di Vincenzo Paliotto
Nel calcio brasiliano i goleador vengono
identificati con un appellativo più che altro dal significato inconfutabile e
cioè quello di artilheiros, vale a
dire artiglieri, per testimoniarne la loro esplosiva voracità in zona-gol. Nessuno,
però, in Brasile sa quanti siano effettivamente gli artilheiros. Ci sono quelli più noti e rinomati che hanno fatto le
fortune dei club del calcio nazionale e della Selecao, ma ce ne sono molti
altri sparsi praticamente in tutto il mondo. Ogni campionato, più o meno
prestigioso che sia, attualmente può godere o ha beneficiato del suo goleador
brasiliano. Gli osservatori più attenti non molto tempo fa ne scovarono uno
anche nelle Isole Far Oer, che d’altro canto si sa hanno un clima e temperature stagionali non
proprio vicine a quelle dei brasiliani. Del resto in Brasile giocare a calcio ed
in particolar modo fare gol rappresenta un’arte vera e propria, anche da
esportazione se è il caso, che ha fatto le fortune economiche più o meno grandi
di molti calciatori carioca. I calciatori brasiliani, infatti, sconfiggendo in
molti casi anche il loro peggior nemico come la saudade, riescono ad accasarsi
ed ambientarsi dovunque ad ogni latitudine. Anche se in tal caso bisogna dire che neanche
le cifre sono poi molto precise e sempre del tutto attendibili. Senza ombra di
dubbio il mitico Pelè e quindi il suo predecessore Arthur Friedenreich ed il
suo successore Romario hanno scavalcato e non di poco la barriera dei mille gol
in carriera, anche se per quanto riguarda i brasiliani bisogna dare risalto al
fatto che le statistiche calcistiche nel paìs
do futebol tengono conto quasi sempre anche dei gol realizzati in amistoso, cioè nelle amichevoli. Metro
di valutazione che invece non viene adottata per quanto riguarda il calcio nel
Vecchio Continente.
Il
Rei dell’Atletico Mineiro
Anche
Josè Reinaldo de Lima è stato un artilheiro
del calcio auriverde. Nato a Ponte Nova l’11 gennaio del 1957, è stato l’idolo
ed il trascinatore per 12 anni, tra il 1973 ed il 1985, dell’Atletico Mineiro,
la maggiore espressione calcistica del Minas Geraìs, una regione quasi
dell’entroterra brasiliano con capitale Belo Horizonte. Nato nel 1908,
l’Atletico Mineiro fu fondato dai numerosi minatori che popolavano la regione
e, seppur con un palmarès meno vasto dei cugini del Cruzeiro che hanno vinto
anche per 2 volte la Copa Libertadores, è considerata la squadra più popolare
del suo stato e che vanta numerosi sostenitori sparsi in tutto il Brasile. In
ogni angolo del Brasile è conosciuto come O
Galo, il gallo, da un appellativo che il giornalista Fernando Pieruccetti
gli affibbiò un giorno sul quotidiano Folha
do Minas. D’altra parte l’Atletico Mineiro nel 1971 fu la prima squadra a
laurearsi campione nel campionato brasiliano appena istituito, che fino a quel
momento viveva la parte più entusiasmante delle sue stagioni nei campionati estaduais o al massimo nelle eterne sfide
della Copa Rio-Sao Paulo, che come ben evidenzia la sua denominazione chiamava
in causa soltanto le squadre rappresentanti dei due stati calcistici più
blasonati del Brasile. All’Atletico Mineiro, invece, riuscì l’impresa di
imporsi dinanzi ad avversari senza dubbio più quotati. Il centravanti Dario
Maravilha decise con un suo gol la finale al cospetto del Palmeiras, portando
così in trionfo il tecnico Telè Santana. Lo stesso Dario aveva comunque
contribuito con ben 14 reti nel corso di quella stagione. Nel 1970 oltretutto
l’Atletico Mineiro sconfisse per 2-1 (con un gol proprio di Dario) il Brasile
che poi sarebbe diventato Campione del Mondo in una storica amichevole.
Reinaldo, invece, esordì nel Galo
giusto un paio di campionati più tardi, nel 1973 per l’esattezza, diventando
quasi subito un idolo della tifoseria atleticana. Reinaldo siglò 255 gol in 475
partite con la maglia dell’Atletico Mineiro, diventando il vero Rei del
Mineirao, il favoloso stadio della squadra bianconera. I tifosi lo invocavano in
maniera incessante ed al di là di ogni tipo di enfasi: ” Rei, rei, rei, Reinaldo è nosso rei”. Era risaputo del resto che
in Brasile l’unico vero Rei del calcio ed appellativo quindi affibbiato al suo
nome e alla sua carriera era inequivocabilmente Pelè, che aveva guidato il
Brasile per tre volte alla vittoria in Coppa Rimet. Ma dalle parti del Mineirao
senza troppa irriverenza questo titolo nobiliare veniva messo da parte per
consegnarlo a Reinaldo, fuoriclasse autentico e del popolo mineiro. Nel 1976 Reinaldo
vinse il suo primo titolo alla guida dell’Atletico Mineiro, consacrandosi come
l’idolo della sua tifoseria. O galo
non perse neanche un incontro, laureandosi quindi campeao invicto, campione imbattuto, collezionando 25 vittorie e 6
pareggi, mentre Reinaldo con due suoi gol sconfisse in finale gli acerrimi
rivali del Cruzeiro.
Reinaldo vinse con la maglia dell’Atletico
Mineiro per ben 8 volte il titolo estaduais
e diversi tornei internazionali, anche in Europa, ma alla sua carriera
effettivamente mancò l’acuto decisivo, che gli avrebbe riservato un posto
ancora migliore nella storia del calcio e che d’altra parte avrebbe poi
effettivamente meritato. Per due volte, infatti, Reinaldo sfiorò l’impresa che
invece era riuscita a Dario Maravilha di vincere il titolo brasiliano assoluto.
Infatti, nel 1977 e nel 1980 l’Atletico Mineiro fu per due volte superato nella
finale del Brasileirao in maniera a dir poco polemica e sospetta. Reinaldo, d’altra
parte, nella sua carriera dovette fare i conti con due avversari alquanto
ostici: gli infortuni di cui era vittima per le rudezze che gli riservavano i
difensori avversari e la dittatura militare, che tra gli Anni ’70 ed ’80 in
Brasile molte volte decideva anche le sorti del campionato nazionale. Non era
un caso, comunque, che uno come Reinaldo fosse particolarmente inviso alla
dittatura militare brasiliana. Il cannoniere del Galo, infatti, amava festeggiare ogni suo gol ( e ne furono tanti)
con il pugno sinistro levato al cielo, per ricordare sempre ed ogni volta la
battaglia sociale e politica che sostenevano i Black Panther. “Eu
commemorava os gols com o punho cerrado porque era un gesto socialista,
revolucionario”. Una forma di propaganda politica che non poteva essere
tollerata dai militari brasiliani e dai loro addestratori nordamericani. Quel
Rei che infiammava la platea ed il popolo del Mineirao risultava un calciatore
ed un artilheiro fin troppo scomodo
per le gerarchie militari del paese e per l’esigenza di diritti sociali dei
brasiliani. Reinaldo alla guida del suo Atletico Mineiro, una squadra costruita
per lo più sulla forza del suo vivaio, insidiava la supremazia delle grandi del
calcio brasiliano, osando di sfidare ed osteggiare il vero potere del paese.
Non fu un caso, infatti, che nel 1982 a Reinaldo fosse negata la presenza tra i
22 convocati per la rassegna iridata in Spagna, che il Brasile di Telè Santana
tra le altre cose mancò di vincere, pur indossando i panni della grande
favorita. L’esclusione di Reinaldo fu paventata come l’ennesima ricaduta dei
postumi di un infortunio lamentato dal centravanti dell’Atletico. Ma in realtà
Telè Santana aveva ricevuto pressioni da parte dei generali brasiliani per
escluderlo e concedere questo privilegio al giovane Careca, attaccante di
grandi qualità che aveva traslocato dal Guaranì di Campinas al Sao Paulo, ma
ancora acerbo e che infatti non scese in
campo nemmeno per un minuto.
Tuttavia, quella in prospettiva iberica fu
soltanto l’ultima delle punizioni che il regime militare brasiliano riservò al Rei di Belo Horizonte. Reinaldo aveva,
infatti, vissuto soltanto poche stagioni prima delle autentiche repressioni
agonistiche da parte del regime. L’Atletico Mineiro per due volte giunse ad un passo dalla
vittoria nel massimo campionato nazionale e per due volte il titolo gli fu
letteralmente depredato e negato. I mezzi utilizzati dalla CBF, la federcalcio
brasiliana, e dai suoi mandanti si rivelarono addirittura grotteschi ed anche,
nella loro evidente malafede, poco elaborati. La più clamorosa si registrò
proprio nel 1977, una stagione in cui peraltro la dittatura organizzò un
campionato con ben 62 squadre ai nastri di partenza, ovviamente distribuite in
varie fasi e vari raggruppamenti. Il poco più che ventenne Rei stava guidano il suo Atletico Mineiro in una stagione
strabiliante del Brasileirao. Reinaldo stava andando in gol con una media
realizzativa straordinaria. Dal primo turno di campionato alle semifinali
Reinaldo timbrò il cartellino dei marcatori praticamente per 28 volte in 18
occasioni, stritolando ogni record del torneo nazionale. Il Rei andò in gol nel
primo turno contro il Remo, poi suggellò il suo momento magico con una cinquina
rifilata al Fast e poi castigò tutte le grandi del calcio nazionale. Reinaldo
decise quasi da solo anche la semifinale contro il Londrina, rifilando ai
malcapitati avversari una sontuosa tripletta ed il Galo giunse ad ogni modo alla grande finale da imbattuto, in attesa
di contendere il titolo al Sao Paulo, che nella sua semifinale aveva eliminato
l’Operario. Ma la più clamorosa ed allo stesso tempo indecente delle decisioni adottò in quel momento la CBF.
La federcalcio auriverde, infatti, squalificò per la grande finale Reinaldo,
facendogli scontare con un sistema di sanzioni disciplinari cervellotico un
turno di squalifica che era un residuo della prima fase del campionato. Era
chiaro l’intento della CBF di privare l’Atletico Mineiro del suo giocatore più
importante, senza il quale i bianconeri avrebbero avuto una vita difficilissima
al cospetto del Sao Paulo. Fu un modo indegno per bilanciare la grande assenza
nelle file pauliste che corrispondeva al nome di Serginho Chalupa. Il regime,
però, riuscì a raggiungere il suo intento, completando la sua opera affidando
la direzione di gara a Cesar Coelho, che arbitrò nettamente in favore dei
paulisti. Il tecnico del Sao Paulo Rubens Minelli, infatti, nei giorni che
precedevano la gara riconobbe l’inferiorità della propria squadra rispetto agli
avversari e puntava su una condotta di gara difensivista in attesa di approdare
ai calci di rigore. Coelho codardamente acconsentì al gioco duro ed
ostruzionistico del Sao Paulo, culminato nell’intervento da codice penale di
Chicao, che comportò la rottura dei legamenti del brillante Angelo. La partita
non si sbloccò da un pareggio a reti bianche con il nervosismo dell’Atletico ed
il Sao Paulo finì per prevalere con i tiri dagli undici metri in un Mineirao
gremito di oltre 100.000 spettatori. Il Sao Paulo vinse un titolo nazionale pur
avendo perso per ben 4 volte, mentre
l’Atletico Mineiro fu vicecampione ma imbattuto, amara consolazione per la
squadra decisamente più forte del Brasile.
Lo stesso cannoniere dell’Atletico molti anni più tardi in un’intervista
(a Placar nel 2012) tornò nuovamente
su quanto accadde in quei primi mesi del 1978 (anche se si trattava del titolo
del ’77): “Nel ‘77, la
dittatura fu esplicita. Fui expulso nella primea fase del campionato, ma mi
fecero scontare quella squalifica, evitandomi di giocare la finale”.
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