martedì 7 aprile 2015

La finale di FA Cup del 1953: Bolton-Blackpool

di Vincenzo Lacerenza (www.calciofuorimoda.blogspot.com)
 
Bolton Wanderers: Hanson, Ball, Banks, Wheeler, Barrass, Bell, Holden, Moir, Lofthouse, Hassall, Langton. All: Bill Ridding

Blackpool: Farm, Shimwell, Garrett Fenton, Johnston, Robinson, Matthews, Taylor, Mortensen, Mudie, Perry. All: Joe Smith

Marcatori: Lofthouse 2', Mortensen 35', 68', 89', Moir 39', Bell 55', Perry 92'.
Arbitro: B.M. Griffiths di Newport
Calato il sipario sul campionato, proclamati i verdetti e archiviate promozioni e retrocessioni, l'attenzione degli sportivi albionici si concentra sulla finale di FA Cup. A contendersi l'ambito trofeo, giunto all'ottava edizione dopo il secondo "cessate il fuoco" mondiale, sono Bolton Wanderers e Blackpool. Entrambe le formazioni non hanno ben figurato in campionato: i Trotters, con trentanove punti racimolati, non vanno oltre un deludente quattordicesimo posto, mentre, i Seasiders, pur non incantando, riescono ad ottenere una comunque onorevole settima piazza. Se però in campionato  stentano, diversamente si comportano nella coppa nazionale. Ineccepibile e senza sbavature è il percorso in Fa Cup del Bolton: i Trotters mettono in fila nell'ordine Fulham, Notts County, Luton Town, Gateshead ed Everton. Non da meno si dimostrano i Tangerines: i ragazzi di Joe Smith, pionere del calcio britannico che, per ironia della sorte, era stato una bandiera del Bolton, si sbarazzano dello Sheffield Wednesday nel terzo turno, liquidano l'Huddersfield Town nella quarta tornata, la spuntano dopo uno scomodo replay con il Southampton al quinto turno, espugnano  Highbury, prima di regolare, al Villa Park di Birmingham, il Tottenham Hotspur in semifinale. Il 2 Maggio, a Wembley, negli spogliatoi si respirano umori diversi: il Blackpool, distratto dalll'impellente appuntamento con la storia, ha perso rovinosamente 5-0 l'ultima partita di campionato con il Manchester City; meglio ha fatto invece la truppa di Bill Ridding, tecnico con un passato da giocatore su entrambe le sponde di Manchester, capace di imporsi 2-3 al Sant James's Park di Newcastle.
Il peso della pressione è tutto sulle spalle del Blackpool. I Tangerines, capitanati da Harry Johnston, duttile terzino che votò tutta la propria esistenza da professionista ai Seasiders, non possono nuovamente fallire: ci sono da riscattare le finali perse nel 1948 e nel 1951, quando, rispettivamente Manchester United e Newcastele posero fine al sogno del Blackpool. E di Sir Stanley Matthews, leader tecnico della squadra, nonchè autentica leggenda del calcio mondiale, ma con ormai trentotto primavere sul groppone: per il futuro vincitore, della prima pioneristica edizione del Pallone d'Oro, l'ultimo atto di FA Cup con il Bolton, ha tutte le sembianze dell'ultima occasione utile per sollevare al cielo un trofeo. O la va o la spacca. Per il Blackpool, bramoso di ornare la bacheca  con la prima FA Cup della propria storia, e per Matthews, voglioso di apporre la proverbiale ciliegina sulla torta di una carriera leggendaria.
Di diverso avviso il Bolton. Che per mandare a gambe all'aria i piani bellicosi dei Tangerines, può contare su un inviadibile parco attaccanti: l'innato fiuto del goal di Nat Lofthouse, i guizzi mortiferi di Harold Hassall e le scorribande di Bobby Langton, funambolica ala prelevata nel '49 dal Preston, daltronde, raccomandano prudenza. Prima che l'arbitro, il signor. Griffiths da Newport, dia il via alle ostilità, si consuma il consueto cerimoniale. Tra la baraonda dei centomila di Wembley, il Principe Filippo, duca di Edimburgo, guadagna il cerchio di centrocampo e si affretta a salutare i protagonisti della gara. Una fugace stretta di mano, qualche parolina sussurata agli uomini in campo e tanti sorrisi. Poi, scortato e circondato da un cordone di guardie e da alcuni notabili delle federazione, riprende il suo posto in tribuna. Dove, cappello chiccoso in testa ed elegantissimo tailleur a tinta unita, siede anche la regina Elisabetta II
[1], in odore di un incoronazione che sarebbe avvenuta un mese più tardi. Sotto lo sguardo attento della regnante e del proprio consorte finalmente la sfera inizia a rotolare sul terreno di gioco.
Sin dai primi rintocchi si intuisce che la gara non lesinerà emozioni e adrenalina: passano soltano due giri di lancette e i Trotters sbloccano il risultato: Nat Lofthouse, monumento dei biancoblu, si accentra e tira; la conclusione non è irresistibile, ma Farm, ingannato da un rimbalzo innaturale della sfera, è costretto a capitolare.  Galvanizzato dal vantaggio il Bolton insiste e in più occasioni sfiora anche il raddoppio: solo il palo impedisce il bis personale a Lofthouse. Scossi dal torpore iniziale, dopo la mezzora, anche i Seasiders cominciano ad affaciarsi dalle parti di Hanson. E al 35' pervengono al pareggio: a ristabilire la parità è un tiro di Sten Mortensen, sporcato quanto basta da una deviazione avversaria. Nemmeno il tempo di gioire per il recuperato equilibrio che, quattro minuti più tardi, i Wanderers sono di nuovo avanti: Langton scodella al centro, capitan Moir si materializza alle spalle dell'imbabolata difesa arancione e con un colpo di testa di giustezza, vanifica l'uscita aerea di Farm. La folla soddisfatta dallo spettacolo, applaude, mentre la regina chiede lumi, confabulando amabilmente con il vicino di posto. L'intervallo dovrebbe servire ai Tangerines per riordinare le idee e rientrare in campo con un altro piglio. 
Ma, all'inizio della ripresa, sono ancora i Trotters a timbrare il cartellino: Eric Bell, in campo nonostante un tendine del ginocchio in cattivo stato, svetta e porta a distanza di sicurezza la truppa di Ridding. Sembra finita per il Blackpool: l'ennesimo incubo sta per consumarsi. Sir Stanley Matthews però ha idee diverse. Si rimbocca le maniche e inzia a regalare scampoli di classe cristallina.
Il numero sette è indemoniato, percepisce il momento di difficoltà dei suoi compagni e suona la carica. Al 68' tira fuori dal cilindro un'azione magnifica: ubriaca di finte il poco malleabile Barrass, s'invola sulla corsia destra e scodella al centro; Hanson  è poco reattivo nella presa, Mortensen è lì e non si fa pregare per infilare la palla in fondo al sacco. La partita è di nuovo in piedi. Nuovo giro di giostra: il Bolton è in preda al panico, il Blackpool comincia a crederci. E all'89' viene premiato: è ancora Mortensen, unico calciatore capace di realizzare un hattrick in una finale di FA Cup, con un siluro su punizione, a castigare il Bolton.
Ma non è finita. Matthews non ha ancora terminato di stupire. E, a recupero inoltrato,  propizia la rete dell'impensabile sorpasso: fa ammattire nuovamente la catena di destra dei biancoblu, guadagna il fondo e mette al centro un velenoso rasottera; Perry si libera dai tentacoli di Banks e con un destro di prima intenzione consegna la prima FA Cup della propria storia al Blackpool. La scenaggiatura hollywoodiana è presto completata: gli undici uomini vestiti d'arancione ricevono trofeo e medaglie direttamente dalle falangi regali della regina Elisabetta.
Note:
[1] Secondo alcune fonti quella di Elisabetta II, sarebbe la prima presenza di un monarca sugli spalti per assistere ad una partita di calcio; altri invece sostengono, documenti alla mano, che questo singolare primato spetti ad un altro sovrano: secondo questa corrente di pensiero, Giorgio V, si sarebbe accomodato in tribuna per gustarsi Burnley-Liverpool, finale della FA Cup 1914.


Altre curiosita: nel febbraio 2010 gli stivali calzati da Matthews nella finale sono stati battuti all'asta per £ 38.400, mentre quattro anni più tardi, un altro prezioso cimelio è stato portato a casa da un acquirente rimasto riservato: il  collezionista, scucendo dal proprio portafogli ben £ 220.000, si è aggiudicato la medaglia conquistata del baronetto.

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