di Vincenzo Lacerenza
Jakob Roggeveen era un uomo di mondo. Un vero cosmopolita di
altri tempi con una passione viscerale per il Pacifico Orientale. Nel 1722, in
una delle sue spedizioni al servizio della leggendaria Compagnia delle Indie
Orientali toccò quelle che poi sarebbero state ribattezzate le Isole Samoa
Americane.
Cinque isole di natura vulcanica e due atolli
disseminati nel mare cristallino della Polinesia. La più grande è Tutuila.
Paradiso incontaminato di foreste pluviali lussureggianti e baie incantevoli
troneggiate dallo sguardo rasssicurante del Monte Peak. Spiagge di
finissima sabbia bianca e palme di cocco dove i Matai, i capi tribù
locali, amministrano e dettano le regole basandosi soltanto sulla stella cometa
delle usanze e delle consuetudini. Legislatura eufemisticamente approssimativa.
Sport ancor di più.
Nonostante l’attività prediletta sia il rugby, come
tradizione nei paesi dell’area oceanica, è il calcio a rendere famoso questo
pittoresco arcipelago. In particolare la selezione nazionale. Affiliata dal
1998 all’OFC e la FIFA, la nazionale dell’arcipelago non
incorporato agli Stati Uniti d’America è una delle nazionali più
deboli del pianeta. I numeri sono impietosi. La squadra veleggia attualmente
nei bassifondi del rankig FIFA (197), e il suo miglior marcatore all
time può vantare solo due reti all’attivo. Come dire, l’importante è
partecipare. Il barone Pierre de Coubertin apprezzerebbe, un po’ meno Nicky Salapu,
recordman di presenze con la casacca dell’ASA, nonchè malcapitato
portiere di quell’11 Aprile 2001. Il giorno della più grande goleada
della storia del calcio.
Vincenzo Lacerenza
Siamo a Coffs Harbur, città costiera del Nuovo
Galles, sud dell’Australia. La piccola compagine è venuta fin qui a
giocarsi contro i Socceroos un match valevole per le qualificazioni ai
Mondiali di Giappone e Corea del Sud in palinsesto l’anno successivo. Da una
parte i Socceroos all’epoca quarantottesimi nel ranking e dall’altra i
ragazzi di Pago Pago duecentesimi nella medesima graduatoria.
Centocinquanta posizioni separano le due duellanti, anticamera di quello che
succederà in campo. Come se non bastasse l’enorme divario tecnico, i
semiprofessionisti samoani devono fare i conti anche con gli immancabili
problemi di natura burocratica e logistica. Reduce da due sonore sconfitte con
Figi (13-0) e Samoa Occidentali (8-0), la selezione guidata in
panchina da Tony Langkilde, presidente federale e commissario tecnico,
non può contare nemmeno sulla compassione della FIFA. Il massimo
organismo calcistico mondiale non fa sconti sul regolamento e vieta di giocare
a tutti i giocatori in possesso del solo passaporto samoano, pretendendo come
unico requisito valido soltanto quello statunitense. Complice poi la
concomitanza con gli esami di Stato, la nazionale deve rinunciare anche agli
under-20, alle prese con la maturità. E allora largo ai giovani con il c.t che
prova ad improvvisare sdoganando una formazione di virgulti dall’età media di
18 anni. Difficile anche solo provare a far bella figura. Daltronde la sostanza
non cambierebbe nemmeno con i titolari. La sostanza no, ma forse le proporzioni
si. Buon per l’Australia, ma anche per le stesse Isole Samoa
Americane. Perchè sono proprio le proporzioni bibliche della disfatta a
consegnare questa partita all’immortalità del calcio.
L’Australia invece è assiepata in vetta al
girone assieme alle Figi con una differenza reti positiva di ventidue.
Il CT dei Socceroos, Frank Farina, conosce la pochezza tecnica
dei samoani e risparmia alla contesa John Aloisi e Damian Mori,
autori di dieci reti nella precedenta partita vinta 22-0 contro Tonga. Passano
soltanto dieci minuti dal fischio iniziale dell’arbitro thaitiano Ronan
Leaustic al primo goal dei Socceros. Ad inaugurare la partita è Con
Boutsianis direttamente da azione d’angolo. Inizia l’incubo di Nicky
Salapu. Autostima del portiere torturata poi dalle otto reti di Archie
Thompson, dalle quattro di David Zdrilic, dalle due di Tony
Popović e da quella di Aurelio Vidmar.
Si va all’intervallo sull’irreale punteggio di 16-0. I
giocatori rientrano ciondolanti negli spogliatoi. Utopistico riorganizzare le
idee, ancor di più trovar le parole giuste per commentare quello che sta
accadendo. Rassegnati nei pensieri, ancor prima che nelle gambe i giocatori
samoani si apprestano a subire passivamente la seconda ondata degli Aussie.
In avvio di ripresa è ancora Boutsianis ad aprire le danze. A questo
punto entra in scena Archie Thompson. Il calciatore del Marconi
Sydney si accorge di essere vicino al record secolare di segnature detenuto
da Gottfried Fuchs e Sophus Nielsen. Lo mette nel mirino e con un
pokerissimo calato nella ripresa riesce a superarlo. I due furono capaci di
segnare dieci reti rispettivamente in Germania-Russia 16-0 e
Francia-Danimarca 1-17. Thompson si fermerà a tredici. Deterrà il
record fino al 2007 quando Panagiotis Pontikos,nella gara di terza
divisione cipriota Olympos Xylofagou- S.E.K. del 2007, finita 24-3,
segna ben 16 reti frantumando il record di Thompson. Oltre al goal di Boutsianis
e le cinque marcature di Archie per gli Aussie timbreranno il cartellino
anche Zdrilic (4), Simon Colosimo (2) ed una rete a testa per Fausto
De Amicis, Vidmar e ancora Boutsianis.
Prima del termine del macth arriva ache il primo tiro
nello specchio dei samoani. L’eroe è tale Pati Feagiai. Il pubblico
apprezza e saluta la conclusione con un’ ovazione. Una piccola consolazione al
termine di un’agonia indescrivibile. La partita termina con un 31-0 da
Guinness. Nell’immediato post partita il tecnico samoano Tony Langkilde
dichiara “We are a cinderella team“. Fotografia perfetta. Una
Cenerentola capace di entrare nella storia grazie ad una disfatta. Un premio
alla sconfitta. Un ossimoro calcistico, un’affascinante contraddizione. In
fondo Nicky Salapu e le Samoa Americane devono ringraziare gli
spietati arcieri Aussie. Warhol approverebbe.
Classe
92', filomante del calcio, che considero un rifugio dell'anima!
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