lunedì 31 agosto 2015

Calcio sfogliato: Estadio Nacional. Il gol più triste

 di Nicholas Gineprini
Il continente Sudamericano negli anni ’70 ha attraversato una delle pagini più triste della sua storia con il consolidarsi delle dittature filoamericane. Quella di Pinochet in Cile fu il regime più sanguinario, nonostante tutto legittimato dalle più disparate istituzioni. Vincenzo Paliotto, autore di “Estadio Nacional: il gol più triste” (Urbone Publishing, 2014) racconta a tuttocalcioestero.it, per la rubrica “Calcio Sfogliato” l’intreccio fra calcio e politica che dette vita a una delle pagine più scandalose dello sport.
estadio-nacional-il-gol-piuì-triste
Il gol più triste della storia del calcio, quello siglato da Francisco Valdes, capitano della nazionale cilena, contro un avversario che non c’era. Un gol che valse la qualificazione ai mondiali di Germania ’74. Cile 1-URSS 0. All’Estadio Nacional, teatro della più grande tragedia nella storia recente cilena, era scesa in campo solo la nazionale di casa, l’Unione Sovietica decise di non presentarsi. Quali furono gli eventi che portarono a tale scempio sportivo?
Il Titolo “Il gol più triste” rappresenta per me l’intreccio fra calcio e politica più clamoroso che la storia recente ci ha presentato. A partire dall’11 settembre del 1973 -con il colpo di stato di Pinochet- si sono aggrovigliate molte storie attorno l’Estadio Nacional. Gli eventi che portarono a questa partita fantasma furono dati dal calendario. Dovevano giocarsi le qualificazioni per la Coppa del Mondo di Germania ’74, il Cile aveva eliminato nel proprio girone sudamericano il Perù mentre il Venezuela aveva dato improvvisamente forfait. L’URSS era giunta seconda nel proprio raggruppamento a discapito dalla Francia. L’ultimo posto per l’accesso alla fase finale dei mondiali (allora ancora nell’ordine delle 24 squadre) sarebbe stato assegnato da uno spareggio intercontinentale.
Il Cile andò a giocare in Unione Sovietica quando era ancora governato da Allende, il primo governo marxista democraticamente eletto nel ’70. I sudamericani vanno a pareggiare per 0-0 a Mosca, poi nel momento in cui deve disputarsi il ritorno sono già accaduti gli eventi dell’11 settembre cileno, vale a dire la dittatura di Pinochet aiutata dalla CIA e dal governo nordamericano, avevano fatto cadere il governo di Allende. Si erano quindi creati dei presupposti abbastanza sconcertanti nei confronti dell’URSS considerando il clima da Guerra Fredda. L’Unione Sovietica cerca di far spostare la sede della partita da Santiago del Cile, dato che l’Estadio Nacional fu usato come campo di concentramento per i prigionieri politici cileni. Ma la FIFA attraverso i suoi emissari giunge a una decisione raccapricciante: “All’Estadio Nacional del Cile si può giocare tranquillamente, non è accaduto assolutamente nulla”. Gli inservienti dello stadio si occuparono di ripulire gli stessi spogliatoi dai cadaveri. A questo punto l’URSS non giungerà mai a Santiago. Pinochet in un delirio di onnipotenza e follia politica decide che la sua squadra giocherà contro nessuno e il capitano Francisco Valdes siglerà l’unica rete. Ricordiamo che Valdes era figlio di operai e militante del partito comunista cileno fu costretto a mettere in rete la sfera per legittimare il regime dittatoriale.
Il calcio è spesso elemento di propaganda nei regimi dittatoriali, a differenza della Germania dell’est, nella quale il football era uno sport di seconda o terza fascia, in Sudamerica i vari regimi puntarono fortemente sul calcio. Come cambiò in tal senso il panorama cileno?
Il calcio cileno dal regime di Pinochet fu trattato bene, divenne uno dei veicoli principali per legittimare agli occhi del mondo la dittatura. Il calcio in Cile è sempre stato popolare, anche se la nazionale ha vinto la sua unica Copa America nel 2015.
Pinochet aveva capito la valenza di tale sport, nel 1973 sfruttò un importante intreccio: Il Colo Colo era giunto in finale di Copa Libertadores, la prima in assoluto per una squadra cilena, l’entusiasmo provocato da tale manifestazione sportiva distolse l’attenzione dell’opinione pubblica da quello che stava accadendo in campo politico, infatti il colpo di stato di Pinochet era stato preparato con l’aiuto della CIA già da tempo.
Pinochet decentralizzò il calcio cileno che fino ad allora aveva le sue squadre principali nella capitale, ovvero il Colo Colo e l’Universidad de Chile. Il regime favorì la crescita calcistica nelle regioni periferiche come nella  desertica Atacama con il club Cobreloa di La Calama, fondato nel ’78 e in grado di vincere il titolo nazionale in soli due anni. La propaganda calcistica era funzionale a ottenere un consenso politico, anche se l’arma principale del regime era la violenza.
Il mondo è rimasto a guardare mentre in Sudamerica, in Vietnam e persino in Iran, gli Stati Uniti d’America consumavano interi genocidi per i loro interessi. Ma fu tutto legittimato, non vi furono mai opposizioni. Il Papa nell’88 rese omaggio a Pinochet con una visita ufficiale, il segretario di stato americano che orchestrò il colpo di stato in Cile ricevette addirittura il premio nobel per la pace. La stessa FIFA ci mese lo zampino chiudendo entrambi gli occhi, infatti l’Estadio Nacional fu utilizzato dal regime di Pinochet come campo di concentramento, ma il massimo organo calcistico decise senza remore che la partita si sarebbe disputata proprio in quel teatro di morte. Come è possibile che tali regimi sanguinari siano durati così a lungo con il benvolere delle istituzioni? Non le sembra inoltre che gli scenari di quegli anni ’70 si stiano replicando tutt’oggi? Dal premio nobel per la pace a un guerrafondaio come Obama, al solido rapporto di amicizia fra Blatter e Platini, al rinnovato scontro est-ovest in Ucraina con la nascita di un movimento fascista supportato dalla NATO.
File photo of Pope John Paul II and former Chilean dictator Augusto Pinochet in Chile
Sono tutte delle annotazioni legittime. La storia si ripete in modo clamoroso e doloroso in quanto questi regimi sono stati avvallati da più parti. Hai citato anche il caso di papa Wojtyla che nel 1988, quando Pinochet stava per perdere le elezioni, si recò a Santiago del Cile per sostenere la sua dittatura, mi viene in mente una canzone dei Litfiba a tal proposito -gloria a loro quando erano uniti- “Santiago del Cile: la dittatura e la religione fanno l’orgia sul bancone”.
Di cose clamorose ce ne sono tantissime come il premio nobel al segretario di stato americano che ha realizzato il colpo di stato. Nel mio libro gli ho dedicato proprio un capitolo: “Henry Kissinger: uno strano premio nobel per la pace”. Kissinger era per l’appunto cresciuto in ambienti nazisti in Germania, poi una volta che si trasferì in America il suo compito fu quello di combattere le questioni comuniste più delicate. Ricordiamo che il Plan Condor fu tenuto nascosto negli archivi di stato paraguaiani per decenni, un piano interstatale per sterminare i comunisti nel continente, fra cui professori, maestri di asilo, artisti e sindacalisti, quest’ultimi all’epoca erano delle figure importanti in ambito lavorativo, certamente non corrotti e neutrali come lo sono oggi.

Come ne è uscito il Cile dalla dittatura di Pinochet? La storia ci insegna che molte personalità politiche responsabili delle dittature sono rimaste impunite come ad esempio in Brasile e Cambogia. E’ lo stesso caso del Cile?
Il regime di Pinochet è durato per ben 17 anni e anche nel momento in cui è caduto la nomenklatura e le gerarchie importate dal regime non caddero del tutto, alcune trovarono posto negli organismi burocratici del governo cileno. Qualcuno ha goduto dell’immunità parlamentare, se il regime di Pinochet è caduto all’inizio del ’90, alcuni suoi burocrati sono rimasti al potere per almeno un altro decennio. Purtroppo molte personalità sono rimaste impunite, questa è stata una grave ferita nella coscienza del popolo cileno. Allende quando salì nel potere nel ’70 con elezioni democratiche aveva nazionalizzato le risorse cercando di rendere il Cile una nazione più vivibile, ma l’interesse dei nordamericani e dell’oligarchia cilena aveva fatto crollare questo sogno.
Alcuni dei più grandi oppositori del regime cileno furono il calciatore Carlos Caszley e il cantautore Jara
caszely-cile
Carlos, pilastro della nazionale cilena aveva delle posizioni opposte a quelle del regime, Pinochet non gli rese la vita facile. Emblematica è l’immagine del giocatore che si rifiuta di stringere la mano al dittatore. Al momento delle elezioni giocò un ruolo molto importante il ruolo della madre di Carlos, torturata e umiliata dal regime. Il suo messaggio fu utilizzato come propaganda per far cadere Pinochet alle elezioni.
Nel libro do spazio anche al cantautore Jara, fu ucciso all’Estadio Nacional. Il regime cercò di cancellare il suo ricordo dalla memoria popolare, senza successo, le sue opere sono ancora indelebili. Fra l’altro scrisse una bellissima poesia che fu salvata dalla moglie, la quale chiude il libro.
Guardando agli scenari futuri, la nazionale cilena è cresciuta enormemente, dai mondiali del 2010 con Bielsa alla prima vittoria della Copa Sudamericana con Sanpaoli. La Rocha può ancora crescere o ha già raggiunto un punto massimo?
Io credo che possa ancora crescere. La mandata di talenti cileni è stata molto importante, sono sparsi nel continente europeo e trovano spazio nei campionati brasiliani e argentini. Il Cile ha avuto buoni calciatori nel passato ma mai tutti concentrati nello stesso momento. Alexis Sanchez ha fatto molto bene in Italia per poi giungere nel Barcellona e infine all’Arsenal. Edu Vargas non si è affermato al Napoli ma ha fatto bene ovunque ha giocato, Vidal è stato un punto di forza della Juventus e lo sarà ora del Bayern Monaco.
Il Cile è stato in grado di tirare fuori tanti bei calciatori a partire dal 2010 la vittoria nella Copa Sudamericana è stato il giusto premio per questo percorso, un trofeo che in passato avevano vinto persino Bolivia e Colombia, paesi che hanno una tradizione calcistica meno forte del Cile.

Nessun commento:

Posta un commento