venerdì 3 maggio 2013

Il campionato più bello del mondo: I giorni di Catanzaro ed Avellino


 Ci fu un periodo, più precisamente a cavallo degli Anni Settanta ed Ottanta, che le provinciali nobilitavano il campionato italiano ed anzi lo rendevano più imprevedibile e più vicino ai tifosi di tante realtà della nostra penisola, abituate a vedere e ad ammirare i grandi campioni soltanto nelle immagini della tv, peraltro in bianco e nero. Il boom economico italiano, o presunto tale, portò il grande calcio anche nelle province più remote, in cui il football fino a quel momento aveva avuto una storia marginale e soprattutto di ambito locale. Tuttavia, anche se come si lamentava qualche giornalista o addetto ai lavori che queste città non avevano l’aereoporto e vie di comunicazione alquanto precarie, scoprirono ad ogni modo la grande piazza delle fortune calcistiche. 

 In particolar modo l’Avellino ed il Catanzaro registrarono permanenze alquanto lunghe nel massimo campionato ed anche dignitose. Entrambe addirittura sfiorarono la qualificazione ad una manifestazione europea e tutti e due i club si specializzarono nel mettere in rampa di lancio calciatori che avrebbero fatto la loro parte nel calcio italiano. L’Avellino giocò 10 anni consecutivi in Serie A, grazie alla legge del Partenio (era difficile per chiunque vincere in Irpinia), mentre il Catanzaro nel 1965 perse immeritatamente la finale di Coppa Italia contro la Fiorentina.

 Tra corsi e ricorsi storici proprio al Ceravolo domenica prossima l’Avellino potrebbe guadagnare i punti necessari alla promozione in Serie B, per un ritorno in auge importante, ma il 2 gennaio del 1983 le due squadre si affrontarono per l’ultima volta in Serie A, in una calda sfida del calcio meridionale. Beniamino Vignola, centrocampista dal tiro dinamitardo, dopo due minuti portò in vantaggio i lupi, mentre nella ripresa il rumeno Viorel Nastase, attaccante con una lunga militanza nella Steaua Bucarest e qualche gol nel Monaco 1860, impattò nella ripresa. In realtà fu quello uno dei rari acuti di Nastase nel campionato italiano. A Catanzaro lo ricordano soprattutto perché i dirigenti calabresi erano molto impegnati ad andarlo a recuperare nelle discoteche della zona. Le società italiane si prodigarono in una esterofilia non sempre ricca di buoni propositi. Sbarcarono grandi campioni, ma anche dei bidoni epocali e fra queste c’era anche Nastase.

 Andò un po’ meglio all’Avellino, che si disperò con il danese Soren Skov, ma potè beneficiare di Geronimo Barbadillo, peruviano prelevato dal Tigres Monterrey in Messico, dove dopo la sua partenza avrebbero ritirato per sempre la maglia n. 7, la sua maglia. Barbadillo si trovò bene in Italia e non se ne andò più, neanche dopo aver appeso le scarpette al chiodo. Sibilia, il Presidente avellinese, li sapeva scegliere gli stranieri, ma soprattutto sapeva scegliere i calciatori italiani. Non a caso lo stesso Vignola, poi Tacconi, Favero, Limido approdarono alla Juventus e non da semplici comprimari.  

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