lunedì 9 febbraio 2015

Reinaldo è nosso Rei- 1a parte



di Vincenzo Paliotto
 Nel calcio brasiliano i goleador vengono identificati con un appellativo più che altro dal significato inconfutabile e cioè quello di artilheiros, vale a dire artiglieri, per testimoniarne la loro esplosiva voracità in zona-gol. Nessuno, però, in Brasile sa quanti siano effettivamente gli artilheiros. Ci sono quelli più noti e rinomati che hanno fatto le fortune dei club del calcio nazionale e della Selecao, ma ce ne sono molti altri sparsi praticamente in tutto il mondo. Ogni campionato, più o meno prestigioso che sia, attualmente può godere o ha beneficiato del suo goleador brasiliano. Gli osservatori più attenti non molto tempo fa ne scovarono uno anche nelle Isole Far Oer, che d’altro canto si sa  hanno un clima e temperature stagionali non proprio vicine a quelle dei brasiliani. Del resto in Brasile giocare a calcio ed in particolar modo fare gol rappresenta un’arte vera e propria, anche da esportazione se è il caso, che ha fatto le fortune economiche più o meno grandi di molti calciatori carioca. I calciatori brasiliani, infatti, sconfiggendo in molti casi anche il loro peggior nemico come la saudade, riescono ad accasarsi ed ambientarsi dovunque ad ogni latitudine.  Anche se in tal caso bisogna dire che neanche le cifre sono poi molto precise e sempre del tutto attendibili. Senza ombra di dubbio il mitico Pelè e quindi il suo predecessore Arthur Friedenreich ed il suo successore Romario hanno scavalcato e non di poco la barriera dei mille gol in carriera, anche se per quanto riguarda i brasiliani bisogna dare risalto al fatto che le statistiche calcistiche nel paìs do futebol tengono conto quasi sempre anche dei gol realizzati in amistoso, cioè nelle amichevoli. Metro di valutazione che invece non viene adottata per quanto riguarda il calcio nel Vecchio Continente.

Il Rei dell’Atletico Mineiro

 Anche Josè Reinaldo de Lima è stato un artilheiro del calcio auriverde. Nato a Ponte Nova l’11 gennaio del 1957, è stato l’idolo ed il trascinatore per 12 anni, tra il 1973 ed il 1985, dell’Atletico Mineiro, la maggiore espressione calcistica del Minas Geraìs, una regione quasi dell’entroterra brasiliano con capitale Belo Horizonte. Nato nel 1908, l’Atletico Mineiro fu fondato dai numerosi minatori che popolavano la regione e, seppur con un palmarès meno vasto dei cugini del Cruzeiro che hanno vinto anche per 2 volte la Copa Libertadores, è considerata la squadra più popolare del suo stato e che vanta numerosi sostenitori sparsi in tutto il Brasile. In ogni angolo del Brasile è conosciuto come O Galo, il gallo, da un appellativo che il giornalista Fernando Pieruccetti gli affibbiò un giorno sul quotidiano Folha do Minas. D’altra parte l’Atletico Mineiro nel 1971 fu la prima squadra a laurearsi campione nel campionato brasiliano appena istituito, che fino a quel momento viveva la parte più entusiasmante delle sue stagioni nei campionati estaduais o al massimo nelle eterne sfide della Copa Rio-Sao Paulo, che come ben evidenzia la sua denominazione chiamava in causa soltanto le squadre rappresentanti dei due stati calcistici più blasonati del Brasile. All’Atletico Mineiro, invece, riuscì l’impresa di imporsi dinanzi ad avversari senza dubbio più quotati. Il centravanti Dario Maravilha decise con un suo gol la finale al cospetto del Palmeiras, portando così in trionfo il tecnico Telè Santana. Lo stesso Dario aveva comunque contribuito con ben 14 reti nel corso di quella stagione. Nel 1970 oltretutto l’Atletico Mineiro sconfisse per 2-1 (con un gol proprio di Dario) il Brasile che poi sarebbe diventato Campione del Mondo in una storica amichevole. Reinaldo, invece, esordì nel Galo giusto un paio di campionati più tardi, nel 1973 per l’esattezza, diventando quasi subito un idolo della tifoseria atleticana. Reinaldo siglò 255 gol in 475 partite con la maglia dell’Atletico Mineiro, diventando il vero Rei del Mineirao, il favoloso stadio della squadra bianconera. I tifosi lo invocavano in maniera incessante ed al di là di ogni tipo di enfasi: ” Rei, rei, rei, Reinaldo è nosso rei”. Era risaputo del resto che in Brasile l’unico vero Rei del calcio ed appellativo quindi affibbiato al suo nome e alla sua carriera era inequivocabilmente Pelè, che aveva guidato il Brasile per tre volte alla vittoria in Coppa Rimet. Ma dalle parti del Mineirao senza troppa irriverenza questo titolo nobiliare veniva messo da parte per consegnarlo a Reinaldo, fuoriclasse autentico e del popolo mineiro. Nel 1976 Reinaldo vinse il suo primo titolo alla guida dell’Atletico Mineiro, consacrandosi come l’idolo della sua tifoseria. O galo non perse neanche un incontro, laureandosi quindi campeao invicto, campione imbattuto, collezionando 25 vittorie e 6 pareggi, mentre Reinaldo con due suoi gol sconfisse in finale gli acerrimi rivali del Cruzeiro.

 Reinaldo vinse con la maglia dell’Atletico Mineiro per ben 8 volte il titolo estaduais e diversi tornei internazionali, anche in Europa, ma alla sua carriera effettivamente mancò l’acuto decisivo, che gli avrebbe riservato un posto ancora migliore nella storia del calcio e che d’altra parte avrebbe poi effettivamente meritato. Per due volte, infatti, Reinaldo sfiorò l’impresa che invece era riuscita a Dario Maravilha di vincere il titolo brasiliano assoluto. Infatti, nel 1977 e nel 1980 l’Atletico Mineiro fu per due volte superato nella finale del Brasileirao in maniera a dir poco polemica e sospetta. Reinaldo, d’altra parte, nella sua carriera dovette fare i conti con due avversari alquanto ostici: gli infortuni di cui era vittima per le rudezze che gli riservavano i difensori avversari e la dittatura militare, che tra gli Anni ’70 ed ’80 in Brasile molte volte decideva anche le sorti del campionato nazionale. Non era un caso, comunque, che uno come Reinaldo fosse particolarmente inviso alla dittatura militare brasiliana. Il cannoniere del Galo, infatti, amava festeggiare ogni suo gol ( e ne furono tanti) con il pugno sinistro levato al cielo, per ricordare sempre ed ogni volta la battaglia sociale e politica che sostenevano i Black Panther. “Eu commemorava os gols com o punho cerrado porque era un gesto socialista, revolucionario”. Una forma di propaganda politica che non poteva essere tollerata dai militari brasiliani e dai loro addestratori nordamericani. Quel Rei che infiammava la platea ed il popolo del Mineirao risultava un calciatore ed un artilheiro fin troppo scomodo per le gerarchie militari del paese e per l’esigenza di diritti sociali dei brasiliani. Reinaldo alla guida del suo Atletico Mineiro, una squadra costruita per lo più sulla forza del suo vivaio, insidiava la supremazia delle grandi del calcio brasiliano, osando di sfidare ed osteggiare il vero potere del paese. Non fu un caso, infatti, che nel 1982 a Reinaldo fosse negata la presenza tra i 22 convocati per la rassegna iridata in Spagna, che il Brasile di Telè Santana tra le altre cose mancò di vincere, pur indossando i panni della grande favorita. L’esclusione di Reinaldo fu paventata come l’ennesima ricaduta dei postumi di un infortunio lamentato dal centravanti dell’Atletico. Ma in realtà Telè Santana aveva ricevuto pressioni da parte dei generali brasiliani per escluderlo e concedere questo privilegio al giovane Careca, attaccante di grandi qualità che aveva traslocato dal Guaranì di Campinas al Sao Paulo, ma ancora acerbo  e che infatti non scese in campo nemmeno per un minuto.

 Tuttavia, quella in prospettiva iberica fu soltanto l’ultima delle punizioni che il regime militare brasiliano riservò al Rei di Belo Horizonte. Reinaldo aveva, infatti, vissuto soltanto poche stagioni prima delle autentiche repressioni agonistiche da parte del regime. L’Atletico Mineiro  per due volte giunse ad un passo dalla vittoria nel massimo campionato nazionale e per due volte il titolo gli fu letteralmente depredato e negato. I mezzi utilizzati dalla CBF, la federcalcio brasiliana, e dai suoi mandanti si rivelarono addirittura grotteschi ed anche, nella loro evidente malafede, poco elaborati. La più clamorosa si registrò proprio nel 1977, una stagione in cui peraltro la dittatura organizzò un campionato con ben 62 squadre ai nastri di partenza, ovviamente distribuite in varie fasi e vari raggruppamenti. Il poco più che ventenne Rei stava guidano il suo Atletico Mineiro in una stagione strabiliante del Brasileirao. Reinaldo stava andando in gol con una media realizzativa straordinaria. Dal primo turno di campionato alle semifinali Reinaldo timbrò il cartellino dei marcatori praticamente per 28 volte in 18 occasioni, stritolando ogni record del torneo nazionale. Il Rei andò in gol nel primo turno contro il Remo, poi suggellò il suo momento magico con una cinquina rifilata al Fast e poi castigò tutte le grandi del calcio nazionale. Reinaldo decise quasi da solo anche la semifinale contro il Londrina, rifilando ai malcapitati avversari una sontuosa tripletta ed il Galo giunse ad ogni modo alla grande finale da imbattuto, in attesa di contendere il titolo al Sao Paulo, che nella sua semifinale aveva eliminato l’Operario. Ma la più clamorosa ed allo stesso tempo indecente  delle decisioni adottò in quel momento la CBF. La federcalcio auriverde, infatti, squalificò per la grande finale Reinaldo, facendogli scontare con un sistema di sanzioni disciplinari cervellotico un turno di squalifica che era un residuo della prima fase del campionato. Era chiaro l’intento della CBF di privare l’Atletico Mineiro del suo giocatore più importante, senza il quale i bianconeri avrebbero avuto una vita difficilissima al cospetto del Sao Paulo. Fu un modo indegno per bilanciare la grande assenza nelle file pauliste che corrispondeva al nome di Serginho Chalupa. Il regime, però, riuscì a raggiungere il suo intento, completando la sua opera affidando la direzione di gara a Cesar Coelho, che arbitrò nettamente in favore dei paulisti. Il tecnico del Sao Paulo Rubens Minelli, infatti, nei giorni che precedevano la gara riconobbe l’inferiorità della propria squadra rispetto agli avversari e puntava su una condotta di gara difensivista in attesa di approdare ai calci di rigore. Coelho codardamente acconsentì al gioco duro ed ostruzionistico del Sao Paulo, culminato nell’intervento da codice penale di Chicao, che comportò la rottura dei legamenti del brillante Angelo. La partita non si sbloccò da un pareggio a reti bianche con il nervosismo dell’Atletico ed il Sao Paulo finì per prevalere con i tiri dagli undici metri in un Mineirao gremito di oltre 100.000 spettatori. Il Sao Paulo vinse un titolo nazionale pur avendo perso  per ben 4 volte, mentre l’Atletico Mineiro fu vicecampione ma imbattuto, amara consolazione per la squadra decisamente più forte del Brasile.  Lo stesso cannoniere dell’Atletico molti anni più tardi in un’intervista (a Placar nel 2012) tornò nuovamente su quanto accadde in quei primi mesi del 1978 (anche se si trattava del titolo del ’77): “Nel ‘77, la dittatura fu esplicita. Fui expulso nella primea fase del campionato, ma mi fecero scontare quella squalifica, evitandomi di giocare la finale”.

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