di Francesco Pietrella
http://www.lintellettualedissidente.it/storia/leredita-della-ddr-oberliga-squadre-in-via-di-estinzione/
Il calcio tedesco è
in ascesa, ormai è evidente. Il ruolo delle compagini della Bundesliga in
Europa è cambiato nel giro di un decennio: sono passate da semplici meteore a
realtà concrete e cercano di monopolizzare il fußball grazie alle
proprie finanze e ai propri talenti. Non solo il mitologico Bayern Monaco, da
anni sempre protagonista ne l’Europa che conta, ma anche squadre come lo
Schalke 04, vincitore della Coppa Uefa nel 1997, il Borussia Munchengladbach e
il Borussia Dortmund – il cui fatturato annuo si aggira attorno ai 150 milioni
di Euro – si stanno inserendo di prepotenza nell’élite del calcio mondiale.
Andiamo a vedere le
città in cui queste squadre si allenano, vincono e stupiscono. Monaco,
Gelsenkirchen, Gladbach, Dortmund. Non notate nulla? Proviamo ora a guardare
alcune delle squadre presenti quest’anno in Bundesliga oltre alle precedenti
già citate: Amburgo, Bayer Leverkusen, Wolfsburg. Sono tutte squadre dell’ex
Germania Ovest. E le squadre di Jena, Dresda, Rostock e di altre città dell’ex
Germania Est che fine hanno fatto? Dov’è finito il Magdeburgo, vincitore della
Coppa della Coppe nel 1974? Esistono ancora la Dinamo Dresda e la Dinamo
Berlino che negli anni ’70 ed ’80 se le davano di santa ragione sia in campo
che sugli spalti? E l’Hansa Rostock? Queste società si barcamenano oggi nei
meandri oscuri del calcio tedesco, ma esistono ancora. Per loro l’unificazione
è stata un duro colpo, in quanto dopo la caduta del Muro si sono trovate di
fronte ad un avversario troppo difficile da sconfiggere: il
capitalismo, realtà totalmente diversa a quella a cui erano
abituate. Affrontare il capitalismo per una squadra dell’ex DDR è stato
come fronteggiare un carro armato con sassi e pietre e i club sono stati
spazzati via sotto i colpi incessanti di questo sistema spietato.
Ognuno di esso prima
dell’unificazione (3 Ottobre 1990) aveva un proprio seguito, un proprio
blasone. Nonostante i giocatori spiccassero più per doti atletiche che per
qualità tecniche e il gioco spettacolare fosse quasi completamente assente,
club come il Magdeburgo, il Carl Zeiss Jena e la Lokomotive Lispia riuscirono
comunque a ritagliarsi un piccolo angolo di paradiso in ambito continentale. I
primi vinsero la Coppa delle Coppe nel 1974 dopo aver sconfitto il Milan in
finale mentre i gialloblù di Jena e i loksche di Lispia arrivarono
secondi a scapito di Dinamo Tblisi e Ajax (sempre nella stessa manifestazione).
Col passare degli anni però, tutte e tre le compagini sono cadute nell’oblio
arrivando perfino a disputare diversi campionati in Regionalliga Nordost
(quarta divisione).
Interessante è anche
il confronto tra la Dinamo Dresda, squadra dell’omonima città della Sassonia
vittima nel 1945 di uno dei più gravi bombardamenti della storia della Seconda
guerra mondiale, e la Dinamo Berlino, squadra della capitale controllata dal
famigerato capo della Stasi, Erich Mielke. Questi ultimi vinsero dieci titoli
consecutivi (1978-1988) ma in Coppa Campioni non andarono oltre i quarti di
finale. In patria facevano il bello e il cattivo tempo, ma non per propri
meriti quanto per una serie di scandali. Un arbitro sapeva che fischiare un
fallo contro la squadra della Stasi significava mettere a rischio la propria
carriera ed ecco che fioccavano rigori inesistenti, cartellini senza senso,
espulsioni e perfino ampie concessioni di minuti di recupero. I trasferimenti
erano forzati e i giocatori migliori del paese erano in qualche modo costretti
ad approdare nella squadra guidata da Jurgen Bogs. Questo dominio incontrastato
suscitò rabbia ed indignazione non solo tra i tifosi avversari (ci furono
diversi episodi di violenza soprattutto con i tifosi dell’altra squadra di
Berlino, il Vorwärts) ma anche tra i propri sostenitori, i quali avevano
intuito che dietro a quei limpidi successi c’era la lunga mano dalla Stasi (tra
gli anni ’80 e ’90 la media spettatori dei granata si dimezzò). Oggi la Dinamo
Berlino – divenuta Berliner Fußballclub Dynamo – milita addirittura
nella NOFV Oberliga (quarta divisione tedesca). Mielke si rivolterebbe
nella tomba.
Diversa è la storia
della Dinamo Dresda. Fondata nel 1953 in seguito alla fusione con la SV Dinamo
(squadra degli organi interni di sicurezza della DDR come la Volkspolizei),
vinse il titolo alla prima partecipazione nella DDR Oberliga. Negli
anni ’70 conobbe le luci della ribalta sia in patria che in Europa: al Dynamo
Stadion arrivarono quattro campionati e due coppe nazionali mentre in
Coppa Campioni e in Coppa UEFA la cavalcata degli uomini di Walter Fritzsch si
arrestò per ben sei volte ai quarti di finale, una vera maledizione per i
gialloneri (eliminarono anche squadre di spessore come la Juventus di Bettega e
la Roma di Bruno Conti). Nella stagione 1988/89 la Dynamo raggiunse
le semifinali di Coppa Uefa, il miglior risultato di una squadra della Germania
Est nell’odierna Europa League.
Il club poteva
contare su diversi elementi importanti tra cui i liberi Matthias Sammer e
Hans-Jurgen Dorner, il centravanti Hans Kreische, l’estrosa
mezzala Reinhard Hafner, i rocciosi terzini Watzlich e Pilz, passando per
Kristen e Trautmann. Oltre ad essere colonne portanti della Dinamo, questi
calciatori erano anche tasselli insostituibili della nazionale della Germania
Est, anche se con la riunificazione tutto cambiò. Alcuni di questi campioni
(Sammer e Kristen su tutti) abbandonarono la squadra per i soldi dell’Ovest e
la Dinamo si ritrovò priva dei suoi migliori talenti. Nel 1995 fu retrocessa
d’ufficio per motivi finanziari e oggi milita nella 3.Bundesliga
insieme all’Energie Cottbus, squadra del cuore della cancelliera Angela Merkel.
Quello dei biancorossi però rappresenta un caso speciale in quanto è l’unico
club dell’ex DDR i cui risultati attuali sono migliori di quelli antecedenti la
caduta del Muro. Dopo l’unificazione, infatti, fu l’unica squadra dell’Est in
grado di competere con le compagini più organizzate dell’Ovest. Nel 2000,
grazie alle prodezze del fantasista ungherese Vasile Miriuta, centrò la
promozione nella massima serie dove rimase fino al 2003 salvo retrocedere
nuovamente nel 2006.
Ma l’elenco non si
ferma qui, ci sono altre squadre che vivono la stessa situazione di quelle già
analizzate. C’è l’Hansa Rostock, vincitrice dell’ultima edizione della DDR
Oberliga ed oggi in lotta per non retrocedere in quarta serie; ci sono il
Magdeburgo e l’ex Karl Marx Stadt (oggi Chemnitzer) che viaggiano tra la quinta
e la quarta divisione; ci sono i Veilchen dell’Erzgebirge Aue in 2.Bundesliga,
senza contare il Frankfurter Viktoria (ex Vorwärts Berlin, oggi seconda squadra
di Francoforte sull’Oder), una delle squadre della DDR più titolate, che naviga
addirittura in sesta divisione fino ad arrivare all’Erfurt e allo Zwickau (dove
l’estremo difensore Jurgen Croy collezionò 372 presenze), veterane della terza
serie. L’Unica eccezione è rappresentata dal RB Leipzeig, società di Lipsia
acquistata alcuni anni fa dalla Red Bull con il preciso intento di scalare i
gradini del calcio tedesco. Oggi domina in 2.Bundesliga, possiede uno
stadio di proprietà (Red Bull Arena) e può contare su un budget
stagionale di circa 8 milioni. Il futuro si prospetta roseo, staremo a vedere.
Sono passati 25 anni
dall’unificazione e nessuna squadra dell’ex DDR è stata in grado di
fronteggiare il capitalismo rampante dell’Ovest. Non è facile abbandonare
quarant’anni di socialismo. Tuttavia è giusto sottolineare che il calcio
tedesco non si ferma a Mario Gotze o a Philippe Lham, non è circoscritto solo
all’Allianz Arena o al Signal Iduna Park, ma va oltre, si
espande anche ai più modesti e meno blasonati Glücksgas Stadion e DBK
Arena (impianti della Dinamo Dresda e dell’Hansa Rostock), tocca anche
giocatori più umili che si fanno le ossa nelle divisioni minori. La conclusione
è una sola: calcisticamente (e non solo) la Germania è ancora divisa.
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