mercoledì 15 ottobre 2014

“NOVE PUNTI NON SONO STATI SUFFICIENTI, LA PROSSIMA VOLTA PROVATE A DARCENE VENTI”


 
di Emanuele Gullo (collaboratore di
www.calciodadietro.altervista.org un sito web senza dubbio da visitare)
Nove espedienti per raccontare in nove minuti (di lettura) una stagione calcistica da nove punti di penalizzazione…

1. Una Premessa: l’anno preferito del tifoso di calcio

Nella vita di ogni tifoso di calcio c’è un evento particolare o un’annata della propria squadra che rimane più di tutti impressa nel cassetto dei ricordi. Per certi tifosi scegliere un anno d’oro può essere facile. Chi tifa Real, Bayern o Barcellona, si trova di fronte a una scelta impagabile e allo stesso tempo invidiabile: quale dei numerosi campionati ha scatenato in loro più emozioni? Per altri invece, che professano la propria fede per squadre meno blasonate, le carte da pescare nel mazzo sono poche. Non sempre legate a vittorie e trionfi. Non per questo meno dolci e uniche. E allora, come direbbe Cris Pierson, cos’è che rende un’annata migliore delle altre? Un connubio perfetto di circostanze, di fattori e di componenti, oggettive e soggettive che collimano tra loro, o semplicemente il legame emozionale e viscerale che ci lega ad essa? Fa niente, quel che è certo è che da qualunque prospettiva si guardi la propria fede calcistica, significa confrontarsi con un mix di sentimenti che coinvolgono la parte razionale e irrazionale di noi stessi.

2. Delle ipotesi: C1 o Serie B?

Ci sono storie poi che si innescano da una serie irrazionale di eventi, in cui squadra tifosi e società toccano con mano l’ineluttabilità dell’inferno, ed insieme vivono l’esperienza della resurrezione, della gioia rotta da un pianto liberatorio. Magari proprio in una torrida estate dell’86. In cui l’Italia “Mundial” di quattro anni prima non c’è più. Perché uscita con le ossa rotte dai Mondiali in Messico (do you remember il “gol del siglo” di un certo Maradona?), così come il calcio italiano, sconvolto nuovamente dal calcioscommesse. A sei anni dal “Totonero”. A sei anni da una delle pagine più vergognose del calcio italiano. L’inchiesta denominata fantasiosamente “Totonero Bis”, colpisce di nuovo molte squadre di Seria A. Tra esse c’è, guarda tu il caso, la Lazio. Si proprio la Società Sportiva Lazio. Costretta questa volta a pagare per l’illecito di un suo ex giocatore, Claudio Vinazzani. Amico di un certo Armando Carbone. Uomo distinto, ben inserito in un giro di scommesse clandestine pallonare, arrivate in breve tempo a taroccare anche le partite di serie A. Sapete no come vanno i meccanismi in questi casi. Tizio chiama Caio che parla con Sempronio, che a sua volta chiama Calpurnio, che si mette d’accordo con i suoi amici e richiama Tizio per confermare l’accordo. Se il gioco del telefono non viene interrotto da qualcuno che taglia i fili della cornetta, tutto procede per il verso giusto e tutti sono felici. Se tutto va bene e se tutti fanno la loro parte. Come ben è noto però, le frasi che iniziano con il “se” hanno sempre quel non so di ipotetico. E così, succede che da un momento all’altro i telefoni inizino a scottare e che, di punto in bianco, arrivino gli 007 federali della FIGC a tagliare i fili dei ricevitori. Che il procuratore federale della FIGC De Biase (alter ego del più famoso Palazzi) decida di chiedere una punizione esemplare per la società biancoceleste: “retrocessione in serie C1 per violazione dell’articolo 1 del codice di giustizia sportiva”. Richiesta poi confermata dalla sentenza del 5 maggio a Gubbio: “Società Sportiva Lazio: retrocessione in Serie C1”. Un colpo secco. Come la scure di un boia. A tagliare in un attimo il sogno dei tifosi laziali e del presidente Calleri della promozione in Serie A. La notizia li lascia attoniti. Increduli. Quasi fosse un scherzo. “Na presa per culo” come si direbbe a Roma.

3. Una tesi: Serie B

Tra ricorsi, contro ricorsi e carte bollate dei mesi successivi, si arriva al 28 agosto. Data decisiva per le sorti della società biancoceleste. Miriade di tifosi si assiepano presso l’Hotel Hilton dove i giudici, stanno scrivendo la sentenza finale. I social network non ci sono ancora per alimentare le voci dei possibili verdetti scritti e riscritti nella notte. L’ipotesi che si sparge però, è che con la Lazio debba restare in Serie B ma con una pesante penalizzazione. Ma è tutto in divenire. E La tensione continua a salire. Poi, nel primo pomeriggio l’ipotesi diviene tesi confermata: la Lazio resta in serie B, ma con nove punti di penalizzazione. Nei minuti successivi, i tifosi laziali sfogano finalmente mesi di angoscia e frustrazione. Tra la gioia e la rabbia. Tra la felicità di aver salvato la società dal baratro della sparizione e il dubbio di aver rimandato alla stagione successiva un epilogo inevitabile.

4. Un ostacolo: 9 punti di penalizzazione

Per i meno informati e appassionati di almanacchi storici e di regolamenti della Serie A (chi poi? E soprattutto perché?), la Serie A come la conosciamo noi, cioè quella dei 3 punti a vittoria, esiste solo dalla stagione 94/95. Infatti prima dell’inizio di quel campionato, in qualsiasi Serie professionistica italiana erano solo due i punti assegnati alla vincente di una partita ed uno per il pareggio. Se la matematica è dalla vostra parte e non è un’opinione, capite bene che 9 punti di penalizzazione, in un campionato duro ed insidioso come la Serie B, con la società in fuga e la squadra lasciata sola, imporrebbero a chiunque 9 domande spontanee di nove richieste di miracolo verso l’ “Inquilino del piano di Sopra”.

5. Un allenatore e 22 calciatori in cerca di gloria

Eugenio Fascetti da Viareggio, è un allenatore che sa il fatto suo. Un toscano di altri tempi. Schietto, diretto. Senza peli sulla lingua insomma. Non per puro caso siede sulla panchina della Lazio all’inizio di quella incredibile stagione di B 86/87. Lui e La Lazio nel loro destino devono necessariamente incontrarsi. Perché così vogliono gli Dei del Pallone. E’ di pochi anni prima infatti, lo scalpo fatto alla Roma “quasi scudettata”, quando ancora sedeva sulla panchina del già retrocesso Lecce, in un Olimpico già pronto alla festa. Premonizione? Può darsi. Quel che è certo è che l’Olimpico Eugenio Fascetti lo calca molte altre volte ancora. Da protagonista. Da allenatore della Lazio. In un’arena perfetta per un comandante e undici giocatori pronti a scendere in campo e a lottare contro la sfida più importante della loro carriera. Intanto a Gubbio c’è un ritiro da mandare avanti. Fascetti è chiaro: i calciatori che non se la sentono, possono tranquillamente lasciare la squadra. Servono unità di intenti e voglia di combattere. Non si può permettere che anche il minimo dubbio si instilli nelle convinzioni del gruppo. Nessuno lascia. La “banda del meno nove” prende forma. Tutti remano nella stessa direzione. Seconda premonizione? Può darsi…

6. Un percorso lungo una stagione

Parafrasando il personaggio autobiografico di Nick Hornby in “Febbre a 90°”, la bellezza di una stagione calcistica sta nel fatto che essa occupa una fetta cospicua dell’anno di un tifoso. Essa vive in simbiosi con lui e lui vive per lei. Precisamente da Settembre a Giugno. Ciclicamente. Ogni anno. Come un film, che i tifosi laziali quell’anno seguono con il cuore in gola dalla prima all’ultima giornata. Iniziato a settembre in maniera sciagurata con la sconfitta in casa contro il Messina, neopromosso e diretto rivale per la salvezza. Una battuta d’arresto brusca, quasi un invito a proseguire le vacanze estive piuttosto che cimentarsi nell’impresa. Che durano ancora poche giornate. Quelle che servono alla squadra per regolare in sequenza Bologna, Campobasso e Bari. Poli, Fiorini, Caso e Gregucci guidano la “Lazio del meno nove” a quota zero. Primo obiettivo raggiunto. Il vero campionato inizia adesso. Alla 19° giornata la squadra biancoceleste si ritrova nella metà sinistra della classifica a 15 punti. Senza la penalizzazione, la promozione disterebbe un solo punto. Pura fantascienza per chi ad inizio stagione doveva solo salvarsi. Succede poi che sul più bello, la macchina perfetta cominci ad incepparsi. Lo sforzo per recuperare l’handicap inizi a farsi sentire. Comincino i pareggi e le sconfitte e la squadra piano piano si ritrovi nuovamente nei bassifondi della classifica. Ad una giornata dalla fine. Dopo la sconfitta rovinosa fuori casa con il Pisa alla penultima. Con il fondo che sembra essere stato definitivamente toccato. Sembra, perché il baratro della C1 è rappresentato dal Vicenza. Il Lanerossi è però un punto sopra in classifica alla squadra biancoceleste. Alla formazione vicentina basterebbe un pareggio per andare agli spareggi e condannare alla retrocessione la Lazio. Alla Lazio no. La vittoria è l’unica via percorribile per il Purgatorio.

7. Un eroe, il Vicenza e 62000 protagonisti paganti

Prendete l’ultima giornata di un campionato di serie B allo stadio Olimpico. Mettete undici giocatori e un attaccante modenese di nome Giuliano e di cognome Fiorini. Aggiungete gli altri undici giocatori della squadra avversaria. Il Vicenza? Si, può andare bene il Vicenza. Il vecchio e glorioso “Lane” si addice a partite di questo tipo. Disegnate poi una cornice di pubblico colorata di bianco e celeste, 62000 persone o poco più chiamate a raccolta per professare la propria fede nel momento più difficile della storia della Lazio. Ad aiutare la squadra ad espiare le sue colpe. Avrete come risultato, un’atmosfera elettrica e carica di tensione. La formazione biancoceleste non può perdere. O tutto o niente. I giocatori lo sanno. Sin dal fischio d’inizio, attaccano il Vicenza con la forza di nervi. Prima Poli, poi Fiorini e Gregucci impegnano ripetutamente l’estremo difensore avversario. La palla però non ne vuol sapere di entrare in rete. Nella ripresa, per ogni minuto che passa, la tensione cresce. A nove minuti dalla fine la rassegnazione sembra impadronirsi dei giocatori laziali e del pubblico. Le lacrime iniziano a solcare i volti dei tifosi assiepati sugli spalti. Ma poi come accade in tutte le storie che sono degne di essere raccontate, gli Dei del Pallone decidono di intervenire e di far pendere la bilancia dalla parte degli uomini di Fascetti. Da un tiro innocuo di Podavini, completamente fuori bersaglio, è Fiorini il più lesto di tutti ad avventarvisi e a scagliare con una puntata il pallone in rete. Uno a zero. La partita si conclude così. La Lazio va agli spareggi. Il gol che vale un’intera stagione è finalmente arrivato. Carico di rabbia, di esaltazioni effimere e di paure quasi materializzatesi. Paure che scompaiono al fischio finale. Fiorini si commuove e scoppia in un pianto a dirotto. Lo fanno anche i tifosi, ma questa volta per la gioia. La salvezza dista ancora 180 minuti. Ma il San Paolo di Napoli per una giornata può aspettare.

8. Uno spareggio: una poltrona per tre squadre

Scampato il pericolo, in quel di Napoli si riversano più di 35000 sostenitori biancocelesti. La squadra, amata e odiata durante il corso della stagione, non può essere lasciata sola. E’ necessario fare l’ultimo sforzo per battere il Campobasso e il Taranto. I due avversari dei play-out. La prima partita si gioca contro il Taranto. Già battuto in campionato e in Coppa Italia. La Lazio domina l’incontro, dimostra di essere in partita. Ma si specchia su se stessa. E’ bella, ma non balla. E accade che la favola di colpo sembri destinata a finire. E’ infatti il Taranto a segnare. Terraneo, dopo due interventi miracolosi, nulla può sulla conclusione ravvicinata di De Vitis. La formazione biancoceleste perde. Lo spettro della C1 si fa sempre più reale. Campobasso permettendo. Arriva così il 5 luglio, giorno in cui la Lazio deve disputare l’ultima partita dei play-out. La vittoria è l’unica via per non sprofondare all’inferno. Il popolo laziale capisce il momento delicato. Si stringe intorno alla squadra, in un gesto d’amore incondizionato. Alle falde del Vesuvio, si assiste ad un nuovo esodo di massa che da Roma porta al San Paolo. Troppa è la voglia di Lazio per rimanere a casa.Il match è di quelli tirati. Giocato colpo su colpo, senza sconti da ambo le parti. Con i minuti che passano inesorabilmente. Ed è il Campobasso, in una delle rare occasioni dell’incontro, ad avere il colpo in canna per decidere l’incontro. Boito però, a tu per tu con il portiere, spara a salve.

Una delle leggi non scritte più famose del calcio recita che a gol sbagliato debba seguire sempre un gol subito. Quasi come se essa faccia parte di un destino ineluttabile. Incontrovertibile. Al quale appartengono il traversone di Piscedda e il gol di Poli. Che decide la partita. Che non ha più nulla da dire, perché la Lazio al triplice fischio è salva. L’epilogo della storia è finalmente giunto. L’incubo si è trasformato in un sogno. Il percorso travagliato, lungo un’intera stagione ha trovato la sua conclusione più dolce, come solo le grandi annate sanno fare.

9. Un lieto fine:

Ci sono annate nella storia del calcio che valgono la pena di essere raccontate. Non perché la posta in palio sono dei trofei, qualche punto o del denaro, ma per il fatto che suscitano nell’animo del tifoso l’emozione e l’orgoglio di essere stato partecipe in maniera determinante di qualcosa di irripetibile. Un sentimento confuso e romantico che determina più di ogni altra cosa la scelta della nostra annata preferita. La cui gioia di una lacrima può valere in molti casi anche più di uno scudetto…

9 1/2. Il lieto fine del lieto fine:

Quella squadra poi la promozione in Serie A la raggiunse. Ad un anno da quella storica impresa. Terza premonizione? Può darsi…

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