martedì 7 gennaio 2020

Cruyff y Caszely, storia di un'amicizia

di Vincenzo Paliotto
 Provenivano da strade e percorsi diversi. Cruyff approdò nel campionato spagnolo in quanto all’Ajax una votazione della squadra lo aveva privato della fascia di capitano e quindi decise con l’aiuto del suocero Cor Coster, commerciante di diamanti e di calciatori, di trovare un ingaggio lauto a Barcellona, anche se il suo club era a sua volta in trattativa con il Real Madrid. In realtà mezza Europa avrebbe sostenuto qualsiasi sacrifico economico per avere alle proprie dipendenze uno come Cruyff. Caszely, invece, approdò in Spagna, in un primo momento al Levante, da tanti considerata più o meno la seconda squadra di Valencia, e poi a Barcellona sulla sponda dell’Espanol, come una scommessa o quasi da vincere. Le doti tecniche e realizzative del cileno erano note, ma tutte ancora da verificare nel calcio europeo. Nella sua militanza a Barcellona, oltretutto, Cruyff non era un calciatore con passaporto straniero come tanti altri. Non era un mercenario affidato al soldo di uno dei club più ricchi e vincenti del mondo e basta. La sua integrazione con il catalanismo fu reale e non soltanto di facciata, così come di conseguenza la sua ostilità nei confronti del franchismo, che in particolare aveva martoriato il popolo barcellonese, che era diventato ad un certo punto della sua vita anche il suo popolo. Il loro divenne un rapporto di amicizia vero, anche se i due calciatori non avevano mai avuto contatti in precedenza. Ma le prestazioni calcistiche e non solo di entrambi creavano fascino vicendevolmente. Dopo le sfortune in classifica con il piccolo Levante, Caszely approdò al ben più ambizioso Espanol, la squadra non minore, ma come dire meno vincente di Barcellona, ma comunque con un seguito importante di aficionados. Fu nella capitale catalana che Caszely e Cruyff strinsero un rapporto di amicizia significativo, appassionandosi l’uno all’altro del reciproco senso di rivoluzione. Disse Caszely: “Ogni tanto abbiamo giocato a tennis insieme ed una volta è venuto anche a trovarmi a casa. Bevemmo del caffè e chiacchierammo e mi ricordo che fumò quasi un intero pacchetto di sigarette Chesterfield. Ma la sua compagnia era bella e sapeva essere un amico”. Lo stesso quotidiano El Mundo Deportivo una domenica mattina di maggio, era precisamente il 14 maggio del 1978, dedicò una pagina alla visita di Caszely a Cruyff durante un allenamento del Barcellona, che si preparava per una tournèe negli Stati Uniti. Caszely visitò a Cruyff al campo di allenamento. Ma probabilmente dopo quella visita i due dovettero, per colpe non loro, perdersi un po’ di vista. In realtà Cruyff caldeggiò ai suoi vertici societari del Barca l’acquisto proprio di Caszely, che sarebbe stato un colpo vincente nell’attacco dei barcellonesi. Meler, che era il Presidente dell’Espanol, per una questione di orgoglio si oppose e dichiarò quasi pubblicamente che il cartellino di Caszely non lo avrebbe ceduto per nessuna cifra, neanche di quelle astronomiche che sapeva scucire il Barcellona. Insomma Caszely non era in vendita, soprattutto se a comprarlo era il Barcellona. Cruyff lo aveva visto giocare e condivideva una stima per lui insieme al tecnico del Barca Rinus Michels. Sarebbe stato un calciatore ideale per quel Barcellona già forte ed ambizioso, in un mosaico tecnico in cui i sudamericani spesso si esaltavano. Un calciatore estroso come terminale delle offensive dei blaugrana. Quel sogno quasi proibito di vederli giocare insieme così svanì, anche se a questa eventualità ci fu e c’era stata una eccezione e pure importante.
 Il 9 giugno del 1976, nel suo Camp Nou, Cruyff decise di scendere in campo, coinvolgendo anche il suo connazionale Johan Neeskens ed appena il suo amico Carlos Caszely, con addosso la maglia catalana in un inedito Selecciòn Catalunya-URSS. Una partita che poteva finalmente giocarsi, dopo la morte di Francisco Franco, che aveva opportunamente messo al bando quella selezione catalana. Un combinado (come amano dire gli spagnoli ed i sudamericani) di calciatori in prevalenza di Barca ed Espanyol formarono quella squadra, che scese in campo con: Mora; Ramos, Costas, Verdugo; Ortiz Aquino, Neeskens; Rexach, Solsona, Cruyff, Marcial e Caszely. Nella seconda frazione di gioco poi Fernández Amado entrò in luogo di Marcial al 70’ e quindi Cuesta proprio al posto di Cruyff. Finì 1-1 e segnò Neeskens per i catalani e giocò anche Carlos Caszely, in forza all’Espanyol, in quello che diventò un vero inno al comunismo e all’anti-franchismo in generale. Caszely, infatti, come sapevano tutti in Spagna era emigrato calcisticamente dal Cile in Spagna proprio per sfuggire in qualche modo alla caccia di Augusto Pinochet, dittatore militare e fascista. Ma il catalanismo di Cruyff era iniziato già da prima e, alla morte desiderata di Francisco Franco, Cruyff aveva indossato come fascia di capitano del Barcellona la senyera, simbolo del catalanismo, in una gara interna di campionato contro l’Athletic Bilbao il 1° marzo del 1976. Oltretutto lo stesso Cruyff battezzò suo figlio, nato proprio a Barcellona, con il nome di Jordi, che la legge spagnola proibiva al tempo, in quanto il figlio del campione olandese si sarebbe dovuto chiamare Jorge Cruyff e non con il catalanizzato Jordi, non consentito dalla legge franchista. Ma il N. 14 più famoso ed ambito del mondo lo fece proprio per dare un senso di libertà e di vicinanza all’identità catalana. Il giornalista del New York Times, presente alla memorabile manita del Barca in casa del Real Madrid nel ’74, disse che aveva fatto più Cruyff per il catalanismo in un solo pomeriggio di calcio che tanti uomini della politica in tanti loro discorsi ed azioni. Il sogno di vedere giocare Cruyff e Caszely insieme durò lo spazio limitato di quella partita. Un’esibizione importante per la Catalogna ed i suoi stessi protagonisti. Poi scelsero entrambi strade calcistiche diverse, ma in fondo dalle idee comuni: Cruyff continuò a peregrinare tra gli Stati Uniti e poi il suo ritorno in Olanda tra l’Ajax ed addirittura il Feyenoord, mentre lo stesso Caszely sarebbe poi ritornato in Cile. Anche se Caszely colse l’immensa soddisfazione di battere proprio il Barca in un sentitissimo derbi barcelones sul terreno di casa. Era la temporada del 1975/76 ed il cileno due volte infilò la porta del Barca. Un pesante 3-0 rimasto nella storia, propiziato da un gol di testa del non altissimo Carlos, che poi rifinì la sua giornata con un gol dei suoi nel finale di partita. Ma anche questa è un’altra storia. Caszely approdò all’Espanyol, che lo pagò e che gli permetteva di evitare di tornare anzitempo nel suo paese e soprattutto sotto le grinfie di un Augusto Pinochet che lo aspettava al varco. Fu costretto per diverse settimane a rimanere fuori del rettangolo di gioco per problemi di tesseramento. Poi, una volta sceso in campo, non si fermò più ed i suoi gol diventarono una costante nella Liga spagnola del tempo. Su strade diverse Cruyff e Caszely perseguirono le loro idee, presentandosi entrambi come dei rivoluzionari affascinanti ed indiscutibili. Non si sarebbero incontrati nuovamente, ma il desiderio di giocare nella stessa squadra era rimasto incompiuto, ma allo stesso tempo era rimasto molto alto.


2 commenti:

  1. Cruyff era veramente forte, secondo me, da inserire dopo Pele', Maradona e Messi!!

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    1. Senza dubbio tra i più grandi in assoluto. Dopo l'estro sudamericano, il miglior europeo di sempre

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