sabato 29 marzo 2014

Espanyol-Barcelona, el derbi barcelonès


Dani Jarque
Dalle pagine di Football Rivalries di Vincenzo Paliotto il Derbi di Barcellona. 
 I sostenitori blaugrana, vale a dire quelli che fanno il tifo per il Barcelona, uno dei club più ricchi e blasonati del mondo, hanno ormai storicamente definito la loro rivalità più importante con quelli del Real Madrid. Tuttavia, i tifosi dell’altra squadra della più grande città catalana, quelli dell’Espanyol, ci tengono vivamente a ribadire che però loro la partita più importante e sentita rimane sempre quella che giocano contro i cugini ricchi e famosi del Barca.

 Quella tra Barcelona ed Espanyol, ad ogni modo, non è una rivalità che si rintana soltanto nei confini calcistici. Le questioni politiche e sociali contaminano non poco il derby barcellonese. L’Espanyol fu fondato nel 1900 con la prospettiva di allargare i propri orizzonti ed i propri tesserati oltre i confini nazionali, dando un aspetto essenzialmente più internazionale al club. Il Barcelona, invece, riconosceva soprattutto la propria identità catalana, una questione politica e geografia annosamente di non poco conto in Spagna. Lo scontro politico tra le opposte fazioni si impennò ulteriormente con la dittatura del Generalissimo Franco. La squadra che attirò le simpatie del dittatore divenne l’Espanyol, mentre quelli del Barca furono oggetto di non poche rappresaglie, tra cui anche crudeli fucilazioni. Nella Guerra Civile Spagnola un gruppo riconosciuto di sostenitori dell’Espanyol diede il suo appoggio incondizionato ed armato ai franchisti.


Ad ogni modo, in termini di vittorie non esistono paragoni. Interminabile il palmarès del Barcelona, a dir poco esigua la bacheca dei trofei dell’Espanyol. Il Barca ha primeggiato ben 84 volte nella stracittadina, l’Espanyol invece in 34 occasioni. Ma ogni derby vinto dai biancoblù ha rappresentato qualcosa di fondamentale importanza, come il tennistico e roboante 6-0 in proprio favore, riportato tra le mura amiche nel lontano 1950/51.

 Nel 1992/93 il Barca, vincendo per 5-0 al Camp Nou, non vinse la Liga ma condannò alla retrocessione i cugini. I gol furono di Stoichkov, Nadal, Koeman, Witschge e Beguiristain. Nel 2006/2007, invece, un gol di Raul Tamudo, che firmò il punto del 2-2 per l’Espanyol, costò ai blaugrana il titolo nazionale in favore del Real Madrid. Il giorno passò alla storia come Tamudazo. Il 21 febbraio del 2009 si registrò, comunque, una vendetta quasi clamorosa. In quanto Ivan De la Pena, che con poca fortuna aveva militato anche nella Lazio e che era cresciuto nelle giovanili del Barca, condannò proprio la sua ex-squadra. Firmò, infatti, i due gol con cui l’Espanyol espugnò per 2-1 il Camp Nou. Era il Barca del Pep Guardiola che avrebbe vinto tutto in quella stagione.

 Ma Barcellona-Espanyol non è soltanto la storia di una cruda rivalità. Grazie ad Andrès Iniesta ogni tanto il derbi barcelonès respira un’aria di cordialità. Il centrocampista del Barca, infatti, segnò il gol nella finale della Coppa del Mondo contro l’Olanda ed omaggiò di quella rete il ricordo di Daniel Jarque, lo sfortunato capitano dell’Espanyol prematuramente scomparso e grande amico del mago Iniesta.

 Il derbi è anche questo.

mercoledì 26 marzo 2014

1976/77: La Juventus vince la Coppa UEFA


 
Nelle prime edizioni della neonata Coppa UEFA il calcio italiano era rimasto effettivamente a guardare ed applaudire i successi delle compagini inglesi, tedesche e olandesi. Soltanto il Milan nel ’72 e nel ’76 si era affacciato fino alle semifinali della competizione. Per il resto, invece, soltanto una serie di magre figure. D’altra parte, dopo i successi negli Anni Sessanta, a livello di club il calcio italiano attraversava un periodo non proprio ricco di soddisfazioni. Ad ogni modo, nel 76/77 la Juventus, che non aveva mai trionfato in nessuna competizione continentale, riuscì finalmente a portare questo ambito trofeo in Italia, inaugurando quindi la lunga lista dei suoi successi in tornei internazionali. I bianconeri trionfarono in una edizione della coppa che lasciò spazio a molte sorprese, annotando come protagoniste squadre che per la prima volta si imponevano all’attenzione internazionale.

Sorpresa belga. Una delle tante sorprese appunto di questa edizione della Coppa UEFA fu rappresentata dai belgi dell’ RWDM di Molenbeek, compagine nata il 1° luglio del 1973 dalla fusione di due club della capitale, il Racing White ed il Daring Club. Il nuovo sodalizio entrò di prepotenza nelle consolidate gerarchie del calcio belga, vincendo il titolo nazionale nel 1975. Il successo era tutt’altro che casuale, infatti l’RWDM si fece largo anche nelle competizioni internazionali e nel 76/77 raggiunse le semifinali della Coppa UEFA, eliminato dall’Athletic Bilbao, senza aver subito neanche una sconfitta. Il cammino dell’undici di Bruxelles, infatti, non registrò nessuna gara persa sin dal primo turno, quando furono estromessi i danesi del Naestved. Quindi toccò ai polacchi del Wisla Cracovia, eliminati ai calci di rigore dopo un doppio 1-1. Al terzo turno terminò l’avventura anche dello Scahlke 04, battuto di misura in Belgio e che non andò oltre l’ 1-1 a Gelsenkirchen. Nei quarti l’RWDM, quindi, eliminò il Feyenoord. Dopo il pareggio a reti inviolate di Rotterdam, in casa l’RWDM vinse per 2-1 in rimonta con reti di Wellens e Teugels, dopo il momentaneo vantaggio di De Jong. In semifinale al cospetto dei baschi dell’ Athletic Bilbao la squadra belga fu eliminata per effetto del gol subito tra le mura amiche. Infatti, nel retour-match al San Mamès il Bilbao si accontentò a ragione dello 0-0. Ad ogni modo, i belgi avevano vissuto una avventura entusiasmante, imponendosi all’attenzione europea, dopo le imprese delle connazionali Anderlecht e Bruges.

Stan Bowles, genio e gol. Capocannoniere della manifestazione con 11 reti si laureò Stan Bowles, talento del calcio inglese, che dopo stagioni sfortunate, raccolse meritati applausi con la maglia del Queen’s Park Rangers. La formazione londinese, fondata nel 1882, per la prima volta nella sua storia partecipò ad una coppa europea. Nel ’76 perse, infatti, il titolo inglese per un solo punto nei confronti del Liverpool. La squadra di Dave Sexton esprimeva un gioco piacevole e redditizio. In Coppa UEFA la corsa del QPR si fermò nei quarti, dopo aver eliminato Brann Bergen, Slovan Bratislava e Colonia. Nei quarti appunto venne sgambettato dall’ AEK Atene. Dopo essersi imposto per 3-0 a Loftus Road, ad Atene il QPR fu sconfitto con analogo punteggio e quindi eliminato nella lotteria dei rigori. Tuttavia i tifosi inglesi poterono celebrare le prodezze del loro campione in assoluto quale appunto Bowles.

Orgoglio basco. Al pari di quelle italiane, anche le squadre spagnole non avevano proprio ben figurato nel corso della Coppa UEFA. In questa edizione della manifestazione continentale si mise in luce, però, la compagine basca dell’Athletic Bilbao che si spinse fino alla doppia finale, eliminando Ujpest Dozsa, Basilea e Milan, andando poi ad incrociare nei quarti di finale il Barcelona. Nell’andata al San Mamès il Barca passò in vantaggio al 13’ con Asensi, prima di subire la rimonta ad opera di Churruca e Dani Ruiz. Nel ritorno al Camp Nou l’Athletic riuscì a spuntarla grazie ad una prova superlativa di Irureta, che con due gol rese inutile la doppietta siglata da Johann Cruyff. In semifinale, quindi, estromise il sorprendente RWDM Molenbeek, grazie ad un gol segnato in Belgio da Churruca. L’Athletic raggiunse quindi la finale con la chiara intenzioni di imporsi alla quotata Juventus.

sabato 22 marzo 2014

Europa LEague 2014, il Lione euroavversaria della Juve


 L’incrocio a livello calcistico europeo tra Lione e Torino evoca per forza di cose problemi di ordine politico ed economico ben più accesi di una partita di calcio. La direttrice tra la città piemontese e quella francese del resto chiama in causa una delle questioni più spinose degli ultimi mandati governativi italiani, con la contestata TAV e la sua alta velocità. Ad ogni modo, Juventus ed Olympique Lione in questa doppia sfida si contendono il passaggio alle semifinali dell’Europa League, con la tradizione e la cabala che si mettono clamorosamente in favore dei bianconeri. I transalpini, infatti, nei loro numerosi confronti a livello europeo con le squadre italiane sono spesso usciti di scena, se non in rare ma forse significative occasioni.


 Il primo confronto per l’OL con una italiana fu addirittura drammatico nella Coppa delle Fiere del 1959/60, in cui al primo turno perse per ben 7-0 contro l’Inter. Nerazzurri milanesi che eliminarono i francesi anche nella Coppa UEFA del 1997/98. Sconfitti 2-1 a San Siro, Gigi Simoni e compagni ribaltarono il pronostico in terra di Francia con un secco 3-1, propiziato dai gol Moriero e Cauet ed un’autorete del portiere Coupet. Tuttavia, in Coppa UEFA nella stagione del 1995/96 il Lione ottenne una prestigiosa qualificazione al cospetto della Lazio, battendola sia in Francia che a Roma. Allo Stade Gerland vinse 2-1 con le reti di Devaux e Giuly, nonostante il momentaneo pareggio di Winter, mentre all’Olimpico si impose per 2-0 con gol di Maurice e Assadourian, dopo un rigore mancato da Beppe Signori.  Un nuovo k.o. per il Lione, ad ogni modo, sopraggiunse nella Coppa UEFA del 1998/99 di fronte all’indemoniato Bologna di Carletto Mazzone. I felsinei prevalsero 3-0 al Dall’Ara con doppietta di Signori (che attuò così la sua vendetta) e gol di Binotto, quindi i rossoblù resistettero con tenacia in Francia, perdendo soltanto 2-0. Nel 2002/2003, quindi, in un girone di Champions League quelli del Lione riuscirono anche a battere l’Inter, ma il successo non servì loro per passare il turno. Nel 2005/2006, invece, l’OL cedette nei quarti della stessa Champions di fronte al Milan, mentre nel 2006/2007 fu eliminato negli ottavi della stessa competizione dalla Roma. Meglio andò nel 2008/2009, quando nel primo turno di Champions il Lione eliminò la Fiorentina in durissimo doppio confronto. A Firenze i francesi vinsero per 2-1 con gol di Makoun e Benzema a cui replicò il solo Gilardino. Fiorentina che poi venne battuta anche nella stagione successiva del 2009/2010, quella in cui il Lione ottenne il miglior risultato europeo della sua storia, giungendo fino alle semifinali, dopo aver eliminato anche il Real Madrid. Gli sbarrò la strada verso la finale il Bayern Monaco.

 Il Lione, del resto, ha vinto 7 volte consecutivamente il titolo francese dal 2002 al 2008, stabilendo un autentico e strabiliante record per il suo paese. Ha inoltre vinto anche 5 volte la Coppa di Francia. Tra Coppa UEFA ed Europa League è arrivato per ben quattro volte ai quarti di finale.

martedì 18 marzo 2014

Il sapore antico della Coppa di Scozia


L'Aberdeen che vinse la Scottish FA Cup nel 1990
 Alla fine il sogno dell’Albion Rovers, club della Scottish League Two (in pratica una Seconda Divisione di Lega Pro a girone unico), si è fermato nella gara di replay dei quarti di finale di fronte ai Rangers Glasgow. Cioè non un avversario qualunque, in quanto i blues, pur militando in League One, rimangono comunque un club istituzionale per il calcio scozzese. I giallorossi, che nel lontano 1920 disputarono una finale della coppa nazionale perdendola, hanno chiesto ospitalità al terreno dell’Hamilton per accontentare gli oltre 5.000 tifosi accorsi a vedere questa partita storica. I Rangers, che hanno vinto ovviamente anche il loro campionato con largo anticipo, si sono imposti per 2-0 con gol di Aird e Daly, dopo il clamoroso 1-1 dell’Ibrox Park. I blues in semifinale affronteranno il Dundee United, che non vince una Scottish Cup dal 2010, stagione in cui peraltro batterono in finale per 3-0 il Ross County. I Rangers, invece, a loro volta non vincono dal 2009, quando superarono in finale di misura il Falkirk. I blues, dopo il fallimento del 2012, vogliono ottenere giustamente un grande ritorno nel calcio che conta, rischiando addirittura di qualificarsi per l’Europa League, ma devono in ogni caso vincere la coppa nazionale.


 Nell’altra semifinale il St. Johnstone Perth, fondato nel 1884, affronta l’Aberdeen. I saints non hanno mai raggiunto nella loro storia una finale della FA Cup. In campionato al massimo sono giunti terzi e nella Coppa UEFA del 1971/72 raggiunsero il terzo turbo eliminati dallo Zeljeznicar di Sarajevo, ma dopo aver battuto l’Amburgo ed il Vasa Budapest. Il suo rivale per eccellenza è il Dundee FC, più dello stesso Dundee United. Le sfide con le compagini di Dundee prendono il nome di Tayside Derby. L’Aberdden, invece, 2° in campionato e fresco vincitore della League Cup, non arriva ad una finale dal 2000, peraltro battuto seccamente per 4-0 dai Rangers. Mentre hanno vinto l’ultima Coppa di Scozia nel 1990 ai danni del Celtic. I dons stanno ritornando in auge dopo una lunga astinenza e la vittoria in Coppa di Lega lo testimonia. L’Aberdeen, fondato nel 1903, è l’ultima squadra scozzese ad aver vinto una coppa europea (1983 con Coppa delle Coppe e Supercoppa) e l’ultima al di fuori dell’Old Firm ad aver vinto il campionato nel lontano 1985. Anni in cui la storia dei reds era nobilitata da un certo Sir Alex Ferguson. La vera rivalità dei dons è con il Dundee United, ma anche nei confronti proprio dei Rangers, le cui sfide sono state spesso caratterizzata da incidenti dentro e fuori Ibrox Park. Sfida in ogni caso alimentata dagli stessi interventi rudi dei giocatori in campo.

 La Coppa di Scozia si gioca comunque quasi ininterrottamente dal 1874 ed è il secondo trofeo per anzianità nel mondo del calcio. Non uno scherzo insomma.

lunedì 17 marzo 2014

Ultras e rivalità in Romania, la tradizione ed il nuovo che avanza


Dinamo-Steaua
 Nonostante un serbatoio calcistico ancora in grado di sfornare talenti ed anche di indubbio valore, la Romania anche questa volta mancherà alla rassegna iridata in programma in Brasile, mentre nel paese sotto il profilo calcistico ed economico si continua ad assistere a mutamenti importanti. Investitori che arrivano dall’estero, insieme anche a tecnici e calciatori. Il retaggio storico del calcio rumeno si è in parte snaturato, con club nuovi ed in ascesa che hanno soppiantato una parte di quelli storici, mentre continuano allo stesso modo a resistere le tradizioni con le sue rivalità. Il movimento ultras rumeno continua a recitare un ruolo importante all’interno del calcio nazionale. In tal caso il calcio rumeno continua a riconoscersi, e non potrebbe essere diversamente, intorno al grande dualismo composto dalla Steaua e dalla Dinamo, le squadre che detengono il maggior numero di titoli e di tifosi nella storia del calcio nazionale.

Marele Derbi. Lo chiamano Marele Derby, cioè il Derby Eterno, tra le due maggiori compagini del calcio nazionale. Del resto la Steaua ha vinto 24 Scudetti contro i 18 della Dinamo ed entrambe recitavano una parte di assoluto prestigio e potere anche al tempo del regime comunista, ereditandone poi di conseguenze nel tempo tutto il blasone. Del resto la Steaua era la squadra dell’Esercito e poi legata anche alla famigerata famiglia Ceausescu, talmente odiata in tutta la Romania per i suoi soprusi e le sue violenze che gli stessi tifosi della Steaua hanno tentato storicamente di distaccarsene, mentre la Dinamo era la squadra del Ministero dell’Interno, e quindi della polizia. I favori politici da loro goduti portarono le due squadre ad essere in eterna competizione per il titolo nazionale, ma anche in quella di accaparrarsi i migliori talenti sparsi nel paese. Steaua e Dinamo quasi sempre riuscivano a dotarsi degli organici migliori e a godere di favori arbitrali e federali, anche se non poche furono le intrusioni nell’albo d’oro di altre squadre. Ionel Danciulescu è uno dei tanti ad aver giocato su entrambi i versanti del Marele Derby, detenendo sia il primo dei derby giocati che di gol segnati, ben 13 insieme a Florea Voinea, che però aveva giocato sempre per la Steaua tra gli Anni Sessanta e Settanta. Nonostante la rivalità accesissima diversi giocatori hanno indossato tutte e due le maglie, anche gente importante come Bostina, Bordeanu, Bumbescu, Cristea, Dobos, Ilie, Moraru, Catalin e Hildan Munteanu, Popescu, Stelea, Vladoiu. Il primo a passare da una parte all’altra della capitale fu Titi Popescu nel 1953, che aveva esordito nella Dinamo per poi accasarsi per poche partite nella Steaua. Danciulescu è anche colui che ha segnato più gol nella storia del calcio locale, anche più di Dudu Georgescu, due volte Scarpa d’Oro negli Anni Settanta, e di Rodion Camataru, che invece un’altra Scarpa d’Oro la vinse negli Anni Ottanta.

La coppa di Ceausescu. L’influenza dei suddetti Ceausescu non rimase comunque mai troppo estranea neanche al mondo del calcio. Negli Anni Ottanta del resto la Steaua schierò la squadra più forte mai vista in Romania. Certo che i rossoblu non aveva gli ultras al seguito, il pubblico era costituito prevalentemente da gente legata all’emisfero dell’Esercito, ma la passione ed il calore intorno al club erano ugualmente alti. Qualcosa di particolare accadde comunque nella stagione del 1987/88, in cui la Steaua dominò in campionato proprio ai danni della Dinamo. La Steaua vinse il campionato con un solo punto di vantaggio ai danni dei cugini della Dinamo, rimanendo oltretutto imbattuti per tutto il campionato. Ma qualcosa di più increscioso accadde nella finale di Coppa di Romania. Sul risultato di 1-1 (vantaggio di Lacatus e pareggio di un giovanissimo Raducioiu) venne annullato al 90’ un gol alla Steaua siglato da Balint. L’arbitro Petrescu ne rileva un fuorigioco. Di conseguenza quella della Steaua si rifiutarono di proseguire a giocare ed in tutta risposta quelli della Dinamo si presero il trofeo. Accadde di tutto, con botte tra i giocatori e dirigenti ed invasione di campo del pubblico con incidenti di ogni tipo. La cosa più eclatante è che il giorno dopo Ceausescu convalidò quel gol annullato alla Steaua, pretendendo l’assegnazione a loro anche della coppa nazionale. E così fu, anche se dopo qualche anno con la caduta del regime quella coppa vinta dalla Steaua fu riconsegnata.

sabato 15 marzo 2014

Il campionato più bello del mondo- Gol di Chinaglia a Cagliari


 Non si trattava di una sfida normale per l’inizio degli Anni Settanta. Cagliari e  Lazio rivendicavano rispettive prospettive di grandezza. Gli isolani avevano vinto il loro primo Scudetto nel 1970 e godevano delle prestazioni di Gigi Riva, uno dei più grandi del calcio italiano, ma anche del calcio mondiale. Un campione autentico che nessuno era riuscito a portar via dall’isola. Neanche i miliardi degli Agnelli. Al tempo era difficile dir di no ai soldi della Juve, ma Gigi Riva rifiutò in quanto era attaccato alla sua adottiva Sardegna e soprattutto perchè tutti quei soldi erano spropositati per un solo giocatore. “Per oltre un miliardo di lire dovrei far gol in ogni partita”, questo o qualcosa del genere fu il suo commento di fronte all’offerta dei bianconeri e forse questa non era una cosa possibile.

 Dall’altra parte, invece, la Lazio era diventata grande, ma gli mancava il sigillo di uno Scudetto che aveva mancato proprio nel 1973 sul filo di lana. La solita Juventus aveva beffato i biancocelesti ed il Milan. Ma la Lazio aveva Giorgio Chinaglia, altro attaccante inarrestabile, che aveva dato vita ad un gruppo esplosivo agli ordini di Tommaso Maestrelli, l’allenatore, e puntava senza mezzi termini all’affermazione in campionato.

 Non a caso la Lazio sbancò Cagliari alla settima giornata del 2 dicembre del 1973. Il mattatore di giornata fu neanche a dirlo proprio Giorgione Chinaglia, autore al 21’ del primo tempo della rete decisiva. Il Cagliari in verità viveva un momento difficile, mentre la Lazio si mise in testa alla classifica e vi rimase fino alla fine di quello storico campionato che gli consegnò il primo Scudetto.

venerdì 14 marzo 2014

Europa League 2014: La notte dei los beticos


Le streghe del Sanchez Pizjuan. Rimarrà una notte indelebile per i colori dei los beticos, i sostenitori del Betis Siviglia, che hanno vostro letteralmente trionfare la loro squadra nella tana dei cugini in un Sanchez Pizjuan, gremito in ogni ordine di posto. Non peraltro il Betis, ultimissimo nella Liga e condannato ad una retrocessione quasi matematica, ha quasi staccato il biglietto per i quarti di finale di Europa League, vincendo contro il Siviglia, accreditato di tutti o quasi i favori del pronostico della vigilia. Il 108esimo Derbi Sevillano ha richiamato l’interesse ovviamente di tutta la Spagna calcistica e non solo. I biancoverdi non vincevano sul terreno dei cugini dal 7 febbraio del 2009, occasione in cui trionfarono per 2-1, ma che al termine della stagione retrocessero ugualmente in Seconda Divisione. Leo Baptistao e Sevilla hanno firmato i due gol di un’impresa storica, messi poi in cassaforte dal portiere Antonio Adàn, cresciuto nella cantera madri dista ma arrivato a gennaio dopo una breve esperienza nel Cagliari. Ci sarà certo ancora da lottare nel retour-match del Benito Villamarin, ma il Betis potrebbe eguagliare la migliore prestazione della sua storia calcistica in Europa. Nel 1977/78 il Betis, infatti, approdò fino ai quarti della Coppa delle Coppe, venendo estromesso dalla Dynamo Mosca, ma dopo aver eliminato il Milan. Anche quella stagione si concluse con una retrocessione, dopo che nella stagione precedente i biancoverdi avevano vinto la Coppa del Rey superando in finale ai rigori l’Athletic Bilbao.

mercoledì 12 marzo 2014

La Top11 del Portogallo di sempre- 2a parte


A TUTTA CLASSE (di Antonio Vespasiano)

I migliori interpreti per il nostro centrocampo sono tre fuoriclasse indiscussi. Sul centro-destra schieriamo LUÍS DECO: classe, dribbling, visione di gioco, tempo negli inserimenti. È stato uno dei più forti centrocampisti degli ultimi anni, ha stravinto trofei su trofei, sfiorando il Pallone d’Oro nel 2004. Piccoletto ma agile e rapido di gambe e di testa. Temibilissimo sui calci piazzati. Al centro l’illuminata maestria di MANUEL RUI COSTA, trequartista tanto fantasioso quanto geometrico. Doti tecniche straordinarie e costante altruismo nella giocata lo hanno reso un leader ovunque abbia giocato. Elegante, corretto, amato dai tifosi e dai compagni, la sua carriera è stata ricca di successi e soddisfazioni, su tutte la Champions del 2003. Sul centro-sinistra, invece, la fantasia e la fisicità di MÁRIO COLUNA, alfiere del periodo d’oro del Portogallo (era il Capitano ai Mondiali del ’66) e del Benfica dove giocò tutte e cinque le finali di Coppa dei Campioni, vincendone due, senza dimenticare i dieci Scudetti e le sei Coppe nazionali. Atleta straordinario, istintiva visione di gioco e leadership da vendere. Il suo soprannome era “O Monstro Sagrado” e tanto basta a delinearne la leggendaria figura nella storia del calcio portoghese.

Tra le riserve spiccano i nomi di JOSÉ TRAVASSOS la primissimo calciatore portoghese ad assurgere ai livelli di fama internazionale, venne infatti convocato nella selezione del Resto del Mondo che affrontò l’Inghilterra nel 1955. Interno destro dei favolosi “Cinco Violinos” dello Sporting Lisbona, club con il quale vinse ben otto Campionati. È stato una grande stella del suo tempo e lo sarebbe stato anche se fosse nato oggigiorno perché il suo era uno di quei talenti più unici che rari. In mezzo la regia di PAULO SOUSA, metronomo di grandissimo senso tattico, calamitava ogni pallone smistandolo con sagacia e puntualità. Ottima tecnica, è uno dei pochi giocatori capaci di vincere la Champions con due squadre diverse (Juventus e Borussia Dortmund). Una sventura la sua cronica propensione all’infortunio. L’ultimo posto a disposizione spetta a JOSÉ AUGUSTO, ennesimo componente del Grande Benfica che fece la Storia del calcio lusitano. 9 gol in 45 presenze in Nazionale, 3 gol in 6 partite ai Mondiali del 1966 dove era uno delle colonne dei “Magriços”. Ambidestro, specialista del dribbling e delle finte (lo chiamavano il “Garrincha portoghese”), bravo nella conclusione così come nell’impostazione del gioco.

lunedì 10 marzo 2014

FA Cup 2014: Un'altra beffa per il City


 
Il tecnico cileno del City Manuel Pellegrini non ha voluto far drammi nel dopo-partita dei quarti di finale della FA Cup, ma indubbiamente i citizens hanno vissuto uno dei momenti più tristi della loro nobile storia. Infatti, hanno ceduto tra le mura amiche di fronte al Wigan Athletic, non un avversario qualunque da queste parti. Il Manchester City, infatti, nel 2013 aveva perso in finale contro i latics e quindi nella stagione in corso è stato buttato ancora una volta incredibilmente fuori nei quarti. Eppure il City veniva da una vittoria prestigiosa ed importante nella finale della League Cup, ma nemmeno il morale alto è bastato in questo caso a scongiurare una dolorosa eliminazione, mentre tutti attendevano una esemplare vendetta. Il Wigan ha vinto 2-1, guidato in panchina dal tedesco orientale Uwe Rosler, che proprio tra il 1994 ed il 1998 fu attaccante con spiccato fiuto del gol proprio del City. Un altro City a dire il vero, lontano dalle spese faraoniche degli sceicchi e spesso impelagato in cadetteria. Rosler segnò al servizio dei citizens 52 gol, entrando nel cuore dei tifosi che lo hanno lungamente applaudito anche sulla panchina dell’odiato Wigan. Rosler aveva giocato nella ex-Oberliga al servizio di Lokomotive Lipsia, Magdeburgo e Dynamo Dresda, facendosi poi largo in Bundesliga con il Norinberga. Poi arrivò in Inghilterra via Dresda. Rosler ha rivoluzionato la stagione del Wigan dal momento del suo arrivo. I latics si sono riavvicinati alla zona dei play-off e sognano una nuova finale a Wembley, pur dovendo affrontare nel prossimo turno l’Arsenal.


Il vero miracolo di giornata, però, è senza dubbio quello dello Sheffield United, che agguanta a sua volta la semifinale, dopo aver battuto 2-0 il Charlton in un Bramall Lane gremitissimo. I blades militano in League One e l’ultima squadra della stessa categoria a compiere un’impresa del genere fu nel 2001 il Wycombe Wanderers. I biancorossi affronteranno nella semifinale di Wembley l’Hull City di Steve Bruce, che finalmente potrebbe brindare ad un traguardo atteso da troppi anni dai tigers. L’Hull City ha giocato la sua unica semifinale di FA Cup addirittura nel lontanissimo 1930. Al tempo i tigers furono estromessi nel replay dall’Arsenal.

 Anche ai gunners un successo finale in FA Cup manca dal 2005 e Wenger vorrebbe finalmente trionfare nuovamente a Wembley. Anche questa volta per i londinesi non sarà facile, nonostante possano godere dei favori del pronostico. Ma questa FA Cup pare non rispettare nessun pronostico e nessun blasone.

venerdì 7 marzo 2014

La Top11 del Portogallo di sempre


di Antonio Vespasiano (giornalista di Calcio2000)

Gli albori del gioco del calcio non hanno certo visto il Portogallo tra le Nazionali protagoniste,  non solo a causa di un limitato bacino d’utenza, ma anche per via del livello economico piuttosto scadente e della decentrata posizione geografica del Paese, che non ha mai facilitato frequenti interscambi con le restanti realtà europee. Negli ultimi decenni, però, si è assistito ad una costante crescita del movimento calcistico, soprattutto a livello giovanile, dove ben può affermarsi che i portoghesi sono una delle potenze mondiali. Oggi come oggi, pur se la “Gereção de Ouro” dei vari Figo, Rui Costa, Fernando Couto è ormai esaurita, il trend resta sempre positivo, con picchi di stupefacente magnificenza visto il terrificante talento di Cristiano Ronaldo. CR7 è l’uomo nuovo a cui il Portogallo intero s’aggrappa nella speranza di rinverdire i fasti degli anni ’60. Se solo si potesse porre rimedio all’assenza cronica di un centravanti di razza.

 

Fatta eccezione per la sfilza di successi delle rappresentative giovanili, tra cui due Campionati del Mondo Under-20 (1989, 1991), la bacheca portoghese non registra alcun trofeo. La Selecção infatti è sempre arrivata ad un passo dal conquistare un meritato alloro, senza però riuscire a centrare alcun successo. Fu così nel ’66, quando i lusitani, alla loro prima apparizione in un Mondiale, sfiorarono la finalissima, battuti solo dall’Inghilterra, chiudendo poi al terzo posto e passando così alla storia come “Os Magriços”. Delusione questa che fa il pari con quella Europea del 2004, quando il connubio tra vecchi leoni (Figo, Rui Costa) e giovani leve (Deco, Ronaldo) non bastò ad arginare il miracolo Grecia. Senza dimenticare le semifinali all’Olimpiade del 1996, ai Mondiali del 2006 e agli Europei del 1984, del 2000, nonché ”l’Injusticia” Eurotelevisiva di Donetsk.

giovedì 6 marzo 2014

Di lotta e di regime


di Lorenzo Longhi (su Sky Sport)
C'è Socrates in copertina, sia nella traduzione italiana che nell'edizione originale spagnola, e non potrebbe essere altrimenti: il dottore, il leader riconosciuto della Democracia Corinthiana, è l'immagine simbolo dei calciatori di sinistra, un progressista nel Brasile della dittatura. Appunto, Calciatori di sinistra del giornalista spagnolo Quique Peinado - con gustosa prefazione di Giorgio Porrà - è appena uscito in Italia per Isbn e traccia diversi significativi ritratti di calciatori che avevano qualcosa da dire, che hanno deciso di schierarsi in quel lato della vita; su quella corsia in cui, in un mondo di auto da sogno e veline da urlo, in pochi si immettono oggi. O, quantomeno, in pochi azzardano il... coming out. Nell'antologia internazionalista di Peinado trovano spazio anche gli italiani Sollier, Lucarelli e Zampagna, il comunista spagnolo Agustin Gomez Pagola e il turco Metin Kurt, i sudamericani Tamburrini, Caszely e Reinaldo: bandiere ideologiche ed impeti di libertà, opposizioni ai regimi militari e militanza, ma anche semplici simpatie politiche comunque espresse.
Non possono mancare poi i ritratti del maoista Breitner, del portiere squatter del St. Pauli Volker Ippig e del pacifista hippy del Moenchengladbach Ewald "Lenin" Lienen, uomini e calciatori tedeschi convintamente di sinistra proprio in presenza, al di là del Muro, di un'altra Germania, quella dell'Est e del socialismo reale. Un calcio, quello della Ddr e dell'Est ex comunista in generale, piuttosto snobbato dall'editoria sportiva italiana. Ma da poche settimane per Urbone Publishing è uscito Stasi Football Club di Vincenzo Paliotto, rapido testo che racconta alcuni episodi di un sistema calcistico sui generis e lo fa senza alcuna malinconia. Poche pagine, lettura agevole, il primo tentativo di illustrare sotto alcuni aspetti un movimento che meriterebbe uno studio approfondito, considerando la complessità storico-politica di una Ddr che, anche nel pallone, ha lasciato un segno e una scia di polemiche, miti e complottismi, salvo poi svanire dopo la riunificazione, quasi in un processo di rimozione.

Al contrario, più battuto è il terreno della ex Unione Sovietica: meritano menzione in questo caso opere dettagliate come I piedi dei Soviet (Curletto, ed. Il melangolo) e Futbolstrojka (Lupi-Curletto, ed. Socialmente), ed è in fondo un peccato che un eccellente viaggio nel calcio dell'est post-comunista, Behind the Curtain di Jonathan Wilson, dato alle stampe nel Regno Unito nel 2006 da Orion, non sia ancora stato tradotto e pubblicato in Italia. Intanto, però, a 25 anni dal giorno in cui il muro venne abbattuto, qualcosa si muove.

mercoledì 5 marzo 2014

Carlo Martinelli parla di Stasi Football Club

 Carlo Martinelli sulle pagine de L'Adige ha scritto questo bell'articolo, ispirandosi al mio Stasi Football Club.

lunedì 3 marzo 2014

Intervista a tuttocalcioestero.it

 

 Tuttocalcioestero.it è uno maggiori siti web del momento, che si occupano con stile e profondità dei vari aspetti del calcio internazionale. Paolo bardelli, uno dei suoi collaboratori di punta mi ha intervistato in merito al libro Clàsicos. Derby e rivalità in America Latina.
 
Un calcio viscerale, per certi versi lontano dal nostro, il Sudamerica è ricco di storie da raccontare ma molte purtroppo sconosciute al grande pubblico. Vincenzo Paliotto in “Clàsicos: Derby e Rivalità calcistiche in America Latina” ci porta in un mondo di santi e peccatori, guerre e maledizioni. Dalla politica alla letteratura, l’intervista che l’autore ha rilasciato a TuttoCalcioEstero.it ci offre un menù vario, fatto di sapori forti e inconsueti. Gustatevi l’antipasto.
Già dalla prefazione a cura di Massimo Grilli si respira un’atmosfera quasi cinematografica, una chiave stilistica che distingue questo volume. Perché questa scelta?
“Hai centrato perfettamente lo spirito del libro, lo stile è ispirato proprio dal calcio sudamericano e dal suo misticismo. Importanti inoltre le letture, varie e vaste, fatte circa il continente americano anche autori non propriamente sportivi come Eduardo Galeano con i suoi bellissimi “Splendore e miseria del gioco del calcio” e “Le vene aperte dell’America Latina”, Ernesto ‘Che’ Guevara con “Latinoamerica” o i grandi racconti di Osvaldo Soriano. Azzardato forse avvicinarsi a scrittori di questo livello, con un po’ di presunzione in qualche pagina ci sono riuscito, in qualche altra un po’ meno (ride, ndr) ma l’intento era quella di dare una struttura quasi cinematografica, diversa dalla letteratura sportiva attuale”.
Non solo calcio, alcuni scontri escono dal rettangolo verde. Ovvio pensare al Cile…
“Una delle dittature più sanguinarie del mondo, quella di Pinochet, ha intaccato la struttura calcistica del paese un po’ come è avvenuto in alcune realtà dell’est europeo o nei paesi sotto dittature nazi-fasciste. Per intenderci, prima di Pinochet il calcio era quasi tutto a Santiago, poi il regime dal 1973 lo ha esportato anche nel nord del Cile. Pensiamo al Cobreloa, squadra inesistente fino al 1978 che riesce ad arrivare alla finale di Coppa Libertadores. Il regime è riuscito a snaturare il concetto calcistico, il Colo Colo viene visto come la squadra del regime, mentre la Universidad de Chile resta la squadra del popolo, Pinochet interviene addirittura sul suo statuto e sotto la sua dittatura retrocede per la prima e unica volta. In un famoso episodio citato da Sepulveda, al tramonto del regime tifosi di Universidad e Colo Colo si trovano a tifare insieme contro Pinochet”.
Storie di calcio, di politica, ma anche di uomini, giusto?
“A questo proposito voglio ricordare il cileno Carlos Caszely , colonna della Selección, di famiglia comunista e costretto ad emigrare all’estero per i soprusi”.

sabato 1 marzo 2014

League Cup History


 
Luton Town-Arsenal 3-2 1988
Ad oltre cinquant’anni circa dalla sua istituzione la League Cup conserva il suo formato prettamente britannico. Dopo gli inglesi, la hanno introdotta nel loro calendario agonistico anche gli scozzesi e gli irlandesi, ma senza poi vantare troppo emulatori nelle altre federazioni sportive. Ci avevano provato gli spagnoli, abolendola però dopo una serie di edizioni, mentre resiste seppur a fatica ancora in Francia. Anche in Inghilterra in verità la Coppa di Lega non ebbe proprio vita facile. La ideò solerte dirigente dal nome di Alan Hardaker (ancora oggi il miglior giocatore della finale viene premiato con l’Hardaker Award), trovando sulla sua strada la resistenza di tanti club inglesi, che vedevano tra l’altro il proprio calendario degli impegni già troppo fitto. Ma, dopo qualche edizione partita decisamente in tono minore (poco più di 10.000 la media delle presenze alle partite) , la League Cup cominciò a diventare particolarmente importante intorno al 1967, quando si stabilì di giocare la finale in gara unica e a Wembley. Oltretutto Hardaker vinse anche la resistenza dell’UEFA, ottenendo che la vincente del trofeo trovasse spazio in Coppa delle Fiere, purchè la squadra fosse almeno iscritta al massimo campionato. La League Cup, ad ogni modo, annovera ai nastri di partenza le squadre appartenenti alla piramide professionistica del calcio inglese, escludendo quindi i club della Non-League e operando dunque una differenza con la FA Cup. Anche la valenza economica della competizione è alquanto diversa. Chi vince porta a casa 100.000 sterline a fronte dei 2 milioni di sterline della FA Cup. Ma nonostante tutte queste differenze, la League Cup è diventata comunque ambita, soprattutto quando si arriva in prossimità del suo atto conclusivo.

Effetto QPR. La prima a squadra ad affermarsi nell’albo d’oro fu l’Aston Villa ai danni del Rotheram United, seguita poi da Norwich City, Birmingham City, Leicester City, Chelsea e West Bromwich Albion. Il numero degli spettatori cresceva leggermente, ma non in maniera esponenziale. Nel ’67, invece, 97.952 spettatori presenziarono alla vittoria del Queen’s Park Rangers a Wembley ai danni del WBA. Si trattò in realtà di un giant killing in piena regola, in quanto il QPR militava appena in terza divisione  e per questo non fu iscritto alla Coppa delle Fiere. Lazarus firmò il punto vincente, coadiuvato da uno straordinario Rodney Marsh. Caso analogo per lo Swindon Town del 1969, vittorioso sull’Arsenal. La prima a beneficiare di un passaggio europeo fu il Tottenham, che nel ’71 superò 2-0 l’Aston Villa davanti a 100.000 spettatori e vincendo quindi l’anno successo anche la Coppa UEFA.