di
Vincenzo Paliotto
Provenivano da strade e percorsi diversi.
Cruyff approdò nel campionato spagnolo in quanto all’Ajax una votazione della
squadra lo aveva privato della fascia di capitano e quindi decise con l’aiuto
del suocero Cor Coster, commerciante di diamanti e di calciatori, di trovare un
ingaggio lauto a Barcellona, anche se il suo club era a sua volta in trattativa
con il Real Madrid. In realtà mezza Europa avrebbe sostenuto qualsiasi
sacrifico economico per avere alle proprie dipendenze uno come Cruyff. Caszely,
invece, approdò in Spagna, in un primo momento al Levante, da tanti considerata
più o meno la seconda squadra di Valencia, e poi a Barcellona sulla sponda
dell’Espanol, come una scommessa o quasi da vincere. Le doti tecniche e
realizzative del cileno erano note, ma tutte ancora da verificare nel calcio europeo.
Nella sua militanza a Barcellona, oltretutto, Cruyff non era un calciatore con
passaporto straniero come tanti altri. Non era un mercenario affidato al soldo
di uno dei club più ricchi e vincenti del mondo e basta. La sua integrazione
con il catalanismo fu reale e non soltanto di facciata, così come di
conseguenza la sua ostilità nei confronti del franchismo, che in particolare
aveva martoriato il popolo barcellonese, che era diventato ad un certo punto
della sua vita anche il suo popolo. Il loro divenne un rapporto di amicizia
vero, anche se i due calciatori non avevano mai avuto contatti in precedenza.
Ma le prestazioni calcistiche e non solo di entrambi creavano fascino
vicendevolmente. Dopo le sfortune in classifica con il piccolo Levante, Caszely
approdò al ben più ambizioso Espanol, la squadra non minore, ma come dire meno
vincente di Barcellona, ma comunque con un seguito importante di aficionados. Fu nella capitale catalana
che Caszely e Cruyff strinsero un rapporto di amicizia significativo, appassionandosi
l’uno all’altro del reciproco senso di rivoluzione. Disse Caszely: “Ogni tanto abbiamo giocato a tennis insieme
ed una volta è venuto anche a trovarmi a casa. Bevemmo del caffè e
chiacchierammo e mi ricordo che fumò quasi un intero pacchetto di sigarette
Chesterfield. Ma la sua compagnia era
bella e sapeva essere un amico”. Lo stesso quotidiano El Mundo Deportivo una domenica mattina di maggio, era precisamente
il 14 maggio del 1978, dedicò una pagina alla visita di Caszely a Cruyff
durante un allenamento del Barcellona, che si preparava per una tournèe negli
Stati Uniti. Caszely visitò a Cruyff al campo di allenamento. Ma probabilmente
dopo quella visita i due dovettero, per colpe non loro, perdersi un po’ di
vista. In realtà Cruyff caldeggiò ai suoi vertici societari del Barca
l’acquisto proprio di Caszely, che sarebbe stato un colpo vincente nell’attacco
dei barcellonesi. Meler, che era il Presidente dell’Espanol, per una questione
di orgoglio si oppose e dichiarò quasi pubblicamente che il cartellino di
Caszely non lo avrebbe ceduto per nessuna cifra, neanche di quelle astronomiche
che sapeva scucire il Barcellona. Insomma Caszely non era in vendita,
soprattutto se a comprarlo era il Barcellona. Cruyff lo aveva visto giocare e
condivideva una stima per lui insieme al tecnico del Barca Rinus Michels.
Sarebbe stato un calciatore ideale per quel Barcellona già forte ed ambizioso,
in un mosaico tecnico in cui i sudamericani spesso si esaltavano. Un calciatore
estroso come terminale delle offensive dei blaugrana.
Quel sogno quasi proibito di vederli giocare insieme così svanì, anche se a
questa eventualità ci fu e c’era stata una eccezione e pure importante.
Il 9 giugno del 1976, nel suo Camp Nou, Cruyff
decise di scendere in campo, coinvolgendo anche il suo connazionale Johan
Neeskens ed appena il suo amico Carlos Caszely, con addosso la maglia catalana
in un inedito Selecciòn Catalunya-URSS. Una partita che poteva finalmente
giocarsi, dopo la morte di Francisco Franco, che aveva opportunamente messo al
bando quella selezione catalana. Un combinado
(come amano dire gli spagnoli ed i sudamericani) di calciatori in
prevalenza di Barca ed Espanyol formarono quella squadra, che scese in campo
con: Mora; Ramos, Costas, Verdugo;
Ortiz Aquino, Neeskens; Rexach, Solsona, Cruyff, Marcial e Caszely. Nella
seconda frazione di gioco poi Fernández Amado entrò in luogo di Marcial al 70’
e quindi Cuesta proprio al posto di Cruyff. Finì 1-1 e segnò Neeskens per i
catalani e giocò anche Carlos Caszely, in forza all’Espanyol, in quello che
diventò un vero inno al comunismo e all’anti-franchismo in generale. Caszely,
infatti, come sapevano tutti in Spagna era emigrato calcisticamente dal Cile in
Spagna proprio per sfuggire in qualche modo alla caccia di Augusto Pinochet,
dittatore militare e fascista. Ma il catalanismo di Cruyff era iniziato già da
prima e, alla morte desiderata di Francisco Franco, Cruyff aveva indossato come
fascia di capitano del Barcellona la senyera,
simbolo del catalanismo, in una gara interna di campionato contro
l’Athletic Bilbao il 1° marzo del 1976. Oltretutto lo stesso Cruyff battezzò
suo figlio, nato proprio a Barcellona, con il nome di Jordi, che la legge
spagnola proibiva al tempo, in quanto il figlio del campione olandese si
sarebbe dovuto chiamare Jorge Cruyff e non con il catalanizzato Jordi, non
consentito dalla legge franchista. Ma il N. 14 più famoso ed ambito del mondo
lo fece proprio per dare un senso di libertà e di vicinanza all’identità
catalana. Il giornalista del New York
Times, presente alla memorabile manita
del Barca in casa del Real Madrid nel ’74, disse che aveva fatto più Cruyff per
il catalanismo in un solo pomeriggio di calcio che tanti uomini della politica
in tanti loro discorsi ed azioni. Il sogno di vedere giocare Cruyff e Caszely
insieme durò lo spazio limitato di quella partita. Un’esibizione importante per
la Catalogna ed i suoi stessi protagonisti. Poi scelsero entrambi strade
calcistiche diverse, ma in fondo dalle idee comuni: Cruyff continuò a
peregrinare tra gli Stati Uniti e poi il suo ritorno in Olanda tra l’Ajax ed
addirittura il Feyenoord, mentre lo stesso Caszely sarebbe poi ritornato in
Cile. Anche se Caszely colse l’immensa soddisfazione di battere proprio il
Barca in un sentitissimo derbi barcelones
sul terreno di casa. Era la temporada
del 1975/76 ed il cileno due volte infilò la porta del Barca. Un pesante 3-0
rimasto nella storia, propiziato da un gol di testa del non altissimo Carlos,
che poi rifinì la sua giornata con un gol dei suoi nel finale di partita. Ma
anche questa è un’altra storia. Caszely approdò all’Espanyol, che lo pagò e che
gli permetteva di evitare di tornare anzitempo nel suo paese e soprattutto
sotto le grinfie di un Augusto Pinochet che lo aspettava al varco. Fu costretto
per diverse settimane a rimanere fuori del rettangolo di gioco per problemi di
tesseramento. Poi, una volta sceso in campo, non si fermò più ed i suoi gol
diventarono una costante nella Liga spagnola del tempo. Su strade diverse
Cruyff e Caszely perseguirono le loro idee, presentandosi entrambi come dei
rivoluzionari affascinanti ed indiscutibili. Non si sarebbero incontrati
nuovamente, ma il desiderio di giocare nella stessa squadra era rimasto
incompiuto, ma allo stesso tempo era rimasto molto alto.