giovedì 7 agosto 2014

Nel nome della Vojvodina


 
Il graffiti dedicato a Boskov
Hanno provato in tutti i modi a sradicarne la tradizione, imponendone il cambiamento di denominazione sociale ed addirittura la chiusura forzata, ma a Novi Sad l’identificazione calcistica allo stato puro si è sempre riconosciuta nella Vojvodina. Club che ha dovuto lottare per la sua sopravvivenza contro più di un regime e i suoi soprusi. I biancorossi di Novi Sad nacquero precisamente il 6 marzo del 1914 per iniziativa di un gruppo di studenti serbi ortodossi a Sava Sijakov, raccogliendo i vari strati sociali della città. Una fondazione nata, tuttavia, in gran segreto. In un primo momento furono gli austro-ungarici a vietarne il gioco del calcio. Del resto, vojvodina vuol dire qualcosa di politicamente e storicamente ambizioso in questa regione balcanica (in pratica leader della guerra) e l’Impero di stanza a Vienna era solito non tollerare un certo tipo di associazionismo giudicato pericoloso per l’amministrazione centrale. La Vojvodina fu il primo club dell’area balcanica ad essere chiuso per motivi politici. Dopo il primo conflitto bellico, le sorti dei biancorossi di Novi Sad furono risollevate dagli stessi studenti di stanza a Praga, che si erano affezionati alle sorti dello Slavia Praga, da cui ne mutuarono i colori della divisa sociale. Ma una nuova sciagura si sarebbe abbattuta sulla cronistoria agonistica e sociale del club, in quanto nel 1942 la città di Novi Sad subì il massacro più pesante della sua storia. I nazisti, infatti, trucidarono ben 4.000 civili, senza distinzione di etnia e fede religiosa. Anche molti giocatori e dirigenti del club rimasero giustiziati dai tedeschi. Nel ’44 la Vojvodina riprese la sua vita agonistica, ma nel luglio del ’46 un nuovo attentato fu escogitato alla sua gloriosa storia. Infatti, in questo caso le autorità questa volta comuniste ne imposero la denominazione di Sloga, dopo la fusione con le locali Slavija e Radnicki. Ma la tifoseria biancorossa non accettò mai questa denominazione e continuò a chiamare il suo club con il suo vero nome. Nel 1950, dopo enormi pressioni proprio da parte dei tifosi, la denominazione sociale del club tornò ad essere quella originaria: Vojvodina e basta, per sempre. Nel ’66, ad ogni modo, la squadra di Novi Sad riuscì finalmente a vincere qualcosa di importante, aggiudicandosi il campionato jugoslavo, guidato in panchina da Branko Stankovic e da Vujadin Boskov nelle vesti di Direttore Tecnico. Uomo sapiente di calcio che mise in pratica le sue proficue esperienza maturate in Italia da giocatore. Boskov rivoluzionò la mentalità del club e della squadra, regalandogli un pizzico di modernità. L’affermazione nel campionato nazionale gli valse anche l’iscrizione alla successiva Coppa dei Campioni, che la Vojvodina giocò egregiamente. Gli slavi eliminarono l’Admira Wacker di Vienna e poi incapparono nell’ostico Atletico Madrid di Luìs Aragonès. Dopo una vittoria a testa, da regolamento si doveva disputare la bella in campo neutro, ma la dirigenza della Vojvodina accettò invece l’offerta economica degli spagnoli di giocare nuovamente in casa dell’Atletico. Circa 70.000 dollari servirono per convincere i serbi ad accettare, che tuttavia ebbero anche la forza di imporsi nuovamente per 3-2, grazie alle prodezze di Sylvester Takac. Attaccante poi ceduto al Rennes, in quanto i soldi ricavati sarebbero serviti per costruire l’impianto di illuminazione dello stadio. Nel turno successivo con molta fatica fu il Celtic Glasgow ad eliminare la Vojvodina dalla grande Coppa, ma gli scozzesi, che poi avrebbero vinto quel prestigioso trofeo, dichiararono che quella jugoslava era stata la squadra che li aveva procurato maggiori difficoltà. L’undici di Novi Sad si laureò nuovamente campione di Jugoslavia nell’89, mentre aveva vinto anche la Mitropa Cup nel ’77 e l’Intertoto nel ’78.


HUK, la fanzine della Vojvodina
 La tifoseria stessa della Vojvodina non potrebbe non identificarsi con il grande blasone ed il retaggio storico della loro squadra del cuore. Del resto, la tifoseria organizzata locale vanta radici storiche importanti. Nel 1931 oltre 150 supporters a bordo di 6 pullman seguirono la squadra in trasferta sul campo del Macva Sabac e non fu l’unica delle partite fuori casa seguita da un buon numero di tifosi. Nel dicembre del ’39, invece, fu costituita la prima vera e propria associazione di tifosi della squadra, che avrebbero coordinato le trasferte e tutte le attività della tifoseria. Gli venti della Seconda Guerra Mondiale ne distolsero, però, i buoni propositi e la grande tradizione che si era creata la tifoseria. Novi Sad addirittura fu annessa all’Ungheria e molti tifosi, attivista contro le forze dell’Asse ed antifascisti, furono trucidati nel tristemente massacro cittadino del 1942. Ma la tradizione da trasferta del club fu ben presto ripristinata. In 4.000 seguirono la Vojvodina sul campo della Dinamo Zagabria nel 1966, nella partita che poi avrebbe assegnato il primo storico titolo al club. Nel 1974, invece, apparse il primo striscione allo stadio Karadore, Supporters from Salajka, dal nome di un quartiere di Novi Sad. A questo ne fecero seguito numerosi altri fino alla creazione ufficiale nel 1989 della Red Firm, in versione anglosassone, che più tardi sarebbe diventata Firma, per spirito cittadino ed attaccamento alla tradizione. Anche se la vera trasformazione del gruppo portante della tifoseria avvenne per l’abbattersi inevitabile della crisi economica in seguito alla guerra che coinvolse il paese tra il 1992 ed il 1995. Per la Red Firm divenne impossibile viaggiare al seguito del proprio club ed esistere. Di conseguenza, dopo un periodo di inattività, buona parte degli ultras diedero vita alla Firma, affiancata successivamente dalla Stara Garda, cioè la vecchia guardia. La Firma è, comunque, rimasta intensamente legata alle sorti del club, vedendo in ascesa il numero dei suoi seguaci, dopo un periodo non proprio brillante. E nel 2010 e nel 2011 in 7.000 hanno seguito la squadra fino a Belgrado per la finale di Coppa di Serbia, sfidando Stella Rossa e Partizan, rivali storiche in ogni epoca del campionato. La stessa Firma nella Europa League del 2011/2012 fu vittima di una svista clamorosa da parte degli organi disciplinari della UEFA. Infatti, gli ultras della Vojvodina aveva seguito la loro squadra in trasferta in Liechtenstain per sfidare il Vaduz FC. Alcuni cori di presunto stampo fascista furono male interpretati dai commissari presenti al campo. Gli sparuti cori che inneggiavano Benito Mussolini, infatti, provenivano da un settore non occupato dalla Firma, mentre ad uno striscione da loro esposto fu data un’interpretazione arbitraria. L’RFNS esposto nel piccolo impianto di Vaduz, infatti, non era che l’acronimo di Red Firm Novi Sad, combinazione di parole non impossibile da decifrare, mentre quelli dell’UEFA volutamente la identificarono con un minaccioso: Razzismo Fascismo Nazi Socialista. Un acronimo inventato che assolutamente non apparteneva alla tradizione della tifoseria di Novi Sad. La stessa si scagionò di tali infamanti accuse, facendo presente che quello non era senza dubbio il loro orientamento politico. Del resto, come la storia purtroppo insegna, Novi Sad fu martoriata dal nazifascismo nel 1942 con una delle più grandi stragi di civili che la storia stessa ricordi. Ma anche questo non sarebbe bastato, alla Vojvodina fu comunque comminata un’inutile quanto ingiusta ammenda pecuniaria di 25.000 euro. Anzi la tifoseria della Vojvodina è storicamente anti-fascista, proprio per questo motivo e lo spirito fortemente dell’estrema destra che soffia in molti stadi della Serbia da questa parte non ha attecchito. Del resto la tifoseria della Vojvodina si affida soprattutto all’orgoglio della popolazione locale. Questo club rappresenta qualcosa di fondamentale per la città, raccogliendone la provenienza dagli strati sociali più diversi tra di loro. Inoltre sia la Firma che la Stara Garda si sono adoperate per ripristinare l’antico nome del loro glorioso stadio cittadino, sorto come Karadore, in onore del primo leader serbo che lottò contro l’occupazione ottomana. Una denominazione ripudiata dall’occupazione nazista, ma anche da quella successiva del regime comunista, che optò per un più salomonico City Stadium. Il nome ne richiamava troppo lo spirito monarchico. Proprio grazie ad i suoi tifosi il Karadore è tornato, però, ad esistere. I migliori amici di quella della Vojvodina continuano ad essere i bosniaci del Borac Banja Luka, che un tempo giocavano lo stesso campionato. L’amicizia sbocciò nel 1989/90 con incontri di calcio organizzati dalle opposte tifoserie. Poi la guerra ne stemperò le buone intenzioni, anche se le nuove generazioni continuano a rispettarne l’amicizia. Alcuni graffiti in città ne celebravano il legame e la Vojvodina, al termine del conflitto, fu la prima squadra ad andare a giocare in amichevole sul terreno del Borac.

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