martedì 8 maggio 2012

Diego nostro che sei ovunque


Con grande ammirazione per l’autore, Federico Greco di calcioromantico.wordpress.com, voglio pubblicare questo articolo su Diego Armando Maradona, il più grande calciatore di sempre. Ringrazio mio padre che quando ero piccolo mi portò al San Paolo a vedere Dieguito dal vivo, gliene sarò grato per sempre.

¿ Sabes que jugador sería yo si no hubiese tomado cocaina ?
D.A.M.

Devo preparare il compito per la prima, apro il libro di Fisica per cercare ispirazione e l’occhio mi casca su un rettangolo verde disegnato a pagina 108. Passo così tanto tempo appresso a ‘sto blog che vedo campi da calcio ovunque. E invece no, non mi sono sbagliato. Leggo. È addirittura un esercizio. Chiede di calcolare quanta strada ha fatto Maradona palla al piede prima di segnare il 2-0 all’Inghilterra ai mondiali del 1986, quello che per la FIFA è semplicemente il gol del secolo.


Certo nel testo ci sono delle imprecisioni,[1] ma ritrovare Diego in un libro di scuola mi fa tornare in mente quello che mi disse un mio amico il giorno stesso in cui si dottorò in matematica: ”Ci pensi? Noi siamo quelli che hanno visto giocare Maradona!
E poco dopo concluse la presentazione della sua tesi alla commissione giudicante proiettando il gol del secolo.

È vero. Noi abbiamo visto giocare Maradona in campo e fuori, con la palla e con la coca, con gli avversari e contro se stesso. Ora lo ritroviamo ovunque, nei film e sui libri, nelle canzoni e nei nostri ricordi, nitidi e confusi allo stesso tempo. Simbolo? Rivoluzionario? Martire? Cattivo maestro? Boh!

Qualcuno in Argentina ha direttamente santificato lui e la sua eterna gambeta endiablada e lo venera col nome di D10s. Un po’ per non farsi domande o darsi risposte su di lui, un po’ perché quel gol a los ingleses, anzi quei due gol in pochi minuti, significarono beffa, irrisione, rivincita nei confronti di chi aveva invaso le Malvinas e chiamate Falkland spargendo tanto sangue.[2]

Chi, invece, alle domande di prima ha provato a rispondere è stato Emir Kusturica. Due anni di riprese per Maradona by Kusturica nel tentativo di raccontare a pieno quel personaggio così complesso, dal suo sconfinato genio calcistico al suo impegno politico viscerale più che meditato, dai suoi problemi di droga a Napoli (e non solo) all’amore per la sua famiglia .
Un caos a cui lo stesso regista serbo ammette nell’ultima scena di non aver saputo dare forma, ma i cui tempi sono giustamente scanditi dalle immagini del gol del secolo. Come il maiale che mangia la Trabant li scandisce in Gatto nero, gatto bianco.

Aveva ragione la curva B del San Paolo a cantare Maradona è megl’ e Pelé e non come giocatore, visto che paragonare O Rey ed El Pibe de oro non ha calcisticamente senso. Qualche giornalista da pay tv oggi direbbe due marziani, sbagliando in pieno. Perché Diego è un terrestre col dono della gambeta endiablata, uno che non ha mai pensato di star zitto o forse non ha mai riflettuto tanto prima di parlare o di decidere cosa fare con il pallone.
E allora un po’ per gioco, un po’ per davvero non resta che unirsi al coro della Iglesia Maradoniana

Diego nuestro que estás en las canchas.
Santificada sea a tu zurda, venga a nosotros tu magia.
Háganse tus goles recordar en la Tierra como en el Cielo.
Danos hoy la magia de cada día, perdona a los ingleses,
como nosotros perdonamos la mafia napolitana,
no nos dejes caer en off-side y líbranos de Havelange y Pelé.
[3]


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