mercoledì 30 aprile 2014

El desahucio de la Reggiana Calcio

 Un bellissimo e significativo video realizzato dai ragazzi del portale Wanderers, el fùtbol del pueblo, che racconta della triste vicenda dei tifosi della Reggiana, che si sono visti scippati del loro stadio (che ha cambiato anche nome) per far spazio all'emergente ed economicamente più forte Sassuolo.
http://wanderersfutbol.wordpress.com/2014/03/17/el-desahucio-de-la-reggiana-calcio/

lunedì 28 aprile 2014

Il Top11 della Danimarca di sempre- 2a parte


LA FAMIGLIA LAUDRUP

Schermo avanti la difesa è il mancino SØREN LERBY, professione mediano, terrificante cocktail di determinatezza, orgoglio e talento. L’Ajax lo prese a diciassette anni e in sette stagioni vinse cinque Campionati, attirando su di sé l’interesse del Bayern Monaco che cercava un sostituto per Breitner. In Baviera vinse due Campionati e due Coppe di Germania. Chiuse la carriera al PSV, non prima d’aver vinto altri due Campionati e la Coppa dei Campioni del 1988. Leader carismatico, giocava per la squadra ma soprattutto per la vittoria, con i calzini arrotolati e senza parastichi. Il calcio gli scorreva nel sangue, lo dimostrò nel novembre del 1985 quando giocò due partite nella stessa giornata, prima con la Nazionale contro l’Irlanda e poi la semifinale di Coppa di Germania contro il Bochum. Aveva corsa, visione di gioco, un sinistro chirurgico nei passaggi brevi e devastante nel tiro da fuori. In Nazionale giocò 67 partite dimostrando di essere uno dei cardini del gioco della “Danish Dynamite”.

Quattro i centrocampisti offensivi. Sulla destra le magie del folletto ALLAN SIMONSEN. Ala destra rapida e sgusciante vero e proprio incubo per i difensori avversari che ubriacava in dribbling malandrini prima di liberarsi per puntare a rete oppure lanciarsi verso il fondo per il cross. Al momento del trasferimento in Germania a vent’anni, era già un perno della Nazionale e aveva vinto due Campionati ed una Coppa Nazionale. Dopo un anno di assestamento il suo talento esplose al Borussia Mönchengladbach, dove in sette anni vinse tre Campionati, una Coppa di Germania e due Coppe UEFA. In quella del ’75 segnò una doppietta nella finale di ritorno col Twente, nel ’79, invece, segnò il gol decisivo contro la Stella Rossa. A dispetto dei 76 gol in 178 partite di Bundesliga era l’Europa il suo palcoscenico preferito. Nel 1977 vinse il Pallone d’Oro, nonostante la finale di Coppa dei Campioni persa contro il Liverpool. Lo prese il Barcellona e in Catalogna vinse una Coppa del Re e la Coppa delle Coppe del 1982, mettendo ancora una volta la sua firma nel tabellino marcatori della finale. In Nazionale visse l’epoca d’oro della “Danish Dynamite”, giocando gli Europei del 1984, dove però poté contribuire ben poco causa della rottura della tibia, e i Mondiali del 1986. Interno destro BRIAN LAUDRUP, fratellino di Michael. Il trascinatore della Danimarca, di cui era un punto di forza imprescindibile, nella fantastica galoppata degli Europei del 1992. Tecnica sopraffina come quella del fratello del resto, rispetto al quale, però, aveva più spiccate caratteristiche offensive. Quando in giornata, palla la piede era inarrestabile. Quattro volte miglior giocatore danese (un record). In Italia Fiorentina e Milan non gli dettero il tempo giusto per ambientarsi e così, nonostante le indiscutibili qualità tecniche, il carattere fragile ne limitò le potenzialità. Dette il meglio di sé ai Glasgow Rangers, dove divenne una vera leggenda. Nel ruolo di interno sinistro tutta la classe, l’eleganza e la visione di gioco di MICHAEL LAUDRUP, la vera superstar del calcio danese. Tocco morbido, gran dribbling, palla incollata al piede. Lo prese la Juve e dopo due anni di apprendistato alla Lazio, il timido ed introverso anatroccolo diventò un sontuoso ed elegante cigno. A Torino visse una stagione d’esordio entusiasmante, vincendo lo Scudetto e la Coppa Intercontinentale con una sua rete ad altissimo coefficiente di difficoltà. Nel pieno della maturità passò al Barcellona, dove visse quattro Campionati di fila e la prima Coppa dei Campioni dei blaugrana, mettendo in mostra il meglio del suo repertorio, fatto di eleganti giocate, tocchi morbidi e assist millimetrici. In Nazionale fu un punto di riferimento assoluto, ma a causa di un suo clamoroso litigio col C.T. Møller-Nielsen non giocò gli Europei del 1992. E così, ironia della sorte, il giocatore danese del secolo, nonostante le oltre centro presenze in Nazionale non figura tra i protagonisti del più grande successo del calcio danese. Largo a sinistra KARL AAGE PRÆST attaccante della famosa prima linea della Danimarca che fece a fette la nostra Nazionale alle Olimpiadi del ’48, dove vinse la medaglia di Bronzo. L’anno prima era nella selezione del Resto del Mondo che affrontò gli Inglesi a Glasgow. Lo prese la Juve che ne fece un’ala sinistra efficace ed essenziale. Classe purissima, piedi raffinati. Sulla fascia era il terrore degli avversari che superava regolarmente, con un vasto repertorio di finte, dribbling e scatti, prima di arrivare sul fondo e sfornare assist al bacio che fecero le fortune di John Hansen col quale si intendeva alla meraviglia. Chiuse la sua avventura in bianconero con 51 gol in oltre 200 partite, vincendo due Scudetti.

sabato 26 aprile 2014

La Top11 di sempre della Danimarca


di Antonio Vespasiano (giornalista di Calcio2000)
 
Lasciate le britanniche sponde, il seme del calcio, che viaggiava nelle stive delle navi mercantili della flotta di Sua Maestà, trovò facilmente modo di attecchire nello Jutland, la penisola che occupa tre quarti della superficie della Danimarca. Siamo ai primissimi vagiti del gioco, eppure i danesi non impiegano molto a farsi contagiare dall’entusiasmo del football. Nel 1888 nasce la Federcalcio danese, la più antica federazione dell’Europa continentale, punta di un consolidato movimento che a tutti gli effetti diventa il primo credibile antagonista allo strapotere dei maestri inglesi. Mondiali ed Europei sono ancora lontani da venire, così il calcio si fa largo ai Giochi Olimpici dove la Danimarca fa bella mostra del suo gioco. Nel 1906 vince l’edizione “ufficiosa” delle Olimpiadi: i Giochi Olimpici Intermedi di Atene. Due anni dopo, a Londra, trascinata dai gol di Sophus “Krølben” Nielsen (capace di segnarne ben 10 gol in una sola partita: il 17-1 con cui la Danimarca sconfisse la Francia A) si deve accontentare della medaglia d’Argento, battuta 2-0 dai padroni di casa. Copione identico a Stoccolma nel 1912: ancora un Argento dopo la sconfitta 4-2 con la Gran Bretagna. Era quello il periodo d’Oro del calcio danese, delle leggende Poul “Tist” Nielsen e Nils Middelboe. Bisognerà aspettare la fine della Seconda Guerra Mondiale per rivedere i vichinghi danesi di nuovo sulla cresta dell’onda. Alle Olimpiadi del ’48 la scuola scandinava la fa da padrone. La Svezia del trio “Gre-No-Lin” vince l’oro ma la Danimarca, che aveva sonoramente castigato l’Italia di Pozzo 5-3, si prende la rivincita sulla Gran Bretagna nella finale per il Bronzo. Nel 1960 poi ennesimo Argento, sconfitta 3-1 dalla Jugoslavia.

La Federcalcio danese decise di abbandonare il dilettantismo solo negli anni ’70, ecco perché il consuntivo della Danimarca ai Mondiali è piuttosto modesto: appena quatto le partecipazioni. Il miglior risultato sono stati i quarti di finale del 1998, persi 3-2 in una match bellissimo col Brasile futuro finalista. I ricordi più belli ed emozionanti però sono legati agli anni ’80. Agli Europei del 1984 i danesi giunsero ad un passo dalla finale, perdendo solo ai rigori con la Spagna, conquistandosi però il soprannome di “Danish Dyanamite” che ne caratterizzò le performance per oltre un decennio. Da Messico ’86, teatro della primissima apparizione della Danimarca in un Mondiale, fino a Euro ’92, quando la “Dinamite Danese” esplose in tutto il suo fragore, scrivendo una della pagine più belle, emozionanti e commoventi della Storia del Calcio. Agli Europei svedesi la Danimarca non doveva neppure esserci, visto che non s’era qualificata per la fase finale. Diversi  giocatori erano già in vacanza quando seppero del ripescaggio dovuto alla squalifica inflitta dieci giorni prima dell’inizio del torneo dall’UEFA alla rappresentativa jugoslava per via delle sanzioni ONU relative allo scoppio della guerra nei Balcani. La squadra pur priva del suo leader Michael Laudrup in contrasto col C.T., si fece largo col cuore fino alla finale, dove sconfisse la Germania, salendo contro ogni pronostico sul tetto d’Europa. Appendice di quell’Europeo fu la partecipazione nel ’95 alla seconda edizione di quella che poi diventerà la Confederation Cup, vinta 2-0 sull’Argentina.

martedì 22 aprile 2014

Panathinaikos, la macchia verde del tifo greco


di Vincenzo Paliotto

 E’ difficile, per lo meno azzardato, stabilire quale sia la squadra più tifata di Grecia. Un recente report con il 36% delle preferenze ha messo in prima posizione l’Olympiakos Pireo, ma con il 32% il Panathinaikos viaggia più o meno a stretto contatto con gli eterni nemici ateniesi. Del resto le preferenze variano di tanto in tanto anche con il susseguirsi delle generazioni e delle aree del tifo. Il Panathinaikos, fondato nel 1908, ha vinto 20 titoli nazionali e 17 coppe. Un bottino consistente, ma meno fornito tuttavia di quello dell’Olympiakos. Ad ogni modo, il Pana, come viene quotidianamente chiamato dai suoi tifosi, vanta primati in ambito europeo a sua volta mai raggiunti dai cugini del Pireo. Il Panathinaikos, infatti, è l’unica squadra ellenica ad aver raggiunto almeno in una occasione una finale continentale. Accadde, come oramai ci tramanda la mitologia del calcio greco, nel 1971, con i verdi di Atene battuti nella finale di Coppa dei Campioni a Wembley dalla Grande Ajax di Cruyff. Il colonnello Ferenc Puskas guidò in panchina quel fantastico undici ateniese, capace di eliminare avversari di tutto rispetto. Dopo i modesti lussemburghesi dello Jeunesse d’Esch, il Pana estromise, infatti, dalla competizione lo Slovan Bratislava, l’Everton e la Stella Rossa di Belgrado. Antonis Antoniadis con 10 reti si affermò come capocannoniere della competizione, mentre sugli spalti dell’Olimpico di Atene un tifo assordante e numeroso spingeva la squadra verso traguardi impensabili. Il Pana arrivò poi successivamente fino alle semifinali della Coppa dei Campioni anche nel 1985 (eliminato dal Liverpool) e del 1996 (battuto dall’Ajax, dopo aver vinto di misura la gara di andata ad Amsterdam).


Il Gate 13. La finale di Wembley rappresentò il punto di svolta per il tifo biancoverde. Il seguito di massa aumentò improvvisamente conseguentemente a quel grande risultato. Il tifo organizzato intorno al Pana era, comunque, nato ufficialmente il 19 novembre del 1966, nel momento in cui si costituì il Gate 13, dal nome del cancello di entrato dello stadio, in cui i tifosi si radunavano prima della partita della loro squadra. All’Apostolos Nikolaidis per la precisione nel quartiere di Ambelokipi, costruito nel 1928 e che registrò il record di affluenza nel 1967 per una partita di Coppa delle Coppe contro il Bayern Monaco. Nel 1984 il Panathinaikos traslocò poi verso lo Stadio Olimpico di Atene, dotato a sua volta di una maggiore capienza, ma fece ritorno nel suo vecchio catino intorno al 2001. Il Gate 13, comunque, nacque come movimento del tifo organizzato, che in qualche modo prese in eredità il Club di Tifosi del Panathinaikos formatosi già nel 1952. Il Gate 13 rivendica di essere stato il primo gruppo del tifo organizzato del calcio greco, un primato non da poco. La storia del Gate13 cominciò, però, con molta sfortuna, in quanto il 27 novembre, cioè pochi giorni dopo la sua fondazione, due sostenitori della squadra morirono in un incidente autostradale che coinvolse un bus che trasportava i tifosi a Veria per una trasferta di campionato. Morirono Giorgos Koskoros e Dimitris Sarantako, con quest'ultimo che era uno dei fondatori del nuovo club dei tifosi. Anche il Gate 13 denunciò tentativi di chiusura di fronte alla dittatura della Grecia dei Colonnelli che si instaurò nel 1967, ma il gruppo continuò ugualmente nel suo operato. Anzi, durante la cavalcata in Coppa dei Campioni del ’71, in 15.000 seguirono la squadra nella trasferta di Belgrado in semifinale, mentre in 20.000 si recarono a Wembley.

Il trifoglio.  Fondato come detto nel 1908, i primi colori sociali del Pana furono il rosso ed il bianco, che divennero soltanto nel 1911 verde e bianco, su proposta in particolare di Michalis Papazoglu, un suo giocatore, che prospettò al club l’utilizzo del trifoglio e dei suoi colori. L’ispirazione di Papazoglu fu probabilmente dovuta all’atleta canadese di origini irlandesi William Sherring, che aveva gareggiato alle Olimpiadi di Atene del 1906 con un trifoglio ed i colori bianco e verdi.

mercoledì 16 aprile 2014

Europa League: Tutti i derby spagnoli in versione europea


Espanol-Siviglia finale di Copp UEFA 2007
 La doppia semifinale di Europa League che vedrà di fronte il Siviglia al Valencia sarà il 28esimo derby europeo del calcio spagnolo. Dalla Coppa delle Fiere all’Europa League, transitando per la vecchia Coppa dei Campioni, le defunte Coppa delle Coppe e Coppa UEFA fino ad arrivare alla Champions, il calcio iberico ha visto spesso le sue squadre protagoniste in sfide fratricide. Il primo confronto tutto spagnolo si giocò nel ’57 in Coppa dei Campioni ed il Real Madrid si affermò con un roboante 8-0 proprio sul Siviglia. Addirittura ben 3 sono state le stracittadine iberiche che sono andate in scena in una competizione europea: il Derby di Madrid tra Atletico e Real, quindi un Barcellona-Espanol e per finire il Siviglia-Betis di quest’anno.

1957/58 CoppaCampioni Real Madrid-Siviglia 8-0 2-2

1958/59 CoppaCampioni Atletico Madrid-Real Madrid 1-2 1-0 1-2

1959/60 CoppaCampioni Barcellona-Real Madrid 1-3 1-3

1960/61 CoppaCampioni Real Madrid-Barcellona 2-2 1-2

1961/62 Coppa delle Fiere Valencia-Barcellona 6-2 1-1

1963/64 Coppa delle Fiere Real Saragozza-Valencia 2-1

1965/66 Coppa delle Fiere Barcellona-Espanol 1-0 1-0

1965/66 Coppa delle Fiere Barcellona-Real Saragozza 0-1 4-2

1976/77 Coppa UEFA Athletic Bilbao-Barcellona 2-1 2-2

1979/80 Coppa delle Coppe Barcellona-Valencia 0-1 3-4

1995/96 Coppa delle Coppe Real Saragozza Deportivo La Coruna 1-0 1-1

1995/96 Coppa UEFA Siviglia-Barcellona 1-1 1-3

1998/99 Coppa UEFA Real Sociedad-Atletico Madrid 2-1 1-4

1999/00 Champions League Valencia-Barcellona 4-1 1-2

1999/00 Champions League Real Madrid-Valencia 3-0

2000/01 Coppa UEFA Barcellona-Celta Vigo 2-1 2-3

2000/01 Coppa UEFA Alavès-Rayo Vallecano 3-0 1-2

2001/02 ChampionsLeague Barcellona-Real Madrid 0-2 1-1

2003/04 Coppa UEFA Villareal-Valencia 0-0 0-1

2006/07 Coppa UEFA Osasuna-Siviglia 1-0 0-2

2006/07 Coppa UEFA Siviglia-Espanol 2-2 5-4 ai rigori

2010/11 ChampionsLeague Real Madrid-Barcellona 0-2 1-1

2011/12 EuropaLeague Atletico Madrid-Valencia 4-2 1-0

2011/12 Europa League Atletico Madrid-Athletic Bilbao 3-0

2013/14 Champions League Barcellona-Atletico Madrid 1-1 0-1

2013/14 EuropaLeague Siviglia-Betis 0-2 2-0 5-3 ai rigori

 

martedì 15 aprile 2014

You'll never walk alone, Gerrard, il Liverpool e le altre


 
Sarà un weekend difficilmente da raccontare nei singoli dettagli quest’ultimo appena vissuto calcisticamente in Gran Bretagna. Non si potevano concentrare un maggior numero di emozioni in una due giorni di calcio così entusiasmante. Soltanto nello United Kingdom si assistono a delle cose del genere e cioè che una squadra di League One, cioè della nostra Prima Divisione di Lega Pro, lo Sheffield United in semifinale faccia sudare a Wembley, dinanzi a quasi 80.000 spettatori, le proverbiali sette camicie all’Hull City per approdare alla grande finale. Lo Sheffield United ha cullato almeno per un tempo il sogno di andare a giocarsi la finale di FA Cup contro l’Arsenal, fino a quando la differenza di categoria si è fatta sentire al culmine di 90’ di gioco comunque da spettacolo. Gli stessi gunners il giorno prima hanno faticato lungamente per avere ragione del Wigan Athletic, squadra detentrice del trofeo ma che milita in Championship, cioè in Serie B. Wenger e soci sono passati soltanto con i calci di rigore.

 Anche la FA Cup scozzese ha registrato dal suo canto un’evoluzione delle semifinali a dir poco affascinante. Il Dundee United ha avuto ragione per 3-1 dei Rangers Glasgow, approdando ad una finale dopo tanto tempo. Gli arancioni hanno sconfitto i Rangers, freschi di promozione in cadetteria dopo il fallimento, che hanno provato quasi subito a risalire la china. Tuttavia, il Dundee United giocherà la finale contro il Saint Johnstone Perth, squadra che pur fondata nel 1884, giocherà per la prima volta una finale di Coppa di Scozia.

 Tuttavia, le emozioni inarrivabili sono sopraggiunte ancora una volta dal Liverpool. Ad Anfield Road pubblico e giocatori hanno vissuto una giornata leggendaria. Il Liverpool, nel cui palmarès il titolo di Campione d’Inghilterra manca dal 1989, ha sconfitto in un match bellissimo 3-2 il Manchester City, con prodezza conclusiva di Coutinho, troppo presto ripudiato dall’Inter. In una giornata in cui tra l’altro si rendeva omaggio alle 96 vittime, tifosi del Liverpool, che nel 1989 persero la vita ad Hillsbrough prima della semifinale di FA Cup tra i reds ed il Nottingham Forest. Vittime per le quali il governo inglese aveva addebitato le colpe agli hooligans, poi col tempo scagionati. La stessa Margaret Thatcher aveva fatto in modo che la polizia inglese si mettesse a modificare oltre 150 testimonianze per sviare le indagini. Ma almeno quei tifosi rimarranno sempre nel Memoriale del Liverpool. Il più emozionato ed in lacrime era Steve Gerrard, campione inarrivabile, che ha dedicato la vittoria a suo cugino, che nel 1989 persa la vita in quella tragedia quando aveva soltanto 10 anni. YOU’ll NEVER WALK ALONE.

venerdì 11 aprile 2014

Europa League 2014- Le semifinali della Juventus


Juve in semifinale nel '71
 La Juventus aggiunge un altro record molto particolare alla sua già ricca bacheca di primati. Infatti, diventa la prima squadra italiana ad aver raggiunto le semifinali sia in Coppa delle Fiere, che in Coppa UEFA ed adesso anche in Europa League, vale a dire i tre formati e le tre denominazioni diverse di quella che è la più antica competizione per club del calcio europeo. Del resto, i bianconeri sono anche i primi in Italia ad aver tagliato il traguardo della semifinale in Europa League, ma anche questa è un’altra storia.

 I torinesi nella antenata Coppa delle Fiere sono approdati in semifinale nel 1966/67 e nel 1970/71, peraltro anche qualificandosi, ma perdendo le due rispettive finali. Nella prima occasione la Juve eliminò dopo tre faticosissime partite l’Atletico Madrid. Sconfitta per 3-1 al Calderòn, vittoria con medesimo punteggio al Comunale e 3-1 finale anche nella bella con reti di Stacchini e Salvadore ed autorete di Calleja. Nel ’71, invece, la Juve eliminò il Colonia. 1-1 in Germania con rete di Bettega e quindi 2-0 a Torino, con marcature di Capello ed Anastasi.


Juventus-AEK Atene nel '77
 Nel 1974/75 la Juventus raggiunse per la prima volta le semifinali anche nella neonata Coppa UEFA, ma la strada per la finale gli fu sbarrata dai terribili olandesi del Twente Enschede, vittoriosi per 3-1 in casa, ma di misura anche a Torino, con pregevole gol di Zuidema, che partì da centrocampo, dribblando più di un avversario. Nel 1976/77, invece, la Juventus in semifinale si sbarazzò dei greci dell’AEK Atene. La squadra di Trapattoni si impose per 4-1 in casa con doppietta di Bettega e gol di Cuccureddu e Causio, ma poi vinse di misura anche in Grecia con rete ancora dell’implacabile Bettega.  In Coppa UEFA la Juve andò ancora lontano nel 1989/90 ed anche in questo caso prevalse ai danni dei malcapitati tedeschi del Colonia, battuti 3-2 a Torino e non capaci di andare oltre lo 0-0 in casa. La Juventus di Zoff poi vinse quella Coppa, così come gli capito nel 1992/93, eliminando in semifinale il Paris Saint Germain, grazie a tre prodezze complessive di Roberto Baggio. Una nuova semifinale arrivò nel 1994/95 ed ancora una volta eroe della doppia sfida fu Roberto Baggio, che segnò al Westfalenstadion di Dortmund il gol decisivo che eliminò l’agguerrito Borussia. I bianconeri persero poi al finale contro il Parma.


 Pertanto la Juventus ritorna in semifinale nell’edizione odierna dell’Europa League. A livello continentale i bianconeri non vanno così lontano dal 2002/2003. Era la Champions League e ad essere estromesso fu il Real Madrid.

mercoledì 9 aprile 2014

Europa League 2014- Prodezze elvetiche


 In maniera sporadica le compagini elvetiche hanno ottenuto risultati di rilievo nelle competizioni continentali. Del resto il calcio svizzero non ha mai conquistato una coppa europea né a livello di club né di nazionali e nessuna sua squadra è proprio risultata talmente temibile in ambito internazionale. Il calcio elvetico, d’altra parte, ha sempre vivacchiato, senza mai operare un definitivo salto di qualità. Il Basilea di questa stagione, però, si ritrova ad un passo dal poter ottenere la seconda semifinale europea consecutiva, un traguardo non da poco per il loro calcio nazionale. Dopo aver battuto al St.Jakob per 3-0 il Valencia per i rossoblu sarebbe anche lecito sognare un risultato utile al Mestalla. Il Basilea di Murat Yakin proviene dalla Champions League, dove pur avendo battuto per due volte il Chelsea di Mourinho ora semifinalista, è stato eliminato, mentre in Europa League ha eliminato il Maccabi Tel Aviv ed il Salisburgo. Nella scorsa stagione il Basilea, invece, si vide la strada sbarrata proprio dal Chelsea di Benitez in semifinale, dopo aver eliminato Sporting Lisbona, Videoton, Dnipro, Zenit San Pietroburgo e Tottenham Hotspur.


Grasshoppers 1977/78
Il precedente del Grasshoppers. Gli svizzeri non portavano una squadra in semifinale addirittura dalla stagione di Coppa UEFA del 1977/78, circostanza in cui il Grasshoppers Zurigo approdò ad un passo dalla finale, ma venendo battuto dal sorprendente Bastia. Non bastò vincere 3-2 a Zurigo, in quanto in Corsica i francesi si imposero per 1-0. Decisivo fu il gol di Papi. Alle cavallette non bastarono le prodezze di Ponte, Sulser ed Elsener.

I ragazzi di Berna. Tuttavia, i primi a raggiungere una semifinale furono quelli dello Young Boys Berna, che nel 1958/59 rischiarono di arrivare in finale della Coppa dei Campioni. I gialloneri superarono il primo turno perché il Manchester United non si presentò, ma poi batterono l’MTK Budapest ed il Wismut Karl Marx Stadt. La finale gli fu però preclusa dallo Stade Reims. A Berna vinse di misura lo Young Boys con gol di Meir, ma in Francia il risultato fu capovolto fino al 3-0.   


Il vero orgoglio di Zurigo. L’unica squadra svizzera al momento ad aver raggiunto per due volta una semifinale è lo Zurigo FC, la vera squadra della città secondo la loro accesissima tifoseria. Lo Zurich arrivò in semifinale di Coppa dei Campioni nel 1963/64, eliminando Dundalk, Galatasaray e PSV Eindhoven. Poi in semifinale il grande Real Madrid lo spazzò via senza troppi complimenti, vincendo addirittura 6-0 al Bernabeu. Lo stesso Zurich FC conseguì poi un clamoroso bis nel 1976//7 ed ancora in Coppa dei Campioni. Ma questa volta il passaggio per la finale gli fu sbarrato dal grande Liverpool.

lunedì 7 aprile 2014

Storie di partite mai giocate


 di Vincenzo Paliotto


L'URSS Campione d'Europa nel 1960
Nel novembre del 1973 l’URSS rinunciò ad affrontare il Cile a Santiago nello spareggio per andare alla Coppa del Mondo, in quanto i sovietici ritenevano (ed a giusta causa) che il paese andino si trovasse sotto una vera e propria dittatura militare e che l’Estadio Nacional, dove si doveva giocare la partita, fosse stato fino a poche settimane prima usato come campo di concentramento. Non fu l’unica rinuncia di rilievo nella storia del calcio.


Ruggini greco-turche. La prima rinuncia di un certo effetto sopraggiunse nella stagione del 1958/59, la prima peraltro in cui un club greco veniva iscritto alla Coppa dei Campioni. All’Olympiakos Pireo, però, toccò l’infelice sorteggio di dover affrontare il Besiktas, squadra che aveva vinto il primo campionato turco su scala nazionale. Per motivi politici e considerate le frequenti tensioni tra il governo turco e quello ellenico, l’Olympiakos si rifiutò di andare a giocare ad Istanbul, ritirandosi dalla manifestazione. Una scelta probabilmente oculata, ma molto discussa e propagandata, da parte dei dirigenti greci, non in grado di affrontare una trasferta definita a rischio. Tuttavia, nella seconda edizione della Coppa dei Balcani, che si svolse nel biennio tra il 1961 ed il 1963, proprio un’altra squadra turca di Istanbul, la più famosa probabilmente, e cioè il Galatasaray, rispose in maniera forse inattesa alla precedente rinuncia dell’Olympiakos. Infatti, proprio i turchi si ritirarono da quella manifestazione, in quanto nel proprio girone avrebbero dovuto affrontare il Sarajevo, lo Steagul Rosu Brasov e proprio l’indesiderato Olympiakos. Per ironia della sorte gli ateniesi approdarono alla finale per affrontare i bulgari del Levski Sofia. Dopo le rispettive vittorie di misura in casa propria, bulgari e greci andarono a spareggiare proprio al Mihat Pasa Stadi di Istanbul, con vittoria che toccò agli ellenici, anche questa volta di misura, con rete di Stefanakos.

URSS-Spagna 1959. Una Spagna da favola, illuminata dai lampi di genio di Alfredo Di Stefano e Luisito Suarez, aveva eliminato senza apprensioni la Polonia e poteva nutrire ambizioni nella disputa della prima Coppa Europa. Tuttavia, il sorteggio gli mise di fronte l’URSS, formazione coriacea che da poco si era affacciata sul palcoscenico internazionale del calcio. Le ragioni politiche del Generalissimo Francisco Franco ebbero la meglio anche sulle sorti calcistiche di quella competizione. Franco ordinò alla sua squadra che la squadra sovietica, paladina del comunismo nel mondo, non andava affrontata per chiare ragioni politiche. Anche in seguito a quella rinuncia l’URSS avrebbe poi vinto il campionato europeo. Non capitò la stessa cosa, invece, quando quattro anni più tardi nella finale della stessa Coppa Europa la Spagna scese in campo per affrontare l’URSS, superandola per 2-1. Con quattro anni di ritardo le ragioni politiche non tennero.

Mamma li turchi. Tra gli Anni Sessanta e gli Anni Settanta il Goztepe, squadra storica di Smirne, città ad alto tasso calcistico, che attualmente milita in terza divisione, visse il suo miglior momento, vincendo per 2 volte la Coppa di Turchia ed una President’s Cup, una sorta di precursore della Supercoppa. Adnan Suvari ne era l’allenatore miracoloso che però beneficiava dei gol di Fevzi Zemzem, attaccante che portò in dote dei giallorossi ben 136 gol in carriera. Una rinuncia fu probabilmente alla base anche del miglior risultato europeo del Goztepe. Nel 1969/70, infatti, in Coppa delle Fiere i turchi raggiunsero nientemeno che le semifinali. Eliminarono nell’ordine Olympique Marsiglia, Arges Pitesti e OFK Belgrado, mentre nei quarti l’Amburgo rinunciò a sfidarli. I giallorossi di Smirne giunsero così in semifinale (prima squadra turca della storia), perdendo però di fronte all’Ujpest Dozsa. Poco noti i motivi della rinuncia amburghese. Il Goztepe nella stagione precedente aveva eliminato anche l’Atletico Madrid.  Nel 70/71 però ha partecipato per l’ultima volta ad una competizione europea, facendo seguire poi lunghi decenni di buio.

Lontano da Derry, lontano dal cuore. Per l’ultima volta nel 1965 il Derry City si laureò campione dell’Irlanda del Nord, ma per colpe certamente non sue. La squadra di Derry, oppure Londonderry come amano nefastamente dire gli inglesi, infatti, fu costretta a non poter più giocare in un campionato che li vedeva indesiderati, ma non come avversari in campo, ma proprio nella vita di tutti i giorni. Derry, infatti, rappresentò l’epicentro dei troubles che quotidianamente intercorrevano tra inglesi e nordirlandesi in quella che è considerata una vera e propria guerra civile. Nel 1972 si verificò il più triste massacro a danno dei civili di quella guerra spietata e sanguinosa. Anche gli U2 cantarono quel triste giorno come Sunday Bloody Sunday. Ad ogni modo, per il Derry City divenne sempre più pericoloso giocare in quel campionato e pertanto la squadra fu costretta a trasferirsi nel vicino campionato dell’Eire a partire dal 1985, dopo aver peregrinato per qualche torneo amatoriale. Nella Coppa dei Campioni del 65/66, dopo aver eliminato al primo turno il Lyn Oslo (era la prima volta che una squadra nordirlandese riusciva nell’impresa), il Derry City cadde poi sotto i colpi dell’Anderlecht a Bruxelles. Un inequivocabile 9-0 per i bianco malva. Il retour-match poi non si giocò. Il Derry City venne sabotato dalle stesse autorità nordirlandesi e dalla IFA, la Irish Football Association. Il RUC ritenne l’impianto cittadino, il Brandywell, non in grado di rispettare i canoni di sicurezza. Si trovava nel quartiere di Bogside, il più ostico per le stesse truppe inglesi. Era diventato una roccaforte dell’IRA e spesso inaccessibile anche per le truppe inglesi. Allora la federazione propose l’esilio di Coleraine, città a maggioranza protestante, ma fu lo stesso Derry City a declinare l’invito e a non presentarsi in campo per il retour-match per non sottostare alle decisioni dell’IFA. Gli stessi emissari dell’Anderlecht effettuarono un sopralluogo al Brandywell, ritenendolo perfettamente agibile. Il Derry City non avrebbe potuto certo ribaltare il risultato, ma quella partita contro l’Anderlecht avrebbe rappresentato in un certo qual modo un successo più sociale che sportivo stesso.

venerdì 4 aprile 2014

Il campionato più bello del mondo- Il Derby dell'Arena


Il primo derby scaligero in Serie A della stagione
2001/2002. HellasVerona-Chievo 3-2
 Nel peraltro ristretto novero delle città italiane a cui è riservato il gusto esclusivo della stracittadina dal 1994 si è aggiunta in assoluta sorpresa anche Verona, le cui origini calcistiche hanno radici profonde per merito dell’Hellas, società fondata nel 1903 da un professore greco. La leadership scaligera dei gialloblu non era mai stata messa in discussione, tra l’altro rafforzata anche dallo Scudetto del 1985, fino all’avvento nei quartieri alti del calcio nostrano della matricola Chievo Verona. Squadra fondata nel 1929 e rappresentante di un quartiere della città di Romeo e Giulietta e rimasta ai margini del calcio dilettantistico per oltre 60 anni. Quindi, improvvisamente la seconda squadra scaligera ha scalato i piani più ambiti del calcio nazionale. Nel 1986 è infatti promossa dall’Interregionale alla Serie C2, nel 1989 invece approda in Serie C1 e nel 1994 effettua il salto in cadetteria. Nel 1995 per la prima volta nella sua storia proprio nel campionato di Serie B incrocia i destini dell’Hellas Verona, retrocessa dalla massima serie. In effetti non esiste una rivalità vera e propria come negli altri derby italiani. Molti tifosi veronesi hanno applaudito l’exploit del miracolo Chievo, che a sua volta però rappresenta soltanto un quartiere della città. Il derby, comunque, impone le sue regole ed il 12 dicembre del 1994 il Bentegodi conta ben 30.000 spettatori ad assistere alla prima stracittadina Verona-Chievo. La sfida si chiude sull’1-1, con i gol di Fermanelli per l’Hellas e di Gori per i clivensi. Il Chievo, però, nella gara di ritorno si impone con un netto 3-1. Il Chievo affronta i blasonati cugini gialloblu senza alcun timore riverenziale. Tuttavia, in verità il bello deve ancora venire, in quanto nel 2001 il Chievo viene promosso per la prima volta in Serie A con Campedelli che si rivela un Presidente eccezionale e competente, coadiuvato dal DG Giovanni Sartori ed inventato tatticamente dall’allenatore-rivelazione Gigi Del Neri. Il 18 novembre del 2001 il primo Derby dell’Arena in Serie A viene vinto dal Verona. Il Chievo va in vantaggio di due gol con Eriberto (che poi più tardi si scoprì essere Luciano con qualche anno in più) e Corini e grande rimonta con Oddo, autorete di Lanna e Camoranesi. Il Chievo si rifà nel ritorno: vantaggio di Mutu e doppietta decisiva di Cossato. Oltretutto la classifica finale applaude il Chievo al 5° posto e qualificato per la Coppa UEFA, mentre il Verona retrocede in Serie B. D’altronde non sarà quello l’unico exploit di un certo livello dei clivensi. Nella stagione del 2005/2006 il Chievo risulterà alla fine anche al 4° posto in Serie A, guadagnando il diritto a  giocare i preliminari di Champions League, persi poi malamente di fronte ai bulgari del Levski Sofia. Ma in effetti la squadra che dunque rappresenta un quartiere di Verona è da considerare il vero miracolo del calcio italiano di ogni epoca. Rimanere per così tanto tempo sulla cresta dell’onda non è mai stato facile e mai lo sarà per nessuno. Il merito va ascritto soprattutto ad una società oltremodo seria in ogni suo dettaglio: dall’oculata gestione finanziaria di Campedelli alla straordinaria capacità di scoprire ed inventare talenti di Sartori. Nel novembre del 2013 il Chievo ha vinto il Derby dell’Arena, che tornava di scena dopo 10 anni. Ai clivensi è risultato decisivo il gol del serbo Lazarevic.

 La seconda squadra di Verona ha cambiato il corso della storia ed anzi qualcuno in città ha provato ad unire le due forze per dar vita ad un solo grande club, considerate le difficoltà societarie dell’Hellas Verona retrocesso mestamente anche in terza serie (il Verona sarebbe ritornato in A soltanto nel 2013). Ma i tifosi dell’Hellas con piena ragione del rispetto della loro storia e del loro blasone hanno rinunciato a questa possibilità in maniera categorica, ritornando a fatica nei quartieri alti del calcio italiano. Il Verona del resto conta nella sua bacheca dei successi lo straordinario Scudetto del 1985 vinto con Osvaldo Bagnoli in panchina, ma anche ben tre finali di Coppa Italia perse nel 1976, nel 1983 e nel 1984. Oltretutto gli scaligeri contano più di una partecipazione nelle varie competizioni europee. Nel 2013 il Derby di Verona torna a disputarsi addirittura sul palcoscenico della Serie A. Per la prima volta nella storia tutte e cinque le maggiori stracittadine del calcio italiano contemporaneamente si disputano nello stesso campionato. Il Verona, comunque, squadra più blasonata della regione, è impegnato in numerosi derby con le altre compagini venete. Anche se su tutti spicca il confronto contro il Vicenza, legato ad un dualismo che affonda le radici addirittura nel Medioevo.

martedì 1 aprile 2014

Europa League 2014: Quarti di nobiltà


AZ Alkmaar- Benfica. Olandesi e lusitani non hanno mai incrociato le loro rotte europee prima di ora, ma quelli dell’AZ non evocano proprio un bel ricordo nei confronti delle formazioni portoghesi. Fu l’altra grande di Lisbona, lo Sporting, nella stagione di Coppa UEFA del 2004/2005 ad interrompere il cammino europeo dell’undici di Alkmaar più bello di recente. (Il miglior risultato in assoluto rimane, comunque, la finale di Coppa UEFA giocata e persa nel 1981 contro l’Ipswich Town). L’AZ, infatti, venne eliminato in semifinale proprio dai biancoverdi. Vittoria dello Sporting per 2-1 a Lisbona e quindi inutile successo degli olandesi per 3-2 nei supplementari. Il portoghese Miguel Garcia siglò il secondo punto dello Sporting al 122’, gelando le ambizioni dei padroni di casa, che con il gol di Jaliens al 108’ avevano momentaneamente guadagnato l’accesso alla finale. L’attuale tecnico dell’AZ Dick Advocaat è l’unico dei tecnici rimasti in lizza ad aver vinto la Coppa UEFA. Accadde, infatti, nel 2008 alla guida dello Zenit San Pietroburgo. Dal suo canto il Benfica deve sfatare la maledizione di Bela Guttman, il tecnico magiaro che quando fu mandato via dal Benfica lanciò nei confronti del club una pesante maledizione: quella che mai più il Benfica avrebbe vinto una coppa in Europa. Da allora le sconfitte del Benfica in finale furono tante ed anche inattese. Non ultima quella sfortunata dello scorso anno in Europa League. Il Benfica perse, ad ogni modo, la doppia finale di Coppa UEFA anche nel 1983 contro l’Anderlecht.

Porto-Siviglia. Il Porto è l’unica squadra tra quelle approdata ai quarti di finale di questa Europa League ad aver già conquistato un’edizione dell’Europa League. Un successo oltretutto recente, arrivato nel 2011 in un’inedita finale tutta portoghese contro lo Sporting Braga. Decise la contesa nell’occasione un gol del colombiano Falcao, forte e paratissimo che infatti approdò all’Atletico Madrid. Nel corso di quell’edizione il Porto anche affrontò ed eliminò il Siviglia, ma all’altezza dei sedicesimi di finale. I dragoes vinsero per 2-1 al Sanchez Pizjuan con i gol di due futuri giocatori stranieri in Italia, Rolando e Guarìn che si ritroveranno nell’Inter. Non bastò agli spagnoli il gol di Kanoutè. Lo stesso Siviglia andò poi a vincere ad Oporto con un gol di Luìs Fabiano, ma quello prodezza non bastò agli iberici per passare il turno. Il Siviglia sogna di ripetere gli exploit del 2006 e del 2007, o almeno uno soltanto di questi.


Valencia-Basilea. Spagnoli ed elvetici si sono già affrontati nelle loro esperienze europee, ma nel lontanissimo 1965/66 nel quadro della Coppa delle Fiere. Ma il ricordo rimane quantomeno traumatico per quelli del Basilea, battuti per 5-1 a Valencia e per 3-1 tra le mura amiche. Tuttavia, fortunatamente per loro ne è passato di tempo ed il Basilea di Murat Yakin è attualmente la migliore squadra svizzera del momento. I rossoblu anche lo scorso anno sono arrivati fino ai quarti di finale dell’Europa League, eliminati poi con un po’ di sfortuna dal Chelsea. Il Valencia dal suo canto conta di rimpinguare il suo palmarès europeo, al momento assortito di 2 Coppa delle Fiere, 1 Coppa delle Coppe, 1 Supercoppa Europea ed 1 Coppa UEFA. Non male, senza contare le due finali di Coppa dei Campioni perse.