La nascita del tifo in Italia, almeno di
quello non propriamente organizzato, risale quasi alla stessa diffusione del
calcio nella nostra penisola. Oltretutto, come ben appurato, studiato ed
approfondito in diversi aspetti delle discipline sociologiche, il fenomeno del
tifo ha rappresentato quasi sempre l’espressione più naturale del momento
storico e sociale di ciascun singolo paese. Il calcio in particolare già dai
suoi inizi rappresentò per le varie tifoserie una forma di aggregazione che da
troppo tempo non si esprimeva nella società europea in generale e che si
identificò come uno spontaneo momento dedito al seguito di massa. La squadra
del cuore divenne un momento di aggregazione ed ancora di più, uno stato di
identificazione con la propria territorialità e le proprie tradizioni.
Oltretutto il campanilismo recitò un ruolo ancora di più importante per la
società italiana, storicamente abituata dagli eventi politici ad essere
frazionata non solo in regioni e province, ma in tante municipalità ognuna con una
storia e delle tradizioni proprie. Il calcio contribuì in maniera enorme alle
rivalità sul territorio e rappresentò un oggetto del desiderio sia politico che
economico oltremodo ambito.
Il primo assedio negli spogliatoi. Il
primo campionato di calcio in Italia si disputò comunque nell’arco di un solo
giorno l’8 maggio del 1898 e l’attività delle Federazione a livello ufficiale
nel suo primo decennio si sviluppò prevalentemente nel Nord Italia. Le
intemperanze dei tifosi ed il loro seguito per la squadra del cuore non
rappresentarono una novità nemmeno agli albori dell’attività calcistica. Il 24
aprile del 1910 infatti a Vercelli si registrò il primo assedio negli
spogliatoi da parte dei tifosi ai danni della squadra ospite. Vittima della
rabbia dei tifosi vercellesi fu l’Internazionale, che si era imposta nella
finale del campionato con un eloquente 10-3. Ma i vercellesi, che avevano una
grande squadra in quell’epoca, per protesta contro la Federazione mandarono in
campo una formazione composta soltanto da ragazzini di 11 anni. In quanto la
stessa Federazione non aveva voluto spostare la data della finale, poiché per
lo stesso girono era stato indetto anche un torneo militare. Il malcontento
della Pro Vercelli, Campione d’Italia in carica, fu manifestato soprattutto dal
furore di suoi tifosi. Ma non rimase quello un episodio isolato. Nel gennaio
del 1912 una fitta sassaiola nei confronti dell’arbitro fece da contorno alla
partita tra l’Andrea Doria e l’Internazionale, mentre nel dicembre del 1913 le
forze dell’ordine intervennero in soccorso dell’arbitro dopo qualche
scaramuccia verificatasi tra Novara e Unione Sportiva Milanese. Ma l’arbitro
non divenne l’unico soggetto perseguitato e causa di incidenti di una partita
di calcio. Cose più gravi dal punto di vista dell’ordine pubblico accaddero
ancora. Il 21 febbraio del 1913 qualche incidente scoppiò tra i sostenitori del
Milan e quelli dell’Andrea Doria, così come il 29 gennaio del 1914 a Roma tra i
tifosi della Lazio e quelli di un’altra squadra capitolina la Juventus. Anche
se l’episodio più grave si registrò il 18 gennaio del 1914 al termine della
partita tra la Spes Livorno e lo Sporting Pisa per non smentire una rivalità
atavica, che trovò improvvisamente terreno fertile anche nel calcio. I tifosi
si scontrarono e fu esploso anche qualche colpo di rivoltella. Il tifo era
dunque già una realtà nella domenica degli sportivi italiani. Le squadre
registravano un seguito sempre maggiore da parte dei tifosi, che molte volte
usavano mezzi di fortuna per andare a vedere la partita anche fuori casa. Le
prime seppur sporadiche carovane al seguito dei tifosi le cominciarono a contare il Genoa, la Pro Vercelli ed il
Casale, ma anche le altre non erano da meno.
Al seguito del Genoa. Nel primo ventennio del 1900, comunque,
tra le squadre che godevano del maggior seguito di tifosi figurava senza dubbio
il Genoa, prima squadra a nascere in Italia nel 1893. Oltretutto i rossoblu
genovesi dominarono la scena italiana di quegli anni, vincendo il primo titolo
in assoluto nel 1898 ed affermandosi fino al 1924 in ben 9 occasioni. Il Genoa
godeva quindi di un pubblico importante, che in verità si trascinerà
magnificamente dietro per oltre 100 anni di storia. Il 26 marzo del 1922 il
Genoa appose un altro importante ed anche curioso primato nel suo già
fornitissimo palmarès. Infatti, la società rossoblu organizzò la prima
trasferta per i suoi tifosi via mare. Quel giorno infatti il Genoa doveva
andare a giocare un derby regionale quanto mai sentito in casa del Savona. Il
battello a pale Bon Voyage, che un
tempo attraversava la Manica, caricò a bordo ben 700 genoani per raggiungere
Savona, dove la squadra genovese impattò per 1-1. Tuttavia, per i genoani
andare in trasferta al seguito della propria squadra non era certo una novità
già in quegli anni. Ed il Grifone nelle occasioni più importanti della sua
nobile storia si ritrovò quasi sempre scortato dai suoi supporters. Nel 1924 una
lunga giornata in treno fu organizzata proprio dai genoani per seguire la loro
squadra a Padova. Trasferta decisiva per il Genoa per vincere il proprio girone
di qualificazione.
Negli Anni Venti la società italiana comunque
si incanalò in una fase delicata della sua storia con il primo periodo
post-bellico e l’avvento del fascismo, ma nel frattempo l’interesse intorno al
calcio nel nostro paese cresceva così come il movimento del tifo quasi
organizzato.
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