Un bellissimo e significativo video realizzato dai ragazzi del portale Wanderers, el fùtbol del pueblo, che racconta della triste vicenda dei tifosi della Reggiana, che si sono visti scippati del loro stadio (che ha cambiato anche nome) per far spazio all'emergente ed economicamente più forte Sassuolo.
http://wanderersfutbol.wordpress.com/2014/03/17/el-desahucio-de-la-reggiana-calcio/
mercoledì 30 aprile 2014
El desahucio de la Reggiana Calcio
lunedì 28 aprile 2014
Il Top11 della Danimarca di sempre- 2a parte
LA FAMIGLIA
LAUDRUP
Schermo avanti
la difesa è il mancino SØREN LERBY, professione mediano, terrificante cocktail
di determinatezza, orgoglio e talento. L’Ajax lo prese a diciassette anni e in
sette stagioni vinse cinque Campionati, attirando su di sé l’interesse del
Bayern Monaco che cercava un sostituto per Breitner. In Baviera vinse due
Campionati e due Coppe di Germania. Chiuse la carriera al PSV, non prima d’aver
vinto altri due Campionati e la Coppa dei Campioni del 1988. Leader
carismatico, giocava per la squadra ma soprattutto per la vittoria, con i
calzini arrotolati e senza parastichi. Il calcio gli scorreva nel sangue, lo
dimostrò nel novembre del 1985 quando giocò due partite nella stessa giornata,
prima con la Nazionale contro l’Irlanda e poi la semifinale di Coppa di
Germania contro il Bochum. Aveva corsa, visione di gioco, un sinistro
chirurgico nei passaggi brevi e devastante nel tiro da fuori. In Nazionale
giocò 67 partite dimostrando di essere uno dei cardini del gioco della “Danish
Dynamite”.
Quattro i
centrocampisti offensivi. Sulla destra le magie del folletto ALLAN SIMONSEN.
Ala destra rapida e sgusciante vero e proprio incubo per i difensori avversari
che ubriacava in dribbling malandrini prima di liberarsi per puntare a rete
oppure lanciarsi verso il fondo per il cross. Al momento del trasferimento in
Germania a vent’anni, era già un perno della Nazionale e aveva vinto due Campionati
ed una Coppa Nazionale. Dopo un anno di assestamento il suo talento esplose al Borussia
Mönchengladbach, dove in sette anni vinse tre Campionati, una Coppa di Germania
e due Coppe UEFA. In quella del ’75 segnò una doppietta nella finale di ritorno
col Twente, nel ’79, invece, segnò il gol decisivo contro la Stella Rossa. A dispetto dei 76 gol in 178 partite di
Bundesliga era l’Europa il suo palcoscenico preferito. Nel 1977 vinse il Pallone
d’Oro, nonostante la finale di Coppa dei Campioni persa contro il Liverpool. Lo
prese il Barcellona e in Catalogna vinse una Coppa del Re e la Coppa delle
Coppe del 1982, mettendo ancora una volta la sua firma nel tabellino marcatori
della finale. In Nazionale visse l’epoca d’oro della “Danish Dynamite”,
giocando gli Europei del 1984, dove però poté contribuire ben poco causa della
rottura della tibia, e i Mondiali del 1986.
Interno destro BRIAN LAUDRUP,
fratellino di Michael. Il trascinatore della Danimarca, di cui era un punto di
forza imprescindibile, nella fantastica galoppata degli Europei del 1992.
Tecnica sopraffina come quella del fratello del resto, rispetto al quale, però,
aveva più spiccate caratteristiche offensive. Quando in giornata, palla la
piede era inarrestabile. Quattro volte miglior giocatore danese (un record). In
Italia Fiorentina e Milan non gli dettero il tempo giusto per ambientarsi e
così, nonostante le indiscutibili qualità tecniche, il carattere fragile ne
limitò le potenzialità. Dette il meglio di sé ai Glasgow Rangers, dove divenne una vera leggenda. Nel ruolo di interno
sinistro tutta la classe, l’eleganza e la visione di gioco di MICHAEL LAUDRUP, la vera superstar del calcio
danese. Tocco morbido, gran dribbling, palla incollata al piede. Lo prese la Juve
e dopo due anni di apprendistato alla Lazio, il timido ed introverso
anatroccolo diventò un sontuoso ed elegante cigno. A Torino visse una stagione
d’esordio entusiasmante, vincendo lo Scudetto e la Coppa Intercontinentale con
una sua rete ad altissimo coefficiente di difficoltà. Nel pieno della maturità
passò al Barcellona, dove visse quattro Campionati di fila e la prima Coppa dei
Campioni dei blaugrana, mettendo in mostra il meglio del suo repertorio, fatto
di eleganti giocate, tocchi morbidi e assist millimetrici. In Nazionale fu un
punto di riferimento assoluto, ma a causa di un suo clamoroso litigio col C.T. Møller-Nielsen
non giocò gli Europei del 1992. E così, ironia della sorte, il giocatore danese
del secolo, nonostante le oltre centro presenze in Nazionale non figura tra i
protagonisti del più grande successo del calcio danese. Largo a sinistra KARL AAGE PRÆST attaccante della famosa prima
linea della Danimarca che fece a fette la nostra Nazionale alle Olimpiadi del ’48,
dove vinse la medaglia di Bronzo. L’anno prima era nella selezione del Resto
del Mondo che affrontò gli Inglesi a Glasgow. Lo prese la Juve che ne fece
un’ala sinistra efficace ed essenziale. Classe purissima, piedi raffinati.
Sulla fascia era il terrore degli avversari che superava regolarmente, con un
vasto repertorio di finte, dribbling e scatti, prima di arrivare sul fondo e
sfornare assist al bacio che fecero le fortune di John Hansen col quale si
intendeva alla meraviglia. Chiuse la sua avventura in bianconero con 51 gol in
oltre 200 partite, vincendo due Scudetti.
sabato 26 aprile 2014
La Top11 di sempre della Danimarca
di Antonio Vespasiano (giornalista di Calcio2000)
Lasciate le
britanniche sponde, il seme del calcio, che viaggiava nelle stive delle navi
mercantili della flotta di Sua Maestà, trovò facilmente modo di attecchire nello
Jutland, la penisola che occupa tre quarti della superficie della Danimarca.
Siamo ai primissimi vagiti del gioco, eppure i danesi non impiegano molto a
farsi contagiare dall’entusiasmo del football. Nel 1888 nasce la Federcalcio
danese, la più antica federazione dell’Europa continentale, punta di un
consolidato movimento che a tutti gli effetti diventa il primo credibile
antagonista allo strapotere dei maestri inglesi. Mondiali ed Europei sono
ancora lontani da venire, così il calcio si fa largo ai Giochi Olimpici dove la
Danimarca fa bella mostra del suo gioco. Nel 1906 vince l’edizione “ufficiosa”
delle Olimpiadi:
i Giochi Olimpici Intermedi di Atene. Due anni dopo, a Londra, trascinata dai
gol di Sophus “Krølben” Nielsen (capace di segnarne ben 10 gol in una sola
partita: il 17-1 con cui la Danimarca sconfisse la Francia A) si deve
accontentare della medaglia d’Argento, battuta 2-0 dai padroni di casa. Copione
identico a Stoccolma nel 1912: ancora un Argento dopo la sconfitta 4-2 con la
Gran Bretagna. Era quello il periodo d’Oro del calcio danese, delle leggende Poul “Tist”
Nielsen e Nils Middelboe. Bisognerà
aspettare la fine della Seconda Guerra Mondiale per rivedere i vichinghi danesi
di nuovo sulla cresta dell’onda. Alle Olimpiadi del ’48 la scuola scandinava la
fa da padrone. La Svezia del trio “Gre-No-Lin” vince l’oro ma la Danimarca, che
aveva sonoramente castigato l’Italia di Pozzo 5-3, si prende la rivincita sulla
Gran Bretagna nella finale per il Bronzo. Nel 1960 poi ennesimo Argento,
sconfitta 3-1 dalla Jugoslavia.
La Federcalcio danese decise di abbandonare il
dilettantismo solo negli anni ’70, ecco perché il consuntivo della Danimarca ai
Mondiali è piuttosto modesto: appena quatto le partecipazioni. Il miglior
risultato sono stati i quarti di finale del 1998, persi 3-2 in una match
bellissimo col Brasile futuro finalista. I ricordi più belli ed emozionanti
però sono legati agli anni ’80. Agli Europei del 1984 i danesi giunsero ad un
passo dalla finale, perdendo solo ai rigori con la Spagna, conquistandosi però
il soprannome di “Danish Dyanamite” che ne caratterizzò le performance per
oltre un decennio. Da Messico ’86, teatro della primissima apparizione della
Danimarca in un Mondiale, fino a Euro ’92, quando la “Dinamite Danese” esplose
in tutto il suo fragore, scrivendo una della pagine più belle, emozionanti e
commoventi della Storia del Calcio. Agli Europei svedesi la Danimarca non
doveva neppure esserci, visto che non s’era qualificata per la fase finale. Diversi
giocatori erano già in vacanza quando
seppero del ripescaggio dovuto alla squalifica inflitta dieci giorni prima
dell’inizio del torneo dall’UEFA alla rappresentativa jugoslava per via delle
sanzioni ONU relative allo scoppio della guerra nei Balcani. La squadra pur
priva del suo leader Michael Laudrup in contrasto col C.T., si fece
largo col cuore fino alla finale, dove sconfisse la Germania, salendo contro
ogni pronostico sul tetto d’Europa. Appendice di quell’Europeo fu la
partecipazione nel ’95 alla seconda edizione di quella che poi diventerà la
Confederation Cup, vinta 2-0 sull’Argentina.
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martedì 22 aprile 2014
Panathinaikos, la macchia verde del tifo greco
di Vincenzo Paliotto
E’ difficile, per lo meno azzardato, stabilire
quale sia la squadra più tifata di Grecia. Un recente report con il 36% delle
preferenze ha messo in prima posizione l’Olympiakos Pireo, ma con il 32% il
Panathinaikos viaggia più o meno a stretto contatto con gli eterni nemici
ateniesi. Del resto le preferenze variano di tanto in tanto anche con il
susseguirsi delle generazioni e delle aree del tifo. Il Panathinaikos, fondato
nel 1908, ha vinto 20 titoli nazionali e 17 coppe. Un bottino consistente, ma
meno fornito tuttavia di quello dell’Olympiakos. Ad ogni modo, il Pana, come
viene quotidianamente chiamato dai suoi tifosi, vanta primati in ambito europeo
a sua volta mai raggiunti dai cugini del Pireo. Il Panathinaikos, infatti, è
l’unica squadra ellenica ad aver raggiunto almeno in una occasione una finale
continentale. Accadde, come oramai ci tramanda la mitologia del calcio greco,
nel 1971, con i verdi di Atene battuti nella finale di Coppa dei Campioni a
Wembley dalla Grande Ajax di Cruyff. Il colonnello Ferenc Puskas guidò in
panchina quel fantastico undici ateniese, capace di eliminare avversari di
tutto rispetto. Dopo i modesti lussemburghesi dello Jeunesse d’Esch, il Pana estromise,
infatti, dalla competizione lo Slovan Bratislava, l’Everton e la Stella Rossa
di Belgrado. Antonis Antoniadis con 10 reti si affermò come capocannoniere
della competizione, mentre sugli spalti dell’Olimpico di Atene un tifo
assordante e numeroso spingeva la squadra verso traguardi impensabili. Il Pana
arrivò poi successivamente fino alle semifinali della Coppa dei Campioni anche
nel 1985 (eliminato dal Liverpool) e del 1996 (battuto dall’Ajax, dopo aver
vinto di misura la gara di andata ad Amsterdam).
Il Gate 13. La finale di Wembley rappresentò il punto
di svolta per il tifo biancoverde. Il seguito di massa aumentò improvvisamente conseguentemente
a quel grande risultato. Il tifo organizzato intorno al Pana era, comunque,
nato ufficialmente il 19 novembre del 1966, nel momento in cui si costituì il Gate 13, dal nome del cancello di
entrato dello stadio, in cui i tifosi si radunavano prima della partita della
loro squadra. All’Apostolos Nikolaidis per la precisione nel quartiere di
Ambelokipi, costruito nel 1928 e che registrò il record di affluenza nel 1967
per una partita di Coppa delle Coppe contro il Bayern Monaco. Nel 1984 il
Panathinaikos traslocò poi verso lo Stadio Olimpico di Atene, dotato a sua
volta di una maggiore capienza, ma fece ritorno nel suo vecchio catino intorno
al 2001. Il Gate 13, comunque, nacque
come movimento del tifo organizzato, che in qualche modo prese in eredità il
Club di Tifosi del Panathinaikos formatosi già nel 1952. Il Gate 13 rivendica di essere stato il
primo gruppo del tifo organizzato del calcio greco, un primato non da poco. La
storia del Gate13 cominciò, però, con
molta sfortuna, in quanto il 27 novembre, cioè pochi giorni dopo la sua
fondazione, due sostenitori della squadra morirono in un incidente autostradale
che coinvolse un bus che trasportava i tifosi a Veria per una trasferta di
campionato. Morirono Giorgos Koskoros e Dimitris Sarantako, con quest'ultimo
che era uno dei fondatori del nuovo club dei tifosi. Anche il Gate 13 denunciò tentativi di chiusura
di fronte alla dittatura della Grecia dei Colonnelli che si instaurò nel 1967,
ma il gruppo continuò ugualmente nel suo operato. Anzi, durante la cavalcata in
Coppa dei Campioni del ’71, in 15.000 seguirono la squadra nella trasferta di
Belgrado in semifinale, mentre in 20.000 si recarono a Wembley.
Il trifoglio.
Fondato come detto nel 1908, i primi colori sociali del Pana furono il
rosso ed il bianco, che divennero soltanto nel 1911 verde e bianco, su proposta
in particolare di Michalis Papazoglu, un suo giocatore, che prospettò al club
l’utilizzo del trifoglio e dei suoi colori. L’ispirazione di Papazoglu fu
probabilmente dovuta all’atleta canadese di origini irlandesi William Sherring,
che aveva gareggiato alle Olimpiadi di Atene del 1906 con un trifoglio ed i
colori bianco e verdi.
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mercoledì 16 aprile 2014
Europa League: Tutti i derby spagnoli in versione europea
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Espanol-Siviglia finale di Copp UEFA 2007 |
La doppia semifinale di Europa League che
vedrà di fronte il Siviglia al Valencia sarà il 28esimo derby europeo del
calcio spagnolo. Dalla Coppa delle Fiere all’Europa League, transitando per la
vecchia Coppa dei Campioni, le defunte Coppa delle Coppe e Coppa UEFA fino ad
arrivare alla Champions, il calcio iberico ha visto spesso le sue squadre
protagoniste in sfide fratricide. Il primo confronto tutto spagnolo si giocò
nel ’57 in Coppa dei Campioni ed il Real Madrid si affermò con un roboante 8-0
proprio sul Siviglia. Addirittura ben 3 sono state le stracittadine iberiche
che sono andate in scena in una competizione europea: il Derby di Madrid tra
Atletico e Real, quindi un Barcellona-Espanol e per finire il Siviglia-Betis di
quest’anno.
1957/58
CoppaCampioni Real Madrid-Siviglia
8-0 2-2
1958/59
CoppaCampioni Atletico Madrid-Real
Madrid 1-2 1-0 1-2
1959/60
CoppaCampioni Barcellona-Real Madrid
1-3 1-3
1960/61
CoppaCampioni Real Madrid-Barcellona
2-2 1-2
1961/62
Coppa delle Fiere Valencia-Barcellona
6-2 1-1
1963/64
Coppa delle Fiere Real Saragozza-Valencia
2-1
1965/66
Coppa delle Fiere Barcellona-Espanol
1-0 1-0
1965/66
Coppa delle Fiere Barcellona-Real
Saragozza 0-1 4-2
1976/77
Coppa UEFA Athletic Bilbao-Barcellona
2-1 2-2
1979/80
Coppa delle Coppe Barcellona-Valencia
0-1 3-4
1995/96
Coppa delle Coppe Real Saragozza
Deportivo La Coruna 1-0 1-1
1995/96
Coppa UEFA Siviglia-Barcellona 1-1
1-3
1998/99
Coppa UEFA Real Sociedad-Atletico Madrid
2-1 1-4
1999/00
Champions League Valencia-Barcellona
4-1 1-2
1999/00
Champions League Real Madrid-Valencia
3-0
2000/01
Coppa UEFA Barcellona-Celta Vigo 2-1
2-3
2000/01
Coppa UEFA Alavès-Rayo Vallecano 3-0
1-2
2001/02
ChampionsLeague Barcellona-Real Madrid
0-2 1-1
2003/04
Coppa UEFA Villareal-Valencia 0-0
0-1
2006/07
Coppa UEFA Osasuna-Siviglia 1-0 0-2
2006/07
Coppa UEFA Siviglia-Espanol 2-2 5-4
ai rigori
2010/11
ChampionsLeague Real Madrid-Barcellona
0-2 1-1
2011/12
EuropaLeague Atletico Madrid-Valencia
4-2 1-0
2011/12
Europa League Atletico Madrid-Athletic
Bilbao 3-0
2013/14
Champions League Barcellona-Atletico
Madrid 1-1 0-1
2013/14
EuropaLeague Siviglia-Betis 0-2 2-0
5-3 ai rigori
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martedì 15 aprile 2014
You'll never walk alone, Gerrard, il Liverpool e le altre
Sarà un weekend difficilmente da raccontare
nei singoli dettagli quest’ultimo appena vissuto calcisticamente in Gran
Bretagna. Non si potevano concentrare un maggior numero di emozioni in una due
giorni di calcio così entusiasmante. Soltanto nello United Kingdom si assistono
a delle cose del genere e cioè che una squadra di League One, cioè della nostra
Prima Divisione di Lega Pro, lo Sheffield United in semifinale faccia sudare a
Wembley, dinanzi a quasi 80.000 spettatori, le proverbiali sette camicie all’Hull
City per approdare alla grande finale. Lo Sheffield United ha cullato almeno
per un tempo il sogno di andare a giocarsi la finale di FA Cup contro l’Arsenal,
fino a quando la differenza di categoria si è fatta sentire al culmine di 90’
di gioco comunque da spettacolo. Gli stessi gunners il giorno prima hanno
faticato lungamente per avere ragione del Wigan Athletic, squadra detentrice
del trofeo ma che milita in Championship, cioè in Serie B. Wenger e soci sono
passati soltanto con i calci di rigore.
Anche la FA Cup scozzese ha registrato dal suo
canto un’evoluzione delle semifinali a dir poco affascinante. Il Dundee United
ha avuto ragione per 3-1 dei Rangers Glasgow, approdando ad una finale dopo
tanto tempo. Gli arancioni hanno sconfitto i Rangers, freschi di promozione in
cadetteria dopo il fallimento, che hanno provato quasi subito a risalire la
china. Tuttavia, il Dundee United giocherà la finale contro il Saint Johnstone
Perth, squadra che pur fondata nel 1884, giocherà per la prima volta una finale
di Coppa di Scozia.
Tuttavia, le emozioni inarrivabili sono
sopraggiunte ancora una volta dal Liverpool. Ad Anfield Road pubblico e
giocatori hanno vissuto una giornata leggendaria. Il Liverpool, nel cui
palmarès il titolo di Campione d’Inghilterra manca dal 1989, ha sconfitto in un
match bellissimo 3-2 il Manchester City, con prodezza conclusiva di Coutinho,
troppo presto ripudiato dall’Inter. In una giornata in cui tra l’altro si
rendeva omaggio alle 96 vittime, tifosi del Liverpool, che nel 1989 persero la
vita ad Hillsbrough prima della semifinale di FA Cup tra i reds ed il
Nottingham Forest. Vittime per le quali il governo inglese aveva addebitato le
colpe agli hooligans, poi col tempo scagionati. La stessa Margaret Thatcher
aveva fatto in modo che la polizia inglese si mettesse a modificare oltre 150
testimonianze per sviare le indagini. Ma almeno quei tifosi rimarranno sempre
nel Memoriale del Liverpool. Il più emozionato ed in lacrime era Steve Gerrard,
campione inarrivabile, che ha dedicato la vittoria a suo cugino, che nel 1989
persa la vita in quella tragedia quando aveva soltanto 10 anni. YOU’ll NEVER
WALK ALONE.
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venerdì 11 aprile 2014
Europa League 2014- Le semifinali della Juventus
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Juve in semifinale nel '71 |
La Juventus
aggiunge un altro record molto particolare alla sua già ricca bacheca di
primati. Infatti, diventa la prima squadra italiana ad aver raggiunto le
semifinali sia in Coppa delle Fiere, che in Coppa UEFA ed adesso anche in
Europa League, vale a dire i tre formati e le tre denominazioni diverse di
quella che è la più antica competizione per club del calcio europeo. Del resto,
i bianconeri sono anche i primi in Italia ad aver tagliato il traguardo della
semifinale in Europa League, ma anche questa è un’altra storia.
I torinesi nella antenata Coppa delle Fiere
sono approdati in semifinale nel 1966/67 e nel 1970/71, peraltro anche
qualificandosi, ma perdendo le due rispettive finali. Nella prima occasione la
Juve eliminò dopo tre faticosissime partite l’Atletico Madrid. Sconfitta per
3-1 al Calderòn, vittoria con medesimo punteggio al Comunale e 3-1 finale anche
nella bella con reti di Stacchini e Salvadore
ed autorete di Calleja. Nel ’71, invece, la Juve eliminò il Colonia. 1-1 in Germania
con rete di Bettega e quindi 2-0 a
Torino, con marcature di Capello ed Anastasi.
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Juventus-AEK Atene nel '77 |
Nel 1974/75 la Juventus raggiunse per la prima
volta le semifinali anche nella neonata Coppa UEFA, ma la strada per la finale
gli fu sbarrata dai terribili olandesi del Twente Enschede, vittoriosi per 3-1
in casa, ma di misura anche a Torino, con pregevole gol di Zuidema, che partì
da centrocampo, dribblando più di un avversario. Nel 1976/77, invece, la
Juventus in semifinale si sbarazzò dei greci dell’AEK Atene. La squadra di Trapattoni si impose per 4-1 in casa
con doppietta di Bettega e gol di Cuccureddu e Causio, ma poi vinse di misura
anche in Grecia con rete ancora dell’implacabile Bettega. In Coppa UEFA la Juve andò ancora lontano nel
1989/90 ed anche in questo caso prevalse ai danni dei malcapitati tedeschi del
Colonia, battuti 3-2 a Torino e non capaci di andare oltre lo 0-0 in casa. La
Juventus di Zoff poi vinse quella Coppa, così come gli capito nel 1992/93,
eliminando in semifinale il Paris Saint Germain, grazie a tre prodezze
complessive di Roberto Baggio. Una
nuova semifinale arrivò nel 1994/95 ed ancora una volta eroe della doppia sfida
fu Roberto Baggio, che segnò al Westfalenstadion di Dortmund il gol decisivo
che eliminò l’agguerrito Borussia. I bianconeri persero poi al finale contro il
Parma.
Pertanto la Juventus ritorna in semifinale
nell’edizione odierna dell’Europa League. A livello continentale i bianconeri
non vanno così lontano dal 2002/2003. Era la Champions League e ad essere
estromesso fu il Real Madrid.
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mercoledì 9 aprile 2014
Europa League 2014- Prodezze elvetiche
In maniera sporadica le compagini elvetiche hanno
ottenuto risultati di rilievo nelle competizioni continentali. Del resto il
calcio svizzero non ha mai conquistato una coppa europea né a livello di club né
di nazionali e nessuna sua squadra è proprio risultata talmente temibile in
ambito internazionale. Il calcio elvetico, d’altra parte, ha sempre
vivacchiato, senza mai operare un definitivo salto di qualità. Il Basilea di
questa stagione, però, si ritrova ad un passo dal poter ottenere la seconda
semifinale europea consecutiva, un traguardo non da poco per il loro calcio
nazionale. Dopo aver battuto al St.Jakob per 3-0 il Valencia per i rossoblu
sarebbe anche lecito sognare un risultato utile al Mestalla. Il Basilea di
Murat Yakin proviene dalla Champions League, dove pur avendo battuto per due
volte il Chelsea di Mourinho ora semifinalista, è stato eliminato, mentre in
Europa League ha eliminato il Maccabi Tel Aviv ed il Salisburgo. Nella scorsa
stagione il Basilea, invece, si vide la strada sbarrata proprio dal Chelsea di
Benitez in semifinale, dopo aver eliminato Sporting Lisbona, Videoton, Dnipro,
Zenit San Pietroburgo e Tottenham Hotspur.
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Grasshoppers 1977/78 |
Il precedente del
Grasshoppers. Gli svizzeri
non portavano una squadra in semifinale addirittura dalla stagione di Coppa
UEFA del 1977/78, circostanza in cui il Grasshoppers Zurigo approdò ad un passo
dalla finale, ma venendo battuto dal sorprendente Bastia. Non bastò vincere 3-2
a Zurigo, in quanto in Corsica i francesi si imposero per 1-0. Decisivo fu il
gol di Papi. Alle cavallette non bastarono le prodezze di Ponte, Sulser ed
Elsener.
I ragazzi di Berna. Tuttavia, i primi a raggiungere una
semifinale furono quelli dello Young Boys Berna, che nel 1958/59 rischiarono di
arrivare in finale della Coppa dei Campioni. I gialloneri superarono il primo
turno perché il Manchester United non si presentò, ma poi batterono l’MTK
Budapest ed il Wismut Karl Marx Stadt. La finale gli fu però preclusa dallo
Stade Reims. A Berna vinse di misura lo Young Boys con gol di Meir, ma in
Francia il risultato fu capovolto fino al 3-0.
Il vero orgoglio di
Zurigo. L’unica
squadra svizzera al momento ad aver raggiunto per due volta una semifinale è lo
Zurigo FC, la vera squadra della città secondo la loro accesissima tifoseria.
Lo Zurich arrivò in semifinale di Coppa dei Campioni nel 1963/64, eliminando
Dundalk, Galatasaray e PSV Eindhoven. Poi in semifinale il grande Real Madrid
lo spazzò via senza troppi complimenti, vincendo addirittura 6-0 al Bernabeu.
Lo stesso Zurich FC conseguì poi un clamoroso bis nel 1976//7 ed ancora in
Coppa dei Campioni. Ma questa volta il passaggio per la finale gli fu sbarrato
dal grande Liverpool.
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lunedì 7 aprile 2014
Storie di partite mai giocate
di Vincenzo Paliotto
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L'URSS Campione d'Europa nel 1960 |
Ruggini greco-turche. La prima rinuncia di un certo effetto
sopraggiunse nella stagione del 1958/59, la prima peraltro in cui un club greco
veniva iscritto alla Coppa dei Campioni. All’Olympiakos Pireo, però, toccò
l’infelice sorteggio di dover affrontare il Besiktas, squadra che aveva vinto
il primo campionato turco su scala nazionale. Per motivi politici e considerate
le frequenti tensioni tra il governo turco e quello ellenico, l’Olympiakos si
rifiutò di andare a giocare ad Istanbul, ritirandosi dalla manifestazione. Una
scelta probabilmente oculata, ma molto discussa e propagandata, da parte dei
dirigenti greci, non in grado di affrontare una trasferta definita a rischio. Tuttavia,
nella seconda edizione della Coppa dei Balcani, che si svolse nel biennio tra
il 1961 ed il 1963, proprio un’altra squadra turca di Istanbul, la più famosa
probabilmente, e cioè il Galatasaray, rispose in maniera forse inattesa alla
precedente rinuncia dell’Olympiakos. Infatti, proprio i turchi si ritirarono da
quella manifestazione, in quanto nel proprio girone avrebbero dovuto affrontare
il Sarajevo, lo Steagul Rosu Brasov e proprio l’indesiderato Olympiakos. Per
ironia della sorte gli ateniesi approdarono alla finale per affrontare i
bulgari del Levski Sofia. Dopo le rispettive vittorie di misura in casa
propria, bulgari e greci andarono a spareggiare proprio al Mihat Pasa Stadi di
Istanbul, con vittoria che toccò agli ellenici, anche questa volta di misura,
con rete di Stefanakos.
URSS-Spagna 1959. Una Spagna da favola, illuminata dai
lampi di genio di Alfredo Di Stefano e Luisito Suarez, aveva eliminato senza
apprensioni la Polonia e poteva nutrire ambizioni nella disputa della prima
Coppa Europa. Tuttavia, il sorteggio gli mise di fronte l’URSS, formazione
coriacea che da poco si era affacciata sul palcoscenico internazionale del
calcio. Le ragioni politiche del Generalissimo Francisco Franco ebbero la
meglio anche sulle sorti calcistiche di quella competizione. Franco ordinò alla
sua squadra che la squadra sovietica, paladina del comunismo nel mondo, non andava
affrontata per chiare ragioni politiche. Anche in seguito a quella rinuncia l’URSS
avrebbe poi vinto il campionato europeo. Non capitò la stessa cosa, invece,
quando quattro anni più tardi nella finale della stessa Coppa Europa la Spagna
scese in campo per affrontare l’URSS, superandola per 2-1. Con quattro anni di
ritardo le ragioni politiche non tennero.
Mamma li turchi. Tra gli Anni Sessanta e gli Anni
Settanta il Goztepe, squadra storica di Smirne, città ad alto tasso calcistico,
che attualmente milita in terza divisione, visse il suo miglior momento,
vincendo per 2 volte la Coppa di Turchia ed una President’s Cup, una sorta di
precursore della Supercoppa. Adnan Suvari ne era l’allenatore miracoloso che
però beneficiava dei gol di Fevzi Zemzem, attaccante che portò in dote dei
giallorossi ben 136 gol in carriera. Una rinuncia fu probabilmente alla base
anche del miglior risultato europeo del Goztepe. Nel 1969/70, infatti, in Coppa
delle Fiere i turchi raggiunsero nientemeno che le semifinali. Eliminarono
nell’ordine Olympique Marsiglia, Arges Pitesti e OFK Belgrado, mentre nei
quarti l’Amburgo rinunciò a sfidarli. I giallorossi di Smirne giunsero così in
semifinale (prima squadra turca della storia), perdendo però di fronte
all’Ujpest Dozsa. Poco noti i motivi della rinuncia amburghese. Il Goztepe
nella stagione precedente aveva eliminato anche l’Atletico Madrid. Nel 70/71 però ha partecipato per l’ultima
volta ad una competizione europea, facendo seguire poi lunghi decenni di buio.
Lontano da Derry,
lontano dal cuore.
Per l’ultima volta nel 1965 il Derry City si laureò campione dell’Irlanda del
Nord, ma per colpe certamente non sue. La squadra di Derry, oppure Londonderry
come amano nefastamente dire gli inglesi, infatti, fu costretta a non poter più
giocare in un campionato che li vedeva indesiderati, ma non come avversari in
campo, ma proprio nella vita di tutti i giorni. Derry, infatti, rappresentò
l’epicentro dei troubles che
quotidianamente intercorrevano tra inglesi e nordirlandesi in quella che è
considerata una vera e propria guerra civile. Nel 1972 si verificò il più
triste massacro a danno dei civili di quella guerra spietata e sanguinosa. Anche
gli U2 cantarono quel triste giorno come Sunday
Bloody Sunday. Ad ogni modo, per il Derry City divenne sempre più
pericoloso giocare in quel campionato e pertanto la squadra fu costretta a
trasferirsi nel vicino campionato dell’Eire a partire dal 1985, dopo aver
peregrinato per qualche torneo amatoriale. Nella Coppa dei Campioni del 65/66,
dopo aver eliminato al primo turno il Lyn Oslo (era la prima volta che una
squadra nordirlandese riusciva nell’impresa), il Derry City cadde poi sotto i
colpi dell’Anderlecht a Bruxelles. Un inequivocabile 9-0 per i bianco malva. Il
retour-match poi non si giocò. Il Derry City venne sabotato dalle stesse
autorità nordirlandesi e dalla IFA, la Irish Football Association. Il RUC
ritenne l’impianto cittadino, il Brandywell, non in grado di rispettare i
canoni di sicurezza. Si trovava nel quartiere di Bogside, il più ostico per le stesse
truppe inglesi. Era diventato una roccaforte dell’IRA e spesso inaccessibile
anche per le truppe inglesi. Allora la federazione propose l’esilio di
Coleraine, città a maggioranza protestante, ma fu lo stesso Derry City a
declinare l’invito e a non presentarsi in campo per il retour-match per non
sottostare alle decisioni dell’IFA. Gli stessi emissari dell’Anderlecht
effettuarono un sopralluogo al Brandywell, ritenendolo perfettamente agibile.
Il Derry City non avrebbe potuto certo ribaltare il risultato, ma quella
partita contro l’Anderlecht avrebbe rappresentato in un certo qual modo un
successo più sociale che sportivo stesso.
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venerdì 4 aprile 2014
Il campionato più bello del mondo- Il Derby dell'Arena
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Il primo derby scaligero in Serie A della stagione 2001/2002. HellasVerona-Chievo 3-2 |
Nel peraltro ristretto novero delle città italiane a cui è
riservato il gusto esclusivo della stracittadina dal 1994 si è aggiunta in
assoluta sorpresa anche Verona, le cui origini calcistiche hanno radici
profonde per merito dell’Hellas, società fondata nel 1903 da un professore
greco. La leadership scaligera dei gialloblu non era mai stata messa in
discussione, tra l’altro rafforzata anche dallo Scudetto del 1985, fino
all’avvento nei quartieri alti del calcio nostrano della matricola Chievo
Verona. Squadra fondata nel 1929 e rappresentante di un quartiere della città
di Romeo e Giulietta e rimasta ai margini del calcio dilettantistico per oltre
60 anni. Quindi, improvvisamente la seconda squadra scaligera ha scalato i piani
più ambiti del calcio nazionale. Nel 1986 è infatti promossa
dall’Interregionale alla Serie C2, nel 1989 invece approda in Serie C1 e nel
1994 effettua il salto in cadetteria. Nel 1995 per la prima volta nella sua
storia proprio nel campionato di Serie B incrocia i destini dell’Hellas Verona,
retrocessa dalla massima serie. In effetti non esiste una rivalità vera e
propria come negli altri derby italiani. Molti tifosi veronesi hanno applaudito
l’exploit del miracolo Chievo, che a sua volta però rappresenta soltanto un
quartiere della città. Il derby, comunque, impone le sue regole ed il 12
dicembre del 1994 il Bentegodi conta ben 30.000 spettatori ad assistere alla
prima stracittadina Verona-Chievo. La sfida si chiude sull’1-1, con i gol di
Fermanelli per l’Hellas e di Gori per i clivensi. Il Chievo, però, nella gara
di ritorno si impone con un netto 3-1. Il Chievo affronta i blasonati cugini
gialloblu senza alcun timore riverenziale. Tuttavia, in verità il bello deve
ancora venire, in quanto nel 2001 il Chievo viene promosso per la prima volta
in Serie A con Campedelli che si rivela un Presidente eccezionale e competente,
coadiuvato dal DG Giovanni Sartori ed inventato tatticamente dall’allenatore-rivelazione
Gigi Del Neri. Il 18 novembre del 2001 il primo Derby dell’Arena in Serie A
viene vinto dal Verona. Il Chievo va in vantaggio di due gol con Eriberto (che
poi più tardi si scoprì essere Luciano con qualche anno in più) e Corini e
grande rimonta con Oddo, autorete di Lanna e Camoranesi. Il Chievo si rifà nel
ritorno: vantaggio di Mutu e doppietta decisiva di Cossato. Oltretutto la
classifica finale applaude il Chievo al 5° posto e qualificato per la Coppa
UEFA, mentre il Verona retrocede in Serie B. D’altronde non sarà quello l’unico
exploit di un certo livello dei clivensi. Nella stagione del 2005/2006 il
Chievo risulterà alla fine anche al 4° posto in Serie A, guadagnando il diritto
a giocare i preliminari di Champions League,
persi poi malamente di fronte ai bulgari del Levski Sofia. Ma in effetti la
squadra che dunque rappresenta un quartiere di Verona è da considerare il vero
miracolo del calcio italiano di ogni epoca. Rimanere per così tanto tempo sulla
cresta dell’onda non è mai stato facile e mai lo sarà per nessuno. Il merito va
ascritto soprattutto ad una società oltremodo seria in ogni suo dettaglio:
dall’oculata gestione finanziaria di Campedelli alla straordinaria capacità di
scoprire ed inventare talenti di Sartori. Nel novembre del 2013 il Chievo ha
vinto il Derby dell’Arena, che tornava di scena dopo 10 anni. Ai clivensi è
risultato decisivo il gol del serbo Lazarevic.
La
seconda squadra di Verona ha cambiato il corso della storia ed anzi qualcuno in
città ha provato ad unire le due forze per dar vita ad un solo grande club,
considerate le difficoltà societarie dell’Hellas Verona retrocesso mestamente
anche in terza serie (il Verona sarebbe ritornato in A soltanto nel 2013). Ma i
tifosi dell’Hellas con piena ragione del rispetto della loro storia e del loro
blasone hanno rinunciato a questa possibilità in maniera categorica, ritornando
a fatica nei quartieri alti del calcio italiano. Il Verona del resto conta
nella sua bacheca dei successi lo straordinario Scudetto del 1985 vinto con
Osvaldo Bagnoli in panchina, ma anche ben tre finali di Coppa Italia perse nel
1976, nel 1983 e nel 1984. Oltretutto gli scaligeri contano più di una
partecipazione nelle varie competizioni europee. Nel 2013 il Derby di Verona
torna a disputarsi addirittura sul palcoscenico della Serie A. Per la prima
volta nella storia tutte e cinque le maggiori stracittadine del calcio italiano
contemporaneamente si disputano nello stesso campionato. Il Verona, comunque,
squadra più blasonata della regione, è impegnato in numerosi derby con le altre
compagini venete. Anche se su tutti spicca il confronto contro il Vicenza,
legato ad un dualismo che affonda le radici addirittura nel Medioevo.
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martedì 1 aprile 2014
Europa League 2014: Quarti di nobiltà
AZ Alkmaar- Benfica. Olandesi e lusitani non hanno mai
incrociato le loro rotte europee prima di ora, ma quelli dell’AZ non evocano
proprio un bel ricordo nei confronti delle formazioni portoghesi. Fu l’altra
grande di Lisbona, lo Sporting, nella stagione di Coppa UEFA del 2004/2005 ad
interrompere il cammino europeo dell’undici di Alkmaar più bello di recente.
(Il miglior risultato in assoluto rimane, comunque, la finale di Coppa UEFA
giocata e persa nel 1981 contro l’Ipswich Town). L’AZ, infatti, venne eliminato
in semifinale proprio dai biancoverdi. Vittoria dello Sporting per 2-1 a
Lisbona e quindi inutile successo degli olandesi per 3-2 nei supplementari. Il
portoghese Miguel Garcia siglò il secondo punto dello Sporting al 122’, gelando
le ambizioni dei padroni di casa, che con il gol di Jaliens al 108’ avevano
momentaneamente guadagnato l’accesso alla finale. L’attuale tecnico dell’AZ
Dick Advocaat è l’unico dei tecnici rimasti in lizza ad aver vinto la Coppa
UEFA. Accadde, infatti, nel 2008 alla guida dello Zenit San Pietroburgo. Dal
suo canto il Benfica deve sfatare la maledizione di Bela Guttman, il tecnico
magiaro che quando fu mandato via dal Benfica lanciò nei confronti del club una
pesante maledizione: quella che mai più il Benfica avrebbe vinto una coppa in
Europa. Da allora le sconfitte del Benfica in finale furono tante ed anche
inattese. Non ultima quella sfortunata dello scorso anno in Europa League. Il
Benfica perse, ad ogni modo, la doppia finale di Coppa UEFA anche nel 1983
contro l’Anderlecht.
Porto-Siviglia. Il Porto è l’unica squadra tra quelle
approdata ai quarti di finale di questa Europa League ad aver già conquistato
un’edizione dell’Europa League. Un successo oltretutto recente, arrivato nel
2011 in un’inedita finale tutta portoghese contro lo Sporting Braga. Decise la
contesa nell’occasione un gol del colombiano Falcao, forte e paratissimo che
infatti approdò all’Atletico Madrid. Nel corso di quell’edizione il Porto anche
affrontò ed eliminò il Siviglia, ma all’altezza dei sedicesimi di finale. I dragoes vinsero per 2-1 al Sanchez
Pizjuan con i gol di due futuri giocatori stranieri in Italia, Rolando e Guarìn
che si ritroveranno nell’Inter. Non bastò agli spagnoli il gol di Kanoutè. Lo
stesso Siviglia andò poi a vincere ad Oporto con un gol di Luìs Fabiano, ma
quello prodezza non bastò agli iberici per passare il turno. Il Siviglia sogna
di ripetere gli exploit del 2006 e del 2007, o almeno uno soltanto di questi.
Valencia-Basilea. Spagnoli ed elvetici si sono già
affrontati nelle loro esperienze europee, ma nel lontanissimo 1965/66 nel
quadro della Coppa delle Fiere. Ma il ricordo rimane quantomeno traumatico per
quelli del Basilea, battuti per 5-1 a Valencia e per 3-1 tra le mura amiche.
Tuttavia, fortunatamente per loro ne è passato di tempo ed il Basilea di Murat
Yakin è attualmente la migliore squadra svizzera del momento. I rossoblu anche
lo scorso anno sono arrivati fino ai quarti di finale dell’Europa League,
eliminati poi con un po’ di sfortuna dal Chelsea. Il Valencia dal suo canto
conta di rimpinguare il suo palmarès europeo, al momento assortito di 2 Coppa
delle Fiere, 1 Coppa delle Coppe, 1 Supercoppa Europea ed 1 Coppa UEFA. Non
male, senza contare le due finali di Coppa dei Campioni perse.
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