Ernest Edwards è un
signore distinto sulla quarantina. Di professione fa il giornalista, sportivo
per la precisione. Di football per vocazione. Per i calciatori è uno
spauracchio: dalle colonne del Liverpool Echo, testata per cui intinge il
calamaio, può esaltare una prodezza o evidenziare un errore. Può lanciarti in
Paradiso o catapultarti agli Inferi. Il Purgatorio non esiste, Edward non è un
fautore delle mezze misure, nè dei compromessi. Ha una certa autorevolezza ed
anche un nemmeno troppo velato debole per l'Everton. Forse non ama apparire
troppo in pubblico, se c'è un posto dove si sente al riaparo quello è la
tribuna stampa. Di Anfield o di Goodison. Quando scrive è acuto, arguto e
puntiglioso. Ce l'ha proprio nel DNA la pignolitudine: se c'è una cosa che non
tollera quelle sono le regole approssimative, i vuoti normativi che lasciano
spazio a interpretazioni. Il 2 Ottobre 1924 ha sentito l'eco di un gesto
inconsueto: l'Olimpico. E' infatti il giorno dell'incredibile segnatura
direttamente da corner di Cesareo Onzari. Un tocco, una parabola, velonosa e
beffarda: una rete. Da incorniciare, da ricordare, da studiare. Edward che
conosce i regolamenti come le sue tasche sobbalza sulla sedia. Non è possibile.
Quelli che tengono in mano le regole del gioco, l'IFAB, hanno diposto in
maniera diversa: non si può segnare un punto filato da azione d'angolo. Tra
l'intersezione delle perpendicolari e la linea di porta deve, per forza,
esserci un altro tocco. Altimenti non vale. E invece si può. Dal 1924 quei
saputelli dell'IFAB hanno mutato le norme regolanti la funzione del calcio
d'angolo. Addio all'obbligatorietà del tocco di un altro giocatore, benvenuto
alla stoccata diretta in porta. Benvenuto all'Olimpico. Ma Edwards è
puntiglioso, pignolo, scrupoloso. Mettere i puntini sulle i è un esercizio a
cui non sa rinunciare. E ad uno così, uno come Ernest Edwards, non possono
sfuggire le lacune della nuova normativa. I punti fallaci, le crepe, i coni
d'ombra, le zone grigie. Le incertezze. Ma come dimostrarlo? Semplice. Basta
chiamare un calciatore, uno tra quelli inseriti nel memorandum delle fonti,
sommistrargli un piano e magari immolare anche due sterline alla causa per
ammantare di appetibilità la proposta. Il prescelto è Sam Chedgzoy (Ellesmere
Port, 27 gennaio 1889 – Montréal, 7 gennaio 1967), centrocampista dall'aria
rusticana da quattordici anni sulla sponda blu del fiume Mersey. Da quando, da
quel Boxing Day del 1910, appena prelevato dai dilettanti del Birnell's
Ironworks, debuttò con gli immancabili legacci a fiocco a cingerli i lembi
superiori della divisa. Di strada ne aveva fatta davvero tanta fino a quel 15
Novembre 1924, giorno in cui l'Everton affrontava il Woolwich Arsenal. Giorno
in cui decise di accettare l'allettante offerta di Edwards. Incassate le due
sterline, non restava altro che mettere in atto quanto studiato a tavolino. La
strategia messa a punto dal Sun Tzu scouser era abbastanza elementare:
intendeva mettere in luce tutti gli effetti collaterali della nuova disposizione.
Come tutti i sabati Edward prese posto in tribuna stampa. Si accomodò, depose
penne e taccuini e si accese un pipa. Non era nervoso, forse soltanto un po'
ansioso. Non stava nella pelle. Quasi alla metà della prima frazione la palla
terminò in calcio d'angolo. E li che Edwards si alzò in piedi, scrutò gli
attimi e spalancò le orbite in attesa del suo momento. Quello che tanto stava
aspettando. Chedgzoy non si tirò indientro, onorò i patti: sistemò
accuratamente la sfera, fintò il passaggio al compagno e partì. Palla al piede
dall'angolo alla porta. Pochi passi, tanta incredulità. Degli avversari, del
pubblico, dell'arbitro, dei compagni. Poi di colpo la conclusione. Abbastanza
risoluta, ma poco precisa, a scheggiare il palo. E poco importa se non arriva
il goal. Edward da lassù se la ride. C'è riuscito, ha dimostrato ciò che voleva
dimostrare. Ha messo spalle al muro l'IFAB. Che è costretta a rivedere ancora
una volta la regola: si alla possibilità di siglare una rete direttamente da
tiro d'angolo, ma introduzione del limite di un tocco per una battuta che non
sia una conclusione.
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