mercoledì 5 dicembre 2012

La storia del tifo in Italia- Gli ultras e il calcio


I Boys San dell'Inter
di Vincenzo Paliotto (tratto da Fan's Magazine n. 269)

 La nascita dei gruppi ultras trasformò gradualmente l’atmosfera negli stadi italiani. Il tifo organizzato divenne una componente sempre più importante ed influente del calcio del nostro paese, come in tutte le altre nazioni europee del resto. I gruppi ultras sorsero praticamente al seguito di tutte le maggiori realtà calcistiche italiane, soprattutto nelle divisioni più importanti, ma anche nel calcio cosiddetto impropriamente minore i club erano seguiti dai loro ultras. Tuttavia, le trasferte al seguito delle nostre squadre anche in gare di campionato crescevano enormemente, anche perché venivano facilitate dai mezzi di trasporto e dagli stessi autobus organizzati dalla tifoserie. Nel ’75 i napoletani seguirono la loro squadra all’Olimpico contro la Lazio in quasi 30.000 tifosi in una gara valevole quasi per lo Scudetto comunque, ma le trasferte di massa erano diventate ormai una nota di colore. Senza tessere e senza restrizioni particolari. Nelle aree metropolitane e ad alto tasso industriale (Milano, Torino e Genova) le formazioni ultras videro la luce in anticipo, ma ben presto furono seguite da altre piazze calcisticamente e non importanti (Napoli, Roma, Verona, Vicneza, Bologna, Firenze).

 Il calcio e la politica. Il fenomeno ultras degli albori lo potremmo definire per certi versi genuino. Si sceglievano principalmente nomi di matrice britannica (del resto tutti si ispiravano inevitabilmente agli inglesi nell’ambito del tifo) ed oltre agli striscioni esposti allo stadio si stampavano le prime sciarpe, i foulard ed i cappellini. Identificarsi con i colori sociali della squadra del cuore diventava ormai abitudine quotidiana del tifoso e non solo all’interno degli stadi. Tuttavia, accanto al fenomeno sociale degli ultras entrò negli stadi anche la politica, nel pieno degli anni di piombo e dei risvolti sociali tra gli Anni Sessanta e Settanta. I simboli che accompagnavano l’estremo sinistra entrarono anche nelle curve spesso  volentieri in contrapposizione con quelli dell’estrema destra. Ad esempio il gruppo portante interista, quello dei Boys San (nati nel 1969), non a caso fu fondato dal missino Servello, così come la tifoseria nerazzurra si riconosceva spesso nelle fazioni della destra. Mentre i rossoneri del Milan si etichettavano sempre più spesso come la squadra del popolo, i casciavit, come si diceva al tempo. E non a caso le Brigate Rossonere (nate nel ’75)richiamavano all’attenzione della gente sigle politiche con ben altre intenzioni e spessore. Ad ogni modo, non sempre la corrente politica dei tifosi si rispecchiava in quella che al momento andava di moda in quella tifoseria e non poche furono le curve che si spaccarono per motivi e dissesti politici. Ad ogni modo, nelle curve facevano il loro ingresso anche altri tipi di simboli, come quello della marijuana ed altri tipi di droghe, che ormai facevano capolino nella società italiana. Le droghe erano presenti nel nostro tessuto sociale già da diverso tempo, ma la cultura delle curve le sdoganava e le rendeva argomenti meno tabù rispetto al solito.

Gli ultras e le rivalità. Con il fenomeno ultras si accentuavano comunque le rivalità tra le squadre. Gli antagonismi ancestrali che esistevano nei derby di provincia subirono delle ulteriori impennate, in quanto gli ultras imponevano negli stadi e nelle curve i loro codici e le loro regole d’ingaggio. I derby locali venivano spesso caratterizzati da incidenti e contatti tra il pubblico, che esistevano già ma venivano in qualche modo amplificati e descritti con cronache più ampie ed incisive dai mass media. Ma oltretutto le curve cominciavano a comunicare attraverso gli striscioni di sfottò e qualche volta anche in termini più offensivi ed attraverso le coreografie che si facevano di campionato in campionato più ricche ed imponenti. Per la partita di cartello la coreografia diventava un classico ed il pezzo forte dello stesso match di campionato.

Delitto allo stadio. L’uccisione di Vincenzo Paparelli. Un episodio di estrema gravità si registrò poi il 28 ottobre del 1979 in occasione del Derby Capitolino Roma-Lazio all’Olimpico. Il tifoso laziale Vincenzo Paparelli fu infatti ucciso prima dell’inizio della gara da un razzo di segnalazione lanciato dalla curva sud romanista. Paparelli, 33 anni, muore sotto gli occhi della moglie Vanda Del Pinto, che era andata con lui allo stadio, mentre sta mangiando un panino prima dell’inizio della gara. La Curva Nord laziale entra in subbuglio. I tifosi chiedono a capitan Wilson di non giocare, ma per motivi di ordine pubblico la partita si gioca lo stesso in un clima surreale. The show must gon on, direbbe qualcuno. In Curva Nord scoppiano disordini, poi dopo 14 mesi si costituirà il giovane diciottenne Giovanni Fiorillo, pittore edile disoccupato. Verrà condannato per omicidio preterintenzionale. Una pagina molto nera per il calcio ed il tifo.

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