di Vincenzo Lacerenza (calciofuorimoda.blogspot.com)
Maccabi Haifa-Beitar Gerusalemme 1-1 (Haifa, 21 Agosto 2004,
Liga ha'Al, prima giornata)
Maccabi Haifa: N.Davidovich, Benado, Badir, Goncalves, Uzan, Grahib, Roso, Gazal, Tal (64' Katan), Boccoli (80' Zandberg), Colautti. All. Ronny Levy
Beitar Gerusalemme: Kornfein, Ferreira, Danin, Amsalem, Atiya, Malichi, Baruchyan (71' Heidemann), Melikson (80' Sasson), Kldira, Asulin, Yitzhaki (22' Solomon). All. Eli Ohana
Marcatori: 38' Roso, 51' Hodida
Conquistato
il terzo titolo nazionale in quattro anni al termine della stagione 2003/2004,
il Maccabi Haifa si appresta a vivere l'ennesima stagione da favorita
per la vittoria finale. Prestigioso si, ma anche obblighi e pressioni di non
facile gestione. Specie se oltre alla riconferma domestica viene richiesto
anche un salto di qualtà oltre i confini nazionali. Nelle ultime campagne
continentali, solo in un'occasione i Verdi sono riusciti a scavallare il
barrage dei preliminari di Champions League. Accadde nella stagione 2002-2003,
quando superati i bielorussi del Belshina e gli austriaci dello Sturm
Graz, si ritrovarono nel girone assieme a Manchester United, Bayer
Leverkusen e Olympiakos. Sfide affascinanti, grande calcio, ma alla
fine l'unico verdetto possibile: inglesi e tedeschi staccano il pass per il
turno successivo, mentre gli israeliani precedono i greci e vengono declassati
in Coppa Uefa: sempre meglio che uscire dai radar europei. Nella competizione
meno nobile d'Europa, i Verdi avranno vita breve, strapazzati ed
estromessi ai sedicisimi di finale dai greci dell'AEK Atene. Con le
prime luci della nuova stagione alcuni dei protagonisti delle cavalcate passate,
ringraziano e migrano verso altri lidi. Tra le partenze spiccano quelle di
Eric Eijofor, coriaceo difensore nigeriano con all'attivo trentasei
presenze ed una rete, e di Marcos Paulo, mediano brasiliano tornato in
patria al Guaranì. Lasciano anche Pavel Zavadil, destinazione Banik
Ostrava, e Zoran Zekic, ventenne attaccante traslocato alla Dinamo
Zagabria. In entrata arrivano alcuni tasselli che si riveleranno decisivi
per gli anni avvenire. Sbarcano Ravid Gazal, centrocampista dal
baricentro basso proveniente dal Maccabi Netanya, Ori Uzan,
anch'esso prodotto del vivaio del Netanya con un destino beffardo che lo
porterà a chiudere precocemente la carriera per un infortunio alla colonna
vertebrale, ma sopratutto tra le insenature del porto di Haifa attracca Roberto
Colautti. Classe '82, innato senso del goal, e una cittadinanza che è un
rebus: possiede infatti il doppio passaporto argentino e italiano, il trisavolo
è friuliano. Poi otterrà anche quella israeliana, proprio per non farsi mancare
nulla. Colautti arriva dal Boca Juniors: altro club, altro calcio, altre
atmosfere. Un contatto con il Vecchio Continente però, in verità, l'ha già
avuto. Non positivissimo: un'esperienza al Lugano conclusa con nove
apparizioni e nemmeno un goal. Insomma si può migliorare, e poi nel 2002, anno
dell'approdo in Svizzera, era forse ancora troppo acerbo per il livello
calcistico europeo. Due anni dopo è tutto diverso: è più maturo, la gavetta a Banfield
ne ha forgiato il carattere ed irrobustito le spalle. E poi Haifa è l'habitat
ideale per crescere. C'è un vecchio adagio ebraico che dice: "A
Gerusalemme si prega, a Tel Aviv ci si diverte e ad Haifa si lavora".
Insomma gli ingredienti ci sono tutti, non resta che iniziare.
A dare il battesimo di fuoco al Maccabi sono i capitolini del Beitar Gerusalemme, Si, proprio loro, quelli con la menorah sul petto e le dottrine sioniste di Ze'ev Jabotinski introiettate nella mente. I gialloneri, noti al grande pubblico sopratutto per La Familia, i tifosi più caldi al seguito della squadra, una delle frange ultras più xenofobe e razziste del mondo. Non a caso in panchina siede Eli Ohana, menorah vivente del Beitar Gerusalemme, noto anche ad italiche latitudini in quanto giustiziere dell'Atalanta nell'epica semifinale di Coppa delle Coppe 1987-1988. Il compito dell'ex Mechelen è quello di risollevare più che i risultati l'umore dell'ambiente e della Familia. La stagione precedente è stata infatti da incubo, ma non tanto per il modesto nono posto ottenuto in campionato, quanto per il successo del Bnei Sakhnin in coppa d'Israele, prima squadra arabo-israeliana a riuscirsi. Una vera offesa per La Familia, tanto da spingere gli ultrasionisti gialloneri ad affittare un necrologio su uno dei più importanti quotidiani per dichiarare il trapasso a miglior vita del calcio israeliano. In un clima del genere sarebbe impossibile lavorare per chiunque. Non per Eli Ohana, vero e proprio idolo della Familia, divinizzato dopo un bacio alla stella di Davide sotto gli occhi di Arok, all'epoca commissario tecnico dell'Austrialia. L'episodio accadde durante una gara di qualificazione ai mondiali italiani del 1990: Ohana segna, corre e guidato dall'odio umilia il ct dei Socceroos, reo a suo parere di aver pronunciato frasi antisemite nella conferenza stampa della vigilia. Chiusa la carriera in campo nel 1999, neanche a dirlo con il sodalizio gerosolimitano, Ohana torna al Teddy Stadium in veste da allenatore nel 2003, anche se in verità una piccola parentesi c'era già stata nella stagione 1999-2000. Poi tanta gavetta tra Bnei Yeuda e Maccabi Petah Tiqwa ed infine la chiusura del cerchio: l'approdo a La Menorah.
Le fortune della squadra sono legate principalmente a due nomi: Lior Asulin e Avi Nimnì. Il primo, prorompente centravanti di peso, vivrà in giallonero le sue stagioni migliori, tanto da attirare su di sè le attenzioni di molti club blasonati in giro per il continente: al termine della stagione 2005/2006 lo cercarono Olimpyque Marsiglia, Nizza, ed alcune società russe e turche. Non se ne fece nulla, tant'è che Asulin è poi sempre rimasto nella terra di Davide, se si eccettua una breve parentesi in prestito all'Apollon Limassol, compagine cipriota. Alle caratteristiche da goleador di Asulin, quindici reti quell'anno in campionato, si abbinano quelle da rifinitore di Avi Nimnì. Classe '72, con un passato in Spagna e Inghilterra, tra le fila di Atletico Madrid e Derby County, Ninmì è il vero leader tecnico della squadra. Poliedrico e duttile, tanto da poter esser impiegato in tutti i ruoli d'attacco e persino come regista, spenderà larga parte della sua carriera in patria, dove farà divertire anche i supporter del Maccabi Tel Aviv.
LA PARTITA - Il 21 Agosto 2004 si gioca ad Haifa. Il pronostico, neanche a dirlo, è tutto dalla parte dei padroni di casa e campioni uscenti del Maccabi. La gara è maschia, combattuta con ardore da ambo le parti. Fioccano di conseguenza i cartellini. Al 20' a finire anzitempo sotto la doccia è Itzik Kornfein, estremo difensore della Menorah con all'attivo anche cinque presenze in nazionale. Bilancio ancor più pesante per i gialloneri quando al 38', Dovani Roso, interno destro croato di chiare origini italiane, noto per le sue punizioni e peraltro ex della sfida, trova il modo di far crollare il castello difensivo gerosolimitano. Tutto in discesa per i Verdi, anzi no, perchè al crepuscolo della prima frazione Ravid Gazal si fa espellere, pareggiando così il conto degli uomini in campo. A riequilibrare il pallottoliere ci pensa invece Eliran Danin, nazionale israeliano che in futuro vestirà anche la maglia verde del Maccabi.
L'1-1 reggerà fino al novantesimo, non mancheranno i sussulti, ma sia Nir Davidovich, leggenda dei Verdi con una carriera interamente spesa tra le file della compagine di Haifa, che Guy Solomon, sostituto dell'espulso Kornfein tra i pali, faranno il loro dovere preservando la parità fino al triplice fischio finale. Un punto prezioso per i capitolini, capaci non solo di migliorare la classifica rispetto all'anno precedente, ma anche e sopratutto di riuscire a tornare in Europa, giungendo quarti e acquisendo così il diritto a prender parte al primo turno Intertoto dell'anno successivo. Pari agrodolce invece per i Verdi, che, tuttavia, trascinati dalle diciannove reti del capocannoniere Colautti, trionferanno come ormai consuetudine al termine del torneo. Se però riusciranno a confermarsi all'interno del perimetro nazionale, cementificando ancor di più la propria egemonia, mancheranno ancora una volta il tanto agognato salto di specie in Europa. Anzi, la campagna continentale si rivelerà addirittura disastrosa. Eliminati dai norvegesi del Rosenborg, al terzo turno preliminare di Champions League, il cammino sarà breve anche in Coppa Uefa, interrotto precocemente al primo turno dagli ucraini del Dnipro Dnipropetrovsk.
A dare il battesimo di fuoco al Maccabi sono i capitolini del Beitar Gerusalemme, Si, proprio loro, quelli con la menorah sul petto e le dottrine sioniste di Ze'ev Jabotinski introiettate nella mente. I gialloneri, noti al grande pubblico sopratutto per La Familia, i tifosi più caldi al seguito della squadra, una delle frange ultras più xenofobe e razziste del mondo. Non a caso in panchina siede Eli Ohana, menorah vivente del Beitar Gerusalemme, noto anche ad italiche latitudini in quanto giustiziere dell'Atalanta nell'epica semifinale di Coppa delle Coppe 1987-1988. Il compito dell'ex Mechelen è quello di risollevare più che i risultati l'umore dell'ambiente e della Familia. La stagione precedente è stata infatti da incubo, ma non tanto per il modesto nono posto ottenuto in campionato, quanto per il successo del Bnei Sakhnin in coppa d'Israele, prima squadra arabo-israeliana a riuscirsi. Una vera offesa per La Familia, tanto da spingere gli ultrasionisti gialloneri ad affittare un necrologio su uno dei più importanti quotidiani per dichiarare il trapasso a miglior vita del calcio israeliano. In un clima del genere sarebbe impossibile lavorare per chiunque. Non per Eli Ohana, vero e proprio idolo della Familia, divinizzato dopo un bacio alla stella di Davide sotto gli occhi di Arok, all'epoca commissario tecnico dell'Austrialia. L'episodio accadde durante una gara di qualificazione ai mondiali italiani del 1990: Ohana segna, corre e guidato dall'odio umilia il ct dei Socceroos, reo a suo parere di aver pronunciato frasi antisemite nella conferenza stampa della vigilia. Chiusa la carriera in campo nel 1999, neanche a dirlo con il sodalizio gerosolimitano, Ohana torna al Teddy Stadium in veste da allenatore nel 2003, anche se in verità una piccola parentesi c'era già stata nella stagione 1999-2000. Poi tanta gavetta tra Bnei Yeuda e Maccabi Petah Tiqwa ed infine la chiusura del cerchio: l'approdo a La Menorah.
Le fortune della squadra sono legate principalmente a due nomi: Lior Asulin e Avi Nimnì. Il primo, prorompente centravanti di peso, vivrà in giallonero le sue stagioni migliori, tanto da attirare su di sè le attenzioni di molti club blasonati in giro per il continente: al termine della stagione 2005/2006 lo cercarono Olimpyque Marsiglia, Nizza, ed alcune società russe e turche. Non se ne fece nulla, tant'è che Asulin è poi sempre rimasto nella terra di Davide, se si eccettua una breve parentesi in prestito all'Apollon Limassol, compagine cipriota. Alle caratteristiche da goleador di Asulin, quindici reti quell'anno in campionato, si abbinano quelle da rifinitore di Avi Nimnì. Classe '72, con un passato in Spagna e Inghilterra, tra le fila di Atletico Madrid e Derby County, Ninmì è il vero leader tecnico della squadra. Poliedrico e duttile, tanto da poter esser impiegato in tutti i ruoli d'attacco e persino come regista, spenderà larga parte della sua carriera in patria, dove farà divertire anche i supporter del Maccabi Tel Aviv.
LA PARTITA - Il 21 Agosto 2004 si gioca ad Haifa. Il pronostico, neanche a dirlo, è tutto dalla parte dei padroni di casa e campioni uscenti del Maccabi. La gara è maschia, combattuta con ardore da ambo le parti. Fioccano di conseguenza i cartellini. Al 20' a finire anzitempo sotto la doccia è Itzik Kornfein, estremo difensore della Menorah con all'attivo anche cinque presenze in nazionale. Bilancio ancor più pesante per i gialloneri quando al 38', Dovani Roso, interno destro croato di chiare origini italiane, noto per le sue punizioni e peraltro ex della sfida, trova il modo di far crollare il castello difensivo gerosolimitano. Tutto in discesa per i Verdi, anzi no, perchè al crepuscolo della prima frazione Ravid Gazal si fa espellere, pareggiando così il conto degli uomini in campo. A riequilibrare il pallottoliere ci pensa invece Eliran Danin, nazionale israeliano che in futuro vestirà anche la maglia verde del Maccabi.
L'1-1 reggerà fino al novantesimo, non mancheranno i sussulti, ma sia Nir Davidovich, leggenda dei Verdi con una carriera interamente spesa tra le file della compagine di Haifa, che Guy Solomon, sostituto dell'espulso Kornfein tra i pali, faranno il loro dovere preservando la parità fino al triplice fischio finale. Un punto prezioso per i capitolini, capaci non solo di migliorare la classifica rispetto all'anno precedente, ma anche e sopratutto di riuscire a tornare in Europa, giungendo quarti e acquisendo così il diritto a prender parte al primo turno Intertoto dell'anno successivo. Pari agrodolce invece per i Verdi, che, tuttavia, trascinati dalle diciannove reti del capocannoniere Colautti, trionferanno come ormai consuetudine al termine del torneo. Se però riusciranno a confermarsi all'interno del perimetro nazionale, cementificando ancor di più la propria egemonia, mancheranno ancora una volta il tanto agognato salto di specie in Europa. Anzi, la campagna continentale si rivelerà addirittura disastrosa. Eliminati dai norvegesi del Rosenborg, al terzo turno preliminare di Champions League, il cammino sarà breve anche in Coppa Uefa, interrotto precocemente al primo turno dagli ucraini del Dnipro Dnipropetrovsk.
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