lunedì 11 maggio 2015

Esterophilia: Legia Varsavia-Lech Poznan

di Vincenzo Lacerenza (www.calciofuorimoda.blogspot.com)

Legia Varsavia: Szymokowiak, Mahseli, Orlowski, Wozniak, Strzykalski, Janeczek, Pieda, Brychczy, Kowal, Cehelik, Kempny. All: Janos Steiner


Il 1949 è un anno di cambiamenti epocali in casa del Legia Varsavia. Nel novembre, in ottemperanza alle nuove norme, il sodalizio si rifà il look onomastico: d'ora in poi prenderà a chiamarsi Centralny Wojskowy Klub Sportowy Warszawa, acrononimizzato, per questioni di comodità, in un meno spazioso CWKS. Il Legia è quindi diventato un club militare: tutte le sezioni della polisportiva passano sotto l'ala dell'Esercito Popolare di Polonia.

Che, per riuscire a maramaldeggiare in campionato, spezzando l'egemonia del Ruch Chorzow, non si fa troppe remore, calpestando, talvolta, anche le logiche sportive. Beneficiando del particolare status societario, i generali fanno valere le proprie divise e inizano a raccattare talenti in giro per la Polonia: si trasferiscono a Varsavia, in questo periodo, calciatori del calibro di Lucjan Brychczy, Ernest Pohl e Edmund Smith. Non solo: per i generali, i calciatori del Legia non hanno diritto alla corresponsione di un ingaggio per le proprie prestazioni, in quanto, tali emolumenti, sono da inquadrare nel modesto salario da militari. Prepotenze, angherie, concorrenza sleale. Le altre formazioni osservano e covano rancore: sono proprio questi gli anni in cui si inaspriscono le rivalità con Gornik Zabrze, Ruch Chorzow, Widzew Lodz e Wisla Cracovia.

Chiamato sulla panchina il tecnico ungherese Janos Steiner, pupillo del generale Poplawski, una delle massime figure dirigenziali dell'armata polacca, i risultati sembrano voltare le spalle alle bulimiche ambizioni dei Legionisci: la prima stagione di Steiner al timone dei biancoverdi, nel '54, termina con un anomino settimo posto, con il titolo che va ad ornare la bacheca del Polonia Boyton. Ma è solo questione di tempo. Quello che serve a Steiner, maniaco della preparazione fisica, per plasmare e forgiare la propria creatura. Da grande conoscitore di futbol qual è, sa che, per effettuare l'ultimo e decisivo salto di qualità, occorre misurasi con compagini di rango. In concerto con i vertici del club, decide di organizzare un amichevole con la Honved di Ferenc Puskas, all'epoca considerata la formazione più forte del mondo. E' solo il precampionato, ma il Legia, tirato a lucido dagli eserci somministrati dal ginnasiarca magiaro, è già brillante: i Wojskowi non sfigurano al cospetto dei fenomenali avversari, rimediando una onorevole  sconfitta per tre reti a due. Con quel suo modo di parlare, un sincretismo d'idiomi, ora russo ora magiaro, alle volte tedesco, il lungimirante condottiero, aveva gettato le basi per i successi futuri del Legia. Nessuno avrebbe tollerato un altro fallimento, specie i generali: la voglia di trionfare, per motivi sportivi e politici, è ai massimi livelli.

Cosi come la pressione sulle spalle del Legia, che non può più fallire. E, l'esordio nel nuovo campionato, lascia ben sperare: gli uomini di Steiner sbancano 3-2 il campo dello Granat Skarzysko-Kamienna. E' il modo migliore per brindare alla nuova stagione, quella, nelle intenzioni di tutti, del riscatto. Con l'entusiasmo rinnovato, e con ancora negli occhi le prodezze di Ernest Pohl - cecchino dell'area di rigore prelevato dall'Orzel Lodz, che in futurò farà grande cose con il Gornik Zabrze e la nazionale - di Henryk Kempny - il bomber di Bytom che si era laureato capocannoniere appena un anno prima e che si ripeterà nel 1956 - e di Lucjan Brichczy, uno che difenderà i colori bianconeri per ben diciannove anni, arrivando a consacrasi come il più profilo attaccante della storia del club , i tifosi, sciarpa al collo e ombrellino in mano, affollano il Polish Army Stadion.

La prima in casa, si sa, non è mai una partita banale, specie se l'avversario è il Lech Poznan: anche se non sono più i Kolejorz dell'ABC*, cosi come veniva chiamato lo spaventoso tridente offensivo composto da Teodor Aniola, Edmund Bialas e Henry Joseph Czapczyk, i ferrovieri sono sempre un avversario temibile. Appesi gli scarpini al chiodo Edmund Bialas nel '51, e seguito a ruota, due anni più tardi, da Cazapczyk, del tridente, ormai spuntato, rimaneva solamente Aniola. Dei tre, comunque, sicuramente il più pericoloso: Diabel, questo il suo soprannome, era stato capace di laurearsi capocannoniere per ben tre stagioni consecutive. Al Polish Army, però, la sfida, sulla carta scintillante, tra queste bocche da fuoco, non è degna delle aspettative: la gara, governata da una prudenza esasperata, termina a reti inviolate. Forse non il miglior modo per presentarsi ai nuovi tifosi, ma comunque un altro punticino raggranellato in vista dell'obiettivo finale.

Sarà infatti un'annata esaltante. Nonostante qualche singhiozzo, come il rovescio casalingo con il Lechia Danzica o il capitombolo con gli odiati rivali dell'LSK Lodsz, gli uomini di Steiner riescono a rimanere aggrappati alla vetta. Nel frattempo, intanto, il 20 Settembre, triturano 5-0 il malcapitato Lechia Danzica in finale di Coppa di Polonia, vendicandosi così della sconfitta patita in campioanto. E' il primo titolo della storia dei biancoverde: per i tifosi un evento ed una data da ricordare e celebrare. Per i generale, invece, è l'occasione giusta per insistere nella propaganda: i vertici dell'esercito omaggiano i calciatori con degli orologi. Ma non è finita: due mesi più tardi, a Sosnowiec ,un pugno d'anime tra le miniere carbonifere della Slesia, si gioca l'ultima giornata di campionato.
E' un finale thrilling, quasi fosse stato scritto da uno sceneggiatore hollywoodiano: il Legia conduce la graduatoria dall'alto delle sue ventisette lunghezze, mentre, i beniamini locali dello Zaglebie, seguono ad una sola lunghezza di distanza. Per mettersi il titolo in cassaforte, i Legionisci possono contare su due esiti sui tre verificabili: anche con un pareggio sarebbero, per la prima volta, campioni di Polonia. E pari è. Ma col brivido: Uznanski infatti gela i Militari, prima che il solito Brychczy, quattordici centri per lui quell'anno - nelle gerarchie dietro soltanto a Pohl, autore di sedici reti - trovi il modo di infilare il pallone del pareggio. Al fischio finale impazza la festa. Steiner viene portato in trionfo: è lui il primo allenatore ad aver conseguito il double polacco. Ai calciatori, sulla scorta di quanto avvenuto all'indomani del successo in Coppa Polonia, non viene elargito alcun premio in denaro: i protagonisti di quella meravigliosa e irripetibile cavalcata vengono insigniti soltanto con un cappotto di pelle. Meglio accontentarsi, dopotutto, in tempi di invadente grande fratello stalinista.

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