giovedì 31 luglio 2014

Julio Grondona è scomparso. L'uomo dal mandato interminabile


 
Il calcio argentino in termini amministrativi e manageriali si trascina oramai da oltre trent’anni degli evidenti retaggi di quella che fu la dittatura militare capitanata da Jorge Videla. Potrà sembrare assolutamente incredibile e per certi versi inimmaginabile, ma lì dove non ha resistito il regime dittatoriale ha trovato invece terreno fertile il potere del calcio. Julio Humberto Grondona, un omone argentino di quasi ottanta anni, nato ad Avellaneda il 18 settembre del 1931, resiste alla presidenza dell’AFA, la federazione calcistica argentina, da oltre trent’anni, per l’esattezza dal 6 aprile del 1979, giorno in cui si insediò ai vertici dell’organizzazione calcistica del paese dello sport che rappresenta inconfutabilmente la passione maggiore di tutto il popolo rio platense. Il calcio vuol dire praticamente tutto o quasi nella nazione bonarense. Rappresenta di gran lunga lo sport nazionale e non c’è ragione che tenga dinanzi al Dio Pallone. Grondona dal canto suo resiste senza affanni nella stanza dei bottoni anche di fronte a stravolgimenti politici epocali. Da Videla a Kirchner, passando per Menem e gli altri, nessuno ha trovato il modo ed il tempo di scalzare Grondona dalla massima carica calcistica del paese. E’ pur vero che con Grondona l’Argentina ha vinto tanto a livello calcistico in campo internazionale, ma rimane altrettanto inspiegabile una permanenza al potere che fa invidia anche ad un papato. Il potere di Grondona ha vacillato, ma mai del tutto. Gli attacchi sono stati anche portati alla sua poltrona, ma Don Julio è sempre rimasto comodamente al suo invidiabile posto, arginando anche accuse che lo hanno portato in tribunale, ma nessuna circostanza è risultata a lui tanto sfavorevole e compromettente per incastrarlo definitivamente.

 In gioventù Grondona aveva militato nel ruolo di centrocampista nelle giovanili del River Plate ed aveva nello stesso tempo iniziato gli studi di ingegneria, poi improvvisamente interrotti. Infatti, il giovane Julio smise di studiare per occuparsi, dopo la prematura morte del padre, della ferramenta di famiglia la Ferreterìa Lombardi-Grondona, che sorgeva nel cuore commerciale della cittadina di Sarandì. Ha sposato Nelìda Pariani, una ragazza della sua città, che gli ha dato tre figli: Liliana, Humberto ed Julito. Ad Humberto è legato uno dei ricordi più brutti della sua vita. Il giovane figlio, infatti, fu rapito al termine di un allenamento dell’Arsenal Sarandì e rilasciato soltanto dopo il pagamento del riscatto. Grondona gestì la trattativa con i rapitori in maniera autonoma. Tuttavia, il suo rapporto con il calcio fu profondo e duraturo ed il 28 gennaio del 1956, insieme ad altri soci, fondò a Sarandì l’Arsenal Fùtbol Club, di cui fu presidente ininterrottamente dal 1957 al 1976. Dal 1976 al 1981 fu, invece, eletto presidente di uno dei club più blasonati d’Argentina nonché della sua città natale il Club Atletico Independiente di Avellaneda, la squadra che in Sudamerica ha vinto più trofei internazionali in assoluto. Nel 1979, invece, fu nominato per la prima volta alla presidenza della federazione calcistica d’Argentina, grazie all’aiuto di uno influente e non poco come Carlos Alberto Lacoste. Anche se lo stesso Comandante della Marina argentina non avrebbe mai immaginato che Grondona sarebbe rimasto in carica per tutti quegli anni e chissà per quanti ancora. La leadership di Grondona ha superato per numero di durata anche quelle di Raùl Colombo e Adriàn Beccar Varela ed è destinata probabilmente a battere altri primati in tal senso. Del resto la prima nominale presidenziale in seno all’AFA di Julio Grondona fu non poco contestata già sul finire degli Anni Settanta. L’allora presidente dell’Independiente scavalcò nelle preferenze governative il presidente del River Plate Rafael Aragòn Cabrera e quello dell’Estudiantes Ignacio Ercoli, soprattutto perché questi ultimi erano invisi allo stesso Lacoste. In merito Grondona si è sempre difeso dalle accuse, sostenendo di essere stato eletto dagli altri dirigenti calcistici argentini e senza l’aiuto di un potente del calibro di Lacoste. Ma nonostante tutto la sua versione rimane chiaramente poco credibile. Già durante gli scandalosi Mondiali d’Argentina del ’78 Grondona occupa un ruolo dirigenziale molto vicini a quello dei sanguinari generali. Ad ogni modo, durante il suo incarico presidenziale l’Argentina ha vinto praticamente tutto: la Coppa del Mondo del 1986 in Messico, due edizioni della Coppa America nel 1991 in Cile e nel 1993 in Ecuador, la Confederations Cup nel 1992, due Medaglie d’Oro alle Olimpiadi calcistiche (in cui d’altra parte in precedenza gli argentini non avevano mai trionfato) nel 2004 ad Atene e nel 2008 a Pechino e svariati titoli iridati al livello giovanile, tra i quali spicca innanzitutto quello vinto nel 1979 a Tokyo. Nell’Argentina dei giovani giocava anche Diego Armando Maradona, assoluto mattatore della rassegna iridata a livello giovanile, che giovanissimo purtroppo si vide costretto a stringere la mano allo stesso Grondona, ma anche di più a Videla. Grondona in ogni caso vive l’ambiente del calcio nazionale a modo suo. Un modo originale, anche se poco compatibile con un’attività agonistica, e che non trova riscontri simili in altre cariche dirigenziali calcistiche. Infatti, in tutti i fine settimana, quando le squadre del massimo campionato argentino scendono in campo, Grondona si ritira con la propria famiglia nella sua residenza di Loma Verde nella zona di Barendsen e da lì segue le vicende agonistiche del calcio del suo paese, con un cellulare alla mano e senza scomodarsi dalla sua poltrona. Eppure senza andare allo stadio Grondona riesce sempre ad avere tutto sotto il suo impedibile controllo. Per evitare contestazioni, giudizi sommari ed illazioni Grondona non va allo stadio oramai da decenni. Quasi dall’anno in cui fu eletto presidente dell’AFA. Infatti, lo stesso Presidente ha affermato, senza neanche troppo imbarazzo, che non va allo stadio dal 1980 e precisamente dalla gara in cui l’Independiente ospitava tra le mura amiche il Tigre. In quella partita per la cronaca esordì il difensore Nestor Clausen. All’interno dell’AFA, prima di diventare presidente, Grondona ricopriva il ruolo di segretario delle finanze, mansione che gli è stata riservata, guarda caso, anche al momento di far parte del ceto eletto e nobiliare degli amministratori della FIFA.

 In tre decenni quella di Grondona in pratica si è rivelata una leadership intaccabile, che non ha mai avuto occasione di vacillare. Emblematiche in tal senso furono le elezioni per la Presidenza dell’AFA nel 1991, in cui si presentò all’opposizione l’ex-arbitro internazionale Theodoro Nitti. Il responso delle urne fu a dir poco clamoroso. Grondona prevalse con un più che roboante e senza storia 39 a 1. Dagli elettori non fu presa minimamente in considerazione la credibilità e la buona volontà di un fischietto rinomato ed importante come quello di Nitti. Prese sempre più corpo pertanto l’ipotesi tangibile che quello di Julio Grondona si stava trasformando in un mandato interminabile.

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