrare le sorti della qualificazione. Il Milan guadagnò il 2-2 finale e il susseguente accesso alle semifinali.

Gol di Koudas. Al nome di Giorgios Koudas, il miglior giocatore in assoluto nella storia del PAOK, è legata una delle vittorie storiche dei bianconeri in Europa. Nella Coppa UEFA del 1975/76, infatti, il PAOK riuscì a superare sul proprio terreno il Barcellona di matrice olandese rinforzato dai Cruyff e Neeskens. Al Toumba il PAOK si impose di misura dinanzi ad un’incredibile folla di tifosi, anche se poi fu sotterrato per 6-1 al Camp Nou.

sabato 1 febbraio 2014

Il campionato più bello del mondo: Gol di Walter Schachner

 Un successo dei granata in casa del Milan in campionato è diventato ormai un'utopia o quasi. L'ultimo successo dei torinisti alla Scala del calcio in versione rossonera risale al 25 marzo del 1985, con il sapiente Gigi Radice in panchina, peraltro già ex-rossonero. Un Toro che stava vivendo una stagione luminosa in campionato all'inseguimento del Verona dei miracoli trovò la spiraglio giusto per passare sul campo del Milan di Liedholm. Con questa sconfitta la squadra di Mark Hateley e Ray Wilkins rinunciò definitivamente alla rincorsa Scudetto, rinfrancando invece le ambizioni del Torino. Il mattatore di giornata fu l'austriaco ex-cesenate Walter Schachner, che poco dopo l'ora di gioco infilò Terraneo. Azione imbastita da Galbiati, affondo di Pileggi e girata in gol con il destro dell'austriaco. Attaccante biondo e velocissimo, tanto amato anche a Cesena che gli dedicarono un gruppo ultras le Schwarz Brigaden.
 In quel campionato il Torino giunse al secondo posto, qualificandosi quindi per la Coppa UEFA, che ora tutti sappiamo chiamarsi Europa League.