Gradìn, il primo calciatore di colore a giocare con l'Uruguay. |
In
vista della prossima edizione della Copa Amèrica che si giocherà a giugno in
Cile, ne ripercorriamo la storia tra aneddoti, curiosità, miti e squadroni. La
Copa Amèrica del resto compie quasi un secolo di storia.
di Vincenzo Paliotto
Eroi di colore. Gli europei, con gli inglesi indiscutibilmente
in testa, furono gli inventori del calcio. Ma i sudamericani il fùtbol seppero
sublimarlo e portarlo ad un livello di popolarità probabilmente prima degli
altri, dandogli contorni non soltanto leggendari, ma in molti casi anche
poetici e romantici. La letteratura latinoamericana tra Eduardo Galeano, Vargas
Llosa, Osvaldo Soriano, Fontanarosa e Sepùlveda ha celebrato il mondo del
calcio sudamericano in maniera quasi celestiale. In Sudamerica il calcio è quasi un fattore
religioso, un termine di competizione estremo. Non a caso nel 1916, quando in Europa d’altro
canto si combatteva la Prima Guerra Mondiale, in America Latina si disputava
già la prima Copa Amèrica, la prima manifestazione continentale per squadre
nazionali. La felice intuizione portava la firma dell’uruguagio Hector
Rivadavia Gomez, che con i colleghi cileni, argentini e brasiliani fondò anche
la COMNEBOL, la federazione calcistica del sud America. In realtà la Copa
Amèrica nacque anche sull’onda della secolare rivalità tra argentini ed
uruguagi, che in termini calcistici trovava un terreno ancora più fertile.
Dirigenti argentini ed uruguagi diedero vita ad innumerevoli competizioni sia a
livello di club che di rappresentative per ribadire sempre e di più la loro
supremazia rioplatense. La prima Copa giocata ad Avellaneda sul terreno del
Racing fu ad appannaggio dell’Uruguay che sfruttò le marcature di Josè
Piendibene, idolo del Penarol, e di Isabelino Gradin, il primo giocatore di
colore a giocare per la Celeste, che vestiva la maglia anche del Penarol, ma
nato nel River Plate di Montevideo e che fu il primo cannoniere del torneo con
3 reti. Agli aregntini fu fatale il pareggio a reti inviolate contro il
Brasile. Il successo di pubblico fu notevole. Nella prima gara ina ssoluto del
torneo, Argentina-Cile 6-1 del 6 luglio 1916, erano presenti 18.000 spettatori.
Il mago Scarone. Il
successo fu tale che l’anno successivo si passò immediatamente alla seconda
edizione. Gli organizzatori decisero che sarebbe giocata ogni anno la Copa
Amèrica, ruotando la sede ospitante per ogni edizione. A montevideo vinse
ancora l’Uruguay, superando di misura l’Argentina manco a dirlo con gol di un
“mago”, Hector Scarone, che avrebbe giocato anche in Italia nel Palermo e
nell’Inter. Angel Romano del Nacional fu capocannonire con 4 gol.
Arthur Friedenreich |
Friedenreich, segnò più gol di Pelè. Saltata l’edizione del 1918, nel ’19 si approò
in Brasile e gli auriverdi ottennero il primo importante successo della loro
storia. L’affermazione fu propiziata da un eccezionale giocatore che non
dopveva neanche far parte della Selecao. Il Presidente-dittatore brasiliano
Epitacio Pessoa, infatti, aveva proclamato un’imposizione di “assoluta
bianchezza” (così che scrisse il grande Galeano), per cui i giocatori di colore
non avrebbero dovuto far parte della Nazionale. Invece, Arthur Friedenreich, che
era mulatto, in nazionale ci andò, in quanto prima di scendere in campo si cospargeva il volto di crema di riso per
“diventare” bianco. Divenne con 4 reti capocannoniere insieme a Neco e sigò
anche il gol decisivo all’Uruguay al 122’, nella partita più lunga della Copa
Amèrica che durò 150’. In carriera segnò più gol di Pelè, ben 1.329 per la
precisione, giocando sempre da dilettante. Difese infatti i colori del
plurivittorioso Paulistano, che poi sarebbe diventato Sao Paulo.
il leproso Libonatti |
Libonatti, il goleador. Nel ’20 il successo finale tornò all’Uruguay
nella prima edizione giocata in Cile, a Vina del Mar. l’Uruguay umiliò il
Brasile con un netto ed inequivocabile 6-0. Nel ’21 finalmente esordì nell’albo
d’oro l’Argentina, che vinse la Copa a Buenos Aires. La Selecciòn vinse tutte e
tre le partite. Il Paraguay scese per la prima volta in campo, mentre fu
assente il Cile. Il mattotore fu Julio Libonatti, che segnò in tutti e tre i
match e che militava a Rosario nel Newell’s Old Boys, la squadra detta dei
lebbrosi. Mentre nell’edizione di Rio de Janeiro del ’22 il Brasile tornò a
vincere, questa volta attraverso una gara di spareggio, sbarazzandosi per 3-0
della rivelazione Paraguay. Questa volta non segnò Friedenreich ma il suo
compagno di squadra Formiga.
Tuttavia, la grande padrona del continente
continuava ad affermarsi l’Uruguay, che nel ’23 vinse ancora l’edizione
casalinga. La Celeste superò nel confronto decisivo gli eterni rivali
argentini. I gol furono di Pedro Petrone e Somma. Ormai stava consolidandosi
dalle parti di Montevideo la squadra che avrebbe dominato non solo in Sud
America, ma nel mondo.
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