lunedì 7 settembre 2015

Questo trasferimento non s'ha da fare: la Grecia dei colonnelli e il mistero di Koudas


di Vincenzo Lacerenza (www.calciofuorimoda.blogspot.com)

Non è trascorso ancora un anno dalla salita al potere dei golpisti anti-comunisti capeggiati dal colonnello Papadopoulos, quando, Costas Aslanidis, novello segretario generale dell'Atletica, fa radunare cronisti e curiosi all'Alexandrion Melathron di Salonicco, prima di pronunciare, con enfasi e trasporto emotivo, un discorso nel quale denuncia la corruzione dilagante presente a tutti i livelli dello sport greco. La sua invettiva, però, non ha destinatari ignoti. Gli strali del segretario generale, sputati fuori con un tono tra il perentorio ed il definitivo, rincorrono bersagli ben precisi: Aslanidis punta il dito contro Tzekos Balarinis, difensore dell'Aegeleo, colto in flagrante mentre intascava una tangente da settemila dracme per manipolare l'esito di un incontro, quindi si scaglia su Kostas Vallianos, portiere e stella dell'Ethnikos, additato, anch'egli, di aver combinato, in maniera fraudolenta e dietro la ricezione di ingenti bustarelle, alcuni risultati della formazione di cui doveva essere, in teoria, l'ultimo baluardo.



Non solo i calciatori finiscono nel mirino del nuovo, temibile, segretario. Sulla lista nera del colonnello Costas, compaiono anche i nomi delle società, alcune pure blasonate. A far scalpore, soprattutto, è la netta presa di posizione di Aslanidis nei confronti del Panathinaikos: la superpotenza del trifoglio è messa all'indice perchè ritenuta colpevole di accaparrarsi i servigi di arbitri e segnalinee, in cambio di regalini elargiti con il beneplacito di questi ultimi.

E' scoppiato lo scandalo. Ma chi crede che l'effetto dirompente del nuovo segretario golpista sul mondo del calcio ellenico si sia esaurito in quelle due ore scarse di conferenza, si dovrà presto ricredere. Alle sillabe infuocate e i pugni sul tavolo, le dichiarazioni d'intenti e i toni minacciosi, Aslanidis fa seguire provvedimenti tangibili. Sono due le norme introdotte dal braccio sportivo di Papadopoulos, che maggiormente rivoluzioneranno l'universo pallonaro ellenico. Per prima cosa, sulla scorta di una precisa volontà di riappacificazione dei rapporti tra le diverse comunità sociali e cultarali greche, logorati da anni di guerra civile, la segreteria generale va a puntellare, irrigidendoli, i criteri alla base dei trasferimenti: nessun calciatore potrà migrare tra squadre appartenenti alla stessa divisione, e proibiti saranno anche i salti di categoria. Altrà novità della riforma Aslanidis: a partire dal '68, e fino al '74', i campioni di Cipro vengono coattivamente integrati alla Alpha Ethniki, la massima divisione del circus ellenico ( l'Olympiakos Nicosia farà da apripista, mentre saranno i concittadini dell'APOEL, a porre fine, sei anni più tardi, a questa sorta di annessione calcistica).

Sintomatico dell'effetto pratico, ottenuto all'indomani del'ingresso in scena dei moderni vincoli in fatto di mercato, è il caso di Georgios Koudas.

Accolto dalla grande famiglia del PAOK di Salonicco all'età di dodici, e formatosi nel vivaio della società, il rampante Georgios, di umile estrazione sociale, debutta con i bianconeri nel 1963, all'età di diciassette anni. Sono anni tribolati per il PAOK: la formazione fondata da rifugiati greci da Costantinopoli si colloca sempre a distanza siderale dal vertice e, sia nel campionato '63-64 che nel torneo successivo, è costretta ad inseguire in classifica gli acerrimi rivali dell'Aris, peraltro ultima compagine capace di portare il titolo a Salonicco, sottraendolo alla bulimica egemonia dei colossi capitolini. Ma è solo questione di tempo. Bisogna pazientare solo un altro anno, ed ecco arrivare finalmente la svolta: Koudas, ancora acerbo, ma decisamente meno grezzo ed impacciato dei primi anni, realizza ben tredici reti - tra cui una, decisiva, in un sentitissimo match vinto 3-2 sull'Olympiakos - trascinando i bianconeri di Salonicco verso un prestigioso sesto posto in graduatoria. Tutti si accorgono delle qualità, che fanno rima con le potenzialità, del ragazzo. In primis i tifosi, deliziati durante il campionati con dribbling e numeri d'alta scuola in serie, poi i portieri avversari, impallinati senza pietà da un ragazzo che finalmente s'è tolto dal volto quell'espressione spaurita dei primi anni e s'è scolpito in faccia l'aria sbarazzina da killer dell'aria di rigore, o i compagni stessi, che finalmente vedono in lui un porto sicuro al quale aggrapparsi nei momenti di difficoltà e sul quale fare affidamento per gli anni futuri.


Purtroppo o per fortuna, però, le eccezionali doti del rampollo bianconero, non passano inosservate dalle parti di Atene. Dalla città del Partenone piovono le offerte per il talento più fulgido dell'ultima nidiata bianconera: Olympiakos e Panathinaikos si danno battaglia per accalappiarsi le prestazioni di Koudas. Alla fine, a godere, sono i Kokkinoi: il sodalizio del Pireo supera la concorrenza dei rivali cittadini, e si assicura le mirabilie del prodigio bianconero, versando circa trecentomila dracme nelle casse del PAOK, al quale vengono girati, come ulteriore conguaglio, i cartellini dei vari Avgitidou, Plessas, Sideris, Kyprianidis e qualche altro virgulto delle giovanili. Per Koudas è un upgrade a livello professionale: vestirà la maglia della squadra più nobile di Grecia e potrà cominciare anche a calpestare zolle d'erba in giro per il Vecchio Continente, servendo la causa biancorossa nelle competizioni continentali. Ma qualcuno non è contento. I tifosi del PAOK, infatti, sono sul piede di guerra: mai avrebbero pensato di dover incassare un'onta del genere. Furibondi per il trasferimento del loro beniamino nella tanto odiata capitale, organizzano sit-in sotto gli uffici del club, inscenano una protesta vera e propria, finendo per sconquassare i piani dell'Olympiakos, e forse, perchè qui c'è sempre un alone di mistero a far da cornice, anche quelli di Koudas e del PAOK. Per sedare gli animi, sulla spinta emotiva, la società bianconera, da in pasto ai supporter un'altra verità: i dirigenti tessalonicesi , con a capo la figura del presidente Giogros Pantelakis, si dichiarano allo scuro di tutto, smentendo qualsiasi accordo per un trasferimento, che verrà poi bollato come illegittimo, ed invitando tutte le compagini avversarie dell'Olympiakos a boiccatare gli incontri. E' il caos. Intanto, nel frattempo, Koudas ha già già raggiunto quelli che, a tutti gli effetti, dovrebbero essere i suoi nuovi compagni: ha già preso possesso del suo armadietto nello spogliatoio e si è già messo a disposizione di Marton Bukovi, innovativo tecnico ungherese sbarcato in Grecia dopo lunghi trascorsi in patria, e con in curriculum pure una qualificante doppia esperienza sulla panchina della Dinamo Zagabria. E, non ultimo, è già sceso in campo, sfoggiando la divisa biancorossa in una manciata di amichevoli: "Alessandro il Grande", così com'era conosciuto tra i tifosi del PAOK, esordisce il 27 Agosto con gli Argonaut, quindi due giorni più tardi firma una delle dieci reti con la quale i biancorossi polverizzano l'Haidari, e, dulcis in fundo, affronta il Panelefsiniakos in quella che sarà la sua ultima apparizione con i Kikkoi. Nonostante Koudas abbia debuttato con il sodalizio del Pireo - vestendo la maglia del Trilos li dove una volta troneggiava fieramente la poderosa aquila bicipite - non hanno intenzione di deporre l'ascia di guerra: rassegnarsi non è verbo conosciuto al tronitruante Pantelakis, ultimo avamposto di un popolo, quello tessalonicense, costretto a subire passivamente l'ennesima prepotenza perpetrata dalla capitale.

Se da Salonicco continuano a dichiarare illegittimo il trasferimento, da Atene, sicuri del fatto loro, fanno scudo, respingendo al mittente tutti i capi d'imputazione, catalogati come peregrini e destituiti di qualasiasi fondamento fattuale. Come dirimere allora la questione, e chiarire, una volta per tutte, quale società potrà avvalersi, nel prossimo campionato, delle prestazioni di Koudas? Prima di apporre la parola fine la querelle, al confine con l'incidente diplomatico, trascorreranno, tumultuosi e pregni di avvenimenti epocali, due anni, forse i più lunghi che la storia recente della Grecia ricordi. E si, perchè "Alessandro il Grande", tra una carta bollata e l'altra, dovrà adempiere agli obblighi di leva: verrà richiamato alle armi e presterà servizio militare presso la Guardia Costiera. Nel frattempo il paese, reduce da una turbolenta stagione politica, assisterà, il 21 Aprile, al golpe dei colonelli: "una rivoluzione per salvare la nazione dal pericolo comunista", cosi Papadopoulos e compari giustificheranno il colpo di mano agli occhi della nazione. Contestualmente, in un'atmosfera da maccartistica caccia alle streghe, il paese si avvierà verso una stagione di dura repressione: gli anarcocomunisti, pretesto di nasseristici giochi di potere, risulteranno tra i più perseguitati. Con l'avvento dei colonelli, e con la susseguente introduzione della riforma Aslanidis, anche la scena sportiva ellenica, in maniera quasi osmotica, verrà investita da uno tsunami. Ad essere interessata, tra le altre cose, sarà anche l'annosa faccenda relativa al chiacchieratissimo, nonchè contestatissimo, trasferimento di Koudas dal PAOK all'Olympiakos. Rimasta a macerare nel dimenticatoio per due lunghi anni, lontana dalle luci della ribalta e, per ovvi motivi, anche dalle pagine dei quotidiani, la vicenda Koudas tornerà di stretta attualità nel 1968, in concomitanza con la fine della leva obbligatoria di "Alessandro il Grande". E' qui che le trame sportive si intersecano con quelle socio-politiche. In osservanza alle moderne norme, sponsorizzate da Aslanidis, Koudas, coattivamente strappato all'Olympiakos, viene ritrapiantato nei ranghi della formazione tessalonicese. Quando Gerogios, il 1 Agosto del 1968, da buon figliol prodigo, varca i cancelli per allenarsi nuovamente con i bianconeri, ad apettarlo trova dodicimila fan in delirio. Due settimane più tardi, poi, inforcata la leggendaria divisa bianconera, con tanto di fiera aquila bicipite proprio li dove batte il cuore, da il via alla sua seconda avventura con il Panthessalonikios Athlitikos Omilos Constantinoupoliton (perchè, almeno una volta nella vita, gli acronimi, spesso freddi e irrispettosi di radici e tradizioni, possono farsi da parte): è il Kavala a battezzare l'era 2.0 di Koudas a Salonicco.

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E' la chiusura ideale del cerchio. Ma, in fondo, è come se "Alessandro il Grande" non fosse mai andato via. Come lui stesso ha candidamente ammesso, alla base del presunto tradimento, non ci sarebbero statimotivi sportivi, ma squisitamente economici: "Non ho compreso esattamente l'affetto che in quel momento la gente provava per me. Non ho capito bene quello che significavo per loro. Nato in una famiglia povera, sono rimasto letteralmente stregato da una prospettiva di vita agiata ad Atene. Guadagnare cosi tanti soldi, all'epoca, poteva alleviare le mie sofferenze e quelle della mia famiglia. Per questo si trattava di un'offerta irrinunciabile". Niente macchie da eliminare dunque. Ma se proprio qualcosa Georgios si sarebbe dovuto far perdonare, non si può certo affermare che abbia disatteso questo obbligo, per cosi dire, morale: Georgios Koudas ha realizzato complessivamente centotrentaquattro reti - preceduto in questa speciale classifica soltanto da Stavros Safaridis, altra leggenda del club spintosi sino a quota centotrentasei - spalmate su cinqucentoquattro presenze, che fanno di lui il calciatore più presente della storia del sodalizio tessalonicese, ma, soprattutto, con le sue reti ha traghettato la squadra verso storico titolo del 1976.

 

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