sabato 26 aprile 2014

La Top11 di sempre della Danimarca


di Antonio Vespasiano (giornalista di Calcio2000)
 
Lasciate le britanniche sponde, il seme del calcio, che viaggiava nelle stive delle navi mercantili della flotta di Sua Maestà, trovò facilmente modo di attecchire nello Jutland, la penisola che occupa tre quarti della superficie della Danimarca. Siamo ai primissimi vagiti del gioco, eppure i danesi non impiegano molto a farsi contagiare dall’entusiasmo del football. Nel 1888 nasce la Federcalcio danese, la più antica federazione dell’Europa continentale, punta di un consolidato movimento che a tutti gli effetti diventa il primo credibile antagonista allo strapotere dei maestri inglesi. Mondiali ed Europei sono ancora lontani da venire, così il calcio si fa largo ai Giochi Olimpici dove la Danimarca fa bella mostra del suo gioco. Nel 1906 vince l’edizione “ufficiosa” delle Olimpiadi: i Giochi Olimpici Intermedi di Atene. Due anni dopo, a Londra, trascinata dai gol di Sophus “Krølben” Nielsen (capace di segnarne ben 10 gol in una sola partita: il 17-1 con cui la Danimarca sconfisse la Francia A) si deve accontentare della medaglia d’Argento, battuta 2-0 dai padroni di casa. Copione identico a Stoccolma nel 1912: ancora un Argento dopo la sconfitta 4-2 con la Gran Bretagna. Era quello il periodo d’Oro del calcio danese, delle leggende Poul “Tist” Nielsen e Nils Middelboe. Bisognerà aspettare la fine della Seconda Guerra Mondiale per rivedere i vichinghi danesi di nuovo sulla cresta dell’onda. Alle Olimpiadi del ’48 la scuola scandinava la fa da padrone. La Svezia del trio “Gre-No-Lin” vince l’oro ma la Danimarca, che aveva sonoramente castigato l’Italia di Pozzo 5-3, si prende la rivincita sulla Gran Bretagna nella finale per il Bronzo. Nel 1960 poi ennesimo Argento, sconfitta 3-1 dalla Jugoslavia.

La Federcalcio danese decise di abbandonare il dilettantismo solo negli anni ’70, ecco perché il consuntivo della Danimarca ai Mondiali è piuttosto modesto: appena quatto le partecipazioni. Il miglior risultato sono stati i quarti di finale del 1998, persi 3-2 in una match bellissimo col Brasile futuro finalista. I ricordi più belli ed emozionanti però sono legati agli anni ’80. Agli Europei del 1984 i danesi giunsero ad un passo dalla finale, perdendo solo ai rigori con la Spagna, conquistandosi però il soprannome di “Danish Dyanamite” che ne caratterizzò le performance per oltre un decennio. Da Messico ’86, teatro della primissima apparizione della Danimarca in un Mondiale, fino a Euro ’92, quando la “Dinamite Danese” esplose in tutto il suo fragore, scrivendo una della pagine più belle, emozionanti e commoventi della Storia del Calcio. Agli Europei svedesi la Danimarca non doveva neppure esserci, visto che non s’era qualificata per la fase finale. Diversi  giocatori erano già in vacanza quando seppero del ripescaggio dovuto alla squalifica inflitta dieci giorni prima dell’inizio del torneo dall’UEFA alla rappresentativa jugoslava per via delle sanzioni ONU relative allo scoppio della guerra nei Balcani. La squadra pur priva del suo leader Michael Laudrup in contrasto col C.T., si fece largo col cuore fino alla finale, dove sconfisse la Germania, salendo contro ogni pronostico sul tetto d’Europa. Appendice di quell’Europeo fu la partecipazione nel ’95 alla seconda edizione di quella che poi diventerà la Confederation Cup, vinta 2-0 sull’Argentina.

 

LA FORMAZIONE DI SEMPRE

NELLE MANI DI SCHMEICHEL

Nessuno meglio di lui tra i pali della Danimarca. PETER SCHMEICHEL è stato tra i migliori portieri degli anni ’80-’90, probabilmente tra i più grandi di sempre. Personalità e carattere da leader, fisico poderoso e un talento smisurato sono le doti grazie alle quali è diventato un mito assoluto. Dopo i primi successi nel Brøndby (quatto titoli nazionali in cinque anni), passò al Manchester United per 505 mila sterline, “l’affare del secolo” secondo Fergusson. Con i Red Devils s’impose definitivamente, conquistando una sfilza di trofei, tra i quali cinque Campionati, tre FA Cup e la Champions League del ’99, anno del memorabile treble. Agile tra i pali, inarrestabile nelle uscite, carismatico in campo e nello spogliatoio. Primatista di presenze con la Nazionale (129). In quasi quindici anni di militanza rappresentò uno dei giocatori chiave della Danimarca, guidandola alla vittoria dell’Europeo del 1992 (decisivo il rigore parato in semifinale a Van Basten) e partecipando a tutte le edizioni dei Campionati Europei dal 1988 al 2000 e ai Mondiali di Francia 1998. Regolarmente citato in tutte le classifiche di rendimento: due volte miglior portiere del mondo, quattro miglior portiere europeo, per tre anni miglior giocatore danese, Hall of famer del calcio inglese e chi più ne ha più ne metta. Fare meglio di lui è impresa ardua.

Trovare un secondo all’altezza di Schmeichel è dura. Qvist, il portiere della “Danish Dynamite” fu eclissato dallo stesso Schmeichel. Sørensen, nonostante le oltre centro presenze in Nazionale è un elemento affidabile ma nulla più, e allora spazio a HENRY FROM, medaglia d’argento alle Olimpiadi del 1960. L’intera carriera spesa con la maglia dell’Aarhus con cui vinse quattro Campionati e quattro Coppe nazionali. Nella semifinale Olimpica del ’60, vinta 2-0 contro l’Ungheria, parò il rigore del possibile pareggio magiaro.

Terzino destro THOMAS HELVEG, esploso ad Udine alla corte di Zaccheroni, che ne fece un perno imprescindibile sulla fascia destra nel suo innovativo 3-4-3. Dal canto suo Helveg si dimostrò perfettamente a suo agio nel ruolo: correndo, crossando, rilanciando, difendendo e attaccando con uguale efficacia. L’esperienza italiana lo fa maturare, restituendo al calcio danese un vero e proprio leader, capace di disimpegnarsi sia come terzino fluidificante che come centrocampista di fascia. Vinse uno Scudetto al Milan, mentre in Nazionale raccolse 108 presenze, tre Europei e due Mondiali. Difensore centrale NILS MIDDELBOE autore del primissimo gol ufficiale della Nazionale danese. Atleta polivalente, capace non solo di giocare a calcio ad altissimi livelli (fu il primo giocatore non britannico a vestire la maglia del Chelsea, giocando 175 partite), ma anche di destreggiarsi sulla pista di atletica con notevoli risultati (stabilì il record nazionale nel salto triplo e negli 800 m). Ha giocato ben tre Olimpiadi (1908, 1912 e 1920) vincendo due medaglie d’Argento. Prototipo del grande libero è rappresentato da MORTEN OLSEN, atleta formidabile, tanto da giocare fino a quarant’anni, metà dei quali spesi in Nazionale. Difensore dominante, sobrio nelle giocate, preciso negli interventi, corretto ma implacabile in marcatura. Centrocampista polivalente, poi eccellente mediano, fino a quando a 30 anni, dopo un brutto infortunio, si ricicla libero diventando una vera e propria star. Con l’Anderlecht vinse tre Campionati e la Coppa Uefa del 1983. In Nazionale Piontek lo schierava come “libero d’attacco”, sovente infatti si spingeva in avanti con Bertelsen che gli copriva le spalle, creando così la superiorità numerica, fermo restando che da regista difensivo impostava l’azione dalle retrovie comandando in maniera aggressiva la trappola del fuorigioco. Capitanò la squadra danese agli Europei del 1984 e del 1988, e ai Mondiali del 1986, racimolando, tra il 1970 e il 1989, ben 102 presenze. La mancanza di un difensore sinistro di altissimo livello spalanca le porte a JAN HEINTZE, ala sinistra convertito poi in rampante terzino di spinta al PSV, club nel quale giocò sedici stagioni, vincendo nove Campionati, tre Coppe nazionali e la Coppa dei Campioni del 1983. In Nazionale ebbe una lunghissima carriera, iniziata però quando le stagioni più belle erano ormai solo un ricordo. Giocò due Mondiali e due Europei, saltando però per infortunio quelli magici del ‘92. In riserva JOHNNY HANSEN è perfetto nel ruolo di terzino destro. Giocatore danese dell’anno nel 1967, era un difensore solido, dalle prestazioni sempre affidabili. Visse annate indimenticabili al Bayern Monaco, facendo parte di quel gruppo fantastico capace di vincere tre Coppe dei Campioni consecutive (due delle quali giocate da titolarissimo). 46 le sue presenze in Nazionale ed il rammarico di essere nato toppo presto per godere del boom degli anni ’80. Al centro la caparbia del baffuto IVAN NIELSEN, guardaspalle con Søren Busk di Morten Olsen nell’impenetrabile difesa della “Danish Dynamite”. Tignoso in marcatura, rude se c’era da randellare, bravo nel gioco aereo. Vinse quattro Campionato Olandesi con la ciliegina della Coppa dei Campioni del 1988, segnando per giunta uno dei rigori con i quali il PSV s’impose sul Benfica. Prima che Morten Olsen divenisse il miglior difensore danese di tutti i tempi, tale primato spettava a PER RØNTVED. Uomo simbolo del Werder Brema durante gli anni ’70, sarebbe dovuto essere il sostituto di Beckenbauer al Bayern, ma decise di legarsi agli anseatici, giocando 194 partite e segnando 40 gol. Capitano della Danimarca alle Olimpiadi del ’72, anno in cui fu eletto miglior giocatore danese. Secondo Otto Rehhagel era il miglior libero al mondo dopo Kaiser Franz. A sinistra il talentuoso DANIEL AGGER, probabilmente il miglior difensore danese dell’ultima generazione. Centrale mancino del Liverpool e della Nazionale con la quale ha giocato i Mondiali del 2010 e gli Europei del 2012 (dove ha vestito la fascia di capitano), racimolando 52 presenze e 6 reti. Forte di testa, rapido nelle chiusure con un sinistro davvero esplosivo.

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