di Vincenzo
Paliotto
Josè Leandro Andrade, la maravilla negra, il primo campione del calcio fu di colore |
Negli Anni Venti anche la Copa Amèrica
continuò la celebrazione della Celeste, la fantastica nazionale uruguagia che
in verità con il suo gioco e la sua grinta dominò anche nel resto del mondo. In
quella decade, infatti, l’Uruguay vinse la Copa Rimet nel 1930, due volte le
Olimpiadi nel 1924 e nel 1928, e per 4 volte la stessa Copa Amèrica. Gli
uruguagi si rivelarono uno spettcaolo anche e soprattutto per coloro che non li
avevano mai visti giocare prima, a cominciare dagli spettatori nei paesi
europei.
Andrade,
la maravilla negra. Dopo
aver vinto la Medaglia d’oro alle Olimpiadi parigine, nel novembre del 1924
l’Uruguay si aggiudicò anche la Copa Amèrica, con un punto in più dell’Argentina,
fermata a sorpresa dal Paraguay. Pedro Petrone con 4 reti fu ancora il
capocannoniere della manifestazione. La stella maggiore della squadra era tuttavia
pur sempre Josè Leandro Andrade, detto la Maravilla
negra. Stupì gli europei per la sua grande raffinatezza nel gioco e la sua
stessa velocità, ma anche per la sua grande consistenza a centrocampo. I tifosi
francesi si innamorarono di lui e per la prima volta videro eseguire
magnificamente quella che era tecnicamente denominata la “veronica”. Vinse tutto
con l’Uruguay, mentre militò sia nel Penarol che nel Nacional di Montevideo. Fu
di colore dunque la prima stella mondiale del calcio. Dopo tanta gloria, finì i
suoi giorni nella miseria assoluta. A Parigi gli uruguagi in una gara amichevole
si fecero vedere apposta abbastanza impacciati dagli osservatori jugoslavi. Poi
quando li affrontarono nel primo turno li strabatterono per 7-0. Il pubblico di
Parigi si entusiasmò a vederli giocare e presenziò in buon numero ad ogni
partita dell’Uruguay.
Il cileno David Arellano |
L’eterna
sfida Argentina-Uruguay.
Nel 1925 vinse l’Argentina su Brasile e Paraguay, in quanto l’Uruguay era
assente ed oberato da numerosi impegni. Nel 1926, infatti, a Santiago del Cile
la Copa Amèrica ritornò nella mani dell’Uruguay. La Celeste vinse tutte le
partite, in un torneo che per la prima volta allineava ai nastri di partenza
cinque squadre, compresa la debuttante e disastrata Bolivia, che beccò ben 24
gol, segnandone appena 2. In tre diventarono capocannonieri con 6 reti: il
cileno Subiabre, e gli urguagi Scarone e Castro. Quest’ultimo segnò anche
contro l’Argentina ed era detto il monco, perché aveva perso una mano quando
lavorava come falegname. Hector Scarone continuò ad essere l’anima vera della
squadra a suon di gol. Aveva un tiro precisissimo, che affinò nei dettagli in
lunghi allenamenti, in cui si esercitava a colpire bottiglie di vino vuote da
una distanza di trenta metri. David Arellano fu tra i protagonisti non vincenti
di quegli anni in Copa Amèrica. L’attaccante cileno del Colo Colo era uno dei
migliori esecutori della rovesciata volante, la “chilena”. Che prese questo
nome in quanto il primo ad eseguirla fu Ramòn Unzaga a Talcahuano. Poi a
diffonderla in tutto il mondo fu lo sfortunato campione del Colo Colo.
Sfortunato in quanto Arellano morì sul campo in un incidente di gioco,
scontrandosi con un difensore spagnolo del Valladolid. Il Colo Colo, infatti,
era in tourneè in Europa. Tuttavia, esiste una lunga controversia in
emritoa chi avrebbe inventato la
rovesciata. Eduardo Galeano sostenne la tesi cilena, Vargas Llosa invece aveva
testimonianze che la stessa fosse stata eseguita per la prima volta in Perù.
Poi saltarono fuori anche rivendicazioni brasiliane. Tutti in sudamerica
vorrebbero attribuirsi l’invenzione della rovesciata volante.
Argentina-Uruguay del 1929, 60.000 spettatori |
Forza
Argentina. Ad ogni modo,
il decennio si chiuse con due affermazioni argentine nel 1927 a Lima e nel 1929
a Buenos Aires, che rinfrancarono le ambizioni della Selecciòn. Nel 1927 si
giocò per la prima volta in Perù, all’Estadio Nacional di Lima con le tribune
in legno. Ma la manifestazione richiamò un gran pubblico. Mentre l’edizione del
1928 venne posticipata al 1929 per le Olimpiadi di Amsterdam, che videro
l’Uruguay proprio prevalere in finale sui cugini argentini. L’edizione del ’29
si disputò a Buenos Aires con l’affermazione sontuosa dei padroni di casa. Nolo
Ferreyra dell’Estudiantes de La Plata fu tra gli uomini di punta della
Selecciòn. Inventò il paso doble, che fece innamorare tutti gli argentini.
L’Argentina piegò gli avversari di sempre dell’Uruguay per 2-0 nello stadio del
San Lorenzo de Almagro, dinanzi a 60.000 spettatori. I gol furono di Ferreyra e
di Mario Evaristo, che giocava per lo Sportivo Palermo. Aurelio Gonzalez del
Paraguay fu capocannoniere con 5 gol. Giocava nell’Olimpia Asunciòn.
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