giovedì 15 novembre 2012

Storia del Tifo in Italia-4 Plaitano ucciso da un proiettile vagante


di Vincenzo Paliotto (tratto da Fan’s Magazine n. 269)

Plaitano ucciso da un proiettile vagante. Il 28 aprile del 1963 si rivelò una giornata particolarmente sfortunata e funesta per la storia del calcio italiano e per quella dei suoi tifosi. A molti anni di distanza dalla scomparsa di Augusto Morganti in quel di Viareggio, infatti, un nuovo morto si registrò in uno stadio di calcio della nostra penisola. In quella domenica di aprile, infatti, perse la vita allo Stadio Donato Vestuti di Salerno Giuseppe Plaitano, 48enne ex-maresciallo della Marina Italiana. Nel vecchio impianto cittadino del capoluogo salernitano si giocava un’attesa partita tra la formazione di casa ed il Potenza il cui esito avrebbe stabilito quasi sicuramente la squadra che sarebbe approdata in Serie B. Il match si caricò probabilmente troppo nelle attese e la grande folla di pubblico oltretutto quasi non era contenuta dagli spalti dello stadio costruito nel 1932. Al 42’ i lucani passarono anche in vantaggio con Rosito, con un gol in sospetto fuorigioco che poi in realtà non c’era. Tuttavia, ad un quarto d’ora dal termine il granata Gigante subì un presunto fallo da rigore che l’arbitro alessandrino Gandiolo però non ravvisò tra le proteste generali. Un solitario invasore di campo si catapultò sul terreno di gioco rincorrendo l’arbitro, ma una volta acciuffato dalle forze dell’ordine fu duramente manganellato dai Carabinieri. Altri tifosi della Salernitana a quel punto invasero il terreno di gioco per andare in soccorso del loro compagno. Il terreno del Vestuti divenne un campo di battaglia che contò oltre 200 feriti (ma soltanto in 50 si fecero refertare) ed un morto, il povero Giuseppe Plaitano, colpito alla tempia da un proiettile vagante, mentre era sugli spalti ad assistere alla confusione che regnava in mezzo al campo. Gli incidenti proseguirono anche all’esterno dello stadio con molti feriti e danneggiamenti e con la squadra del Potenza asserragliata negli spogliatoi per quasi sette ore. Plaitano intanto era morto ed anche in quel caso le responsabilità furono offuscate e gettate impietosamente nel dimenticatoio. Gandiolo escluse le sue responsabilità in merito all’accaduto, così come le forse dell’ordine non riuscirono a fare chiarezza sulla morte di Plaitano, che stava assistendo alla partita e che non aveva fatto neanche invasione di campo. Lasciò una moglie e quattro figli. Gli venne dedicato uno del club della Salernitana più famosi.

 L’invasione del San Paolo. Non fu quella comunque una domenica felice per tutto il calcio campano, in quanto ad una cinquantina di kilometri di distanza da Salerno e cioè a Napoli quel pomeriggio anche si registrarono pesanti incidenti. Il Napoli infatti perse largamente tra le mura amiche al cospetto del Modena ed i tifosi partenopei si rovesciarono sul terreno di gioco, distruggendo tutto o quasi. La giacchetta nera Campanati anche ne aveva combinato di tutti i colori, concedendo un gol irregolare di Bruells ai canarini modenesi e negando un netto calcio di rigore al Napoli. Circa 300 tifosi partenopei provocarono 120 milioni di danni al San Paolo, anche perché sfuggiti al controllo delle esigue forze dell’ordine. Quel giorno, infatti, si teneva anche una tornata di elezioni politiche e quindi poliziotti e carabinieri mal presenziarono gli stadi. I giornalisti anti-terroni si scatenarono in una vergognosa ma proficua campagna denigratoria nei confronti di Napoli, mentre altri attribuirono quegli incidenti al fatto che si voleva colpire Achille Lauro ed i suoi numerosi successi imprenditoriali e politici. La turbolenza dei tifosi del Napoli era però diventata troppo nota e troppo visibile. Il 29 maggio del 1970 gli stessi partenopei provocarono gravi disordini nella finale del Torneo Anglo-Italiano che si giocò al San Paolo tra il Napoli e gli inglesi dello Swindon Town. Il Napoli perse nettamente per 3-0 ed i tifosi mal sopportarono la gioia degli inglesi. Quella giornata la ricordano ancora anche in Inghilterra.

 Nascono i gruppi ultras. A partire dalla seconda metà degli Anni Sessanta gli stadi italiani si tappezzarono letteralmente di striscioni, in un primo momento quasi anonimi o inneggianti semplicemente alla squadra di casa. Tuttavia, intorno al 1969 sorsero in Italia i primi gruppi effettivamente ultras. Un primato che al momento condividono le tifoserie del Torino e della Sampdoria. I blucerchiati degli Ultras Tito Cucchiaroni, infatti, rivendicano la loro data di nascita al 1969. In un primo momento si fanno conoscere come Ultras Sant’Alberto e sono tutti ragazzi o quasi di Sestri Ponente. Dedicano il nome del gruppo ad un calciatore argentino loro idolo di infanzia Cucchiaroni, che contribuì allo straordinario quarto posto della loro squadra nel 1961/62. Stessa data di nascita, però, sostengono di avere anche gli Ultras Granata del Torino, che poi balzano agli onori della cronaca nel ’71 in seguito agli incidenti tra il Torino ed il Vicenza in una partita di campionato. I biancorossi veneti vinsero in rimonta per 3-2 con tripletta di Maraschi, ma i giornali del giorno dopo raccontavano soprattutto della lunga carovana di tifosi che si lanciò all’inseguimento dell’arbitro Lo Bello di Siracusa in una delle giornate più buie della sua carriera. 

 Anche in Italia dal ’69 comunque si registrò l’inizio del grande fenomeno degli ultras. Tutte le squadre di calcio italiane in ogni categoria avrà con il passare del tempo il suo o più gruppi ultras predominanti. Il calcio in generale registrerà la nascita di un nuovo aspetto tutt’altro che trascurabile, ma che anzi farà parte dello spettacolo calcistico comodo o scomodo che sia.

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