Il calcio argentino in termini amministrativi
e manageriali si trascina oramai da oltre trent’anni degli evidenti retaggi di
quella che fu la dittatura militare capitanata da Jorge Videla. Potrà sembrare
assolutamente incredibile e per certi versi inimmaginabile, ma lì dove non ha
resistito il regime dittatoriale ha trovato invece terreno fertile il potere
del calcio. Julio Humberto Grondona, un omone argentino di quasi ottanta anni,
nato ad Avellaneda il 18 settembre del 1931, resiste alla presidenza dell’AFA,
la federazione calcistica argentina, da oltre trent’anni, per l’esattezza dal 6
aprile del 1979, giorno in cui si insediò ai vertici dell’organizzazione
calcistica del paese dello sport che rappresenta inconfutabilmente la passione
maggiore di tutto il popolo rio platense. Il calcio vuol dire praticamente
tutto o quasi nella nazione bonarense. Rappresenta di gran lunga lo sport
nazionale e non c’è ragione che tenga dinanzi al Dio Pallone. Grondona dal
canto suo resiste senza affanni nella stanza dei bottoni anche di fronte a
stravolgimenti politici epocali. Da Videla a Kirchner, passando per Menem e gli
altri, nessuno ha trovato il modo ed il tempo di scalzare Grondona dalla
massima carica calcistica del paese. E’ pur vero che con Grondona l’Argentina
ha vinto tanto a livello calcistico in campo internazionale, ma rimane
altrettanto inspiegabile una permanenza al potere che fa invidia anche ad un
papato. Il potere di Grondona ha vacillato, ma mai del tutto. Gli attacchi sono
stati anche portati alla sua poltrona, ma Don Julio è sempre rimasto
comodamente al suo invidiabile posto, arginando anche accuse che lo hanno
portato in tribunale, ma nessuna circostanza è risultata a lui tanto sfavorevole
e compromettente per incastrarlo definitivamente.
In gioventù Grondona aveva militato nel ruolo
di centrocampista nelle giovanili del River Plate ed aveva nello stesso tempo
iniziato gli studi di ingegneria, poi improvvisamente interrotti. Infatti, il
giovane Julio smise di studiare per occuparsi, dopo la prematura morte del
padre, della ferramenta di famiglia la Ferreterìa Lombardi-Grondona, che
sorgeva nel cuore commerciale della cittadina di Sarandì. Ha sposato Nelìda
Pariani, una ragazza della sua città, che gli ha dato tre figli: Liliana,
Humberto ed Julito. Ad Humberto è legato uno dei ricordi più brutti della sua
vita. Il giovane figlio, infatti, fu rapito al termine di un allenamento
dell’Arsenal Sarandì e rilasciato soltanto dopo il pagamento del riscatto.
Grondona gestì la trattativa con i rapitori in maniera autonoma. Tuttavia, il
suo rapporto con il calcio fu profondo e duraturo ed il 28 gennaio del 1956,
insieme ad altri soci, fondò a Sarandì l’Arsenal Fùtbol Club, di cui fu
presidente ininterrottamente dal 1957 al 1976. Dal 1976 al 1981 fu, invece,
eletto presidente di uno dei club più blasonati d’Argentina nonché della sua
città natale il Club Atletico Independiente di Avellaneda, la squadra che in
Sudamerica ha vinto più trofei internazionali in assoluto. Nel 1979, invece, fu
nominato per la prima volta alla presidenza della federazione calcistica
d’Argentina, grazie all’aiuto di uno influente e non poco come Carlos Alberto
Lacoste. Anche se lo stesso Comandante della Marina argentina non avrebbe mai
immaginato che Grondona sarebbe rimasto in carica per tutti quegli anni e
chissà per quanti ancora. La leadership di Grondona ha superato per numero di
durata anche quelle di Raùl Colombo e Adriàn Beccar Varela ed è destinata
probabilmente a battere altri primati in tal senso. Del resto la prima nominale
presidenziale in seno all’AFA di Julio Grondona fu non poco contestata già sul
finire degli Anni Settanta. L’allora presidente dell’Independiente scavalcò
nelle preferenze governative il presidente del River Plate Rafael Aragòn
Cabrera e quello dell’Estudiantes Ignacio Ercoli, soprattutto perché questi
ultimi erano invisi allo stesso Lacoste. In merito Grondona si è sempre difeso
dalle accuse, sostenendo di essere stato eletto dagli altri dirigenti
calcistici argentini e senza l’aiuto di un potente del calibro di Lacoste. Ma
nonostante tutto la sua versione rimane chiaramente poco credibile. Già durante
gli scandalosi Mondiali d’Argentina del ’78 Grondona occupa un ruolo
dirigenziale molto vicini a quello dei sanguinari generali. Ad ogni modo,
durante il suo incarico presidenziale l’Argentina ha vinto praticamente tutto:
la Coppa del Mondo del 1986 in Messico, due edizioni della Coppa America nel
1991 in Cile e nel 1993 in Ecuador, la Confederations Cup nel 1992, due
Medaglie d’Oro alle Olimpiadi calcistiche (in cui d’altra parte in precedenza
gli argentini non avevano mai trionfato) nel 2004 ad Atene e nel 2008 a Pechino
e svariati titoli iridati al livello giovanile, tra i quali spicca innanzitutto
quello vinto nel 1979 a Tokyo. Nell’Argentina dei giovani giocava anche Diego
Armando Maradona, assoluto mattatore della rassegna iridata a livello
giovanile, che giovanissimo purtroppo si vide costretto a stringere la mano
allo stesso Grondona, ma anche di più a Videla. Grondona in ogni caso vive
l’ambiente del calcio nazionale a modo suo. Un modo originale, anche se poco
compatibile con un’attività agonistica, e che non trova riscontri simili in
altre cariche dirigenziali calcistiche. Infatti, in tutti i fine settimana,
quando le squadre del massimo campionato argentino scendono in campo, Grondona
si ritira con la propria famiglia nella sua residenza di Loma Verde nella zona
di Barendsen e da lì segue le vicende agonistiche del calcio del suo paese, con
un cellulare alla mano e senza scomodarsi dalla sua poltrona. Eppure senza
andare allo stadio Grondona riesce sempre ad avere tutto sotto il suo
impedibile controllo. Per evitare contestazioni, giudizi sommari ed illazioni
Grondona non va allo stadio oramai da decenni. Quasi dall’anno in cui fu eletto
presidente dell’AFA. Infatti, lo stesso Presidente ha affermato, senza neanche
troppo imbarazzo, che non va allo stadio dal 1980 e precisamente dalla gara in
cui l’Independiente ospitava tra le mura amiche il Tigre. In quella partita per
la cronaca esordì il difensore Nestor Clausen. All’interno dell’AFA, prima di
diventare presidente, Grondona ricopriva il ruolo di segretario delle finanze,
mansione che gli è stata riservata, guarda caso, anche al momento di far parte
del ceto eletto e nobiliare degli amministratori della FIFA.
In tre decenni quella di Grondona in pratica
si è rivelata una leadership intaccabile, che non ha mai avuto occasione di
vacillare. Emblematiche in tal senso furono le elezioni per la Presidenza
dell’AFA nel 1991, in cui si presentò all’opposizione l’ex-arbitro
internazionale Theodoro Nitti. Il responso delle urne fu a dir poco clamoroso.
Grondona prevalse con un più che roboante e senza storia 39 a 1. Dagli elettori
non fu presa minimamente in considerazione la credibilità e la buona volontà di
un fischietto rinomato ed importante come quello di Nitti. Prese sempre più
corpo pertanto l’ipotesi tangibile che quello di Julio Grondona si stava
trasformando in un mandato interminabile.
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