di Vincenzo Paliotto
Big Tel Aviv Derby, Maccabi-Hapoel Tel Aviv
“Love Israel, Hate racism”, questo è uno degli slogan più ricorrenti sulle tribune del Bloomfield
Stadium di Tel Aviv. Può sembrare strano che nel cuore di una delle città e dei
paesi più martoriati dalla guerra degli ultimi due secoli possa provenire un
coro di incoraggiamento ad evitare ulteriori spargimenti di sangue ed altro
odio ed altra violenza. Del resto per i
tifosi dell’Hapoel Tel Aviv, squadra nata nel 1927, potrebbe trattarsi di una
cosa quasi normale. Questo club fu, infatti, fondato quasi come diretta
emanazione dell’Histadrut, il principale sindacato ebraico dei lavoratori, e pertanto
la sua corrente ideologica si sposta senza mezzi termini a sinistra. Non a caso
i biancorossi di Tel Aviv sono noti come la “squadra dei lavoratori” ed il suo
gruppo ultras più importante, il Gate 5,
va allo stadio con le bandiere rosse e l’effigie di Che Guevara. “Red or dead”, è uno degli slogan
maggiormente gettonati dal gruppo. Oltretutto sostengono la fine delle ostilità
contro i palestinesi e che Gerusalemme sia restituita ai loro legittimi
proprietari. Un guanto di sfida esplosivo lanciato ormai da tempo ai cugini
destroidi del Maccabi e agli ultranazionalisti del Beitar Gerusalemme. Quando
queste sfide incrociano i loro destini nel calendario della stagione agonistica
israeliana diventa difficile parlare soltanto di calcio. L’Hapoel d’altra parte
nel 1981 vinse il titolo nazionale schierando tra gli altri l’arabo-israeliano
Rifat Turk e creando allo stesso tempo un grande precedente storico nel calcio
nazionale. Quelli dell’Hapoel inoltre stringono forti rapporti di amicizia ed
ideologia politica con quelli del Bnei Sakhnin, squadra arabo-israeliana.
Oltretutto l’Hapoel è anche una delle squadre più titolate del paese. Ha vinto
13 titoli e 14 coppe nazionali ed è stata la prima squadra del paese nel 1967 a vincere la Coppa dei Campioni d’Asia (battendo
2-1 i malesi del Selangor). Nelle coppe europee ha ottenuto il miglior
risultato per una squadra israeliana, arrivando ai quarti di finale della Coppa
UEFA nel 2001/2002, venendo a fatica eliminato dal Milan. Dopo la vittoria di
misura sul neutro di Nicosia, l’Hapoel fu poi sconfitto per 2-0 a San Siro,
dopo aver eliminato nel turno precedente il Parma, ma quella cavalcata europea
rimane ancora oggi indimenticabile per i rossi di Tel Aviv. Addirittura cadde
sotto i colpi dell’Hapoel anche il Chelsea (vittoria casalinga per 2-0 con i
gol di Gershon e Clescenco e pareggio a Stamford Bridge con vantaggio di Osterc
e pareggio di Zola).
La rivalità calcistica maggiore nel paese va
di scena senza dubbio proprio a Tel Aviv, tra i due club più vincenti della
città e del paese: il Maccabi Tel Aviv, nato nel 1906 e mai retrocesso, e
l’Hapoel Tel Aviv. Entrambe danno vita al Big
Tel Aviv Derby, mentre quando scendono in campo contro l’altra compagine
cittadina del Bnei Yeuda, fondata nel 1936, disputano invece lo Small Tel Aviv Derby. L’attenzione per
il derby tra Maccabi ed Hapoel è altissima in tutto il paese, anche perché
questa rivalità chiama in causa contrapposizioni non soltanto calcistiche. Il
Maccabi, infatti, club di prestigio assoluto è considerata la squadra degli
ebrei (Maccabi d’altra parte è l’iconico eroe ebreo presente nella loro
simbologia da oltre duemila anni) e del nazionalismo di destra del paese e si
colloca in un’alleanza ben precisa con quelli che sono considerati i fratelli
di sangue dell’Ajax Amsterdam, squadra dalla riconosciuta estrazione ebraica e
che per ironia della sorte hanno affrontato in Champions League nel 2004/2005.
Il Maccabi ha vinto 20 volte il campionato israeliano (record) ed in 22
occasioni la coppa nazionale (record) ed è l’unica squadra del campionato a non
essere mai retrocessa, mentre ha trionfato due volte, fin quando le squadre
israeliane la disputavano, la
Coppa dei Campioni d’Asia, nel 1969 e nel 1971. I maggiori
gruppi ultras che riempiono le tribune dello stadio Bloomfield sono il The 12th Player e il Maccabi-96. I colori sociali sono il
gialloblu e questa polisportiva è molto quotata anche nel basket. Quelli
dell’Hapoel vorrebbero trasmettere un messaggio maggiormente distensivo anche
tante iniziative a carattere sociale rivolti ad un’integrazione assoluta tra le
varie etnie e le varie religioni, ma nel calcio israeliano questa sembra
un’utopia pura. Il calcio continua a permanere come un contenitore
particolarmente esplosivo. Non a caso nell’ottobre del 2014 è andato in scena
uno dei derby più violenti negli ultimi tempi a Tel Aviv. La tensione si è
innalzata ancora di più quando Eron Zahavi, estroso attaccante di un certo
prestigio, si è reso protagonista in negativo di un episodio contro la sua
ex-tifoseria. Zahavi, infatti, dall’Hapoel era passato nel Palermo, ma al suo
ritorno in patria aveva scelto la maglia degli odiati del Maccabi e proprio con
i gialloneri aveva firmato un gol di prestigio nel derby, provocando il
risentimento dei suoi ex-sostenitori. Il match fu caratteirizzato dalle
invasioni di campo delle due tifoserie con ben 10 arresti complessivi. In tutto
questo gli arancioni dello Bnei Yehuda riescono a coprire un ruolo alquanto
marginale. Nato nel ’36, ha vinto il titolo nazionale nel 1990 e due volte la
Coppa d’Israele, ma non riesce ad interferire con il blasone ed il prestigio
delle concittadine.
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