lunedì 30 giugno 2014

La Top-11 di sempre: La Colombia- 2a parte


di Antonio Vespasiano
 
LA GENERAZIONE D’ORO

Davanti la difesa la grinta e la leadership di LEONEL ÁLVAREZ, altro grande artefice dei successi della generazione d’oro del calcio colombiano. Segnò il penalty decisivo nella lotteria dei rigori che nel 1989 assegnò la Coppa Libertadores per la prima volta ad un club colombiano, quel Nacional de Medellín di cui era uno dei perni insostituibili. In Nazionale ha raccolto 101 presenze (secondo in graduatoria), giocando due Mondiali. Amatissimo tra i tifosi per l’intensità e il coraggio leonino che dimostrava in ogni partita. Mezzo destro FREDDY RINCÓN, centrocampista atipico, senza un ruolo definito, esuberante la sua esplosività fisica. Ottime le sue doti da intenditore, ma il meglio lo dava in fase offensiva, dove sapeva far male grazie alla sua abilità nei tempi di inserimento, la sua falcata potente e l’ottima tecnica di cui era dotato. Fu un suo gol contro la Germania al 90° a spalancare le porte degli ottavi di finale di Italia ‘90, ad oggi ancora il miglior risultato di sempre dei “Cafeteros” in un Mondiale. Vestì la maglia del Napoli salvo poi passare al Real Madrid e al Corinthians dove vinse da capitano il Mondiale per club del 2000. In Nazionale disputò tre Mondiali per un totale di 84 presenze e 17 gol, due dei quali nel clamoroso 5-0 rifilato alla Selección argentina al Monumental di Buenos Aires. Perno del gioco della Nazionale colombiana non può che essere “el Pibe” CARLOS VALDERRAMA, icona della stagione di maggior successo del calcio colombiano. Centrocampista dalla tecnica sopraffina, lento di piede ma veloce di testa, padrone della zona centrale del campo da dove calamitava il gioco. Tocchi felpati i suoi, scatti brevi assist verticali che tagliavano in due le difese avversarie, come quello che mandò in gol Rincón nella partita contro la Germania ad Italia ’90. Passo cadenzato, preferiva far correre il pallone piuttosto che correre egli stesso. La sua chioma bionda e riccioluta ha fatto il giro del mondo, così come la geometria e la genialità di alcune sue giocate, dalla quali traspariva evidente la classe e l’intelligenza calcistica. Due volte calciatore sudamericano dell’anno, recordman di presenze nella Nazionale colombiana (111 caps) con la quale ha giocato tre Mondiali e cinque Coppe America. Per i tifosi di ogni latitudine resterà per sempre un idolo. In riserva ALEJANDRO BRAND, talento precoce del calcio colombiano degli anni ’70. Efficace regista offensivo, eccellente nel controllo di palla e nel dettare il passaggio smarcante. Notevoli erano poi le sue capacità realizzative, con 91 gol è nella top five dei migliori marcatori nella storia dei Millonarios, club del quale è stato uno dei protagonisti di sempre. Con Willinton Ortíz e Jaime Morón dette vita al celebre e spettacolare trio che fu ribattezzato BOM dalle iniziali dei tre. Altro grande centrocampista nella storia dei “Cafetteros” è stato HUMBERTO ÁLVAREZ, in assoluto il migliore negli anni ’50. Personalità e temperamento, dribbling secco e pulito, preciso nei passaggi, elegante nei movimenti. Nonostante la vocazione alla costruzione del gioco non disdegnava di concludere a rete come testimoniano gli oltre 100 gol realizzati. Merita una menzione anche ALFONSO CAÑÓN, miglior giocatore nella storia dell’Independiente Santa Fe, club col quale vinse tre campionati, l’ultimo dei quali, nel ’75, proprio grazie ai suoi gol. Ottime tecnica e gran visione di gioco.

domenica 29 giugno 2014

La Top11 di sempre: la Colombia-1a parte


di Antonio Vespasiano

 

Correva l’anno 1948 e in Colombia la Liga Mayor de Fútbol, meglio conosciuta come Dimayor, s’apprestava a muovere i primi passi, diventando il primo vero esperimento di show-business ante litteram, volto ad esaltare al massimo la spettacolarità del gesto sportivo, per la gioia di folle (paganti ed) entusiaste a discapito di quei valori, primo fra tutti il dilettantismo, che erano ancora alla base del calcio a diverse latitudini. Quella fortunata e discussa stagione di rinnovamento e d’avanguardia, nota come l’“Eldorado Fútbol”, ebbe modo di farsi carico di numerose innovazioni, basti pensare all’introduzione del numero sulla maglia dei giocatori, all’impiego di arbitri professionisti, all’autorizzazione a due sostituzioni per incontro e all’esclusione di limiti al tesseramento dei calciatori stranieri, senza contare la folle corsa agli ingaggi milionari che aveva attirato campioni da tutto il mondo. Tutte misure, queste, finalizzate ad un’evoluzione qualitativa del gioco ma soprattutto dello spettacolo.

Nonostante la rottura con la Federcalcio colombiana e successivamente con la Fifa (che ne aveva addirittura dichiarato l’illegittimità), la Dimayor, il cui simbolo era il “Ballet Azul” dei Millonarios di Bogotà, squadra che annovera giocatori del calibro di Pedernera, Di Stefano e Néstor Rossi, è il primo vero segnale di vita dato dal calcio colombiano, che fino ad allora aveva annaspato nella mediocrità. Peccato che la Lega “fuorilegge” ebbe vita breve. Nel ’57, infatti, chiuse i battenti, senza di fatto aver creato la tanto attesa spinta al movimento calcistico nazionale, in perenne ritardo rispetto a quanto avveniva invece nel resto del Sudamerica. Emblematiche a tal riguardo erano le prestazioni della Nazionale, la quale alternava lunghi periodi di inattività a imbarazzanti comparsate internazionali. A mancare non era certo l’entusiasmo della base, ma una cronica assenza d’unità d’intenti su come organizzare e strutturare il sistema calcio, non solo tra Federazioni locali ma addirittura al vertice della piramide. Tant’è che enorme fu la sorpresa quando nel ’62 la Colombia strappò il pass per i Campionati del Mondo.

Furono gli anni ’70 a segnare un nuovo inizio per il calcio colombiano con la nascita dell’attuale Federación Colombiana de Fútbol e una sostanziale riforma dei campionati. Nel ’75 i “Cafeteros” raggiunsero per la prima volta la finale della Coppa America, persa, però, allo spareggio col Perù. Finalmente anche il calcio colombiano aveva acquistato credibilità, tanto più che sul finire degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 s’assistette al riscatto di tutto il movimento, non solo a livello di club, dove più volte i colombiani arrivarono all’atto conclusivo della Coppa Libertadores, conquistata nel 1989 dall’Atlético Nacional de Medellín, ma anche a livello internazionale, grazie ai prestigiosi risultati ottenuti dalla Nazionale guidata da Francisco Maturana, capace di fondere disciplina tattica, capacità tecniche e furore agonistico. Era quello il periodo della “Generación Dorada” della Colombia, che grazie a tre Mondiali consecutivi (’90, ’94 e ’98) e a personaggi come Carlos Valderrama e Renè Higuita, amatissimi dai tifosi di tutto il mondo, aveva trovato modo di registrare consensi e notorietà sul proscenio internazionale.

Con la vittoria sul Messico nella Coppa America del 2001 (torneo che vide, però, diverse defezioni illustri dovute a ragioni di sicurezza) il calcio colombiano, mai del tutto affrancato da oscure ed anarchiche trame nazional-popolari (basti ricordare le ingerenze dei cartelli del narcotraffico nelle vicende di campo o il drammatico assassinio di Andrés Escobar, reo d’aver provocato l’autogol che aveva sancito l’eliminazione dai Mondiali del ’94), ha toccato il suo apice, salvo poi, come accade spesso in queste circostanze, ripiombare di nuovo in un grigio anonimato.

Oggi come oggi, però, la Colombia - risultati alla mano, una delle compagini più temute in Sudamerica - sta vivendo un secondo “Rinascimento calcistico”, anche grazie ad una fortunata generazione di talenti che ha in Radamel Falcao il “Líder máximo”, dietro al quale numeroso è il manipolo di giovani (molti dei quali, come Muriel, Ibarbo, Quintero o Cuadrado, svezzati proprio dai club italiani) che sembrano poter riportare i “Cafeteros” ai fasti degli anni ’90.

 

LA FORMAZIONE DI SEMPRE

 

CORDOBA CUORE DI COLOMBIA

Nella galleria dei migliori portieri colombiani di sempre il posto d’onore spetta a EFRAÍN SÁNCHEZ, leggendario portiere, passato alle cronache col curioso soprannome di “Caimano di Boedo” ma anche “Tenaglia colombiana”. Indimenticato estremo baluardo del più forte Deportivo Independiente Medellín di tutti i tempi. Ebbe cristallizzato il suo momento di gloria quando nella Coppa America del ’57 la Colombia riuscì a battere per la prima volta nella sua storia l’Uruguay. La partita terminò 1-0 con rete di Arango, ma per i tifosi, che lo portarono in trionfo acclamandolo come un eroe, decisive furono le sue parate. Titolare nel primo Mondiale disputato dai “Cafeteros”, quello cileno del ’62 dove il clamoroso 4-4 con l’Unione Sovietica di Yashin venne festeggiato come una vittoria. Un infortunio al ginocchio ne chiuse anzitempo la carriera. Come vice, nonostante autorevoli candidati come Óscar Córdoba o Pedro Zape, impossibile non pensare a RENÉ HIGUITA. Impostosi all’attenzione nella Coppa Libertadores del 1989, vinta con la maglia del Nacional de Medellín dopo un infinita serie di rigori, per lo stravagante modo in cui interpretava il ruolo, decisamente al di fuori dei canoni tradizionali. Higuita infatti aveva una debordante personalità, un mix di spettacolarità e pazzia. In campo era uno showman, tra i pali sapeva destreggiarsi alla grande, bravo coi penalty, sapeva pararli ma anche segnarli, leggendario poi è il suo “morso dello scorpione”, un tipo di intervento sui tiri da lontano che faceva tremare le coronarie dei tifosi, senza contare poi le sue avventurose uscite palla al piede dall’area di rigore saltando gli avversari. Nonostante l’aura mistica però indelebile è rimasta sulla sua carriera la macchia di quel goffo tentativo di dribblare Milla negli ottavi di finale di Italia ’90, che costò l’eliminazione alla Colombia. Poteva essere il migliore di sempre ma è rimasto vittima del suo essere personaggio ad ogni costo, vezzo che comunque gli ha garantito l’immortalità.

Terzino destro LUIS FERNANDO HERRERA. “El Chonto”, come lo chiamavano i tifosi, è uno dei migliori laterali difensivi della storia del calcio colombiano. Ha fatto parte della generazione d’oro che con Maturana in panchina seppe ben figurare in due consecutivi Campionati del Mondo. Colonna del Nacional de Medellín con il quale vinse due Campionati, la Libertadores del 1989 e la Coppa Interamericana del 1990. Nonostante peccasse in altezza faceva dell’agonismo e della predisposizione al sacrificio le sue armi migliori. Bravo con entrambi i piedi, il suo terreno di caccia era la fascia destra sulla quale imponeva il suo gioco in entrambe le metà campo. A sinistra invece la classe, l’eleganza e l’audacia di DIEGO OSORIO, laterale con licenza e vocazione offensiva. Ottima tecnica, bravo nel dribbling che abbinava alla capacità di saper ricoprire diversi ruoli. Nonostante abbia giocato solo 17 partite con i “Cafeteros” è considerato il miglior laterale offensivo nella storia del calcio colombiano. Purtroppo non è mai riuscito appieno ad esprimere il suo talento, perseguitato com’era da una serie infinita di incidenti a caviglie e ginocchia, troppo deboli per assecondare i ritmi di gioco. Amatissimo dai tifosi per la spettacolarità delle sue giocate, fu un dramma il suo ritiro prematuro dai campi di gioco. Al centro due colossi del calcio colombiano. Partiamo con IVÁN CÓRDOBA, il miglior difensore colombiano di sempre, fascio di nervi e muscoli, concentrato di forza, potenza e velocità. Marcatore sempre attento e spietato ma corretto e leale. Arrivò all’Inter da carneade, ha lasciato la Beneamata con oltre 400 presenze e un palmares degno dei più grandi: cinque Scudetti, quattro Coppe Italia, una Champions League e un Mondiale per club. Tecnicamente un po’ ruvido, ma indiscutibile per l’impegno e la dedizione alla causa. Sbalorditivo poi il suo stacco da terra e la bravura nel gioco aereo, nonostante un fisico non certo da corazziere. In Nazionale ha raccolto 71 presenze e 5 gol, il più importante dei quali nella finale della Coppa America del 2001, vinta proprio grazie ad un suo colpo di testa. L’altro centrale è lo statuario MARIO YEPES che con Cordoba formava una coppia di tutto rispetto (erano loro due, infatti, a guidare la retroguardia colombiana nella Coppa America del 2001). Mancino, bravo nell’anticipo e nel gioco aereo. Dopo una Libertadores persa ai rigori e due Campionati vinti col River Plate sbarca in Francia dove diventa una delle colonne del Psg poco prima che i petrodollari degli sceicchi facessero le fortune del club parigino. Pur arrivando in Italia in punta di piedi ha saputo imporsi partendo dal basso grazie alla sua capacità di infondere sicurezza al reparto e il suo affidabile e perentorio carisma. Nonostante i suoi trentasette anni è ancora sul campo a dar battaglia con la maglia del Milan.

Terzino destro merita d’essere ricordato ANDRÉS ESCOBAR, difensore del Nacional de Medellín di cui era un autentico idolo. Nato proprio a Medellín e per questo simbolo della nuova politica autarchica intrapresa dal club, che nel 1989 aveva portato alla vittoria della Coppa Libertadores e a sfiorare quella dell’Intercontinentale. La sua correttezza in campo e la sua sportività gli fanno ottenere il soprannome di “Caballero del Futbol”. Stagione dopo stagione s’impose come uno dei migliori difensori del calcio colombiano, terzino o centrale forte fisicamente, efficace nei contrasti e nella copertura della zona. Dopo l’esperienza colta in Nazionale nel Mondiale italiano del ’90, ad Usa ’94 è proprio lui il perno della retroguardia colombiana, eppure un suo sfortunato autogol ne sentenziò la condanna a morte. Al ritorno in Colombia, infatti, uno squilibrato lo freddò con dodici colpi di pistola proprio a causa di quell’autorete. Migliaia furono le persone che si riversarono per le strade il giorno del suo funerale. Al centro FRANCISCO ZULUAGA, considerato uno dei migliori difensori centrali della storia del calcio colombiano, fu una delle colonne del mitico “Ballet Azul” dei Millonarios di Bogotà, uno dei team più famosi negli anni ’50. Buona tecnica, gran velocità. Freddezza a carisma da vendere, sviluppò la sua carriera in parallelo con i progressi del calcio colombiano e il rigore che, da capitano, segnò contro l’Uruguay, nella prima partita assoluta giocata dalla Colombia in un Mondiale, non poteva che essere il miglior riconoscimento a cui ambire alla soglia dei trentatré anni. Lo chiamavano “el Patrón”, basterebbe questo a descrivere la tempra di JORGE BERMÚDEZ. Leader difensivo con personalità e intelligenza tattica, sicuro e attento nel gioco aereo, arcigno nei contrasti, ottimo senso della posizione. Con la maglia del Boca Juniors si è imposto come uno dei più forti difensori sudamericani tanto da venir incluso nella top 11 all time della Coppa Libertadores. In bacheca oltre cinque Campionati nazionali (tre col Boca), due Libertadores e una Coppa Intercontinentale, senza contare il terzo posto nella Coppa America del ’95. Chiude il reparto WILSON PÉREZ, il miglior terzino sinistro che la Colombia abbia avuto negli anni ’90. Era in campo anche lui nello storico e clamoroso 5-0 che la Colombia inflisse all’Argentina nelle qualificazioni al Mondiale americano. Con i “Diavoli Rossi” dell’América de Cali vinse quattro Campionati, mentre in Nazionale racimolò 47 presenze incluse le tre dello sfortunato Mondiale americano conquistato con brillanti performance nel girone di qualificazione.

sabato 28 giugno 2014

FIFAWorldCup2014: I miracoli di Luìs Hernandez


 La sua carriera a livello di club non fu propriamente ricca di soddisfazioni. Luìs Hernandez, detto El matador, peregrinò fra varie squadre messicane: Cruz Azul, Queretaro, Monterrey, Necaxa, UANL, America e Chiapas, ma senza mai raccogliere una consacrazione definitiva e forse come in tanti si attendevano. I suoi anni migliori furono con la maglia del Tigres UANL, realizzando 19 gol a stagione. Le sue esperienze all’estero nel Boca Juniors e nei Los Angeles Galaxy si rivelarono in realtà fugaci. Tuttavia, Hernandez, attaccante dotato di una inconfondibile chioma biona, divenne un eroe nazionale per il Messico, in virtù delle sue enormi prestazioni al servizio dei Tricolor. In 80 partite è andato in gol in 35 occasioni, segnando quasi sempre nelle partite più importanti. Come in quella del 25 giugno del 1998 a Saint-Etienne contro l’Olanda, alla Coppa del Mondo in Francia. Hernandez aveva già siglato una doppietta nella gara inaugurale contro la Corea del Sud, ma contro gli orange era fondamentale non perdere. La squadra di Lapuente andò sotto di due gol, firmati da Cocu e Ronald De Boer. Pelaez ad un quarto d’ora dal termine accorciò le distanze, mentre Hernandez nel recupero siglò il gol che fece impazzire il Messico. Un Messico che probabilmente andò al di là delle sue stesse legittime aspettative. Quel pareggio ebbe il sapore di un miracolo. Anche se mancò poco che un altro miracolo Luìs Hernandez lo realizzasse anche a Montpellier contro la Germania nei quarti. Ancora l’attaccante messicano segnò il vantaggio contro Koepke e soltanto nel finale Klinsmann e Bierhoff ribaltarono il risultato.

 Le performance di Hernandez furono comunque molteplici anche in Copa America, nella Gold Cup centroamericana e nella Confederations Cup  del 1999, che il Messico vinse incredibilmente battendo in finale per 4-3 il Brasile. Nella classifica dei marcatori di ogni tempo con il Messico Hernandez è dietro al primatista assoluto Borgetti e ad Hermosillo e Blanco.

venerdì 27 giugno 2014

FIFAWorldCup2014: Amarcord di Germania-Algeria


 
Il gol di Belloumi a Schumacher
Rabah Madjer, superando con un colpo di tacco Schumacher, inventò il Tacco di Allah, ma il vero eroe di quel pomeriggio del 14 giugno del 1982 fu Lakdhar Belloumi, che invece avrebbe segnato il gol del definitivo 2-1 contro la Germania Ovest. Uno dei risultati più sensazionalmente clamorosi di tutta la storia della Coppa del Mondo. La Coppa del Mondo del 2014 di scena in Brasile ripropone all’altezza degli ottavi di finale la riedizione iridata di quella sfida dai contorni epici. L’Algeria del 1982 per la prima volta era arrivata alla fase finale della Coppa del Mondo ed era allenata da una leggenda vivente del calcio africano. Quel Rachid Mekloufi che poi aveva speso la maggior parte della sua carriera agonistica nel campionato francese. I magrebini arrivarono alla qualificazione dopo aver battuto due volte la Nigeria, tagliando il grande traguardo insieme al Camerun. Per la prima volta in quell’edizione del Mondiale le squadre africane arrivarono a conseguire risultati tanto importanti e di prestigio.

 La squadra di Mekloufi poteva contare su un buon organico, ma soltanto in pochi giocavano già all’estero. Madjer ad esempio militava con l’Hussein-Dey in patria, mentre Djamel Zidane, centrocampista, era in forza al Courtari in Belgio. Gli altri, Djaadaoui, Kourichi, Mansouri, Dhaleb e Gamouh, militavano nel campionato francese. Belloumi difendeva, invece, in patria i colori del Mascara, ma non ebbe mai il privilegio di andare a giocare all’estero, nonostante la sua enorme classe. In molto lo identificarono come l’inventore del passaggio no-look. La Juventus ne seguì molto da vicino i suoi passi )i bianconeri erano andati a giocare in amichevole ad Algeri contro la nazionale locale), ma un infortunio procuratosi alla gamba in una gara di Coppa dei Campioni africani in Libia gli costò un lungo stop e quindi ogni velleità europea tramontò in quel momento.

 La Germania Ovest vantava, invece, una delle squadre più forti di sempre, composta dai vari Schumacher, Breitner, Rummenigge, Hrubesh, Schuster, Fischer, Littbarski e tanti altri ancora. Ma per qualificarsi i tedeschi dovettero ricevere un piacere dall’Austria, che già qualificata si lasciò battere in maniera scandalosa, all’insegna del più evidente dei biscotti. A farne le spese fu inevitabilmente l’Algeria.  

mercoledì 25 giugno 2014

FIFAWorldCup2014: Amarcord di Brasile-Cile


 Nel ristretto novero delle avversarie continentali i cileni non risultano proprio ad alta digeribilità nelle attitudini dei più titolati brasiliani. Nonostante il divario ancora esistente nel palmarès a disposizione delle due squadre, gli andini hanno spesso tenuto testa agli auriverdi, magari facendo frequentemente ricorso al loro gioco duro ed ostruzionistico. La sfide delle sfide tra Brasile e Cile si giocò, comunque, nell’edizione iridata del 1962, quella per intenderci che si disputò proprio nel paese andino. E la posta in palio in quel giorno di giugno del 1962 era veramente alta: Brasile e Cile infatti si affrontavano nella semifinale della Coppa Rimet, che gli auriverdi peraltro giocavano nel ruolo di detentori. In oltre 76.000 gremirono l’Estadio Nacional de Chile. Il paese intero si fermò ed il governo cileno impose il coprifuoco a partire dalla ore 22, per evitare un eventuale smodato eccesso di gioia oppure in caso di sconfitta tentativi estremi di affogare la delusione. Nonostante la grinta messa in campo dai cileni, il Brasile vinse per 4-2, portandosi in avanti nella prima mezz’ora di gioco con una doppietta di Manè Garrincha, l’inarrivabile eroe di quel Mondiale. Pelè del resto non c’era in quanto pesantemente acciaccato. Mentre Vavà siglò il gol decisivo. I cileni in campo sfogarono la loro frustrazione con la solita e vergognosa caccia all’uomo, di cui era rimasta vittima anche l’Italia. Ed Arturo Yamasaki, l’arbitro peruviano di quella partita, fu costretto ad espellere il fallosissimo Landa. Poco dopo cacciò poi dal campo anche Garrincha, reo di aver scalciato Rojas, dopo aver subito l’ennesimo cattivissimo fallo. Dunque, Garrincha, il brasiliano più forte, non avrebbe potuto giocare la finale e per giunta, mentre usciva dal rettangolo di gioco dopo il cartellino rosso, fu colpito alla testa da una pietra lanciata dagli spalti. Senza Manè il Brasile rischiava di perdere la finale, ma anche in questo caso la FIFA escogitò una delle sue immancabili e scandalose manovre strategiche. Il governo brasiliano attuò pressioni enormi, affinchè a Garrincha fosse tolta la squalifica. Intervenne il Primo Ministro brasiliano Tancredo Neves, che si avvalse dell’aiuto del solerte Joao Havelange, in quel momento Presidente della federcalcio brasiliana. La strategia di Havelange fu impeccabile, in quanto convinse il guardalinee di quella partita Esteban Marino, uruguagio, che Garrincha era stato inopportunamente provocato da Rojas e quindi il cazzotto da questi rifilato era quasi per una sorta di “legittima difesa”. La commissione d’urgenza riunita dalla FIFA votò con un 5-2 la riammissione di Garrincha alla finale, screditando una volta di più un’edizione del Mondiale già pesantemente compromessa dai favoritismi praticati proprio in favore del Cile. Il Brasile poi vinse la finale per 3-1 contro la Cecoslovacchia, che pur ben messa in campo non riuscì ad arginare le finte di un Garrincha seppur a mezzo servizio.

 Più netto risultò, invece, il divario tra le due squadre nella Coppa del Mondo del 2010 in Sud Africa, con il Brasile che si affermò per 3-0 con i gol di Juan, Luìs Fabiano e Robinho. In questa occasione non si verificarono episodi incresciosi da corollario al match iridato.


Tuttavia, il Cile nelle altre competizioni ha dato più di qualche dispiacere proprio al Brasile, in particolar modo in occasione della Copa America.  Nel 1987 nella fase finale della Copa che si giocava in Argentina, i cileni sconfissero il Brasile per 4-0 in un epico match  a Cordoba. Ivo Basay e Letelier siglarono una doppietta a testa ed ancora oggi sono tra gli eroi nazionali del paese.

lunedì 23 giugno 2014

Europa League 2015: Il First Qualifying Round


Il Ferencvaros esordisce sul campo dello
Sliema Wanderers
First qualifying round (3 and 10 July)
FC Sioni Bolnisi (GEO) v KS Flamurtari (ALB)
FC Tiraspol (MDA) v İnter Bakı PİK (AZE)
Hibernians FC (MLT) v FC Spartak Trnava (SVK)
UE Sant Julià (AND) v FK Čukarički (SRB)
FC Koper (SVN) v FK Čelik Nikšić (MNE)
FK Turnovo (MKD) v FC Chikhura Sachkhere (GEO)
FC Shirak (ARM) v FC Shakhter Karagandy (KAZ)
Qäbälä FK (AZE) v NK Široki Brijeg (BIH)
Diósgyőri VTK (HUN) v Birkirkara FC (MLT)
FC Vaduz (LIE) v College Europa FC (GIB)
FC Veris (MDA) v PFC Litex Lovech (BUL)
UE Santa Coloma (AND) v FK Metalurg Skopje (MKD)
FC Kairat Almaty (KAZ) v FK Kukësi (ALB)
SS Folgore/Falciano (SMR) v FK Budućnost Podgorica (MNE)
RNK Split (CRO) v FC Mika (ARM)
PFC Botev Plovdiv (BUL) v AC Libertas (SMR)
FK Lovćen (MNE) v FK Željezničar (BIH)
FK Shkëndija 79 (MKD) v FC Zimbru Chisinau (MDA)
Sliema Wanderers FC (MLT) v Ferencvárosi TC (HUN)
FC Pyunik (ARM) v FC Astana (KAZ)
NK Rudar Velenje (SVN) v KF Laçi (ALB)
FC Differdange 03 (LUX) v FK Atlantas (LTU)
VPS Vaasa (FIN) v IF Brommapojkarna (SWE)
B36 Tórshavn (FRO) v Linfield FC (NIR)
Fram Reykjavík (ISL) v JK Nõmme Kalju (EST)
Rosenborg BK (NOR) v FK Jelgava (LVA)
Derry City FC (IRL) v Aberystwyth Town FC (WAL)
Aberdeen FC (SCO) v FK Daugava Rīga (LVA)
Tartu FC Santos (EST) v Tromsø IL (NOR)
Crusaders FC (NIR) v FK Ekranas (LTU)
Stjarnan (ISL) v Bangor City FC (WAL)
AS Jeunesse Esch (LUX) v Dundalk FC (IRL)
Myllykosken Pallo-47 (FIN) v ÍF Fuglafjørdur (FRO)
FH Hafnarfjördur (ISL) v Glenavon FC (NIR)
JK Sillamäe Kalev (EST) v FC Honko Espoo (FIN)
FK Banga (LTU) v Sligo Rovers FC (IRL)
Víkingur (FRO) v FC Daugava Daugavpils (LVA)
IFK Göteborg (SWE) v CS Fola Esch (LUX)
FK Haugesund (NOR) v AUK Broughton FC (WAL)

 Scopri i segreti e le curiosità di tutte le partecipanti al primo turno preliminare di Europa League a questo link:
http://www.laltrocalcio.blogspot.it/2014/06/20142015-leuropa-league-che-verra.html

domenica 22 giugno 2014

FIFAWorldCup2014: Klose topscorer di sempre


 Alla fine Miroslav Klose ce l’ha fatta a concretizzare la sua ardua scalata, arrampicandosi al primo posto in assoluto tra i migliori marcatori della Coppa del Mondo di sempre. Il gol realizzato al Ghana, oltre che a scongiurare la sconfitta per certi versi clamorosa dei teutonici, ha permesso anche al centravanti della Lazio di siglare il suo 15esimo gol mondiale e pertanto di eguagliare il brasiliano Ronaldo, anche lui stabilitosi a quota 15. Nato ad Opole in Polonia, Klose ha però giocato sempre con i tedeschi, debuttando nella nazionale maggiore nel 2001 in un match contro l'Albania. Le sue quotazioni sono salite nel 2002, con i 5 gol segnati nella rassegna iridata: 3 contro l’Arabia Saudita, quindi uno a testa rifilato al Camerun e all’Eire. Quindi, altri 5 gol realizzati nella rassegna iridata casalinga del 2006: 2 reti segnate al Costa Rica, altre due all’Ecuador e quindi la prodezza contro l’Argentina. Più pesanti ancora i gol segnati alla Coppa del Mondo del 2010: gol all’Australia nel primo turno, quindi rete contro l’Inghilterra negli ottavi e sontuosa doppietta all’Argentina nei quarti. Occasione in cui Miroslav Klose è anche diventato il miglior realizzatore di sempre della Nazionale tedesca con ben 70 reti complessive, scavalcando anche il mitologico Gerd Muller, cosa non da poco.  

 Klose è arrivato a questa edizione della Coppa del Mondo con 36 anni sul groppone, non pochi, ed anche con le cicatrici di qualche infortunio di troppo, ma ha continuato ad essere estremamente decisivo per la sua squadra, anche non senza qualche polemica. Dopo la prima esclusione, non sono mancate le polemiche con il tecnico Low. Con la Germania ancora in corsa, Klose avrà anche modo di rimpinguare il suo bottino e di superare Ronaldo. Sarebbe veramente qualcosa di epico.

 Intanto Klose continua a pensare ancora alla Lazio, con cui milita dal 2011, dopo le esperienze con l’Homburg, il Kaiserslautern, il Werder Brema ed il Bayern Monaco. Come dire: non è mai troppo tardi.

venerdì 20 giugno 2014

FIFAWorldCup2014: il Mondiale latinoamericano


 Non prendiamoci in giro! In barba alle ideologie e alle convinzioni sul calcio globale i Mondiali di calcio dovrebbero essere disputati sempre e comunque in un paese in cui il gioco del football è di primaria e religiosa importanza. La FIFA si è prodotta in un autogol clamoroso, tenendo lontana la Coppa del Mondo dall’America Latina per così tanti anni. In Brasile anche le partite per certi versi più insignificanti stanno diventando uno spettacolo godibile, così come forse da troppo tempo non lo era la Coppa del Mondo. Sarà forse anche perché il Brasile è il vero paìs do futebol in senso ineguagliabile. Effetto che invece non si è riprodotto quando la rassegna iridata è stata proposta nell’improponibile versione statunitense o in Sud Africa, con tutto il rispetto per il messaggio universale di pace di Nelson Mandela. Ma il calcio vero è un’altra cosa ed ha bisogno pur sempre delle sue tradizioni e del pubblico. Certo che sta facendo discutere da mesi la tensione sociale interna che il Brasile fatica a mascherare al resto del mondo e che non riesce neppure a tenere a bada in certe circostanze. Il Terzo ed il Quarto Mondo hanno bisogno di considerazione, ma non soltanto nell’ambito del contentino calcistico, proiettando nelle sfere alte del calcio un arbitro proveniente da una federazione sconosciuta o poco più. Non basterà a Blatter e compari portare la Coppa del Mondo nel deserto del Qatar o altrove per presentare il calcio come un fenomeno globale.

 Ad ogni modo, le compagini latinoamericane stanno facendo un’ottima figura, forse come da tempo non capitava ad un Mondiale. E dopo aver celebrato il Messico ed il Costa Rica, in attesa del riscatto dell’Ecuador, ottengono risultati rilevanti il Cile, la Colombia e l’Uruguay, al di là ovviamente di Brasile ed Argentina, le maggiori accreditate a vincere il titolo. La Colombia sta facendo bene anche senza il suo maggior talento Falcao, mentre il Cile vuol rinverdire fasti antichi e rincorrendo uno dei risultati più prestigiosi della sua storia. Nel 1962, nei Mondiali giocati a domicilio, il Cile di Sanchez, Rojas e Toro ed allenato da Fernando Riera giunse al 3° posto, fermato solo dal Brasile e da Garrincha, ed arrivato lontano a furor di popolo e al gioco duro dei suoi interpreti. Il Cile, dopo Brasile, Argentina ed Uruguay, è tra le latinoamericane che vanta uno dei piazzamenti più prestigiosi nella storia, il 3° posto appunto, ma non ha mai vinto la Copa America. Una fattore strano o quasi.

mercoledì 18 giugno 2014

FIFAWorldCup2014: Ochoa e i suoi più o meno illustri predecessori


 I primi giorni della Coppa del Mondo che si stanno giocando in Brasile rappresentano senza ombra di dubbio una rassegna iridata molto equilibrata nei valori tecnici e per i verdetti del campo. Al di là di qualche sporadica eccezione, l’equilibrio regna ed anche le squadre maggiormente accreditate faticano ad avere ragione di avversari sulla carta palesemente più deboli. Certo ha fatto sensazione il pareggio imposto dal Messico ai padroni di casa del brasiliani, anche se è storicamente cronica la difficoltà degli auriverdi ad imporsi alla squadra centroamericana. Ad ogni modo, il prezioso pareggio ad occhiali strappato dai tricolores porta la firma soprattutto di un estremo difensore, per ironia della sorte, attualmente disoccupato. Il classe ’85 Guillermo Ochoa è rimasto, infatti, disoccupato dopo l’infelice esperienza con i francesi della Ajaccio, con cui al termine dell’ultima stagione è retrocesso sul campo. Ochoa va a rinverdire il particolare rapporto dei guardameta messicani con la Coppa del Mondo. La parata che Ochoa ha effettuato al 27’ del primo tempo sul colpo di testa di Neymar passerà alla storia come una delle più belle parate nella storia della Coppa del Mondo. Poi con altri interventi ha scongiurato la via del gol anche a Paulinho e poi a Thiago Silva.

 Nel 1930 fu proprio un messicano, tal Bonfiglio, ad incassare il primo gol ad un Mondiale di calcio ad opera del francese Laurent, detenendo in tal caso un triste record. Ma un primato ben più importante finì per ottenere per lungo tempo un altro portiere: Antonio Carvajal fu il primo al mondo infatti ad essere presente in ben cinque edizioni del Mondiale. Il portiere del Leòn giocò la sua ultima partita iridata nel ’66, venendo poi raggiunto in questa speciale classifica soltanto nel 1998 da Lothar Mattahus. Nel 1978, invece, Soto e Reyes si alternarono a prendere caterve di reti per mano di Tunisia, Polonia e Germania Ovest, che battè il Messico addirittura per 6-0. Pablo Larios Iwasaki, portiere del Cruz Azul con origini nipponiche, invece, nel 1986, dopo ottime prestazioni, non riuscì ad evitare alla sua squadra l’eliminazione ai calci di rigore per mano proprio dei tedeschi. Il Messico arrivò meritatamente ai quarti, sfiorando una grande impresa.  Anche in questo caso le prodezze di Ochoa, il portiere senza squadra, potrebbero risultare decisive per un grande risultato dei messicani, in una Coppa del Mondo in cui non mancheranno le sorprese.

martedì 17 giugno 2014

FIFAWorldCup2014: il precedente inquietante con il Costa Rica


 
Non evoca proprio ricordi piacevolissimi per l’Italia l’avversario costaricense nel prossimo impegno iridato. L’Italia non ha mai affrontato i centroamericani nel quadro di una Coppa del Mondo, ma un precedente di una certa importanza a livello di gare ufficiali ci fu. Il 2 agosto del 1984, infatti, l’Italia Olimpica affrontò il Costa Rica a Pasadena, ad un passo da Los Angeles, per quella edizione dei Giochi Olimpici. L’Italia del Commissario Tecnico Enzo Bearzot e dell’assistente Cesare Maldini aveva già battuto l’Egitto (con 4 espulsioni in totale) e gli Stati Uniti con gol di Fanna e nell’ultimo turno del girone doveva affrontare proprio il Costa Rica. L’undici di Moyano aveva rimediato fino a quel momento sonore sconfitte. Ma l’Italia anche in quel caso conobbe una giornata assolutamente storta, venendo battuta di misura ed in assoluta sorpresa. Lo sconosciuto Rivers al 33’ firmò il gol incredibile dinanzi ad oltre 45.000 spettatori. Il portiere Rojas si difese poi con ordine dagli assalti azzurri. Eppure l’Italia giocò con un undici di indubbio livello: Zenga, Ferri, Filippo Galli, Baresi, Vierchwood, Tricella, Massaro, Battistini, Iorio, Sabato e Briaschi. Ed entrarono pure Vignola e Serena.

 Fortunatamente fu quella una brutta figura quasi dimenticata dal calcio italiano, anche perché le Olimpiadi del calcio hanno sempre goduto purtroppo di scarsa considerazione. L’Italia perse poi in semifinale contro il Brasile e nella finalina per la medaglia di bronzo fu sconfitta anche dalla Jugoslavia.

lunedì 16 giugno 2014

Guida al Mondiale 2014 in un ebook gratuito


Tuttocalcioestero.it è uno sito internet con non proprio tanti anni di vita alle spalle, ma senza dubbio tra i più completi e trainanti del nostro panorama web. Puntuale negli aggiornamenti, ma in particolar modo esaustivo nei suoi servizi di approfondimento. Uno dei suoi uomini guida, il giornalista aretino Paolo Bardelli, ha diretto e portato a compimento con grande fatica la Guida al Mondiale brasiliano, realizzata nei dettagli e con tanti spunti interessanti. Oltre alle rose complete di tutti i partecipanti, da corredo anche servizi di approfondimento molto interessanti. Bardelli si è avvalso della collaborazioni degli altri autori del sito ed anche di corrispondenti esteri. La guida in ebook è scaricabile gratuitamente al link sottostante.


 Un lavoro utilissimo, che merita di essere letto e consultato.

sabato 14 giugno 2014

FIFAWorldCup2014: Susic ed il ballo dei debuttanti


 
C’è una sola debuttante ai nastri di partenza della Coppa del Mondo che si sta giocando in Brasile. La Bosnia-Erzegovina, infatti, è riuscita a tagliare questo traguardo, che fino a qualche anno fa poteva sembrare impensabile. Nata dallo smembramento di quella che fu la titolata Jugoslavia, la Bosnia, tra non poche difficoltà, ha recuperato terreno anche nel calcio. D’altra parte, i bosniaci hanno rastrellato in lungo ed in largo in vari campionati europei, allestendo una squadra senza dubbio competitiva. Hajorovic, classe ’91 del Galatasaray, ha siglato il gol storico contro la Slovacchia, che ha permesso alla sua squadra di guadagnare un biglietto per il Brasile. Una squadra ricca di talento potrà giocarsi le sue chance contro l’Argentina, la Nigeria e l’Iran, in un girone sulla carta non proprio impossibile da superare. Al di là degli argentini, contro nigeriani ed iraniani quelli della Bosnia potrebbero anche giocarsela alla pari. Del resto il Commissario Tecnico Safet Susic potrà contare su gente importante come Edin Dzeko, gigante del Manchester City, Pianjic della Roma e Lulic della Lazio e su altri ancora, come il prodigioso estremo difensore Begovic dello Stoke City, a cui in Premier League quest’anno è riuscito anche di segnare direttamente da un calcio di rinvio.

 Ad ogni modo, la squadra bosniaca pare molto rispettare la personalità del suo allenatore Safet Susic, uno a cui i numeri da gran giocatore non sono mai mancati. Dopo una vita spesa nel Sarajevo (la maggiore squadra del paese da sempre insieme allo Zeljeznicar), ha dimostrato gran classe nel Paris Saint Germain, tanto da essere ricordato come uno dei migliori stranieri di ogni epoca del calcio transalpino. Del resto Susic ha giocato anche due volte la Coppa del Mondo con la maglia gloriosa di quella che fu la Jugoslavia, squadra sempre ricca di talento, che però non riuscì mai a concretizzare la forza del suo organico. Susic ha disputato i Mondiali del 1982 e del 1990. Tuttavia, il nome di Safet Susic evoca ricordi tormentati per gli argentini. Nell’agosto del 1979 in un’amichevole giocata al Marakanà di Belgrado l’allora fantasista del Sarajevo schiantò proprio l’Argentina Campione del Mondo in carica con una sontuosa tripletta nel fragoroso 4-1 finale. Un risultato che nella ex-Jugoslavia ha fatto epoca ed oggi fa paura agli argentini.


Un pizzico di Italia accompagnerà, comunque, la Bosnia Erzegovina nella sua avventura iridata. Lo sponsor tecnico Legea, infatti, parteciperà grazie alla Bosnia anche a questa edizione dei Mondiali. L’azienda di abbigliamento sportivo con sede a Pompei è l’unica italiana nel settore a giocare la Coppa del Mondo in Brasile. Un risultato non da poco.

venerdì 13 giugno 2014

FIFAWorldCup2014: Luci a San Ciro


 Non a caso la sfida di Manaus tra Italia ed Inghilterra è tra quelle più attese del primo turno. Italiani ed inglesi, avversari storici nel gioco del calcio e non solo, malgrado sfide epiche tra le loro rispettive nazionali, a livello di Coppa del Mondo vantano un solo ed unico precedente. Nel 1990 a Bari si contesero, infatti, il 3° posto della rassegna iridata. Il successo arrise agli azzurri di Vicini, grazie ad i gol di Totò Schillaci e Roby Baggio. Poi fortune alterne hanno assistito le due squadre, in verità con molte più soddisfazioni per gli italiani che non per gli albionici.

 Gli incroci tra le due parti in realtà sono tanti, forse infiniti, ma attualmente si richiama alla mente soprattutto la posizione da mezzo ex di Roy Hodgson, allenatore controverso con un breve passaggio sulla panchina dell’Inter. La sua esperienza italiana passò alla storia soprattutto per il fatto che riuscì a preferire a Roberto Carlos nientemeno che l’anonimo Felice Centofanti. Cioè roba da fantacalcio o forse anche di più. Ad ogni modo, questa sfida deciderà in parte le sorti di un girone molto equilibrato, mentre Italia ed Inghilterra potrebbero affidarsi entrambe alla linea verde, privilegiando  giovani virgulti delle rispettive cantere. Per l’Italia dovrebbe candidarsi ad una maglia da titolare Ciro Immobile da Torre Annunziata, classico pedigree da attaccante che può esplodere al Mondiale. La sua annata è sembrata fin qui magica: ripudiato dal Genoa, si è riciclato al Torino, portando la squadra in Europa dopo vent’anni, mentre un calciatore del Toro è tornato a vincere la classifica dei cannonieri ormai da tempo immemore. Era dal 1976/77, quando Ciccio Graziani si impossessò dello scettro con 21 reti ed anche lui avrebbe poi scritto la sua storia mondiale.

giovedì 12 giugno 2014

FIFAWorldCup2014: No junta, Sì Chile


 Si trattò di un pareggio a reti inviolate scialbo e malinconico, come tutti quei risultati che non un nulla di fatto decretano le mancate ambizioni delle due contendenti in campo. Tuttavia, gli australiani, al loro esordio alla Coppa del Mondo, di quello 0-0 potevano essere anche fieri in qualche modo, ma per il Cile invece segnava il definitivo fallimento della spedizione iridata. Pareggiando, infatti, a Berlino il 22 giugno del 1974 Australia e Cile venivano entrambe escluse dalla seconda fase della rassegna iridata, in favore delle più accreditate Germania Ovest e persino Germania Est. Per gli andini quel pareggio rappresentò la conclusione amara di una storia cominciata ancora peggio. La squadra sudamericana, infatti, arrivò in Germania in virtù di uno spareggio mai giocato. I cileni, infatti, contendevano l’ultimo posto disponibile per la World Cup nientemeno che all’URSS. Ma dopo lo 0-0 di Mosca, i sovietici si rifiutarono di andare a Santiago del Cile, dove Augusto Pinochet con l’aiuto dei nordamericani aveva sconfitto la democrazia di Salvador Allende ed instaurato una dittatura militare, l’ennesima e sanguinosa dell’America Latina. I sovietici si rifiutarono di andare a giocare in Cile per protesta, anche perché i cileni e la FIFA, vergognosamente diremmo, pretesero che quella partita si giocasse all’Estadio Nacional de Chile, dove fino a poche settimane prima erano stati torturati ed uccise oltre 5.000 prigionieri politici o presunti tali. La spedizione cilena per questo risultò già contraddittoria e poco agevole, quasi che la nazionale roja gestita da Luìs Alamòs si portasse dietro una responsabilità così grande e poco gradita. Anche perché alcuni giocatori della stessa nazionale subirono gravi ritorsioni da parte del regime. Carlos Caszely, detto il “rosso” per il suo credo politico, fu anche convocato per il Mondiale, ma giocò malissimo e sotto tono. Anzi nella prima partita contro la Germania Ovest fu anche espulso per un fallo di reazione ai danni di Vogts. Se ne andò oltretutto a giocare in Spagna per evitare le torture di Pinochet, ma da quel momento la sua esclusione dalla selezione nazionale fu definitiva o quasi. Rientrò infatti a più riprese nel giro della nazionale, più per volere del popolo che dei suoi stessi selezionatori.

martedì 10 giugno 2014

FIFAWorldCup2014: Pagare moneta, vedere cammello


 Non saprei dire se si tratta di un caso o meno, ma ad ogni modo i tre maggiori talenti del calcio italiano attuale, affermatisi (e questo non è un caso) immancabilmente alla corte di Zdenek Zeman, rischiano tutti di trovarsi a giocare al di là dei confini italiani. E questo rappresenta un controsenso clamoroso, in un momento in cui la penuria di talenti nostrani è forse più evidenti che in altre circostanze, mentre le stesse squadre italiane faticano ad importare giocatori di qualità. Cioè vale a dire che le valutazioni di mercato in questo caso da parte dei nostri operatori rimangono quantomeno discutibili in tutte e due le direzioni. Ciro Immobile, del resto, è stato svenduto una settimana fa al Borussia Dortmund per 20 milioni di euro. Una cifra tutto sommato bassa per un giocatore giovane ed in ascesa, capocannoniere del campionato italiano, su di cui né la Juventus né altri hanno deciso di dare fiducia. L’ex-pescarese di Zeman non ha fatto altro che seguire le orme di un altro suo ex-compagno di squadra, il buon Verratti, che già da due stagioni è protagonista e detta i tempi del Paris Saint Germain, la squadra più ricca d’Europa ed in questo momento forse di maggiori prospettive. Ma a completare i trio magico lanciato e reso celebre da Zeman potrebbe pensarci Lorenzo Insigne, stellina del Napoli e della Nazionale, invece richiesto a quanto pare in maniera ufficiale dall’Arsenal. Un fatto sintomatico e per certi versi inspiegabile per un calcio italiano, in difficoltà più dal punto di vista organizzativo che da quello tecnico. In tutto questo Zdenek Zeman rimane attualmente il tecnico più ripudiato del calcio italiano. Dal tempo delle sue affermazioni anti-juventine in poi il boemo non ha più goduto di fortune, se non al timone di squadre provinciali, ma senza acuti di rilievo nelle grandi piazze. Ma questo rimane un tema su cui discutere lungamente e non solo in vista del Campionato Mondiale.

 Certo le questioni interne alle nazionali non mancano alla vigilia di questa rassegna iridata. Mentre i talenti italiani emigrano all’estero, quelli del Camerun invece si sarebbero rifiutati di partire alla volta del Brasile, senza aver prima ricevuto il premio pattuito con la federazione. “Pagare moneta, vedere cammello”, pare che sia un motto di un certo rilievo nel calcio camerunense. Eto’ò ha fatto valere i propri diritti con i ministri del suo paese, mentre c’è chi si ostina a dire e pensare che il calcio rimane soprattutto un gioco. Il Camerun ha partecipato per la prima volta al Mundial nel 1982 e per diverse edizioni ha ricoperto il ruolo della squadra simpatia. Come dimenticare Thomas N’Kono, il portiere prodigio che andava in porta con un casco di banane, o Roger Milla, attaccante che si presentò al Mondiale ad oltre quarant’anni.

giovedì 5 giugno 2014

FIFAWorldCup2014: Kakà, la Croazia, laTorcida


 In vista della gara di apertura della Coppa del Mondo 2014. I padroni di casa del Brasile sfidano la mina vagante Croazia. 
E’ già capitato che Brasile e Croazia si incontrassero in una partita della fase finale della Coppa del Mondo. Nel 2006 a Kaiserslautern gli auriverdi si imposero di misura, pur non esaltando, grazie ad un gol quasi al tramonto della prima frazione di gioco con Kakà. Autore peraltro nell’occasione di un autentico golazo. C’era anche Ronaldo, il quale entrò nella ripresa in verità, che aveva però già smesso di fare il fenomeno.

 Ad ogni modo, le connessioni in ambito calcistico tra brasiliani e croati sono molteplici, ma non si può tralasciare il fatto che il primo gruppo del tifo organizzato al mondo nacque in Croazia, ma per merito dei brasiliani. Una nave battente bandiera jugoslava, ma con marinai quasi tutti provenienti dalla regione croata e precisamente dall’isola di Korcula, approdò in Brasile nel 1950 e proprio in concomitanza della Coppa Rimet che si giocava nel paese dei verdeoro. I croati assistettero al dramma del Maracanazo, ma ebbero modo anche di apprezzare il tifo colorato, spumeggiante ed inarrestabile del Maracanà, lo stadio più grande del mondo con i suoi oltre 200.000 posti. Il tempo di ritornare in patria e che Venceslav Zuvela insieme ad altri amici protagonisti di quella avventura fondò la Torcida Split (il 28 ottobre 1950 con precisione), cioè il tifo organizzato al seguito dell’Hajduk Spalato, la squadra croata più famosa e blasonata insieme alla Dinamo Zagabria.  Il tifo al seguito dell’Hajduk fu talmente acceso ed entusiasmante da parte della Torcida, che gli spalatini superarono nella finale del campionato jugoslavo la Stella Rossa di Belgrado, sovvertendo il pronostico e creando clamorosi malumori in seno allo stesso governo di Tito. Di lì a qualche giorno, infatti, le autorità governative riuscirono a sciogliere momentaneamente la Torcida e ad arrestare anche Zuvela. Ma dal 1950 ad oggi la Torcida Split esiste ancora, rivendica le sue origini e detiene il primato di essere stato il primo gruppo del tifo organizzato al mondo. Primato a dir poco considerevole.

mercoledì 4 giugno 2014

Venti anni sono tanti senza di te

 Venti anni sono tanti senza di te caro Massimo. Era il 4 giugno del 1994, quando l'artista Troisi si spegneva dopo una lunga degenza a Roma all'età di appena 41 anni. Ma nel cuore di tutti noi non sei mai andato via. Purtroppo le dipartite premature dei grandi artisti, dei grandi eroi, degli uomini di valore lasciano sempre, per forza di cose, un vuoto incolmabile. Ma probabilmente il tuo vuoto è ancora più grande e malinconico, in quanto ti porti via un pezzo della nostra storia, il cui ricordo ci rende più tristi e soli. Ma d'ltra parte cosa può significare il tuo ricordo a venti anni dalla tua scomparsa su un blog in cui si parla di calcio, in maniera talvolta seria e talvolta anche banale? Oltre che un grande artista, eri tra le altre cose anche un grande appassionato di calcio, inevitabilmente del Napoli (ricordiamo nativo di San Giorgio a Cremano) e di Diego Armando Maradona, un altro artista con cui andava meravigliosamente d'accordo. Celebrasti a tuo modo la vittoria del primo Scudetto del Napoli, trala passione di un tifoso ed una piccata e legittima ripicca verso quei razzisti, a cui il primo Scudetto del Napoli non era andato proprio giù. "Meglio essere Campioni del NordAfrica che fare striscioni da Sud Africa" Ciao Massimo, ci mancherai ancora.

lunedì 2 giugno 2014

2014/2015: L'Europa League che verrà


di Vincenzo Paliotto

 Mentre in Brasile stanno per imperversare le vicende calcistiche e non della Coppa del Mondo, catalizzando le attenzioni dei tifosi e dei mass media, nel Vecchio Continente prende il via con il First Qualifiyng Round, la fase preliminare dell’Europa League. Ai nastri di partenza ben 78 formazioni dai nomi qualche volta blasonati, ma per lo più sconosciuti, che incutono però un certo timore e grande curiosità. Accanto alle titolate Goteborg ed Aberdeen ed anche Ferencvaros (che in tempi lontani trionfavano in Europa) figurano nomi inediti ed esotici con tante storie da raccontare: come quella del Turnovo, squadra di un villaggio macedone di neanche 1.000 abitanti, il Santos Tartu, squadra estone che gioca in terza divisione, le lontanissime formazioni kazake sconfinate nel continente asiatico, gli anarchici di Spalato dell’RNK e l’Europa College, prima squadra iscritta della federazione di Gibilterra. L’altra Europa che scende in campo con largo anticipo e che comincia la nuova stagione agonistica, quando gli altri devono ancora terminarla. Ma l’Europa League in questo caso rappresenta un segmento calcistico tutto da scoprire.  Il 23 giugno a Nyon si effettua il sorteggio, mentre le sfide di andata e ritorno sono previste per il 3 ed il 10 luglio.

First qualifying round

IFK Goteborg: E’ la squadra più blasonata che prenderà parte al First Qualifyng Round. I blavitt, espressione della working class della città, hanno infatti vinto due volte la Coppa UEFA: nel 1982 e nel 1987. Molto nutrito anche la bacheca degli honours nazionali con 18 scudetti e 6 Svenska Cup. L’ultima vinta proprio nel 2013 ai danni del Djurgardens ai calci di rigore.

Aberdeen. Insieme al summenzionato Goteborg è tra le squadre più blasonate dell’ampio lotto delle partecipanti del primo turno preliminare. In Scozia non vincono il titolo dal 1985, mentre hanno trionfato nella Coppa di Lega dopo un lungo periodo di astinenza. Il fiore all’occhiello per i dons resta comunque la Coppa delle Coppe vinta nel 1983 ai danni del Real Madrid. Gol nei supplementari di John Hewitt, in panchina un certo Alex Ferguson.

Ferencvaros. Nata nel 1899, è l’unica squadra ungherese a poter vantare un alloro internazionale: la Coppa delle Fiere ottenuta nel ’65 in finale a Torino peraltro contro la Juventus. Quindi, fu battuta nella finale della stessa competizione nel ’68 contro il Leeds United, mentre nel ’75 perse la finale di Coppa delle Coppe per mano della Dinamo Kiev. Completano l’albo d’oro 28 scudetti, 20 coppe nazionali e 2 Mitropa Cup. In Ungheria, nonostante tutto, è un autentico mito.

Rosenborg. 22 volte campione nazionale, il Rosenborg è la squadra che ha meglio rappresentato il calcio norvegese in Europa, approdando ai quarti di finale di Champions League nel 1997, eliminato poi dalla Juventus. Stagione in cui peraltro i bianconeri norvegesi firmarono la loro impresa più clamorosa, eliminando il Milan di Sacchi con una vittoria a San Siro per 2-1. Gol decisivo di Vegard Heggem.

Haugesund. E’ tra le debuttanti in assoluto della manifestazione. Club fondato nel 1993 dalla fusione del Djerv 1919 e l’Haugar. Giunto 3°, milita nella Tippeligaen, il massimo campionato norvegese, dal 2009. Nelle sue file il nazionale ugandese Tonny Mawejje, arrivato dall’IBV Vestmannajer.

Spartak Trnava. Il nome dello Spartak Trnava vuol dire molto nella tradizione calcistica che fu della Cecoslovacchia. La squadra rossonera, infatti, vinse al tempo ben 5 campionati ed altrettante coppe nazionali, mentre nel ’69 giunse addirittura in semifinale in Coppa dei Campioni, eliminata dall’Ajax. Per un periodo fu denominata Kovosmalt, dalla locale industria di smalti ed imposta dalla nomenclatura comunista. Gli Ultras Spartak sono i più rispettati nel paese. La squadra è tifata in tutta la regione dell’ovest.

Jagodina. Fondata nel 1919 nella regione più a sud della Serbia, è il volto nuovo del calcio nazionale. Per lunghissimo tempo confinato nelle divisioni inferiori, la Jagodina è poi venuta definitivamente alla ribalta con la vittoria della coppa nazionale nel 2013.

RNK Spalato. E’ stata quasi sempre oscurata dai cugini più blasonati dell’Hajduk questa formazione spalatina, nata nel 1912 con una denominazione dagli intenti palesi come Anarch, e con i colori sociali completamente neri. Poi intorno al ’33 l’adozione del rosso, per lo spirito inconfutabilmente comunista del club. I suoi esponenti combatterono in Spagna contro Franco e al fianco di Tito contro i fascisti. Nel ’61 è stato eliminato in Coppa di Jugoslavia dal Vardar in semifinale. Nel 2008 militava ancora in quarta divisione.

Botev Plovdiv. E’ la squadra più antica del paese ancora in attività. Fondata nel 1912, ha dovuto cambiare più volte denominazione nel corso della sua storia per via di conseguenze politiche. Tuttavia, il Botev nel cuore dei suoi tifosi è rimasto sempre lo stesso. Prende il nome da Hristo Botev, eroe nazionale, ed ha vinto 2 scudetti e 2 coppe nazionali, più una Coppa dei Balcani nel 1972. Quarti di finale in Coppa delle Coppe raggiunti nel ’63. Grande rivalità con la Lokomotiv Plovdiv.