Reinaldo, Paulo Isidoro e Marcelo |
di Vincenzo Paliotto
O
rubo do Brasileirao
Tuttavia, quella in prospettiva iberica fu
soltanto l’ultima delle punizioni che il regime militare brasiliano riservò al Rei di Belo Horizonte. Reinaldo aveva,
infatti, vissuto soltanto poche stagioni prima delle autentiche repressioni
agonistiche da parte del regime. L’Atletico Mineiro per due volte giunse ad un passo dalla
vittoria nel massimo campionato nazionale e per due volte il titolo gli fu
letteralmente depredato e negato. I mezzi utilizzati dalla CBF, la federcalcio
brasiliana, e dai suoi mandanti si rivelarono addirittura grotteschi ed anche,
nella loro evidente malafede, poco elaborati. La più clamorosa si registrò
proprio nel 1977, una stagione in cui peraltro la dittatura organizzò un
campionato con ben 62 squadre ai nastri di partenza, ovviamente distribuite in
varie fasi e vari raggruppamenti. Il poco più che ventenne Rei stava guidando il suo Atletico Mineiro in una stagione
strabiliante del Brasileirao. Reinaldo stava andando in gol con una media
realizzativa straordinaria. Dal primo turno di campionato alle semifinali
Reinaldo timbrò il cartellino dei marcatori praticamente per 28 volte in 18
occasioni, stritolando ogni record del torneo nazionale. Il Rei andò in gol nel
primo turno contro il Remo, poi suggellò il suo momento magico con una cinquina
rifilata al Fast e poi castigò tutte le grandi del calcio nazionale. Reinaldo
decise quasi da solo anche la semifinale contro il Londrina, rifilando ai
malcapitati avversari una sontuosa tripletta ed il Galo giunse ad ogni modo alla grande finale da imbattuto, in attesa
di contendere il titolo al Sao Paulo, che nella sua semifinale aveva eliminato
l’Operario. Ma la più clamorosa ed allo stesso tempo indecente delle decisioni adottò in quel momento la CBF.
La federcalcio auriverde, infatti, squalificò per la grande finale Reinaldo,
facendogli scontare con un sistema di sanzioni disciplinari cervellotico un
turno di squalifica che era un residuo della prima fase del campionato. Era
chiaro l’intento della CBF di privare l’Atletico Mineiro del suo giocatore più
importante, senza il quale i bianconeri avrebbero avuto una vita difficilissima
al cospetto del Sao Paulo. Fu un modo indegno per bilanciare la grande assenza
nelle file pauliste che corrispondeva al nome di Serginho Chalupa. Il regime,
però, riuscì a raggiungere il suo intento, completando la sua opera affidando
la direzione di gara a Cesar Coelho, che arbitrò nettamente in favore dei
paulisti. Il tecnico del Sao Paulo Rubens Minelli, infatti, nei giorni che
precedevano la gara riconobbe l’inferiorità della propria squadra rispetto agli
avversari e puntava su una condotta di gara difensivista in attesa di approdare
ai calci di rigore. Coelho codardamente acconsentì al gioco duro ed
ostruzionistico del Sao Paulo, culminato nell’intervento da codice penale di
Chicao, che comportò la rottura dei legamenti del brillante Angelo. La partita
non si sbloccò da un pareggio a reti bianche con il nervosismo dell’Atletico ed
il Sao Paulo finì per prevalere con i tiri dagli undici metri in un Mineirao
gremito di oltre 100.000 spettatori. Il Sao Paulo vinse un titolo nazionale pur
avendo perso per ben 4 volte, mentre
l’Atletico Mineiro fu vicecampione ma imbattuto, amara consolazione per la
squadra decisamente più forte del Brasile.
Lo stesso cannoniere dell’Atletico molti anni più tardi in un’intervista
(a Placar nel 2012) tornò nuovamente
su quanto accadde in quei primi mesi del 1978 (anche se si trattava del titolo
del ’77): “Nel ‘77, la
dittatura fu esplicita. Fui expulso nella primea fase del campionato, ma mi
fecero scontare quella squalifica, evitandomi di giocare la finale”.
Flamengo-Atletico Mineiro |
Tuttavia, un altro
titolo strameritato fu negato all’Atletico Mineiro nel 1980. O Galo si presentava ai nastri di
partenza del massimo campionato più forte che mai. Oltretutto la squadra
mineira avrebbe dominato il proprio estaduaìs per sei anni consecutivi dal 1978
al 1983, potendo disporre di un manipolo di giocatori eccezionali, come l’immenso
Toninho Cerezo, Palinha, Nelinho, Joao Leite, Pedrinho ed un ragazzo dal tiro
devastante come Eder Alexio, prelevato dall’America Belo Horizonte, altra storica
e blasonata compagine della città. L’Atletico Mineiro di quegli anni giocava un
calcio prettamente offensivo e rappresentava quasi un’espressione artistica. In
molte esibizioni in campionato i bianconeri venivano disposti da Procopio
Cardoso con uno speculare 4-2-4, un modulo che nessuno adottava all’epoca e che
sarebbe rimasto in verità impensabile ancora per molti anni. L’Atletico Mineiro
mise in riga gran parte delle titolate avversarie, viaggiando in maniera quasi
spedita verso il titolo. Anche in semifinale il forte Internacional de Porto
Alegre dell’astro nascente Falcao fu liquidato senza troppe incertezze.
Nell’altra semifinale, invece, avanzava con grandi favori del pronostico il
Flamengo di Rio de Janiero, il club màs
querido (cioè il più amato) di tutto il Brasile, trascinato dai gol del
nuovo Pelè, ma dalla pelle bianca, Zico. Nella partita di andata al Mineirao la
contesa fu risolta ancora una volta da un gol di Reinaldo al 65’, ma tre giorni
più tardi nel match del Maracanà la dittatura ci pensò a mettere l’arbitro
giusto al posto giusto ed Assis de Aragao guidò la partita verso un successo
per il Flamengo per 3-2, nonostante una doppietta di pregevole fattura del
solito Reinaldo, che giocò contro le rudezze dei difensori del Mengao e contro
l’impavido De Aragao. La federcalcio brasiliana era particolarmente abile nella
scelta di certi arbitraggi ed anche poi a catapultarli successivamente in
impensabili carriere internazionali. Reinaldo quel giorno nel gremito Maracanà
si rivelò irriducibile e con due autentiche prodezze per due volte rimise in
corsa la sua squadra per il titolo, ammutolendo lo stadio di Rio come al solito
gremito, che ebbe la non edificante idea di beccarlo per quasi tutto l’incontro
al grido di “bichado, bichado”, vale
a dire “sporco”. Chico Buarque de Hollanda, un cantante che in Brasile è
un’istituzione, ricorda così quel giorno di Reinaldo al Maracanà: “Nunca final de campeonato, Reinaldo na fez
torcer pelo Atletico, no inicio da torcida do Flamengo”. Al Galo bastava anche il pareggio per
diventare campione, ma De Aragao intorno al 70’, dopo il secondo capolavoro di
Reinaldo, espulse ben tre giocatori dell’Atletico Miniero, tra cui proprio
Reinaldo e l’altro attaccante Palinha, così all’82’ Nunes potè finalmente
segnare il gol del 3-2, che per la prima volta laureava campione del Brasile il
Mengao. Un titolo tanto celebrato dalla famosa squadra di Rio de Janeiro, ma
che in Brasile ed in partciolare a Belo Horizonte chiamavano “O rubo”, cioè il furto, e mai
definizione in tal caso fu così azzeccata e legittima. Oltretutto il Flamengo
vinceva il Brasileirao aprofittando di un altro cervellotico regolamento, vale
a dire di aver vinto la semifinale sia all’andata che al ritorno contro il
Curitiba, in confronto al pareggio e alla vittoria ottenute dall’Atletico
Mineiro contro l’Internacional Porto Alegre, squadra senza dubbio più quotata.
De Aragao, invece, visse un prosieguo della carriera arbitrale degno delle
migliori soddisfazioni e dei migliori riconoscimenti. Un giorno addirittura gli
riuscì di essere il protagonista assoluto di una partita, dove nessun arbitro
era mai arrivato prima e cioè di essere messo nel tabellino dei marcatori(!).
Era il 9 ottobre del 1983 e si giocava il sentitissimo derby tra il Santos ed
il Palmeiras con il Peixe in vantaggio per 2-1. Quasi allo scadere, però, De Aragao
deviò in rete un tiro di Jorginho che stava terminando la sua corsa sul fondo.
De Aragao, infatti, si era appostato sulla linea di fondo vicino al palo e vide
il pallone tirato da Jorginho incocciare sul suo piede ed insaccasri nella
porta del Santos. Inutile dire che le proteste furono vane, ma De Aragao rimase
al suo posto ed anzi come premio gli fecero arbitrare un’altra finale del
campionato brasiliano, quella del 1986, che pure sollevò indicibili polemiche
tra il Guaranì di Campinas ed il Sao Paulo.
L’incredibile arbitraggio di Ricardo Wright
Ma le ripercussioni nei confronti
dell’Atletico Mineiro ancora non erano finite, anche se era difficile
immaginare di cosa ancora dovesse essere depredata la squadra bianconera. Ma
questa volta la repressione imposta dal governo calcitico brasiliano superò i
confini nazionali per inquinare il corretto e leale svolgimento della
prestigiosa Copa Libertadores. La CBF e la Conmebol furono chiamate a derimere
una questione delicata tutta brasiliana, che si proiettava inevitabilmente nel
continente e che chiamava in causa ancora una volta il Flamengo e l’Atletico
Mineiro. Le due compagini brasiliane, infatti, nel proprio girone liquidarono facilmente
le paraguayane Cerro Porteno ed Olimpia Asuncion, terminando il proprio
raggruppamento con le stesso numero di punti. Oltretutto Atletico Mineiro e
Flamengo nel confronto diretto impattarono due volte per 2-2. A Belo Horizonte
Eder realizzò una doppietta, a cui replicarono Nunes e Marinho. Mentre a Rio
Nunes e Tita, che ebbero risposta da Palinha e Reinaldo. Ad ogni modo, soltanto
una delle due squadre poteva accedere alle semifinali e quindi si dispose uno
spareggio da giocare a Goiania nell’impainto di Serra Dourada. Ma la cosa senza
dubbio più clamorosa fu quella di assegnare la direzione del match a Josè Ricardo
Wright, arbitro appartenente alla sezione arbitrale di Rio de Janeiro e che
pertanto viaggiò alla volta di Goiania in compagnia della stessa squadra del
Flamengo. Con queste premesse c’era poco da sperare per l’Atletico Minero e
wright fece durare la gara di spareggio appena 37’. Vale a dire il tempo
necessario per espellere ben 6 giocatori del Galo, che così non potè continuare
il match per non avere a disposizione il numero necessario di giocatori per
continuare l’incontro. La scintilla fu innescata da Reinaldo, il primo ad
essere buttato fuori da Wright. Poi gli fecero compagnia Palinha, Toninho
Cerezo, Eder e Chicao. Il Flamengo vinse platonicamente a tavolino quel match e
viaggò verso la semifinale. In quell’anno tra l’altro i rossoneri vinsero per l’unica
volta nella loro storia la Copa Libertadores.
Ma Ricardo Wright non scontentò
successivamente neanche gli altri cugini altrettanto famosi di Rio de Janeiro,
quelli della Fluminense, impegnati nella finale del Campionato Carioca del
1985. La Flu trovò in finale il sorprendente Bangu, squadra di Rio ma molto
meno blasonata. La Fluminense del resto era una squadra molto forte con il
paraguayano Romerito che era la sua maggiore punta di diamante, accompagnata da
altri interpreti di notevole valore come Washington ed Assis. Ma per battere il
coriaceo Bangu ci volle l’aiuto di Ricardo Wright. Un aiuto talmente evidente
da provocare l’aggressione al termine della partita del bichero Castor de
Andrade. La direzione di gara di Wright mandò su tutte le furie i giocatori ed
i dirigenti del Bangu.
Ma ad un come Josè Ricardo Wright
probabilmente non facevano paure le finali ed il suo caldo ambiente. Nel 1982,
infatti, era stato al centro di un altro scandalo alquanto originale nella sua
dinamica. Infatti, fu designato per arbitrare la finale della Taca Guanabara,
la prima fase del campionato carioca, tra la Fluminense ed il Vasco da Gama ed,
all’insaputa dei protagonisti in campo, arbitrò con installato addosso un
microfono dell’emittente televisa Rede Globo. Un espediente che avrebbe dovuto
garantire un’originalità mai provata prima ai telespettatori. Ma i calciatori
della Flu e del Vasco non gradirono quella ch era una violazione della privacy
e Ricardo Wright fu costretto a scontare 40 giorni di sospensione.
Intanto nel 1985 Reinaldo chiudeva la sua
prestigiosa carriera al centro dell’attacco dell’Atletico Mineiro per spendere
le sue ultime cartucce in zona-gol con le maglie del Palmeiras, del Rio Negro e
nientemeno che degli eterni rivali del Cruzeiro. Poi tra il 1987 ed il 1988
andò a divertirsi in Svezia e Olanda con le maglie di Hacken e Telstar, club
minori del calcio nazionale, ma la storia e le vicisittudini del Rei rimarranno immortali, così come i
torti subiti da parte della dittatura e della sua federcalcio.
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