sabato 23 luglio 2011

Il tacco di Allah

 Nessun calciatore africano prima di Rabah Madjer era risultato così decisivo in una competizione europea per club, tanto da ritagliarsi anche un’enorme popolarità negli ambienti del calcio del Vecchio Continente. E’ pur vero che anche la pantera nera Eusebio, nato a Maputo in Mozambico, era stata una stella con il Benfica. Tuttavia il cannoniere in forza alla  squadra di Lisbona si era naturalizzato portoghese e proveniva comunque da un’estrazione calcistica di stampo lusitano. Eusebio vinse due volte la Coppa dei Campioni con il Benfica e guidò il Portogallo al terzo posto alla Coppa Rimet del ’66.

 Rabah Madjer, invece, nato ad Algeri il 15 febbraio del 1958, si era formato proprio all’ombra delle moschee algerine sia culturalmente che calcisticamente. I ritmi e la durezza del calcio nordafricano lo avevano forgiato nella tecnica e nel carattere agonistico, militando prima nelle file dell’Onalait e quindi in quelle dell’ NA Hussein-Dey, con cui nel 1979 aveva disputato la finale della Coppa delle Coppe africana. Era, quindi, arrivato nel calcio europeo soltanto nel 1983, all’età di 25 anni, ingaggiato dal Racing Club Parigi e successivamente dal Tours. Un percorso professionale quasi scontato per il calciatori professionisti algerini quello di passare per il campionato francese. Tuttavia, nel 1985 Madjer si trasferì al Porto e con i Dragoes lusitani visse le pagine più belle della sua carriera calcistica. Con la nazionale algerina, comunque, si rivelò un trascinatore con 87 presenze e 40 gol all’attivo, con in bacheca la vittoria alla Coppa d’Africa del 1990. Anche se il momento di maggior popolarità con la rappresentativa maghrebina lo aveva vissuto nel 1982, quando ai Mondiali di Spagna aveva sconfitto per 2-1 la Germania Ovest, siglando proprio il gol del vantaggio a Schumacher.

 Con la maglia del Porto nel 1986 vinse lo scudetto portoghese e nella stagione successiva partecipò alla Coppa dei Campioni, quella vera e con il fascino dell’eliminazione diretta. Le immagini pertanto si riferiscono alla finale che il Porto disputò contro il Bayern Monaco al Prater di Vienna. I tedeschi bavaresi risultavano favoriti alla vigilia ed infatti al 25’ Ludwig Kogl di testa siglò il gol del vantaggio, superando il baffuto portiere polacco Mlynarczik. Tuttavia, il Porto guidato da Arthur Jorge riuscì a prendere le redini del gioco, grazie ad i suoi finissimi palleggiatori. Inoltre beneficiò delle accelerazioni ed invenzioni di Madjer e della verve agonistica del nuovo entrato Juary, un brasiliano troppo in fretta scartato dal calcio italiano che aveva lasciato un ricordo di sé in quanto festeggiava i suoi gol con dei pirotecnici giri intorno alla bandierina del corner. Al 79’ proprio Juary dalla sinistra servì un pallone al centro su cui andò a concludere a rete Madjer con un astuto e spettacolare colpo di tacco. La talonnade spiazzò la retroguardia tedesca e Rabah fu soprannominato suggestivamente Il tacco di Allah.

 Subito dopo il pareggio, all’ 82’ lo stesso Madjer dribblò in velocità Andy Brehme e ricambiò il favore dell’assist a Juary, che insaccò nonostante il tentativo disperato di Pfaff. Il Porto si portò a casa una bellissima e meritatissima Coppa dei Campioni, sovvertendo il pronostico e facendo brillare la stella del Maghreb Madjer.

 Lo stesso Madjer fu decisivo nella finale di Coppa Intercontinentale contro il Penarol e nella Supercoppa Europea contro l’Ajax per un trittico di assoluto prestigio. Nell’estate del 1988 lo acquistò quasi l’Inter che poi lo bocciò per un mai chiarito difetto fisico. Tentò l’avventura nella Liga con il Valencia senza troppa fortuna e finì quindi per chiudere la carriera ancora con il Porto, la squadra che lo aveva reso famoso e che soprattutto aveva dato possibilità di mettere in luce il suo estro e la sua classe. Divenne un idolo del popolo algerino e di tutto il continente africano, un incubo invece per il calcio tedesco. Madjer, il campione venuto dal nulla che con la sua fantasia aveva messo in crisi il calcio miliardario degli europei.

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