venerdì 14 novembre 2014

A 25 anni dalla caduta del Muro di Berlino


1. Mielke e lo StasiFootballClub.

 Tratto da Stasi Football Club di Vincenzo Paliotto, Urbone Publishng editore, http://www.urbone.eu/obchod/stasi-football-club
Ad ogni modo, nello sport, la Germania Est cominciò a vantare una tradizione prestigiosa e vincente fin dal secondo dopoguerra, spopolando in particolar modo nell’atletica leggera e in altri sport di squadra. Anche se molti di questi successi risulteranno poi amaramente il frutto di un doping di Stato senza precedenti. Una somministrazione agli atleti di sostanze dopanti elargita in maniera scientifica e con l’obiettivo devastante di primeggiare, mettendo a repentaglio le stesse vite degli atleti. Anche il calcio non sfuggiva a questa triste ed insopportabile logica. Tuttavia, la Germania Est in ambito calcistico riuscì a ritagliarsi anche un suo blasone internazionale. Il calcio nell’altra parte della Germania riusciva in qualche modo pure a decongestionare la pressione del regime. Il Magdeburgo vinse non  a caso la Coppa delle Coppe nel 1974 a Rotterdam ai danni del Milan e nello stesso anno la Dynamo Dresda contese la qualificazione in Coppa dei Campioni al Bayern Monaco in un doppio confronto epico ed esaltante. I tedeschi orientali riuscivano bene nel gioco del calcio, non smentendo il dna calcistico da sempre radicato nel popolo teutonico. In Germania da diversi decenni si giocava un buon calcio e questa non era certo una novità. Nella parte socialista della Germania il primo campionato nazionale si disputò nel 1948 e se lo aggiudicò la SC Planitz. Ad ogni modo, gli equilibri importanti nel calcio del paese furono rotti qualche anno più tardi dal capo della Stasi, la terribile polizia del regime tedesco-orientale, Erich Mielke, che era nel frattempo diventato anche Presidente della Dynamo Berlino, squadra destinata a dover diventare per forza di cose la squadra più forte del campionato. Ad ogni costo anche contro le avversarie che spesso le erano superiori sul campo. Mielke fu tra i fondatori della Stasi, che in un primo momento si chiamava Kommisariat 5, e ne fu il Ministro dal 1957 al 1989. La Dynamo Berlino nasceva, invece,  nel 1953 sulle ceneri del Volkspolizei Berlin, la squadra della polizia locale, e dovette in qualche modo iniziare la sua difficile ascesa nelle gerarchie del calcio nazionale. In tal proposito Mielke creò i giusti presupposti, affinchè la sua squadra potesse primeggiare incondizionatamente in campionato e non solo. Per prima cosa si sbarazzò degli scomodi cugini del Vorwaerts Berlino, che avevano tra l’altro vinto sei volte il campionato ed avevano giocato anche in Coppa dei Campioni, trasferendoli forzatamente a Francoforte sull’Oder, città a due passi dal confine polacco, ma il cui retaggio storico poco aveva da condividere con la sede naturale dello storico e blasonato club. Mentre gli altri cugini dell’Union Berlino venivano sistematicamente depredati dei loro migliori giocatori. Ovviamente chi si rifiutava tra gli stessi giocatori veniva rinchiuso nel carcere di Ruscherstrasse, gestito dalla stessa Stasi, sorte analoga che poteva toccare anche a qualche stesso dirigente che ne ostacolasse il trasferimento. Quindi, Mielke operò una vera e propria trasfusione di energie e di risorse umane dalla Dynamo Dresda, la squadra fino a quel momento più prestigiosa del paese e che aveva vinto il campionato nel ‘53, verso il suo club.  I migliori giocatori del paese, e non ce ne erano pochi, in pratica dovevano servire la causa della Dynamo Berlino, snaturando però lo stesso campionato di valori tecnici prioritari. La Dynamo Dresda subì una vera e propria epurazione, che ovviamente fece precipitare la squadra nelle divisioni inferiori fino all’anno della sua risalita che avvenne soltanto nel 1962. Oltretutto i calciatori costretti a trasferirsi a Berlino Est vissero in maniera drammatica quel passaggio forzato, dovendo abbandonare le rispettive famiglie. Oltretutto era imposto di accamparsi in un ostello, senza insomma neanche dare una svolta alla loro vita professionale ed economica. I risultati in un primo momento non furono certo lusinghieri. La Dynamo Berlino vinse la coppa nazionale nel 1959, una magra consolazione tutto sommato per tutti gli sforzi leciti e non sostenuti dal suo leader. Nel 1967 il club granata oltretutto fu costretto a ripartire dalla serie cadetta, dopo una clamorosa retrocessione. Un purgatorio che durò l’arco di una sola stagione, ma comunque umiliante. Poi dopo qualche piazza d’onore di troppo collezionata, nel 1979 cominciò l’era del dominio assoluto della squadra di Mielke, che sbaragliò letteralmente una concorrenza sempre più meravigliata e bistrattata. Lo stesso Capo della Stasi nel 1978 al termine del campionato non si congratulò con i campioni della Dynamo Dresda, ma preannunciò loro che il momento magico dei gialloneri si chiudeva lì e ben presto i titoli sarebbero stati ad appannaggio della Dynamo Berlino, che nel frattempo in campionato era finita soltanto terza e sopravanzata anche dal Magdeburgo. Mielke non solo continuò a depredare i club avversari dei migliori giocatori, ma adottò altri accorgimenti infallibili per il successo inevitabile della sua squadra. Il doping avanzò impietosamente all’interno dello spogliatoio della sua squadra, così come avrebbero dichiarato diversi suoi giocatori, tra cui Falko Gotz. Quindi, trovò la compiacenza di un arbitro, quale Adolf Prokop, che lo accontentò, come dire, nei momenti topici e difficili dei vari campionati, talvolta sfruttando anche l’operato di altri direttori di gara affiliati alle sue disposizioni. Dal 1979 al 1988 la Dynamo Berlino vinse, infatti, ben 10 campionati consecutivi della Germania Est, mettendo in difficoltà qualsiasi avversario per la concorrenza alla vittoria finale. Il Magdeburgo ed il Carl Zeiss Jena in particolare non erano controllate da alcuna organizzazione politica e partitica, mentre  Lokomotive, Chemie, Aufabau, Rotation e Turbine giocavano sotto le insegne di organizzazioni di lavoro. Altre subivano degli improvvisi cambiamenti di denominazioni e delle fusioni nella logica e nella storia del club assolutamente improponibili. Come era già capitato del resto al Vorwarts ad esempio anche il Wismut Aue si trasformò impropriamente in Wismut Karl Marx Stadt. Che ovviamente fu snobbato dai tifosi vecchi e nuovi. D’altra parte il Wismut con la città di Carlo Marx non c’entrava proprio niente. Il caso più clamoroso riguardò quello dell’Empor Lauter, una squadra in rappresentanza di un piccolo villaggio di appena 8.000 abitanti al confine con la Cecoslovacchia, che ebbe la fortuna e la sventura allo stesso tempo di ritrovarsi al primo posto in campionato. Harry Tisch, un potente uomo di partito e quasi a parità di poteri di Mielke, ne decise lo sfaldamento e quindi la deportazione del suo intero undici a Rostock per andare a rinforzare l’Hansa, la sua squadra del cuore. Il trasferimento forzato avvenne su di un treno nel cuore della notte per evitare rappresaglie da parte della popolazione locale, ma pare che fu inutile anche questo tentativo.

 Ma gli stravolgimenti calcistici nel fussball della Germania Est erano all’ordine del giorno e ad un certo punto finivano anche per destare poca meraviglia. Cosi come del resto accadde a Lipsia, centro calcistico di enorme importanza. Il regime provvide in poco tempo a stravolgerne, o almeno a farlo, le gerarchie cittadine anche in quel caso. Le fortune calcistiche appartenevano, infatti, per gran parte ai biancoverdi del BSG Chemie Lipsia, fondato nel 1899 e che aveva vinto il suo primo titolo nazionale nel ’51, dopo la finale contro il Turbine Erfurt. Nel frattempo il regime di Berlino Est aveva provveduto a rafforzare invece la posizione del più istituzionale Lokomotive Lipsia, che sarebbe dovuta diventare la maggiore squadra della città. Non a caso il Chemie fu depredato sistematicamente dei suoi migliori elementi da destinare alla grandezza o presunta tale della Lokomotive. La Chemie, quindi, raccolse gli scarti o poco più dei cugini e delle altre piccole squadrette della città. Tuttavia, le imposizioni e gli aiuti del regime non furono sufficienti alla Lokomotive, che infatti nel 1963/64 si vide il titolo sottratto proprio dal Chemie Lipsia al culmine di una stagione strepitosa, in cui la stessa Lokomotive subì una dura sconfitta per 3-0 nel corso del campionato. Alfred Kunze, a cui è intitolato lo stadio del club, era l’allenatore e probabilmente il nome più rappresentativo della squadra insieme al cannoniere Bauschpiell. La vittoria in campionato valse una partecipazione alla Coppa dei Campioni e delle statue di quegli eroi che oggi adornano lo stadio del club. Quella del Chemie Lipsia fu una vittoria a dir poco clamorosa.

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