venerdì 16 maggio 2014

Copa Libertadores 2014: la voglia matta del San Lorenzo de Almagro

Non ce ne voglia Papa Francesco, di cui peraltroè un gran tifoso, ma il San Lorenzo de Almagro è famoso ed amato quasi fin dalla sua fondazione. Non a caso figura tra le maggiori 5 d'Argentina. I rossoblu approdano alle semifinali della Copa Libertadores in compagnia di Bolivar, Defensor Sporting e Nacional Asunciòn. Dalle pagine di Clàsicos un profilo del San Lorenzo, passando attraverso il suo derby storico contro l'Huracan.
 

Il clàsico tra l’Huracan ed il San Lorenzo de Almagro non ha un appellativo vero e proprio. Ma la sua rivalità risulta tra le più accese del calcio argentino e la stessa acredine che intercorre tra le due compagini è riconducibile al fatto che le due squadre, con i rispettivi stadi, sono sorte a poca distanza gli uni dagli altri. Poi le successive evoluzioni societarie non ne hanno sminuito il grande significato che trasmette a livello storico e sociale. L’Huracan fu fondato nel 1908 nel barrio di Nueva Pompeya e poco più tardi traslocò a Parque Patricios, nel mitico el Palacio. Il San Lorenzo, invece, nacque nello stesso anno nel quartiere di Almagro ed il suo primo storico stadio (el Gasometro) sorgeva a Boedo, centro di raccolta della tifoseria rossoblu. I biancorossi dell’Huracan hanno vinto 5 volte il campionato argentino, ma soltanto uno nell’Epoca Profesional, il Metropolitano del 1973. Il San Lorenzo invece si è laureato campione nazionale 3 volte in Epoca Amateur ed in 10 occasioni in Epoca Profesional, ma ha vinto anche la Copa Mercosur nel 2001 e la Copa Sudamericana nel 2002, espugnando in finale il terreno dell’Atletico Nacional de Medellìn con un eloquente 4-0. Ha vinto anche tre volte la Copa Dr. Aldao nel 1923, ’26 e ’46, che la eleggeva a campione rioplatense tra l’Argentina e l’Uruguay. Il San Lorenzo nacque nel quartiere di Almagro il 1° aprile del 1908. Ne favorì il consolidamento il prete Lorenzo Massa, che offrì ospitalità nella sua parrocchia ai giovani che giocavano per strada nel quartiere. Un giorno un giovane calciatore si ferì gravemente scontrandosi con un tram mentre rincorreva un pallone lungo la strada e di lì quindi subentrò l’ esigenza di giocare in un posto più sicuro. Dall’abito ovviamente scuro di quel prete ne nacque anche il soprannome di los cuervos, nel senso di male augurio. Tra i pochi successi dell’Huracan viceversa quello centrato nel Metropolitano del 1973 rimane tra quelli più spettacolari nella storia del calcio argentino. Un giovanissimo Julio Cesar Menotti fu chiamato alla guida di una squadra offensiva, capace di galvanizzarsi nelle giocate di Houseman, Larrosa, Brindisi e Babington, ma anche di arroccarsi intorno a Basile e all’uruguagio Chabay. Tuttavia, uno dei maggiori trascinatori del Globito (dal logo societario simile ad un globo) si riconosceva nel carismatico Jorge Carrascosa, che lo stesso Menotti ne fece uno dei capisaldi della sua Selecciòn argentina. Ma Carrascosa era uno a cui soprattutto non piaceva scendere a compromessi e a collusioni con il potere. Un anno prima del Mundial del ’78 in Argentina, organizzato da Havelange con il supporto del dittatore Videla e del faccendiere Kissinger, Carrascosa infatti rinunciò alla maglia della Nazionale, dicendo addio anche ai sogni di gloria iridati e personali, pur di non essere complice del regime. Maggior fortuna con la rappresentativa nazionale, ma in un’altra epoca, guadagnò invece Norberto Tucho Mendez, che con 17 reti, insieme al brasiliano Zizinho, sarebbe diventato il calciatore che ha segnato più gol in assoluto in Copa America o come Herminio Masantonio, che tra gli Anni Trenta e Quaranta siglò con i biancorossi ben 254 gol insieme ad Emilio Baldonedo. L’Huracan comunque vinse quel titolo il 16 settembre del ’73. Fu sconfitto per 2-1 in casa dal Gimnasia, ma la contemporanea battuta d’arresto del Boca sul campo del Velez gli regalò il titolo di campione. Una squadra che rappresentò un’icona per il calcio nazionale, soprattutto per il fatto che la maggior parte dei suoi interpreti apparteneva al barrio d’origine dello stesso club.

 Ad ogni modo, il San Lorenzo ha un fascino particolare ed è considerato da sempre tra le cinque grandi del calcio argentino, con un elevato numero di sostenitori. Anche i suoi tifosi sono ben noti in tutto il Sudamerica forse più che per i titoli sportivi della loro squadra per il loro attaccamento alla maglia. Nel 1946 la tifoseria di Almagro invase il terreno di gioco dopo che la loro squadra aveva vinto il campionato. Fatto assolutamente inconsueto per l’epoca. Nel 1959 per la prima volta una tifoseria argentina si stabilizzò nel settore di curva per fare il tifo, riconoscendo il loro luogo d’incontro da dove poter vedere la partita. Nel 1968, invece, 500 sostenitori rossoblu capovolsero l’auto del loro Presidente che voleva cedere il famoso bomber el Lobo Fischer al River Plate. Nel 1982 in 75.000 presenziarono alla partita che riportò il San Lorenzo in massima divisione, stabilendo un nuovo record per il calcio nazionale in cadetteria. Nel 1988 comparve la prima bandiera de La Gloriosa Butteler, il maggior gruppo del tifosi organizzato dei corvi, che prende il nome da una famosa plaza in cui si riunisce la tifoseria rossoblu. Nel 1995 in 30.000 si recarono in trasferta a Rosario. Il 19 novembre del 2006 invece impedirono lo svolgimento della partita a porte chiuse tra il San Lorenzo de Almagro ed il Racing Avellaneda. “Senza tifosi non si gioca”, era non solo quel giorno il loro grido di battaglia.

 Ad ogni modo, San Lorenzo ed Huracan hanno giocato il clàsico 162 volte con 79 successi per il San Lorenzo e 41 per i queremos (immondizia), che presero questo soprannome in quanto il loro stadio sorgeva non lontano da una discarica per i rifiuti. Il primo derby si disputò il 14 ottobre del 1915 e se lo aggiudicò per 3-1 il San Lorenzo, nonostante il vantaggio iniziale dell’Huracan. Il maggior goleador della sfida è Josè El Nene Sanfilippo dei rossoblu con 16 reti. Nonostante l’enorme rivalità tra le due parti, ben 35 calciatori hanno vestito le maglie dei due club. Alcuni di questi hanno nomi anche di spessore per il calcio argentino, come Sunè, Larrosa, Veira, Marangoni, Oscar Alberto Ortiz, Oscar Rossi, Carrizo, Rendo, Carlos Moreno e Ruben Romano. Un giocatore, comunque, è rimasto nel cuore di tanti tifosi e soprattutto di quelli del San Lorenzo. Si chiamava Jacobo Urso ed era un autentico idolo della tifoseria rossoblu. Un giorno, il 30 luglio del 1922, in una partita contro l’Estudiantes si scontrò con due giocatori avversari per contendersi un pallone, riportandone la rottura di una costola. Non volle uscire dal campo, però, Urso per non lasciare i suoi compagni in inferiorità numerica in quel delicato match. Riportò gravi danni ad un rene, fu operato due volte in un giorno, ma morì il successivo 6 agosto.

 Tuttavia, La Gloriosa Butteler, nata più o meno nel 1979, si rende parte attiva della storia del proprio club e con una serie di attività contribuisce al recupero anche di una parte del terreno dove sorgeva il vecchio Gasometro, il primo stadio del club. Le loro iniziative mettono pressione alle istituzioni di Buenos Aires. La costruzione del Gasometro cominciò nel 1916 e fu ultimata nel 1930 e rappresentava una vera e propria istituzione per i tifosi del San Lorenzo. Sorgeva in Avenida La Plata e la sua capienza raggiungeva addirittura i 75.000 spettatori. Nel 1979, però, lo stadio fu chiuso, in quanto il Sindaco, appartenente al sistema dittatoriale, Osvaldo Cacciatore progettò un piano urbanistico, che prevedeva che in quel punto dovesse sorgere una rete autostradale, mai più realizzata. Il terreno fu confiscato per 900.000 dollari, grazie alla complicità del Sindaco e di un colonnello dirigente del club, e fu rivenduto per 8 milioni di dollari. Fu una delle decisioni (tra le tante) tristi e strazianti prese dal Generale Videla alla guida della sua sanguinosa dittatura. Lo stesso Osvaldo Soriano, immenso scrittore argentino e non a caso inviso alla dittatura di Videla e grandissimo tifoso del San Lorenzo, descrisse il suo vecchio Gasometro e le sue enormi emozioni in un racconto di inarrivabile contenuto letterario, Gol di Sanfilippo. Attualmente dove c’era lo stadio del San Lorenzo c’è un supermercato del Carrefour, odiato da tutti gli abitanti di Boedo. Nel 1993, invece, il San Lorenzo ha finito di costruire il Nuevo Gasometro nella zona del Bajo Flores, adiacente praticamente ad uno dei sobborghi con maggior tasso di malavita. La sfida tra Huracan e San Lorenzo quasi sempre si gioca senza esclusione di colpi sia sul rettangolo di gioco che fuori. Negli Anni Novanta questo clàsico cominciò a conoscere la sua spirale di violenza maggiore. Fu proprio in quegli anni, infatti, che si registrò la morte di Ulises Fernandez, tifoso dell’Huracan, all’esterno del Nuevo Gasometro. Nel 2002, invece, quelli dell’Huracan cercarono una vendetta per loro adeguato e si inoltrarono all’interno della Ciudad Deportiva de San Lorenzo, rubando una bandiera gigante appartenente ai rossoblu. Quelli del gruppo La Josè C. Paz (dal nome del parco in cui si radunano), la barra brava più violenta al seguito della squadra, in tal proposito poi esposto uno striscione dai contenuti nefasti: “El telòn por Ulises”, che esprimeva appunto un chiaro segnale di vendetta per la morte del loro compagno di qualche anno prima. Nel 2008 un altro morto entrò nella storia tragica di questo derby. Infatti, i tifosi dell’Huracan, che stavano festeggiando il centenario della loro squadra, decisero di andare a render visita ai cugini del San Lorenzo nell’intento di vendicare qualche vecchio affronto. Nello scontro feroce tra le tifoserie morì però questa volta Silvera, conosciuto con il soprannome di Cafù. Questo ulteriore e tragico episodio di violenza ha costretto le autorità a far giocare questa partita con un numero limitato di spettatori, con il contorno di tante forze dell’ordine e con restrizioni nei confronti delle tifoserie di ogni genere.

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