tag:blogger.com,1999:blog-9712739384918101412024-03-08T12:33:52.776+01:00L'altro calcio. Storie di football e politicaPer gli amanti del football. Il calcio rivisitato non soltanto nella sua forma agonistica, ma anche in quella storica e sociale.Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.comBlogger914125tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-463524204521245372020-03-02T14:31:00.000+01:002020-03-02T14:31:00.319+01:00Copa Libertadores 2020, historial Flamengo-Junior Barranquilla<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjwX2bonVUI12GAh-6LO6LQpf1hl_h5sktStIlavl48gC4H1dMT0CbjeLpTOYtOBZ7sYhgLZhLGZrxyycvy6PjDp_9JZXj6q0dK044mh5EUHIAA9chuEbmS82X7oHVlNrXJ1WF1EmqujWfn/s1600/Junior+Barranquilla-Flamengo+1984.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="585" data-original-width="860" height="217" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjwX2bonVUI12GAh-6LO6LQpf1hl_h5sktStIlavl48gC4H1dMT0CbjeLpTOYtOBZ7sYhgLZhLGZrxyycvy6PjDp_9JZXj6q0dK044mh5EUHIAA9chuEbmS82X7oHVlNrXJ1WF1EmqujWfn/s320/Junior+Barranquilla-Flamengo+1984.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: Corbel, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 115%;">di Vincenzo Paliotto</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Corbel","sans-serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> Era un Flamengo
ancora molto forte sulla carta, nonostante la dipartita verso il calcio
italiano di Arthur Zico nell’estate del 1983. Ma proprio nel 1983, con Zico
ancora in campo e dopo poco tempo la
scomparsa dell’allenatore Coutinho, colui che in qualche modo avrebbe voluto
cambiare le abitudini di gioco dei brasiliani, il Flamengo vinse un nuovo
titolo brasiliano, questa volta schiacciando in finale senza troppa storia il
redivivo Santos, tornato molto tempo dopo l’addio di Pelè ad un appuntamento
senza dubbio importante. Flamengo, passato nel frattempo sotto le cure di
Carlos Alberto Torres, e Santos guadagnarono dunque un posto a testa per la
Copa Libertadores del 1984, che i carioca giocarono con molte più ambizioni,
peraltro infliggendo ancora due notevoli sconfitte ai santisti. le altre
avversarie del girone brasiliano-colombiano erano l’America Calì, la squadra
cara al narcotrafficante del Cartello cittadino Gilberto Orejuela Rodriguez, e
lo Junior Barranquilla.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Corbel","sans-serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> Il Flamengo, che
torna in campo per la prima volta dopo al conquista della Libertadores del
2019, riparte proprio dai colombiani dello Junior e quello del 1984 è l’unico
precedente tra le due formazioni nel massimo torneo. In quella stagione la
squadra flamenguista riportò al cospetto dei colombiani due vittorie nette. Il
Flamengo vinse 2-1 a Barranquilla dinanzi a 45.000 spettatori, grazie al gol in
apertura di Edmar, quindi il provvisorio pareggio di Barrios e quindi il gol
decisivo nel finale di Tita, traslocato a Rio proveniente dal Gremio, dove
aveva vinto un’altra Libertadores. Il protagonista finale fu però Ubaldo
Matildo Fillo, arrivato a Rio dall’Argentinos Juniors, che nei minuti finali
neutralizzò un penalty di Galvan. Fillo del resto in patria era specializzato,
così come il suo grande rivale Hugo Gatti, a parare i calci di rigore. Nella
gara successiva la Maracanà invece il Flamengo vinse per 3-1 e tutti e tre i
gol portavano la firma di Edmar, talentuoso centravanti che i carioca avevano
pescato nelle file del Cruzeiro in quella che sarebbe stata poi la sua unica
stagione in maglia rossonera. Edmar fu l’eroe flamenguista in quello scorcio di
stagione, prima di passare poi al Guaranì Campinas. Nell’esatte del 1988
sarebbe approdato addirittura in Italia nelle file del Pescara, dove avrebbe
magicamente ritrovato altri suoi compagni del Flamengo come i titolati Junior e
Tita. <o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Corbel","sans-serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> Il Flamengo del
1984 passò al girone di semifinale, ma non arrivò alla finale, fermato nello
spareggio dal Gremio, che comunque abdicò al titolo continentale in favore
dell’Independiente de Avellaneda.<o:p></o:p></span></div>
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-75255006112233284592020-02-12T15:20:00.001+01:002020-02-12T15:20:43.716+01:00Quando Erdogan era un calciatore<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgeGoOgyYNCmFJ0C50SUkHw7TZHdgy-QwjJC9UlBQ7oIYeqMzHPzzZ9utAIsrVb3LIXaWIfGsrZ27Vk1RYnNQTxG0fHSYE8ALl98hrwYqE8U7eE_KstNs9wJ0LXNuoh_YKQiV3whIaeWv6z/s1600/Erdogan5.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="400" data-original-width="645" height="198" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgeGoOgyYNCmFJ0C50SUkHw7TZHdgy-QwjJC9UlBQ7oIYeqMzHPzzZ9utAIsrVb3LIXaWIfGsrZ27Vk1RYnNQTxG0fHSYE8ALl98hrwYqE8U7eE_KstNs9wJ0LXNuoh_YKQiV3whIaeWv6z/s320/Erdogan5.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
di Vincenzo Paliotto</div>
<div class="MsoNormal">
RecepTayyipErdogan è dal 2014 il Presidente della Repubblica
di Turchia in carica, dopo essere stato per tre mandati consecutivi anche il
Primo Ministro del paese. E’ uno degli uomini più discussi e criticati degli
equilibri politici ed economici dello scacchiere del Mediterraneo. Molti paesi
hanno chiesto sanzioni a carico della Turchia e soprattutto di privarla di
eventi dal punto di vista sportivo importanti, a cominciare dalla finale di
Champions League in programma ad Istanbul il prossimo anno. L’aggressione ai
curdi e l’attuazione di vere e proprie tecniche di sterminio praticate
dall’esercito turco hanno suscitato rabbia ed in qualche caso reazione, ma la
Turchia sembra non mollare, anzi gli stessi calciatori della nazionale di
calcio hanno fatto gridare allo scandalo per il saluto militare da loro
eseguito durante le partite. Qualcuno, come il mitico Hakan Sukur, ex tra le
altre di Galatasaray, Inter e Torino, si è dissociato, entrando in rotta di
collisione con lo stesso Erdogan ed il governo turco e di conseguenza quasi
bandito dal sistema di comunicazione.</div>
<div class="MsoNormal">
Il calcio, del resto,
gode di un’importanza vitale nel tessuto sociale turco e la stessa storia
personale di Erdogan incrocia quella di un campo di calcio. Il Presidente turco
vanta una vera e propria carriera agonistica, avendo militato nell’Erokspor,
nel Camtli e quindi nello Iett Istanbul. Debuttò all’età di 15 anni
nell’Erokspor, squadra del distretto della capitale di Kasimpasa nata nel 1959.
Dai colori giallo e verdi è da sempre un tipico sodalizio sportivo, che lancia
nell’orbita agonistica i giovani turchi. Erdogan in compagnia di NevruzSerif,
ex-nazionale, è una delle glorie del club, mettendosi abbastanza presto in luce
come attaccante dallo spiccato fiuto del gol. In verità tra l’orgoglio della
madre, che accuratamente gli lavava e gli preparava gli indumenti di gioco, e
la rabbia ed il risentimento del padre Ahmet, che lo avrebbero voluto
unicamente proiettato verso gli studi. Ma l’attenzione di Erdogan verso il
calcio era effettivamente alta, tanto che il giovane Recep riusciva a dividersi
pur di giocare al pallone, tra gli studi all’Università di Mar<a href="https://www.blogger.com/null" name="_GoBack"></a>mara,
lavori per contribuire alle spese della famiglia ed il campo di allenamento.
Dopo un’altra proficua esperienza al Camtli, altra formazione di una divisione
dilettantistica, nel 1975 l’Erdogan calciatore ha scaturito l’interessamento
dell’Iett, la squadra dei trasporti della capitale, militante stabilmente nella
terza divisione nazionale. Il suo reclutamento nell’organico della sua nuova
squadra avvenne attraverso un’assunzione. Il 24 ottobre del 1975, infatti,
Erdogan superò pienamente la prova di assunzione nella nuova società e diventa
un dipendente ed un calciatore del club. Diventa subito un idolo dello Iett,
che nel 1978 guidò a suon di gol alla vittoria nel I campionato amatoriale di
Istanbul. Tuttavia, l’interesse nei suoi confronti era molto alto, tanto che
pervenne una proposta di ingaggio da parte del Fenerbache. Soltanto
l’opposizione strenua del padre fece tramontare definitivamente la trattativa.
Mehmet Ali Gurses, l’allenatore della squadra, ne esaltava ampiamente le doti
di attaccante. La sua permanenza in quella squadra si prolungò fino al 1981,
tra diverse vittorie in campionato. Anche se era un calcio difficile e quasi
eroico, con campi spelacchiati senza un filo d’erba e soprattutto esposto alle
rudezze dei difensori turchi. Una volta in carriera venne pure espulso Erdogan,
a causa di reiterate proteste nei confronti del direttore di gara di turco. Era
d’altra parte dotato di un carattere deciso anche sui campi di calcio Erdogan,
facendosi apprezzare quasi sempre in zona-gol.</div>
<br />
<div class="MsoNormal">
Il suo legame con il
calcio non sarebbe, comunque mai svanito. Anche quando Erdogan sarebbe
diventato un uomo politico a tutti gli effetti. Anzi il calcio continuò ad
occupare un aspetto importante della sua vita, a cominciare dal Basaksehirspor,
la squadra che personalmente segue e che ha portato ai vertici del calcio
turco. Un rapporto difficile, però, da gestire, soprattutto al cospetto delle
altre grandi del calcio nazionale. Gli ultras di Galatasaray, Fenerbahce e
Besiktas si unirono in un fronte comune per riversarsi nelle strade di Istanbul
e contraddire le direttive politiche di Erdogan. Ma anche questa è un’altra
storia, una storia che la Turchia moderna fatica ad accantonare. </div>
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-19824645259469039702020-02-06T15:15:00.000+01:002020-02-06T15:15:01.451+01:00Prince Amoako, l'unico africano ad aver giocato una finale di Copa Libertadores
<br />
<br />
<br />
di Vincenzo Paliotto<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgPFiV0PLdrBg5mfVeJu155gHqRz8I_HiS3XiMyYqUrWlFz_YxvwNPj0pormGwy0O52ygsSVrN227XGjj-e5F0hvPEeYgHtN2q_mlUYBMbfgn1oausFIWk6zaAuu5RFqsBRmPl9V3xqXWAm/s1600/Prince+Amoako.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="218" data-original-width="231" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgPFiV0PLdrBg5mfVeJu155gHqRz8I_HiS3XiMyYqUrWlFz_YxvwNPj0pormGwy0O52ygsSVrN227XGjj-e5F0hvPEeYgHtN2q_mlUYBMbfgn1oausFIWk6zaAuu5RFqsBRmPl9V3xqXWAm/s1600/Prince+Amoako.png" /></a></div>
<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Quasi improbabile che
giocatori e tecnici di altri continenti abbiano potuto far bene nella Copa
Libertadores. Lo spagnolo Pablo Mari è stato il primo europeo a vincerla nel
2019 con la maglia del Flamengo. Invece un solo calciatore africano è riuscito
quantomeno a giocare la finale della Copa più prestigiosa dell’America Latina.
E’ la storia di Prince Koranteng Amoako, centravanti ghanese che si mise in
luce alle Olimpiadi di Atlanta del 1996. Giocava con l’Asante Kotoko e le buone
prestazioni <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>nella manifestazione a
cinque cerchi lo portarono in Perù, alla corte dello Sporting Cristal a Lima.
Il <i style="mso-bidi-font-style: normal;">conjunto cervecero</i>, nato nel 1954,
giocò una straordinaria campagna in Libertadores agli ordini del tecnico Sergio
Markarian e diventò la seconda squadra peruviana a giocare una finale dopo
l’Universitario nel 1972. Era la squadra di Solano, Soto, del paraguayano Pedro
Garay, di Julinho e dell’argentino Bonnet e quindi di Amoako. <br />
<br />
<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Negli ottavi lo
Sporting Cristal con molta sorpresa superò il Velez Sarsfield con un gol in
campo esterno a due minuti dal termine di Jorge Soto e nei quarti avrebbe
sfidato sulle alture boliviane un agguerrito Bolivar, che tra i pali schierava
un altro africano: Thomas N’Kono, ormai un po’ avanti con gli anni ma che
spinse l’undici di La Paz veramente lontano nella Copa. In Bolivia i padroni di
casa prevalsero per 2-1, ma a Lima lo Sporting operò un grande riscatto con i
gol di Solano, Soto ed al 66’ di Amoako, che superò proprio N’Kono in un
inedito duello africano in territorio sudamericano. In semifinale contro il Racing
Club Avellaneda, maggiormente accreditato di raggiungere l’atto finale del
torneo, venne messo in copertina dalla rivista <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Once</i> alla guida di un’auto della polizia. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">El conductor</i> recitava il prestigioso titolo ed Amoako divenne
l’arma a sorpresa di quello Sporting Cristal. Giocò entrambe le partite il
grane, dando molti grattacapi alla difesa della squadra di Alfio Basile. Un
attaccante dal passo imprevedibile che poteva spostare gli equilibri di una
partita e rendere vulnerabile anche le difese più munite del torneo. Lo
Sporting Cristal ebbe ragione anche del Racing Club, che sognava una finale di
Copa Libertadores a distanza di 30 anni esatti.<br />
<br />
<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Giocò titolare anche
nella finale di ritorno a Belo Horizonte per essere rilevato da Carmona contro
il Cruzeiro, ma la sua avventura con la maglia dei <i style="mso-bidi-font-style: normal;">cervezeros</i> durò lo spazio di 15 partite e 3 reti, prima di passare
al Deportivo Municipal, sempre nella capitale andina. Questa volta in finale
allo Sporting Cristal ed Amoako il miracolo non riuscì, ma quella doppia finale
fu decisa in favore dei brasiliani da un solo gol, peraltro di Elivelton su
topica di Baleiro.<br />
<b></b><i></i><u></u><sub></sub><sup></sup><strike></strike>Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-55696698627435057192020-01-29T14:54:00.001+01:002020-01-29T14:54:29.937+01:00Il miglior gol di Bochini, 10 anni prima di Maradona<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjlh068CQnB21j5fTSFIDVxE7ELHpa8zNTH3mMGJj-g1gwxKPftA8L6Ys2Q02JWV9_3PmsIYqQpuW1cWY4Tv2bpgn9TbYloRg4jmFStYio_lqbMrCyEuDvd4hhGzxwLdaGJE0j328GwiqmN/s1600/Bochini.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="382" data-original-width="640" height="191" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjlh068CQnB21j5fTSFIDVxE7ELHpa8zNTH3mMGJj-g1gwxKPftA8L6Ys2Q02JWV9_3PmsIYqQpuW1cWY4Tv2bpgn9TbYloRg4jmFStYio_lqbMrCyEuDvd4hhGzxwLdaGJE0j328GwiqmN/s320/Bochini.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
di Vincenzo Paliotto</div>
<div class="MsoNormal">
Li evitò tutti o
quasi in dribbling stretti e ficcanti, usando al meglio tutta l’arte pedatorio
di cui era in possesso. Julio Ricardo Bochini segnò il gol della storia, che
giusto dieci anni più tardi soltanto Diego Armando Maradona avrebbe
perfettamente emulato. Era il 26 maggio del 1976 e al Doble Visera, casa
dell’Independiente, i <i>diablos rojos</i>
sfidavano nel girone di semifinale il Penarol, in uno dei grandi classici del
Sud America. La sfida viveva di un equilibrio quasi eterno ed
incontrovertibile. L’Independiente giocava tra la folla della sua gente,
chiamato in causa a difendere il titolo continentale che nella stagione
precedente aveva vinto ai danni del Sao Paulo. Bochini aveva debuttato con
quella che sarebbe stata la squadra della sua vita nel 1972. Un esordio di
fuoco tra le altre cose. Il 25 giugno del ’72 nella <i>cancha</i> del Monumental, tempio del River Plate, il Bocha scese in
campo per rilevare Saggioratto ed al primo pallone giocabile eluse in dribbling
Daniel Onega, colonna del River, che lo strattonò per la maglia.
L’Independiente comunque perse di misura, ma quel giorno aveva scoperto un
altro dei suoi incredibili campioni, forse il più dotato di sempre. </div>
<div class="MsoNormal">
Quelli del Penarol,
però, lo attendevano con i loro tacchetti affilati e con le loro maniere rudi e
spesso scomposte, tali da intimorire qualsiasi attaccanti. Bochini provò loro a
stuzzicare nel corso della gara, ma i girasoli sembravano attentissimi senza
concedere il minimo centimetro di spazio. All’altezza della metà campo
dell’Independiente Bertolè si incaricò di andare a battere un fallo laterale,
passando il pallone ad Asteggiano, che a sua volta lo cedette nei piedi
sapienti di Bochini. Nessuno poteva avere in mente quali fossero le intenzioni
del n. 10 in quel momento. Ma Bochini evitò subito in dribbling l’accorrente
Gimenez e quindi si lanciò in velocità tra le strette maglie di Acosta e
Pizzani, prima che Zoryes ed Olivera andassero a vuoto anche con il loro
tentativo di opposizione. Bochini avanzava impietoso verso la porta avversaria,
eludendo nuovamente l’intervento in tackle del redivivo e quindi superando
anche Garisto. L’ultimo difensore rimasto nella sua scia era Gonzalez, anche
superato in dribbling e quindi in diagonale dall’interno dell’area di rigore
superò la resistenza dell’estremo difensore Corbo. Con quel gol storico ed
eccezionale l’Independiente vinse quella partita e quella prodezza venne
consegnata direttamente alla storia. Lo avrebbe imitato giusto dieci anni più
tardi Maradona in Messico contro l’Inghilterra. Del resto Maradona riteneva
Bochini il calciatore a cui si ispirava, il suo vero ispiratore dei suoi gesti
tecnici. </div>
<br />
<div class="MsoNormal">
Non fu un caso, del
resto, che Maradona ne pretese la convocazione per i Mondiali del 1986, seppur
con un posto in panchina. El Bocha aveva avuto una carriera poco fortunata con
la Selecciòn, ma Maradona gli consentì di diventare Campione del Mondo, quando
Bochini scese in campo seppur per pochi minuti nella semifinale contro il
Belgio. Un regalo che il maestro non avrebbe mai più dimenticato.</div>
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-57848003420107461492020-01-21T15:19:00.001+01:002020-01-21T15:19:25.760+01:00La libertà del gol di Viorel Nastase<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgONJXLf455ZA0W9osbIQSPvmwSPQRGzV0RkCRvTJ-wWNRk6JZbv2gkogJGbUCbpZd6VqVwIjjOlSCcVJLvczgnYF4BZUHegwjqztw6co5Q7QGQWfmpC_NT1OgnQcEdkWkppA0AFy18uWOk/s1600/Viorel+Nastase.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="259" data-original-width="195" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgONJXLf455ZA0W9osbIQSPvmwSPQRGzV0RkCRvTJ-wWNRk6JZbv2gkogJGbUCbpZd6VqVwIjjOlSCcVJLvczgnYF4BZUHegwjqztw6co5Q7QGQWfmpC_NT1OgnQcEdkWkppA0AFy18uWOk/s1600/Viorel+Nastase.jpg" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
di Vincenzo Paliotto</div>
<div class="MsoNormal">
La conosceva in qualche modo la sua libertà Viorel Nastase.
La assaporava ogni volta che scendeva sul terreno di gioco. I bene informati,
del resto, affermavano che se non avesse avuto la passione sia per le donne che
per le birre il suo nome sarebbe riecheggiato a lungo nella storia del calcio
mondiale. Invece, soltanto in parte fu così. Era nato a Bucarest nel 1953 e di
professione faceva l’attaccante con il fiuto del gol. Cominciò a 16 anni nel
piccolo Progresul nella capitale rumena, ma ben presto nel 1971 divenne uno
degli oggetti del desiderio di una delle squadre più potenti del paese: la
Steaua, la squadra dei militari, con cui giocò fino al ’79, mettendo a segno
soltanto in campionato ben 77 reti. Il suo approdo in nazionale fu precoce, ma
alquanto breve. Dopo l’esordio nel 1971 contro l’Albania, vi ritornò soltanto
una volta nel 1977 per poi uscirvi ancora una volta definitivamente. Raggiunse
una popolarità enorme pari al suo talento nel momento in cui in Coppa delle
Coppe con la sua Steaua eliminò nel 1971/72 il quotato e ricco Barcellona, che
non aveva ancora vinto a livello continentale, ma era stato affidato alla guida
tecnica di RinusMichels. Viorel Nastase nell’arco delle due partite inflisse
ben 3 gol ai malcapitati catalani, condannandoli ad un’eliminazione storica ed
inopinata. Eliminò il Barcellona da solo o quasi, mentre tra i pali Coman
compieva miracoli, così come si esaltò il giovane Hajdu che lo rilevò nella
ripresa per infortunio. Al primo turno la Steaua aveva eliminato a fatica i
maltesi dell’Hibernians Paola, ma contro il Barcellona realizzarono l’impresa.
Vittoria per 1-0 al Camp Nou, gol di Nastase al 12’, che trafisse Sadurni su
assist dell’altro giovane AnghelIordanescu. Il risultato con effetti miracolosi
si sarebbe ripetuto anche a Bucarest, nonostante il Barca fosse passato in
vantaggio al 50’ con Asensi. Si pensava ad una quasi logica rimonta del
Barcellona, ma lo stesso Nastase impattò dopo appena tre minuti ed egli stessi
rifinì poi il punteggio con il gol del definitivo 2-1 al 60’. Nastase aveva
appena 18 anni, la sua carriera stava esplodendo in maniera vigorosa.</div>
<br />
<div class="MsoNormal">
Dal 1979 in poi
cominciò la sua fuga verso la libertà, di cui si sentiva privato in patria. In
occasione di un’altra partita di Coppa delle Coppe giocata a Berna contro la
Young Boys e pareggiata per 2-2 Nastase decise di scappare e di non far più
ritorno in patria, divincolandosi dagli agenti della Securitate di Ceausescu.
Si era così macchiato di altro tradimento o meglio defezione, qualcosa di
imperdonabile nei paesi socialisti. A chi chiedeva di lui si diceva addirittura
che fosse morto. Dopo un anno di stop imposto per squalifica dalla UEFA, fece
riaffiorare nuovamente le sue tracce ed andò a vestire la maglia del Monaco 1860,
realizzando anche 15 gol in Bundesliga, tanti ma non sufficienti alla salvezza
della formazione bavarese. Il suo stile di vita proprio in Baviera cominciò ad
essere sregolato. Lo stile di vita occidentale lo stava lentamente divorando
tra alcool, diverse amanti e la relazione con una bellissima assicuratrice
tedesca che viveva in città. Nastase godeva sempre meno di quel guizzo che lo
aveva reso un campione nel suo paese, ma nonostante tutto gli riservò fiducia
il Catanzaro, dopo che in Italia avevano riaperto le frontiere. Lo pagarono 400
milioni di lire, ma dopo poche partite si fece male seriamente a Como sotto le
cure difensive di Silvano Fontolan, proprio dopo aver segnato il suo primo gol
italiano. I suoi gol furono rari, ma quasi permise al Catanzaro nel 1982 di
raggiungere la finale di Coppa Italia, dopo che con un suo gol avevano
espugnato il San Paolo di Napoli. Dall’81 all’84 in Italia collezionò 31
presenze con 3 reti, prima di partire per l’Austria in direzione Salisburgo. A
soli 31 anni si ritirò dalle scene calcistiche e quasi da quelle della vita,
travolto dall’alcol e dalla cleptomania. Un giorno si ritrovarono le sue tracce
dalle parti di Bucarest, da dove era scappato e dove era ritornato per allenare
una squadra minore.</div>
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-34711023468710152472020-01-07T14:12:00.001+01:002020-01-07T14:12:20.908+01:00Cruyff y Caszely, storia di un'amicizia<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9TLFE-eAuLc873PNUSNiMcQ2rH5CsMYzwuQR_SpaGV4L63qbg4LHicwEpHHWvamva38O8wSaz70C6jVKVIPHLuV81rKuR5TBjBvhxGRuCb0LA1tAE-pyWRm1xaf37NeyAJuFfmk0k53b4/s1600/Marca+Cruyff+y+Caszely.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="301" data-original-width="602" height="160" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9TLFE-eAuLc873PNUSNiMcQ2rH5CsMYzwuQR_SpaGV4L63qbg4LHicwEpHHWvamva38O8wSaz70C6jVKVIPHLuV81rKuR5TBjBvhxGRuCb0LA1tAE-pyWRm1xaf37NeyAJuFfmk0k53b4/s320/Marca+Cruyff+y+Caszely.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Franklin Gothic Book","sans-serif";">di
Vincenzo Paliotto<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Franklin Gothic Book","sans-serif";"> Provenivano da strade e percorsi diversi.
Cruyff approdò nel campionato spagnolo in quanto all’Ajax una votazione della
squadra lo aveva privato della fascia di capitano e quindi decise con l’aiuto
del suocero Cor Coster, commerciante di diamanti e di calciatori, di trovare un
ingaggio lauto a Barcellona, anche se il suo club era a sua volta in trattativa
con il Real Madrid. In realtà mezza Europa avrebbe sostenuto qualsiasi
sacrifico economico per avere alle proprie dipendenze uno come Cruyff. Caszely,
invece, approdò in Spagna, in un primo momento al Levante, da tanti considerata
più o meno la seconda squadra di Valencia, e poi a Barcellona sulla sponda
dell’Espanol, come una scommessa o quasi da vincere. Le doti tecniche e
realizzative del cileno erano note, ma tutte ancora da verificare nel calcio europeo.
Nella sua militanza a Barcellona, oltretutto, Cruyff non era un calciatore con
passaporto straniero come tanti altri. Non era un mercenario affidato al soldo
di uno dei club più ricchi e vincenti del mondo e basta. La sua integrazione
con il catalanismo fu reale e non soltanto di facciata, così come di
conseguenza la sua ostilità nei confronti del franchismo, che in particolare
aveva martoriato il popolo barcellonese, che era diventato ad un certo punto
della sua vita anche il suo popolo. Il loro divenne un rapporto di amicizia
vero, anche se i due calciatori non avevano mai avuto contatti in precedenza.
Ma le prestazioni calcistiche e non solo di entrambi creavano fascino
vicendevolmente. Dopo le sfortune in classifica con il piccolo Levante, Caszely
approdò al ben più ambizioso Espanol, la squadra non minore, ma come dire meno
vincente di Barcellona, ma comunque con un seguito importante di <i>aficionados</i>. Fu nella capitale catalana
che Caszely e Cruyff strinsero un rapporto di amicizia significativo, appassionandosi
l’uno all’altro del reciproco senso di rivoluzione. Disse Caszely: <i>“Ogni tanto abbiamo giocato a tennis insieme
ed una volta è venuto anche a trovarmi a casa. Bevemmo del caffè e
chiacchierammo e mi ricordo che fumò quasi un intero pacchetto di sigarette
Chesterfield</i>. <i>Ma la sua compagnia era
bella e sapeva essere un amico”</i>. Lo stesso quotidiano <i>El Mundo Deportivo</i> una domenica mattina di maggio, era precisamente
il 14 maggio del 1978, dedicò una pagina alla visita di Caszely a Cruyff
durante un allenamento del Barcellona, che si preparava per una tournèe negli
Stati Uniti. Caszely visitò a Cruyff al campo di allenamento. Ma probabilmente
dopo quella visita i due dovettero, per colpe non loro, perdersi un po’ di
vista. In realtà Cruyff caldeggiò ai suoi vertici societari del Barca
l’acquisto proprio di Caszely, che sarebbe stato un colpo vincente nell’attacco
dei barcellonesi. Meler, che era il Presidente dell’Espanol, per una questione
di orgoglio si oppose e dichiarò quasi pubblicamente che il cartellino di
Caszely non lo avrebbe ceduto per nessuna cifra, neanche di quelle astronomiche
che sapeva scucire il Barcellona. Insomma Caszely non era in vendita,
soprattutto se a comprarlo era il Barcellona. Cruyff lo aveva visto giocare e
condivideva una stima per lui insieme al tecnico del Barca Rinus Michels.
Sarebbe stato un calciatore ideale per quel Barcellona già forte ed ambizioso,
in un mosaico tecnico in cui i sudamericani spesso si esaltavano. Un calciatore
estroso come terminale delle offensive dei <i>blaugrana</i>.
Quel sogno quasi proibito di vederli giocare insieme così svanì, anche se a
questa eventualità ci fu e c’era stata una eccezione e pure importante.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Franklin Gothic Book","sans-serif";"> Il 9 giugno del 1976, nel suo Camp Nou, Cruyff
decise di scendere in campo, coinvolgendo anche il suo connazionale Johan
Neeskens ed appena il suo amico Carlos Caszely, con addosso la maglia catalana
in un inedito Selecciòn Catalunya-URSS. Una partita che poteva finalmente
giocarsi, dopo la morte di Francisco Franco, che aveva opportunamente messo al
bando quella selezione catalana. Un <i>combinado
</i>(come amano dire gli spagnoli ed i sudamericani) di calciatori in
prevalenza di Barca ed Espanyol formarono quella squadra, che scese in campo
con:</span><span style="background: white; color: #333333; font-family: "Helvetica","sans-serif";"> </span><span style="background: white; font-family: "Franklin Gothic Book","sans-serif"; mso-bidi-font-family: Helvetica;">Mora; Ramos, Costas, Verdugo;
Ortiz Aquino, Neeskens; Rexach, Solsona, Cruyff, Marcial e Caszely. Nella
seconda frazione di gioco poi Fernández Amado entrò in luogo di Marcial al 70’
e quindi Cuesta proprio al posto di Cruyff. Finì 1-1 e segnò Neeskens per i
catalani e giocò anche Carlos Caszely, in forza all’Espanyol, in quello che
diventò un vero inno al comunismo e all’anti-franchismo in generale. Caszely,
infatti, come sapevano tutti in Spagna era emigrato calcisticamente dal Cile in
Spagna proprio per sfuggire in qualche modo alla caccia di Augusto Pinochet,
dittatore militare e fascista. Ma il catalanismo di Cruyff era iniziato già da
prima e, alla morte desiderata di Francisco Franco, Cruyff aveva indossato come
fascia di capitano del Barcellona la <i>senyera,
</i>simbolo del catalanismo, in una gara interna di campionato contro
l’Athletic Bilbao il 1° marzo del 1976. Oltretutto lo stesso Cruyff battezzò
suo figlio, nato proprio a Barcellona, con il nome di Jordi, che la legge
spagnola proibiva al tempo, in quanto il figlio del campione olandese si
sarebbe dovuto chiamare Jorge Cruyff e non con il catalanizzato Jordi, non
consentito dalla legge franchista. Ma il N. 14 più famoso ed ambito del mondo
lo fece proprio per dare un senso di libertà e di vicinanza all’identità
catalana. Il giornalista del <i>New York
Times</i>, presente alla memorabile <i>manita</i>
del Barca in casa del Real Madrid nel ’74, disse che aveva fatto più Cruyff per
il catalanismo in un solo pomeriggio di calcio che tanti uomini della politica
in tanti loro discorsi ed azioni. Il sogno di vedere giocare Cruyff e Caszely
insieme durò lo spazio limitato di quella partita. Un’esibizione importante per
la Catalogna ed i suoi stessi protagonisti. Poi scelsero entrambi strade
calcistiche diverse, ma in fondo dalle idee comuni: Cruyff continuò a
peregrinare tra gli Stati Uniti e poi il suo ritorno in Olanda tra l’Ajax ed
addirittura il Feyenoord, mentre lo stesso Caszely sarebbe poi ritornato in
Cile. Anche se Caszely colse l’immensa soddisfazione di battere proprio il
Barca in un sentitissimo <i>derbi barcelones</i>
sul terreno di casa. Era la <i>temporada</i>
del 1975/76 ed il cileno due volte infilò la porta del Barca. Un pesante 3-0
rimasto nella storia, propiziato da un gol di testa del non altissimo Carlos,
che poi rifinì la sua giornata con un gol dei suoi nel finale di partita. Ma
anche questa è un’altra storia. Caszely approdò all’Espanyol, che lo pagò e che
gli permetteva di evitare di tornare anzitempo nel suo paese e soprattutto
sotto le grinfie di un Augusto Pinochet che lo aspettava al varco. Fu costretto
per diverse settimane a rimanere fuori del rettangolo di gioco per problemi di
tesseramento. Poi, una volta sceso in campo, non si fermò più ed i suoi gol
diventarono una costante nella Liga spagnola del tempo. Su strade diverse
Cruyff e Caszely perseguirono le loro idee, presentandosi entrambi come dei
rivoluzionari affascinanti ed indiscutibili. Non si sarebbero incontrati
nuovamente, ma il desiderio di giocare nella stessa squadra era rimasto
incompiuto, ma allo stesso tempo era rimasto molto alto.</span><span style="font-family: "Franklin Gothic Book","sans-serif";"><o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-79552675804676303202020-01-03T14:51:00.001+01:002020-01-03T14:51:58.742+01:00Progreso-Barcelona Guayaquil, una sfida che manca dagli Anni Novanta<div class="MsoNormal">
<i> <table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvTHydAVoUIQG9BSoRbwR4GsNyGCNQQivzBScHz3otGiQyBstQzRnhw1WU1IyUrQRiN7y0ERPVth1vYNiwohY8FDeYW3GWJjRuU9CgtPnW_nXPQ6OqYElE5fGWK5QHH6r8elByoDcvQCBx/s1600/Jimmy+Izquierdo.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="789" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvTHydAVoUIQG9BSoRbwR4GsNyGCNQQivzBScHz3otGiQyBstQzRnhw1WU1IyUrQRiN7y0ERPVth1vYNiwohY8FDeYW3GWJjRuU9CgtPnW_nXPQ6OqYElE5fGWK5QHH6r8elByoDcvQCBx/s320/Jimmy+Izquierdo.jpg" width="210" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Jimmy Izquierdo del Barcelona</td></tr>
</tbody></table>
Il 22
gennaio riparte una nuova edizione della Copa lIbertadores, quella del 2020
questa volta con finale unica al Maracanà di Rio de Janeiro. Si gioca il primo
dei tre turni preliminari con: San Josè de Oruro-Guarani Asuncion,
Carabobo-Universitario Lima e Progreso Montevideo-Barcelona Guayquil.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
di Vincenzo Paliotto</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
L’interessantissimo turno preliminare di Copa
Libertadores dell’edizione del 2020 presenta immediatamente qualche confronto
di spicco. Primo tra tutti la qualificazione alla fase successiva che si
contenderanno gli uruguagi del Progreso e gli ecuadoregni del Barcelona
Guayaquil. Peraltro le due squadre si affrontarono già in Libertadores nel
1990, al tempo dell’ultima partecipazione in merito dei giallorossi di
Montevideo. Il Progreso, nato nel 1917 nel quartiere di La Teja, aveva vinto il
suo unico titolo nazionale nel 1989, precedendo in classifica il Nacional Montevideo
grazie anche ai 7 gol di Johnny Miqueiro, ed aveva guadagnato la partecipazione
al massimo torneo continentale in compagnia del Defensor, in un’accoppiata
inedita per l’Uruguay. Aveva poi ottenuto il primo posto nel girone, proprio
dopo uno spareggio con il Defensor, e dopo aver avuto la meglio sul Pepeganga
Margarita ed il Mineros Puerto Ordaiz, le avversarie non proprio irresistibili
provenienti dal Venezuela. Negli ottavi, quindi, il Progreso avrebbe incrociato
le ambizioni del Barcelona, che aveva vinto il campionato precedendo di mezzo
punto(!), si proprio così, i cugini dell’Emelec. In Ecuador al tempo vigeva un
cervellotico regolamento che assegnava punti in ogni partita, tenendo conto
anche di una sorta di promedio punti nelle varie fasi del campionato. Ad ogni
modo, il Barcelona si sarebbe poi qualificato addirittura come migliore terza
nel proprio girone e dopo uno spareggio contro i boliviani dell’Oriente
Petrolero. In squadra spiccavano i nomi argentini di Trobbiani ed Acosta tra
gli altri.</div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
Negli ottavi di finale, comunque, quelli di
Guayaquil misero quasi al sicuro al qualificazione nella partita di andata,
imponendosi per 2-0, grazie ad una doppietta di Izquierdo, la cui prima
segnatura venne giustamente etichettata come un <i>bombazo</i>, un tiro dalla lunga distanza che annichilì l’estremo
difensore uruguagio. Poi nella partita di ritorno il Progreso provò a rendere
la vita difficile a quel Barcelona, ma non andò oltre il 2-2, frutto dei gol di
Machain e Leo Rampos per i padroni di casa e di Izquierdo e Bravo per gli
ecuadoregni. La corsa del Barcelona si spinse poi fino alla finale, la prima
della sua storia, che la squadra campione dell’Ecuador perse contro l’Olimpia
Asuncion.</div>
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-70006151402107859402019-12-29T14:49:00.001+01:002019-12-29T14:49:34.490+01:00I McAdam, fratelli contro nel clima infuocato dell’Old Firm<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiXIf43SV3yme8AWgdM_rSNjiFxB2HJAM1kVpo_rDVRZS8Lt6jUIhD_q7C1ALU1V1YfCTmYNF7yPtgbAce84acf-zfAblE-5jSHLAHKgctteG2taFVaqfPyADXqStU7BuHlUQoV3Yuj0zx_/s1600/Tom+and+Colin+MacAdam.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="169" data-original-width="298" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiXIf43SV3yme8AWgdM_rSNjiFxB2HJAM1kVpo_rDVRZS8Lt6jUIhD_q7C1ALU1V1YfCTmYNF7yPtgbAce84acf-zfAblE-5jSHLAHKgctteG2taFVaqfPyADXqStU7BuHlUQoV3Yuj0zx_/s1600/Tom+and+Colin+MacAdam.jpg" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 249, 238); margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="color: #222222; font-family: "Georgia","serif"; font-size: 11.5pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman";">di
Vincenzo Paliotto<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 249, 238); margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 249, 238); margin-bottom: 0.0001pt;">
<span style="color: #222222; font-family: "Georgia","serif"; font-size: 11.5pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman";"> </span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 11.5pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman";">E’ il derby con
sfondo di passione religiosa più importante al mondo, ma allo stesso tempo si
candida come tra le stracittadine più sentite in assoluto e non potrebbe che
essere diversamente. Del resto, Celtic e Rangers Glasgow da sempre si dividono
quasi equamente il bottino da spartirsi in territorio scozzese e la posta in
palio non fa altro che aumentare una rivalità atavica ed anche alquanto
violenta. Franklin Foer, autore di libri sul fenomeno dell’Old Firm, ha portato
avanti anche una contabilità alquanto raccapricciante sugli scontri e le
vittime relative al derby di Glasgow. Una cifra drammaticamente alta, che rende
in qualche modo anche impensabile il fatto che due fratelli si siano potuti
affrontare sul terreno insidioso di questa supersfida. Furono all’inizio degli
anni Ottanta i fratelli Colin e Tom Mc Adam, che difesero in un primo momento
insieme i colori del Dumbarton, prima di spiccare il volo in direzioni diverse:
Colin verso i Rangers e Tom a disposizione del Celtic. I <i>brothers</i> si sarebbero affrontati all’interno dell’Old Firm in ben 8
occasioni, registrando peraltro 4 successi di squadra a testa senza nessun
pareggio. I duelli in famiglia si chiusero nel 1984 con la finale di League
Cup, peraltro vibrante, vinta dai <i>blues</i>
per 3-0 e con un epico <i>hattrick</i> di
Ally McCoist. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> </span><span style="font-family: "Georgia","serif"; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">Tom,
il minore dei due, approdò al Celtic nel 1977, dopo un’esperienza non proprio
proficua nel Dundee United, e con i biancoverdi cambiò anche ruolo,
abbandonando la prima linea dell’attacco e riciclandosi come ottimo difensore,
vestendo la maglia del Celtic in 261 occasioni. Vinse in 3 occasioni il
campionato e quindi una Coppa di Scozia ed una Coppa di Lega. Fu Billy McNeill,
il successore di Jock Stein, ad intravedere le sue qualità difensive e nel
1979, proprio al centro della difesa, guidò il Celtic alla vittoria del
campionato, passando attraverso una vittoria decisiva per 4-2 ai danni dei
Rangers del fratello Colin. Tom segnò anche un gol in una partita in cui i
Rangers potevano anche solamente pareggiare per vincere il campionato. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";"> Colin McAdam, invece,
si accasò ai Rangers nel 1980 totalizzando 65 e scomparse purtroppo
prematuramente nel 2013. Dal Dumbarton si spostò poi prima al Motherwell e
successivamente al Parthick Thistle, prima di firmare per i Rangers. Giocarono
per un periodo insieme nelle file del Dumbarton, ma tuttavia furono le sfide
fratricide a segnare in qualche modo la loro epoca calcistica. Tutto si poteva
immaginare nell’Old Firm, ma forse meno che due fratelli si potessero
affrontare in mezzo al campo ed a viso aperto.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-15345475309618661562019-12-22T16:26:00.003+01:002019-12-22T16:26:50.136+01:00"DDR: la Guerra Fredda del Football", Vincenzo Paliotto (Urbone Publishing)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg2_HaoL4R1XIO0bw0yzbh4IEeimc6qeqks8_efhsL6jOguEIPUmerF7CkpJKG-KCrXlOYExMQI4AJc7Tkx_oWRpBNtQ4uEjSNXtQAjacBbMrhfTpLeQFThzQ8YlrnaNzSqvS4ov5-fK07o/s1600/DDR.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="283" data-original-width="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg2_HaoL4R1XIO0bw0yzbh4IEeimc6qeqks8_efhsL6jOguEIPUmerF7CkpJKG-KCrXlOYExMQI4AJc7Tkx_oWRpBNtQ4uEjSNXtQAjacBbMrhfTpLeQFThzQ8YlrnaNzSqvS4ov5-fK07o/s1600/DDR.jpg" /></a></div>
<h2 style="background-color: white; box-sizing: border-box; color: #3d4248; letter-spacing: -0.025em; line-height: 2rem; margin: 0px 0px 16px; padding-top: 15px;">
<span style="font-weight: normal;"><span style="font-family: Courier New, Courier, monospace; font-size: small;"><i>Marco Castro ha scritto di DDR, la guerra fredda del football per Eurosport.</i></span></span></h2>
<div class="storyfull__paragraph" style="background-color: white; box-sizing: border-box; color: #3d4248; font-family: Helvetica, Roboto, Arial, sans-serif; font-size: 16px; line-height: 2rem; margin-bottom: 16px;">
Amburgo, 22 giugno 1974. Al minuto 78, Jurgen Sparwasser entra in scivolata nei libri di storia segnando il gol che regala alla Germania Est un leggendario successo sui cugini dell'Ovest ai Mondiali di calcio. E poco importa che fosse appena il girone eliminatorio e che Beckenbauer e soci avessero poi vinto quel torneo iridato. Si trattò del punto più alto ed iconico del Fussball della DDR, probabilmente anche più della vittoria nel torneo olimpico quattro anni più tardi o del successo del Magdeburgo in Coppa delle Coppe di qualche mese prima. L'autore dà uno spaccato significativo della rivalità calcistica senza precedenti che coinvolse le due Germanie nei 41 anni in cui gli Stati furono due. Una vera e propria trasposizione della Guerra Fredda sul rettangolo verde. Passando poi in rassegna le squadre e i giocatori che caratterizzarono un'epoca. Dall'odiata Dynamo Berlino, la squadra della Stasi al primato di Matthias Sammer, pallone d'Oro nel 1996 e in grado di vincere con entrambe le Nazionali a cavallo della caduta del Muro. Storie di un calcio che non c'è più, ma che ha lasciato un segno indelebile sul calcio europeo del Novecento. (Marco Castro, Twitter: @marcocastro2906)</div>
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-42664531448401610612019-12-20T15:33:00.001+01:002019-12-20T15:33:52.370+01:00La maglia n.6 di Maradona<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjnHXMD_xpUUx_Da653yUVxRmDgpNTC3cCwTR_OnnnxQGUsuO50ZkGq3wVh_WDrXIUC7I-dbiw1ZxfgewJqHNPDELq9btXM6zU97X6ykIQIm8H440VTuXJtzd5E7bFWCBYKo46SHofmGW4p/s1600/La+maglia+n.6+di+Maradona.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="245" data-original-width="206" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjnHXMD_xpUUx_Da653yUVxRmDgpNTC3cCwTR_OnnnxQGUsuO50ZkGq3wVh_WDrXIUC7I-dbiw1ZxfgewJqHNPDELq9btXM6zU97X6ykIQIm8H440VTuXJtzd5E7bFWCBYKo46SHofmGW4p/s1600/La+maglia+n.6+di+Maradona.jpg" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
di
Vincenzo Paliotto</div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
Nel calcio la numerologia calcistica è una
scienza esatta o quasi, e da sempre, nonostante le nuove mode del calcio
moderno, al calciatore più rappresentativo e di maggior classe della squadra
viene assegnato il n. 10. Diego Armando Maradona fu probabilmente il miglior n.
10 di sempre, il calciatore di maggior talento della storia, anche se agli
albori di una carriera già luminosa quella maglia non sempre gli venne
assegnata. Accadde che il 2 agosto del 1979 in occasione di una gara di Copa
America che l’Argentina doveva giocare in Brasile Julio Cesar Menotti ricorse
anche alle prestazioni di Dieguito, che in quel momento della sua carriera, non
aveva nemmeno 19 anni, faceva la spola tra la nazionale maggiore e quella
juniores. Menotti no lo aveva convocato per il Mundial casalingo del 1978, ma
in seguito aveva dovuto integrarlo in seno alla <i>Selecciòn </i>per forza di cose ed a furor di popolo. Al Maracanà
Menotti mise in campo il seguente undici: Vidallè, Passarella, Van Tuyne,
Bordon, Gaspari, Barbas, Coscia, Osvaldo Diaz, Gaitan, Maradona e Larraquy. Ma
contrariamente a quanti in tanti si aspettavano, a Maradona non fu assegnata la
maglia n. 10, ma bensì un inedito n. 6 sulle sue spalle. La 10 andò per l’occasione
a Gaspari, mentre Coscia, calciatore del San Lorenzo, che peraltro in quella
partita segnò il punto del momentaneo pareggio biancoceleste proprio su assist
del giovane Maradona. Il Brasile vinse per 2-1, con i gol firmati da Zico e
Tita e nonostante le pesanti critiche rivolte alla vigilia di quel match
infuocato all’indirizzo di Claudio Coutinho, il DT brasiliano che aveva
preferenze per i calciatori del Flamengo, in quanto dirigeva allo stesso tempo
anche le vicende tecniche del club carioca. Coutinho escluse da quella sfida
sia Falcao che Socrates e le polemiche aumentarono dopo che lo stesso Coutinho
al termine del Mundial del 1978 aveva dichiarato la sua squadra vincitrice
morale di quella Coppa, in quanto l’Argentina clamorosamente aiutata a battere
per 6-0 il Perù. Forse Coutinho non aveva tutti i torti. Tuttavia, quella
numerazione che poteva sembrare strana non era invece del tutto casuale, in
quanto la federazione argentina in quel periodo assegnava i numeri di maglia
della Selecciòn per le varie competizioni in ordine alfabetico. Pertanto Maradona
anche in una seconda occasione scese in campo con la maglia n. 6 ed in
occasione della seconda partita di quella Copa America che l’Argentina giocò e
vinse nella <i>cancha</i> del Velez per 3-0
ai danni della Bolivia. E Maradona in quella circostanza siglò il primo gol
della partita ed il suo primo personale in Copa America. Il giovane Dieguito,
ancora agli ordini di Menotti, andò a giocare poi il Mondiale Juniores, che
l’Argentina vinse in maniera spettacolare grazie ad un grande Maradona. La
federazione argentina anche per le successive manifestazioni usò l’ordine
alfabetico dei cognomi dei suoi giocatori per assegnare i numeri di maglia, ma
questa volta aveva preveduto un’eccezione, assegnando la maglia n. 10 d’ufficio
a Maradona, ritenuto e non a torto il calciatore per forte del paese.</div>
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-51168107271680732112019-12-12T14:49:00.001+01:002019-12-12T14:49:23.778+01:00Lakhdar Belloumi e la Juve<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEipxMfQyXBJTCXAN7Q9zjXEMVuRyX1KcpWfu8KR1ZB_eagnHmwP_Gklk_On8f4YQQ5-ujAFwxtQChJZBhDfdrH0I9iGlzIc1QcAtjlZgXValxJbiZG3e4J_lXPvdjQxqdIN4lHSJpv6Z3Ty/s1600/Platini+et+Belloumi.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="270" data-original-width="348" height="248" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEipxMfQyXBJTCXAN7Q9zjXEMVuRyX1KcpWfu8KR1ZB_eagnHmwP_Gklk_On8f4YQQ5-ujAFwxtQChJZBhDfdrH0I9iGlzIc1QcAtjlZgXValxJbiZG3e4J_lXPvdjQxqdIN4lHSJpv6Z3Ty/s320/Platini+et+Belloumi.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
di Vincenzo Paliotto</div>
<div class="MsoNormal">
Ci poteva essere un
nome algerino prima di quello di Zidane nella storia della Juventus, ma questa
incontro con la storia non avvenne per poco o quasi, o per le sfortune
agonistiche del campione in questione. Lakhdar Belloumi, meglio noto anche come
<i>Le Magicien</i>, era il vero fuoriclasse
del calcio algerino all’inizio degli Anni Ottanta, forse anche più del
talentuoso Rabah Madjer, meglio noto come il <i>Tacco di Allah</i>. Ma la sorte lo avrebbe tradito nel momento migliore
della sua carriera. Nato a Mascara, a nord-ovest di Algeri, era il vero
orgoglio della popolazione locale, che peraltro portò al successo nel
campionato nazionale del 1984, quando da sempre il massimo torneo del paese era
spesso o quasi sempre ad appannaggio delle compagini della capitale. Si spostò
poi nel corso della sua carriera anche ad Orano ed ad Algeri stessa, ma la sua
vita e la sua carriera agonistica erano legate ad un filo doppio ed
inscindibile con la sua città natale. Il titolo arrivò peraltro con una sola
lunghezza di vantaggio nei confronti dell’USM El Harrach e di due sul Jet
Tizi-Ouzu. Era oltretutto anche la stella indiscussa della nazionale algerina,
che nel 1982 conquistò la sua prima storica qualificazione alla Coppa del
Mondo, dove venne eliminata soltanto per la losca combine tra Austria e
Germania Ovest, dopo che gli stessi algerini avevano messo in riga i portenti
teutonici con i gol proprio di Belloumi e di Madjer. Aveva in precedenza
conquistato il 2° posto alla Coppa d’Africa del 1980. In nazionale avrebbe
totalizzato ben 100 presenze con 27 gol all’attivo. Il calcio giocato da Belloumi era
essenzialmente estroso, ricco di tecnica e di talento, dove abbondavano giocate
sopraffine, un fase di palleggio persino minuziosa ed estremamente tecnica ed
in cui primeggiavano le virtuose giocate con l’esterno del piede e con il colpo
di tacco. La sua classe venne premiata con il Pallone d’Oro africano del 1981,
uno tra i tanti riconoscimenti ricevuti in carriera. Secondo i bene informati,
tra gli inventori <i>del blind pass</i>,
cioè il passaggio come dire “no look”.</div>
<div class="MsoNormal">
Il 5 febbraio del
1985, ad ogni modo, la Grande Juve di Michel Platini e Zibì Boniek tra gli
altri, scese nel gremitissimo Stadio 5 luglio 1962 di Algeri per un’amichevole
di cartello contro la nazionale algerina. La Juventus del Trap era detentrice
dello Scudetto ed aveva vinto la Coppa delle Coppe a Basilea ed ancora da poche
settimane si era fregiata della Supercoppa Europea, dopo aver battuto il
Liverpool. La trasferta nordafricana ovviamente riservava un lauto ingaggio da
parte della federazione algerina e quindi l’intento di sostenere buoni rapporti
con un movimento calcistico africano sempre più importante. Di certo la
Juventus non si attendeva di essere messa in seria difficoltà dalla nazionale
algerina, che vinse quell’incontro per 3-2 tra il tripudio anche giustificato
della sua gente. Aprì le marcature Maroc al 7’, ma Boniek impattò al 41’ e
quindi Prandelli firmò il gol del sorpasso al 54’. Lo stesso Belloumi ristabilì
la parità al 57’, prima che Meghichi all’80’ firmasse il definitivo punto del
3-1. La prestazione di Belloumi,
comunque, fu talmente esaltante che proprio la Juventus si mise sulle tracce
del numero 10 dell’Algeria, scoprendo al contempo che anche il Barcellona così
come il Paris Saint Germain avevano fatto richieste al fantasista del Mascara.
La Juve temeva che prima o poi Platini avesse accettato le laute richieste di
altri club, soprattutto stranieri, che ogni giorno pervenivano alla sede
bianconera e quel Belloumi, che veniva dal deserto del Nord Africa, poteva
essere il suo sostituto ideale. </div>
<br />
<div class="MsoNormal">
Belloumi era, però,
impegnato a livello di club con il suo Mascara anche nella faticosa Coppa dei
Campioni d’Africa, che nei sedicesimi vedeva opposta la sua squadra agli ostici
libici dell’Itihad di Tripoli. In particolare i derby tra le formazioni
nordafricane da sempre sono molto combattuti dal punto di vista fisico ed
estremamente spigolosi dal punto di vista ambientale. Fu così che intorno al
20’ il difensore libico ed anche della nazionale Bani con un intervento rude e
scomposto attentò alla incolumità stessa del centrocampista algerino. Un
intervento durissimo che provocò la rottura della tibia destra di Belloumi. La
diagnosi al termine della partita fu impietosa, con Belloumi costretto a
rimanere lontano dal terreno di gioco per almeno 8 mesi. Il grave infortunio
allontanò dal suo nome le pretendenti, in particolare di quella Juventus che lo
avrebbe portato in Italia a far brillare la sua classe ed il suo talento.
Belloumi rinunciò a quel grande sogno e decise di servire quanto più a lungo
possibile la causa del suo Mascara, dove chiuse la carriera a 41 anni suonati
tra il tripudio della sua gente. Dispensò ancora numeri di alta classe fino al
ritiro definitivo dalle scene calcistiche. Per tutta l’Africa, che lo vide
giocare in ogni angolo del continente, rimarrà per sempre <i>Le Magicien</i>. Il Magico.</div>
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-37047043041512040582019-12-05T15:39:00.002+01:002019-12-05T15:39:34.797+01:00Il calcio e la bandiera, anteprima di Real Sociedad-Athletic Bilbao<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUtZHZi_aeQf35nOw0VAK1KVo3chuHfTMmT-BOOR3RPudSwnN1EmA3Wl-VU_M67rItgN7S8PwC2tTjLCGnK6CkaUERDSsdW9SfLLMyh-t_Wg1V2twR72PQAA1va-pNSyNRv__ovtBNvL3G/s1600/Uranga.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="525" data-original-width="313" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUtZHZi_aeQf35nOw0VAK1KVo3chuHfTMmT-BOOR3RPudSwnN1EmA3Wl-VU_M67rItgN7S8PwC2tTjLCGnK6CkaUERDSsdW9SfLLMyh-t_Wg1V2twR72PQAA1va-pNSyNRv__ovtBNvL3G/s320/Uranga.jpg" width="190" /></a></div>
<div style="background-color: white; color: #1d2129; font-family: Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 19.32px; margin-bottom: 6px;">
<span style="line-height: 19.32px;">di Vincenzo Paliotto</span><span style="line-height: 19.32px;"> </span></div>
<div style="background-color: white; color: #1d2129; font-family: Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 19.32px; margin-bottom: 6px; margin-top: 6px;">
Josean de La Hoz Uranga non avrebbe certamente lasciato una traccia indelebile nella storia peraltro gloriosa della Real Sociedad. La sua militanza con il club basco di San Sebastiàn arricchì la sua carriera di presenze prestigiose nella Liga, ma il giocatore nativo di Guipuzcoa era più che altro un valido e tenace comprimario, che contribuì comunque a cementare il carattere di quella squadra che ad ogni modo viaggiava all’inizio degli Anni Ottanta verso grandi ed inimitabili imprese. Militò come centrocampista nella Real Sociedad dalla stagione del 1972/73 a quella del 1977/78, totalizzando complessivamente 76 presenze. Anche sull’album delle figurine del calcio spagnolo risultava in una forma fisica forse precaria ed in qualche foto addirittura apparentemente con qualche kilo in più rispetto a quello usuale di un calciatore professionista. Ma le imprese di Josean De la Hoz Uranga non si limitarono soltanto a quelle sul terreno di gioco ed il basco si rese protagonista di uno di quegli eventi che avrebbero cambiato senza esagerare il corso della storia dei Paesi Baschi. Regione della penisola iberica notoriamente sempre turbolenta, anche negli anni tentacolari del franchismo ed attraversata dai lunghi momenti di tensione causati dall’ETA e dalla sua lotta ad oltranza contro il governo centrale.</div>
<div style="background-color: white; color: #1d2129; display: inline; font-family: Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 19.32px; margin-top: 6px;">
Era il 5 dicembre del 1976 e l’Anoeta, il piccolo ma caldissimo impianto della Real Sociedad, ospitava il sentito derby tra la squadra di San Sebastiàn ed i titolati dell’Athletic Bilbao, per cui si prevedeva la solita battaglia sul terreno di gioco per il primato non solo regionale. Josean Uranga non venne convocato per quel match dal tecnico Iralegui, che in verità impiegò il suo giocatore in quella stagione in soltanto tre sporadiche occasioni contro il Burgos, il Las Palmas ed il Murcia. Ma la partita prevedeva comunque delle emozioni particolari e Josean aveva programmato proprio per quel pomeriggio qualcosa di clamoroso. Durante il suo tragitto verso lo stadio venne anche fermato a bordo della sua Fiat 127 da una pattuglia della Guardia Civil, (la sua automobile era del resto nota negli schedari delle forze dell’ordine) che però non notarono e non si accorsero che a bordo della sua auto Josean aveva portato con sè anche la ikurrina, la bandiera dell’indipendentismo e del simbolismo basco, premurosamente ricucita con grande passione anche dalla sorella Ana Miren, che avrebbe aiutato il fratello nell’introduzione della bandiera stessa nello stadio, super sorvegliato dalle stesse forze dell’ordine. Il Generale Francisco Franco era morto da poco, nel 1975 per l’esattezza per buona pace di qualcuno, ma le ostilità verso i baschi tardavano comunque a cessare ed anzi forse non sarebbero mai terminate del tutto. L’accostamento tra la bandiera, il popolo basco e l’ETA era troppo evidente in un certo qual modo per ritenere anticostituzionale quel vessillo. La lotta serrata all’indipendentismo e all’ETA erano ben note. Josean De la Hoz Uranga, che giocava al calcio, ma che faceva anche il militante politico, abertzale così come è noto nella lingua basca, tanto da essere noto negli ambienti come Trotsky, cioè un soprannome non da poco, pensò finalmente che la bandiera basca, messa fuori legge ormai dal lontano 1938, dovesse tornare a sventolare. E posto migliore in quel caso non poteva che essere allo stadio. L’idea di Josean non pareva essere tanto chiara in un primo momento nemmeno ad Ana Miren, ma una volta introdotta all’interno dello stadio, lo stesso Josean ci mise poco a far capire le sue intenzioni ai capitani delle due squadre Inaxio Kortabarria ed Angel Iribar, ma anche a tutti gli altri giocatori che sarebbero scesi in campo. Le idee politiche di Kortabarria ed Iribar del resto erano ben note ed il fatto di presentarsi sul terreno di gioco tenendo in mano la ikurrina entusiasmò tutti, non meno il folto pubblico presente sugli spalti. All’inizio della partita le due squadre si schierarono in mezzo al campo per salutare le rispettive tifoserie. Kortabarria ed Iribar tenevano in mano la ikurrina, mentre giusto al fianco del capitano della Real Sociedad stazionava in abiti borghesi Josean de La Hoz Uranga per testimoniare gli attimi di quel grande momento per il popolo basco. Nel giro di pochi mesi, nel 1977, la ikurrina tornò ad essere legale per la Costituzione spagnola. E Josean de la Hoz Uranga vi aveva contribuito in maniera determinante. In pochi il giorno dopo si accorsero che si era giocato un bel derby vinto dalla Real Sociedad in maniera peraltro vistosa per 5-0.</div>
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-37510116601786124812019-12-05T15:30:00.001+01:002019-12-05T15:30:18.873+01:00Pelè e Garrincha, una coppia da sogno mai battuta quando hanno giocato insieme<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgU91uVZB6EXt0uJMlO-kZ1jlpl_LqvvGZtONg1g-xO32uPg6XiaHmwlRVZ7xFTRTPlgl6INUZtwqQZa5CM9mmdRxIsheuwUJ3LGwoUMim6iJ3vT73M2cBG5O0kahBexOhazWx4pK3FVFq5/s1600/Pel%25C3%25A8+e+Garrincha.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="254" data-original-width="199" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgU91uVZB6EXt0uJMlO-kZ1jlpl_LqvvGZtONg1g-xO32uPg6XiaHmwlRVZ7xFTRTPlgl6INUZtwqQZa5CM9mmdRxIsheuwUJ3LGwoUMim6iJ3vT73M2cBG5O0kahBexOhazWx4pK3FVFq5/s1600/Pel%25C3%25A8+e+Garrincha.jpg" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
di Vincenzo Paliotto</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> Non si trattò soltanto di una leggenda. Ma a
livello puramente statistico Pelè e Garrincha, nel momento in cui erano scesi
insieme in campo con la maglia della Selecao, non avevano mai perso una
partita. Dal 18 maggio del 1958, avversaria la Bulgaria al Pacaembu di San Paolo
del Brasile, al 1966, gara valevole per la fase finale della Coppa Rimet in
Inghilterra e per ironia della sorte avversaria ancora la Bulgaria, il Brasile
con Pelè e Garrincha contemporaneamente in campo disputò ben 40 partite, di cui
i brasiliani ne vinsero ben 36 e ne pareggiarono soltanto 4 volte. In mezzo anche la strepitosa finale
della Coppa Rimet a Stoccolma del 1958, che gli auriverdi vinsero per 5-2,
issandosi per la prima volta a titolo di campioni iridati. Nella gara di
esordio in amichevole contro i bulgari il Brasile passò pure in svantaggio dopo
il gol quasi-lampo di Todor Diev al 7’, ma poi ribaltò il punteggio fino al 3-1
finale, grazie ad un attacco dinamitardo, dove oltre a Pelè e Garrincha,
trovavano spazio un certo Mazola, poi meglio conosciuto in seguito come Josè
Altafini e Pepe, compagno di squadra nel Santos proprio di Pelè. Il giovane
Pelè aveva firmato due prodezze personali al 48’ e al 60’, prima che lo stesso
Pepe avesse definito il punteggio al 72’. L’allenatore Vicente Feola stava così
preparando al meglio la squadra in vista del Mondiale di lì a qualche settimana
in Svezia. Lo stesso Feola si convinse definitivamente a varare la <i>Dupla dos Sonhos</i> durante il Mondiale
svedese. Il Brasile aveva battuto 3-0 l’Austria con Altafini e Joel in campo e
non era andato oltre lo 0-0 al cospetto dell’Inghilterra, tuttavia a Goteborg
di fronte all’Unione Sovietica del Ragno Nero Jascin Feola si convinse a
mettere in campo i due fenomeni contemporaneamente ed allora il Brasile di lì
in poi divenne indiscutibilmente devastante. A trafiggere Jascin nell’occasione
fu Vavà con una doppietta, ma Pelè e Garrincha annichilirono al resistenza
sovietica.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> Alla Coppa Rimet del 1962 in Cile invece Pelè
e Garricnha giocarono soltanto due volte insieme contro il Messico e contro la
Cecoslovacchia, poi un infortunio rese indisponibile ‘O Rey e Garrincha da solo
o quasi trascinò il Brasile al trionfo. Alla Coppa America del 1959, che invece
si era giocata in Cile, il Brasile anche beneficiò tra gli altri della coppia
Pelè-Garrincha, ma pur imbattuto, non riuscì a centrare il successo finale,
beffato in classifica di un sol punto dall’Argentina. Risultò fatale
l’inopinato pareggio per 2-2 contro il Perù.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> L’ultima esibizione, invece, si registrò il 12
luglio del 1966 a Goodison Park a Liverpool, ancora con Vicente Feola in
panchina. Ai bulgari non bastò la presenza in campo dell’astro nascente
Asparoukov. Il Brasile vinse per 2-0, con un gol per tempo proprio di Pelè al
15’ e di Garrincha al 63’. Protagonista in negativo risultò essere l’arbitro
tedesco Kurt Tschenscher, che consentì ai bulgari ogni tipo di “carezza” in
mezzo al campo. Agli organizzatori inglesi faceva comodo che il Brasile in
qualche modo venisse penalizzato e decimato. Dopo l’ennesima entrata dura, Pelè
lasciò il campo per infortunio e non avrebbe da quel momento in poi mai più
giocato insieme a Garrincha. Nel match successivo del 15 luglio ancora a
Goodison Park il Brasile venne sonoramente battuto per 3-1 dall’Ungheria e
senza Pelè i brasiliani ritornarono a
casa perdendo il titolo mondiale.
Rimase inconfutabilmente quella una coppia imbattibile, o meglio una <i>Dupla dos Sonhos</i> come piace dire a i
brasiliani.<o:p></o:p></span></div>
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-39460711886518904972019-12-05T15:28:00.000+01:002019-12-05T15:28:06.736+01:00De Marta e Desnica, storie di espulsioni per sordomuti<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6gTsbuk_0CQXCFdB-3AZws92jGAZNIP7NuCrMr11yYrsmWC-s3LkHi1SBN02SDx8jaRTOtDvMt8ClvRWs7ywSQqt6bNWuYKAO26l6xr9wwIPEgaG6bH0506lKd1kAjRvVKRNo_7K9ECVZ/s1600/De+Marta.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="183" data-original-width="275" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6gTsbuk_0CQXCFdB-3AZws92jGAZNIP7NuCrMr11yYrsmWC-s3LkHi1SBN02SDx8jaRTOtDvMt8ClvRWs7ywSQqt6bNWuYKAO26l6xr9wwIPEgaG6bH0506lKd1kAjRvVKRNo_7K9ECVZ/s1600/De+Marta.jpg" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
di Vincenzo Paliotto</div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Qualcosa di sicuro non era andato nel
verso giusto nel pomeriggio del signor Washington Mateo, arbitro della massima
divisione di calcio argentina. La giacchetta nera, infatti, aveva operato una
espulsione nel match in qualche modo combattuto, ma poi neanche tanto, e vinto
in maniera netta dall’Huracan sull’Estudiantes l’8 novembre del 1972. Quelli
del <i>globito</i> in estrema forma, con
Renè Houseman e l’<i>inglès</i> Carlos
Babington su tutti, avevano prevalso al Patricio Ducò per 5-1, contro un pincha
abbastanza in sordina. Mateo poi aveva mandato anzitempo a fare la doccia al
giovane Carlos Alberto De Marta (detto <i>El
Sordo</i>) ed aveva annotato sul suo taccuino che il calciatore dell’Estudiantes
era stato espulso per ingiurie e veementi proprio all’indirizzo dell’arbitro,
nel momento in cui la giacchetta nera sul punteggio di 2-0 aveva assegnato un
penalty all’Huracan. Una cosa che
risultò alquanto improbabile, in quanto De Marta era sordomuto dalla nascita!
Gli organismi federali dell’AFA, in seguito a sacrosanto ricorso, ridussero la
pena di squalifica nei confronti di De Marta ad una sola giornata. E non
sarebbe potuto essere diversamente, in quanto lo sfortunato calciatore quel
tipo di infrazione non avrebbe mai potuto commetterla.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> Qualcosa di analogo accadde diversi anni più
tardi, più precisamente il 7 novembre del 1984 al Santiago Bernabeu. Giocavano
per il secondo turno della Coppa UEFA il Real Madrid contro il sorprendente
Rijeka di Fiume, che all’andata aveva prevalso con un poco rassicurante per i
madridisti 3-1. Ad ogni modo, il Real venne nell’occasione incredibilmente
aiutato dall’arbitro belga Roger Schoeters, che ad un quarto d’ora dal termine
espulse per doppia ammonizione Damir Desnica, attaccante degli ospiti. Si pensò
ad un primo momento ad una perdita di tempo del giocatore ospite, invece poi si
apprese che Desnica era stato espulso per offese reiterate all’arbitro. Una
decisione che mandò quelli del Rijeka su tutte le furie e che chiusero la
partita in 8 uomini. Desnica, infatti, era sordomuto dalla nascita e quelle
offese al direttore di gara, pur volendo, non poteva rivolgergliele. Il Real
poi in netta superiorità numerica vinse per 3-0 e si qualificò.<o:p></o:p></span></div>
<!--EndFragment-->
glia benfichista, la Coppa dei Campioni, gli scudetti, le
coppe e quei Palloni d’Oro e Scarpa d’Oro che tante volte aveva portato in
trionfo all’Estadio Da Luz. Ma tradire la sua gente così sarebbe stato troppo.
Il Benfica vinse poi anche quel campionato ed Eusebio continuò a giochicchiare,
persino nella seconda divisione lusitana, lì dove il suo Benfica non lo avrebbe
potuto incontrare.<o:p></o:p><br />
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-36227083567762635272019-12-05T15:25:00.001+01:002019-12-05T15:25:30.273+01:00Eusebio contro il suo Benfica<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjly9Q8682ioW3lqvEhzob0MhFE4Z5rBdxwjNrIRg4LyknwdMUszwXKAXLYHKHlhZpFakuRp7Tp_unUFT1uOIckKKVnw-nOFoqP9xcmEWpZVyF9ux1B-T54DuEmEudMUABgC5tlLg7M3qWH/s1600/Eusebio+no+Beira-Mar.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="267" data-original-width="189" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjly9Q8682ioW3lqvEhzob0MhFE4Z5rBdxwjNrIRg4LyknwdMUszwXKAXLYHKHlhZpFakuRp7Tp_unUFT1uOIckKKVnw-nOFoqP9xcmEWpZVyF9ux1B-T54DuEmEudMUABgC5tlLg7M3qWH/s1600/Eusebio+no+Beira-Mar.jpg" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">di Vincenzo Paliotto<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> Quel giorno
Eusebio si augurava che non fosse mai arrivato o quantomeno pensava che quella
scelta non sarebbe stata poi così sofferta e difficile. Ma la <i>pantera nera</i> si accorse con ritardo e
con la dovuta consapevolezza che giocare contro il grande amore della sua vita,
il Benfica, proprio non gli sarebbe riuscito. Nella stagione del 1976/77
Eusebio era rientrato in patria, dopo essersi disimpegnato tra il 1975 ed il
1976 sia nel nascente campionato della NASL nordamericana che in quello
messicano. Pochi scampoli di partita utili comunque ai nordamericani ad
aiutarli a credere di aver un campionato vero e qualche dollaro per Eusebio da
incamerare nonostante qualche infortunio. Poi la NASL andava per qualche mese
in vacanza ed Eusebio decise di tornare in Portogallo. Lo corteggiarono con
insistenza quelli dello Sporting Lisbona, ma Eusebio non riuscì ad accettare
quelle offerte da parte di quelli che da sempre sono gli eterni rivali degli <i>encarnados</i>. Allora firmò con non poco di
stupore per il piccolo Beira-Mar di Aveiro, squadra condannata a lottare per la
salvezza e con la speranza di lanciare qualche buon giocatore. Alla giornata
numero 12 del campionato lusitano del 5 gennaio del 1977, però, Beira
Mar-Benfica era in calendario all’Estadio Mario Duarte. Eusebio accettò di
scendere in campo soltanto pochi minuti prima della partita. Affrontare il
colore e la storia di quelle maglie gli procurava dolore. Il Benfica
dell’inglese John Mortimore passò al 19’ con Chalana e quindi pareggiarono i
padroni di casa al 26’ con Abel Miglietti. Poi nuovo vantaggio benfichista al
30’ con Pietra e nuovo pareggio giallonero al 56’ questa volta di Felix Soares.
Tutto sembrava potesse succedere in quella partita dall’esito che alla vigilia
sembrava scontato. persino che il Beira Mar nella fase cruciale della partita
beneficiasse di un calcio piazzato dal limite, una posizione dalla quale
Eusebio di gol ne aveva fatti tanti. Ma la <i>pantera
nera</i> quella volta non se la sentì, così come avrebbe ulteriormente
testimoniato il giovane Antonio Sousa ( che poi ebbe una luminosa carriera al
Porto) qualche tempo più tardi. Eusebio si rifiutò di tirare e qualche minuto
dopo uscì anche dal campo per lasciare spazio allo spagnolo Tebecas. Eusebio
non ce l’aveva fatta. Gli passarono davanti agli occhi le caterve di reti
segnate con la maglia benfichista, la Coppa dei Campioni, gli scudetti, le
coppe e quei Palloni d’Oro e Scarpa d’Oro che tante volte aveva portato in
trionfo all’Estadio Da Luz. Ma tradire la sua gente così sarebbe stato troppo.
Il Benfica vinse poi anche quel campionato ed Eusebio continuò a giochicchiare,
persino nella seconda divisione lusitana, lì dove il suo Benfica non lo avrebbe
potuto incontrare.<o:p></o:p></span></div>
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-8304332491776628192019-11-05T15:39:00.000+01:002019-11-05T15:39:05.799+01:00DDR, la guerra fredda del football<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEif5rspm4Vz9E2nmTpMF2A_2oBjl0kgXKvaOgXigOzDM2pNBFrQ67iaTHSHVfEE_Wt5arHbnb7GJGWiIRVqPbGhN0FnK5rRCwt9DMgJPqOiX7s9aOSOBWlKliZIEvBu8jcpSqrBdbGzHz_5/s1600/DDR.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="283" data-original-width="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEif5rspm4Vz9E2nmTpMF2A_2oBjl0kgXKvaOgXigOzDM2pNBFrQ67iaTHSHVfEE_Wt5arHbnb7GJGWiIRVqPbGhN0FnK5rRCwt9DMgJPqOiX7s9aOSOBWlKliZIEvBu8jcpSqrBdbGzHz_5/s1600/DDR.jpg" /></a></div>
<em style="background-color: white; font-family: Arial, Tahome, Verdana, 'Lucida Grande', Helvetica; font-size: 12px; line-height: 18px;">Lo sport nella DDR costituiva un parametro imprescindibile per stabilire la superiorità del socialismo reale nei confronti del capitalismo. I successi riportati in campo sportivo erano tra i maggiori motivi di vanto del credo politico della Germania Est ed anche il calcio occupò un posto peculiare in quelle priorità prestabilite. Trionfare ai danni delle squadre dell’ovest era un risultato a cui le istituzioni tenevano moltissimo, e che anzi lavoravano ai fini del raggiungimento di quei successi stessi. Vincere poi contro le formazioni della Germania Ovest aveva un significato politico e sociale ancora maggiore. Era la guerra fredda del football, che avrebbe occupato un ruolo di non poco conto nella delicata fase storica delle due Germanie.</em><br />
<em style="background-color: white; font-family: Arial, Tahome, Verdana, 'Lucida Grande', Helvetica; font-size: 12px; line-height: 18px;"><br /></em>
<span style="background-color: white; font-size: 12px; line-height: 18px;"><span style="font-family: Arial, Tahome, Verdana, Lucida Grande, Helvetica;"><i>http://www.urbone.eu/obchod/ddr-la-guerra-fredda-del-football </i></span></span>Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-75070201709192653942019-10-03T15:39:00.001+02:002019-10-03T15:39:12.559+02:00Historial Boca-River in Copa Libertadores, la sfida che non finisce mai<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<br /></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEir2xcqCjo7e9lR26iNlwie8y9awihJn7zs6D6-80gh4OhehwSleMiXvn_fdYWq3x1QUNTeDbPJKUCSscLDyKd6eUu9b3dUAVVgeR33fvAoKs7sLo9X1fKtwzkVYUWdYazcxhsMc4DJ1tsX/s1600/La+Torre.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="177" data-original-width="285" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEir2xcqCjo7e9lR26iNlwie8y9awihJn7zs6D6-80gh4OhehwSleMiXvn_fdYWq3x1QUNTeDbPJKUCSscLDyKd6eUu9b3dUAVVgeR33fvAoKs7sLo9X1fKtwzkVYUWdYazcxhsMc4DJ1tsX/s1600/La+Torre.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il gol spettacolare di Diego Latorre nel 1991</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">di
Vincenzo Paliotto<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> Con tutta probabilità nessuna sfida calcistica
al mondo può avvicinarsi come intensità emotiva, culturale e di tradizione a
Boca Juniors-River Plate. Proviamo ad immaginare allora il clima in quel di
Buenos Aires alla vigilia di questa ennesima sfida nella Copa Libertadores, che
peraltro si gioca in semifinale. Le due eterne rivali si sono affrontate già 26
volte nel massimo torneo continentale, registrando 10 successi per i <i>zeneises,</i> 8 per i <i>millionarios</i> e anche 8 pareggi. La prima volta accadde nella
Primera Fase del 1966 e vinse il River 2-1 (gol di Sarnari, Bayo e Alfredo
Rojas). Tuttavia, fu il Boca nel 1977 a vincere un primo confronto
importantissimo, peraltro di misura grazie ad una punizione battuta a sorpresa
da Ruben Sunè, che trasse in inganno il buon Fillol, ancora intento a sistemare
la barriera. Mentre nel 1978 nella Segunda Fase ancora il Boca si affermò, ma
questa volta in casa degli avversari per 0-2 con reti di Mastrangelo e Salinas.
Il River vinse poi di misura nella Primera Fase del 1986, ma quel successo nel <i>Superclasico</i> fu un buon viatico per la
prima vittoria finale proprio di quell’anno. Al tempo il Boca aveva vinto già
due volte il titolo continentale. Il gol dell’uruguagio Antonio Alzamendi
risolse quell’intricato match.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> La <i>noche
involvodable</i> però si registrò in favore del Boca nel 1991. Il River andò in
vantaggio per 1-3 alla Bombonera con doppietta di Borrelli e gol di Zapata,
inframmezzati soltanto dal punto di Latorre. Poi al 56’ accorciò Marchesini, al
71’ impattò Giunta e a tre dal termine in mezza girata fece il punto del 4-3
ancora Diego Latorre, che poi venne anche in Italia alla Fiorentina. Mentre la
gara di ritorno in casa del River si risolse con una doppietta in favore del
Boca dell’implacabile Gabriel Batistuta.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> Con la nuova formula della Copa divennero più
frequenti, invece, gli scontri nella fase ad eliminazione diretta. Ed infatti
nel 2000 il Boca Juniors guadagnò la qualificazione, vincendo per 3-0 (gol di
Delgado, Riquelme su rigore e Palermo) in casa in una partita epica, dopo aver
perso per 2-1 al Monumental. Boca che
poi si affermò anche nel 2004, ma questa volta all’altezza delle semifinali e
questa volta passando con i tiri dagli undici metri. Nel 2015 cominciò la
riscossa del River, che si affermò negli ottavi grazie ad un solo gol utile,
mentre nel 2018 i <i>millionarios</i>
vinsero addirittura la finale di Copa Libertadores più combattuta e
problematica della storia. Il River giocò il confronto casalingo al Bernabeu di
Madrid e vinse per 3-1 non prima dei tempi supplementari. Anche questa volta ne
siamo certi non mancheranno le emozioni forti ed in qualche caso anche le
intemperanze. Nel 1982 la dittatura militare voleva far giocare questo <i>Superclasico</i> alle Isole Malvinas,
contese con un conflitto bellico dagli inglesi. Non se ne fece nulla, ma anche
questa è un’altra storia.<o:p></o:p></span></div>
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-13695983371986409272019-10-03T15:36:00.001+02:002019-10-03T15:36:21.819+02:00Copa Libertadores 2019, l'incubo Gremio per il Flamengo<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJ4-Mwr_w7F9DgEv_NDbPmeWfHo4CyjEFLFH36pYl8uouJ-T42OPUzxUPSR7Pr0neoq3wCdi20t9CHS5gkUZ5qEiY4aG4XES3NGsO9ziqGU-mTTU9tAzRM6MsXS59P-kvhRT0MGlgE9gts/s1600/Hugo+De+Leon.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="181" data-original-width="279" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJ4-Mwr_w7F9DgEv_NDbPmeWfHo4CyjEFLFH36pYl8uouJ-T42OPUzxUPSR7Pr0neoq3wCdi20t9CHS5gkUZ5qEiY4aG4XES3NGsO9ziqGU-mTTU9tAzRM6MsXS59P-kvhRT0MGlgE9gts/s1600/Hugo+De+Leon.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">il gol poderoso di Hugo De leon sotto gli occhi<br />di Baltazar</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">di
Vincenzo Paliotto<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> Lo chiamavano <i>o artilheiro de Deus</i>, il bomber goiano Blatazar, che fece fortuna
pure in Europa con l’Atletico Madrid, ma che era stato un cannoniere
implacabile al Gremio. E al Gremio con un suo gol aveva consegnato il titolo
nazionale nel 1981 contro il Sao Paulo. Nel 1983, però, Baltazar decise di
accettare le offerte del Flamengo ed in Copa Libertadores finì per trovarsi di
fronte alla sua ex-squadra, particolarmente agguerrita peraltro contro la
formazione carioca. Fu una vendetta vera e propria ci tengono a specificare
quelli del Gremio. Era, infatti, accaduto che il Flamengo nel 1982 avesse
sfilato il titolo del Brasileirao alla compagine di Porto Alegre grazie alla
compiacenza dell’arbitro Scolfaro. Tuttavia, proprio in Copa Libertadores la
formazione <i>gremista</i> riuscì a mettere
alle corde la compagine di Rio de Janeiro. Pareggio a Porto Alegre e quindi
sontuosa vittoria per 3-1 in un Maracanà rimasto ammutolito. Nella partita di
andata nel Rio Grande do Sul proprio Baltazar portò in vantaggio il Flamengo
con un’autentica prodezza su assist di Zico, prima del pareggio nel finale
dell’uruguagio Hugo De Leon con un gran tiro dal limite. Quello di Baltazar fu
un gol doloroso, in quanto realizzato da ex di turno e quasi irriverente nei
confronti della sua ex-tifoseria. Nella gara di ritorno il Gremio calpestò gli
avversari con i gol di Tita, Osvaldo e Caio.
Ma non fu una vittoria casuale. Il Gremio si era rinforzato con il rude
uruguagio Hugo De Leòn e si fece trascinare da Renato Portaluppi. Non a caso il
Gremio vinse poi con quella squadra la sua prima Copa Libertadores ai danni del
Penarol.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> Nel 1984, però la sfida si ripetè questa volta
nel girone di semifinale, in quanto il Flamengo aveva conquistato il titolo
nazionale battendo il Santos. Ma dal suo canto aveva perso Zico che era andato
all’Udinese, rendendo triste Rio ed i suoi tifosi. Il Flamengo acquistò come
portiere l’argentino Fillol ed in attacco Joao Paulo, ma non bastava. A Porto Alegre vennero strabattuti per 5-1 e
l’unico gol <i>rubronegro</i> era di Tita,
che tornò ad essere ex di turno, ritornato a Rio per sostituire Zico. Il
Flamengo riuscì però a vincere la partita in casa per 3-1 e si dispose per la
bella, che si gioca al Pacaembu di San Paolo del Brasile, cioè molto più vicino
a Rio che a Porto Alegre. Uno 0-0 finale fu però un risultato che premiava per
differenza-reti il Gremio, che giocò una nuova finale pur perdendola contro
l’Independiente di Bochini. Il Flamengo ritorna in semifinale di Copa
Libertadores dopo 35 anni e probabilmente si trova ad affrontare l’avversario
storicamente più ostico.<o:p></o:p></span></div>
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-3527792137996354842019-10-03T15:33:00.002+02:002019-10-03T15:33:55.282+02:00Eusebio contro il suo Benfica<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhX1CiX8NNfRnsHiKXMtMh3oDYeHyD5aYXlqTbnWxabTzKUisH0gzx2gnaWMlVDt5CgvwlQsciD6br0KA58Uj4R32pj1DrR7SUvnaT9eLuzUOZxFM7hn79B7mmOcc7x-C-wuiWWqesoa3Y/s1600/Eusebio+no+Beira-Mar.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="267" data-original-width="189" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhX1CiX8NNfRnsHiKXMtMh3oDYeHyD5aYXlqTbnWxabTzKUisH0gzx2gnaWMlVDt5CgvwlQsciD6br0KA58Uj4R32pj1DrR7SUvnaT9eLuzUOZxFM7hn79B7mmOcc7x-C-wuiWWqesoa3Y/s1600/Eusebio+no+Beira-Mar.jpg" /></a></div>
di Vincenzo
Paliotto<o:p></o:p><br />
<br />
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> Quel giorno
Eusebio si augurava che non fosse mai arrivato o quantomeno pensava che quella
scelta non sarebbe stata poi così sofferta e difficile. Ma la <i>pantera nera</i> si accorse con ritardo e
con la dovuta consapevolezza che giocare contro il grande amore della sua vita,
il Benfica, proprio non gli sarebbe riuscito. Nella stagione del 1976/77
Eusebio era rientrato in patria, dopo essersi disimpegnato tra il 1975 ed il
1976 sia nel nascente campionato della NASL nordamericana che in quello
messicano. Pochi scampoli di partita utili comunque ai nordamericani ad
aiutarli a credere di aver un campionato vero e qualche dollaro per Eusebio da
incamerare nonostante qualche infortunio. Poi la NASL andava per qualche mese
in vacanza ed Eusebio decise di tornare in Portogallo. Lo corteggiarono con
insistenza quelli dello Sporting Lisbona, ma Eusebio non riuscì ad accettare
quelle offerte da parte di quelli che da sempre sono gli eterni rivali degli <i>encarnados</i>. Allora firmò con non poco di
stupore per il piccolo Beira-Mar di Aveiro, squadra condannata a lottare per la
salvezza e con la speranza di lanciare qualche buon giocatore. Alla giornata
numero 12 del campionato lusitano del 5 gennaio del 1977, però, Beira
Mar-Benfica era in calendario all’Estadio Mario Duarte. Eusebio accettò di
scendere in campo soltanto pochi minuti prima della partita. Affrontare il
colore e la storia di quelle maglie gli procurava dolore. Il Benfica
dell’inglese John Mortimore passò al 19’ con Chalana e quindi pareggiarono i
padroni di casa al 26’ con Abel Miglietti. Poi nuovo vantaggio benfichista al
30’ con Pietra e nuovo pareggio giallonero al 56’ questa volta di Felix Soares.
Tutto sembrava potesse succedere in quella partita dall’esito che alla vigilia
sembrava scontato. persino che il Beira Mar nella fase cruciale della partita
beneficiasse di un calcio piazzato dal limite, una posizione dalla quale
Eusebio di gol ne aveva fatti tanti. Ma la <i>pantera
nera</i> quella volta non se la sentì, così come avrebbe ulteriormente
testimoniato il giovane Antonio Sousa ( che poi ebbe una luminosa carriera al
Porto) qualche tempo più tardi. Eusebio si rifiutò di tirare e qualche minuto
dopo uscì anche dal campo per lasciare spazio allo spagnolo Tebecas. Eusebio
non ce l’aveva fatta. Gli passarono davanti agli occhi le caterve di reti
segnate con la maglia benfichista, la Coppa dei Campioni, gli scudetti, le
coppe e quei Palloni d’Oro e Scarpa d’Oro che tante volte aveva portato in
trionfo all’Estadio Da Luz. Ma tradire la sua gente così sarebbe stato troppo.
Il Benfica vinse poi anche quel campionato ed Eusebio continuò a giochicchiare,
persino nella seconda divisione lusitana, lì dove il suo Benfica non lo avrebbe
potuto incontrare.<o:p></o:p></span></div>
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-80763524940815934282019-07-24T15:06:00.001+02:002019-07-24T15:06:11.702+02:00Estadio Vivaldo Lima di Manaus, storia e leggende<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiIjykBXncmgXUiHRePoGIoql-5h7S5xJ6V93S_LlQeRevqnvTX_Zemhdu4vLDg5NOEJUdv2Cu9s1PkSc3dhCZfoY_tk24ZcSARbiNAUCHfWmeoWqeGcdH3y7b7dKuVne32yn9YK1PNZrC7/s1600/Manaus_EstadioVivaldoLima.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="333" data-original-width="500" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiIjykBXncmgXUiHRePoGIoql-5h7S5xJ6V93S_LlQeRevqnvTX_Zemhdu4vLDg5NOEJUdv2Cu9s1PkSc3dhCZfoY_tk24ZcSARbiNAUCHfWmeoWqeGcdH3y7b7dKuVne32yn9YK1PNZrC7/s320/Manaus_EstadioVivaldoLima.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i>Ospitiamo oggi sulla nostra pagina
un bellissimo articolo del nostro giornalista brasiliano Davide Tuniz e follone
della pagina. Un articolo sinceramente da non perdere.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b>Estadio Vivaldo Lima di Manaus,
storie e leggende<o:p></o:p></b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
di Davide Tuniz <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
(giornalista freelance brasiliano)<o:p></o:p></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Il 5 Aprile del 1970, nonostante il caldo opprimente che lasciava i suoi
illustri ospiti più interessati ai ventilatori che cercavano di smuovere l’aria
umida che a ciò che accadeva sul rettangolo di gioco, il governatore dello
stato di Amazonas Danilo de Matos Areosa, in una camera di ospedale, non
staccava l’orecchio dalla radio, maledicendo il clima tropicale che gli aveva
portato una polmonite acuta, costringendolo a disertare l’inaugurazione del
nuovo stadio di Manaus, un’opera dalla genesi molto complicata, iniziata
addirittura 12 anni prima, ma che finalmente vedeva la luce, con i suoi 50.000
posti (poi ridotti a 31.000) e l’omaggio all’avvocato e medico Vivaldo Lima,
uno dei pionieri della diffusione del calcio in Amazzonia. In tribuna, accanto
al suo posto vuoto, nientemeno che il presidente della Fifa Sir Stanley Rous e
quello della Federazione Brasiliana João Havelange, in quel momento sorridenti
e prodighi di foto ed abbracci, ma in realtà già in guerra per le elezioni alla
Fifa del 1974 che videro proprio il brasiliano Havelange sconfiggere l’ex
arbitro Rous. Ma questa è un’altra storia. In quel pomeriggio del 1970 gli
occhi dei 36.826 spettatori sono tutti per le star che si affrontano sul
terreno di gioco: il Brasile futuro campione del mondo e la selezione dei
migliori giocatori del campionato amazonense, all’epoca torneo di buon livello,
prima di conoscere il declino degli anni ’80. Arbitro Arnaldo César Coelho, che
dirigerà la finale di Spagna ’82. In campo quei fenomeni che incanteranno il mondo
pochi mesi dopo in Messico, compreso Pelé. Finisce 4-1 per il Brasile, con gol di
Carlos Alberto Torres, Mário Vieira, Rivelino e ovviamente di O Rey. La partita
principale venne preceduta da un pre-gioco tra le selezioni B, vinto anche
questo 4-1 dal Brasile, con tripletta di un allora poco conosciuto Dadà
Maravilha, che con questa prestazione si guadagnò il passaggio alla nazionale
A, con cui vinse i mondiali ’70 senza mai scendere in campo, per veto, si dice,
dell’allora Presidente, il generale Médici. Maravilha, terzo marcatore di tutti
i tempi del campionato brasiliano, dietro Romário e Pelé, tornò a Manaus a metà
degli anni ’80 per giocare gli ultimi spiccioli di carriera col Nacional. Dopo
quella pomposa inaugurazione, in realtà, ve ne furono diverse altre nel corso
degli anni a venire a partire da quella che a tutti gli effetti rese lo stadio
agibile, col completamento di tutte le opere che quel pomeriggio del 1970 erano
ancora da finire: il nuovo governatore Andrade re-inaugurò lo stadio nel 1971,
con illuminazione, parcheggi e un tabellone elettronico con un torneo vinto
dall’Atlético Mineiro in finale contro il Fast Clube, uno dei club più
tradizionali della città. E prima della terza re-inaugurazione del 1995,
proprio il Fast, l’otto marzo del 1980, portò al Vivaldo Lima, subito
ribattezzato dai manauara “Vivaldão”, 56.890 persone, il maggior pubblico
registrato, per ammirare quella specie di Harlem Globetrotters del pallone che
erano i New York Cosmos di Beckenbauer e Carlos Alberto Torres. La partita fu
uno scialbo 0-0, nonostante la presenza di tante stelle. Ma i Cosmos non furono
il primo club straniero a calpestare l’erba del Vivaldo Lima: nel 1971 il
Porto, in tourneè in Sud-America, vi giocò due partite contro il Nacional ed il
Fast, davanti a 39.000 persone. Nel 1995, invece, per la nuova riapertura, con
opere di ammodernamento considerevoli e la semina di un nuovo prato, con la
stessa erba usata al Rose Bowl di Pasadena durante i mondiali ’94, ecco
nuovamente la Seleção chiamata a onorare il nuovo look dello stadio, con
un’amichevole vinta 3-1 contro la Colombia. Curiosamente, ma in tipico stile
brasiliano, il nuovo tabellone elettronico arrivato anch’esso dagli USA,
funzionò solo quel giorno. Secondo diversi funzionari e giornalisti, in realtà
le opere del 1995, mal eseguite e super fatturate, portarono una serie di
problemi strutturali allo stadio, soprattutto infiltrazioni, che trasformavano
gli spogliatoi, nei giorni di pioggia, in vere e proprie piscine. Le pessime
condizioni della struttura, che si deteriorava a vista d’occhio, ed il declino
del calcio locale, con i clubs in costante crisi finanziaria, non in grado di
permettersi l’affitto del Vivaldo Lima, portarono alla decisione, triste ma
obbligata, di abbatterlo per costruire uno stadio nuovo di zecca in occasione
dei mondiali del 2014. <i>“E’ stato triste
per tutti vedere il nostro glorioso stadio venire abbattuto</i> – dice Oriovaldo
Malízia che è stato l’ultimo responsabile della struttura – <i>ma se non fosse stato per l’opportunità dei mondiali,
oggi Manaus avrebbe uno stadio ridotto ad un rottame”. </i>Oggi la moderna
Arena Amazonas rispende con la sua struttura avveniristica sul luogo dove si
costruì il “Colosso do norte”, come venne chiamato il Vivaldo Lima dalla
propaganda del regime negli anni ‘70, un luogo che, quando venne scelto alla
fine degli anni ’50 come sede del nuovo stadio, venne giudicato “pericoloso”
per la presenza di serpenti e giaguari – era allora periferia estrema della
città – e “troppo lontano perché le persone si interessino ad andarci”, motivo
per cui, dalla posa della prima pietra nel 1958, lo stadio rimase solo nei
sogni del governatore Areosa e dell'architetto Severiano Mário Porto, per 12
lunghi anni per vivere poi una vita “corta ma intensa” come disse il decano dei
giornalisti amazonensi Arnaldo Santos.<o:p></o:p></div>
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-39649117221361923942019-07-06T15:46:00.002+02:002019-07-06T15:46:49.063+02:00Europa League 2020, i confronti greco-ciprioti<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 249, 238); margin: 9pt 0cm 0.0001pt;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 249, 238); margin-bottom: 0.0001pt;">
<span style="color: #222222; font-family: "Georgia","serif"; font-size: 11.5pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman";">di Vincenzo Paliotto <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 249, 238); margin-bottom: 0.0001pt;">
<span style="color: #222222; font-family: "Georgia","serif"; font-size: 11.5pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman";">La sfida in Europa League tra Aris Salonicco ed AEL Limassol in programma per il terzo turno preliminare di Europa League richiama alla mente tutti i confronti europei tra squadre greche e cipriote.<o:p></o:p></span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 249, 238); margin-bottom: 0.0001pt; text-align: center;">
<br /></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEixXNvz0wULw90IloxkSky9krWxkRVJrLCDkAYQnCTvAUvdOdZY11ZlUFzFIiBVf3rKFaLGRVCJL02AOpO-X_Hi5HHM4ztcVAbSeq5wF_i9IkyZp_c2APF-6DMiLLBTX-afpLYTsys38BCg/s1600/Apoel+Nicosia+1977-78.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="158" data-original-width="236" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEixXNvz0wULw90IloxkSky9krWxkRVJrLCDkAYQnCTvAUvdOdZY11ZlUFzFIiBVf3rKFaLGRVCJL02AOpO-X_Hi5HHM4ztcVAbSeq5wF_i9IkyZp_c2APF-6DMiLLBTX-afpLYTsys38BCg/s1600/Apoel+Nicosia+1977-78.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Apoel Nicosia 1977/78</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 249, 238); margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<b><u><span style="color: #222222; font-family: "Georgia","serif"; font-size: 11.5pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman";">Sull’asse
Grecia-Cipro.</span></u></b><b><u><span style="color: #222222; font-family: "Georgia","serif"; font-size: 11.5pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman";"> </span></u></b><span style="color: #222222; font-family: "Georgia","serif"; font-size: 11.5pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman";">Gli
intrecci politico-calcistici tra la Grecia e l’isola di Cipro sono ovviamente
intensissimi. I ciprioti vivono da sempre un rapporto viscerale con il governo
di Atene, ancor di più da quando l’isola è purtroppo divisa per l’insediamento
dei turchi nella parte a nord della stessa, creando tensioni politiche e
sociali ormai da diversi decenni. Oltretutto tra il 1967 ed il 1975 la migliore
squadra del campionato cipriota andava addirittura a giocare nel massimo
campionato greco, come una sorta di premio, ma più che altro un asservimento a
quella che era la Grecia dei Colonnelli, quella del colpo di stato che si era
registrato poco dopo la metà degli Anni Sessanta. Tuttavia, tra tutte le
partecipanti, soltanto l’Apoel Nicosia in una occasione riuscì sul campo a
raggiungere la salvezza nell’Alpha Ethniki, nella stagione del 1973,
piazzandosi al 14° posto, aiutato peraltro in maniera palese nell’ultima di
campionato da una vittoria in qualche modo compiacente contro l’AEK Atene.
L’Olympiakos Nicosia, invece con tre partecipazioni, è la squadra che vi ha
preso parte più volte.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 249, 238); margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="color: #222222; font-family: "Georgia","serif"; font-size: 11.5pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman";"> A
livello di coppe europee pertanto i confronti greco-ciprioti assumono un
connotato politico e sportivo importante e spesso dagli esiti non scontati. Nel
1965/66, infatti, l’Olympiakos Pireo faticò non poco per eliminare nel primo
turno della Coppa delle Coppe l’Omonia Nicosia, vincendo di misura sull’isola e
poi pareggiando in casa. A Nicosia il gol decisivo fu di Polichroniou.<o:p></o:p></span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 249, 238); margin-bottom: 0.0001pt; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 249, 238); margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<b><u><span style="color: #222222; font-family: "Georgia","serif"; font-size: 11.5pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman";">’77 la
prima volta dell’Apoel.</span></u></b><span style="color: #222222; font-family: "Georgia","serif"; font-size: 11.5pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman";">Tuttavia, un primo successo da parte dei
ciprioti non tardò ad arrivare e nella Coppa delle Coppe del 1976/77 al primo
turno l’Apoel Nicosia registrò la clamorosa impresa, mandando anzitempo a casa
l’Iraklis Salonicco del talentuoso Vassilis Hatzipanagis. Dopo lo 0-0 di
Salonicco, i gialloblu di Nicosia vinsero in casa con doppietta di Marcou e fu
ovviamente grande festa. In quella stessa stagione in Coppa dei Campioni, però,
al primo turno un’altra squadra di Salonicco, il PAOK, estromise l’Omonia
Nicosia, pareggiando 1-1 a Cipro e vincendo per 2-0 in casa. Tra i marcatori
del PAOK figurava nell’occasione anche Giorgios Kudas, che il regime tentò di
accasare all’Olympiakos Pireo. La rivolta dei tifosi del PAOk lo tenne ancorato
per sempre a Salonicco.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 249, 238); margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="color: #222222; font-family: "Georgia","serif"; font-size: 11.5pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman";"> Nell’88/89
in Coppa delle Coppe, invece, per la prima volta il Panathinaikos affrontò una
squadra cugina, avendo la meglio sulla stessa Omonia (le due squadre hanno del
resto il logo sociale molto simile), vincendo tutti e due i confronti. A
Nicosia sbloccò il punteggio Mavridis.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 249, 238); margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<b><u><span style="color: #222222; font-family: "Georgia","serif"; font-size: 11.5pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman";">Il
quasi miracolo di Gmoch.</span></u></b><b><u><span style="color: #222222; font-family: "Georgia","serif"; font-size: 11.5pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman";"> </span></u></b><span style="color: #222222; font-family: "Georgia","serif"; font-size: 11.5pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman";">Il
doppio confronto più bello si registrò in ogni caso nella Coppa dei Campioni
del 1992/93, quella in cui al primo turno si affrontarono l’AEK Atene e l’Apoel
Nicosia. Ad Atene la squadra di Dusan Bajevic passò in vantaggio al tramonto del
primo tempo con Alexandris, ma al 72’ Hadjluokas per gli ospiti pareggiò
tenendo in bilico la qualificazione. L’Apoel era guidato la polacco Jacek
Gmoch, grande conoscitore del calcio ellenico. A Nicosia l’AEK sembrò imporre
il suo maggior tasso tecnico, andando in vantaggio due volte con il serbo
Sabanadzovic e quindi con Dimitriadis, quando si era arrivati già al 71’. Poi
il grande orgoglio dell’Apoel fece il resto. Segnò il bomber Gogic e poi
Fasouliotis a cinque dal termine firmò il pareggio, che serviva a poco ma che tenne
sulle spine i ben più titolati greci. Lo stesso AEK del resto risultò
particolarmente indigesto ai ciprioti anche nella Coppa UEFA del 2002/2003,
ancora con una qualificazione rocambolesca degli ellenici. Ad Atene i
gialloneri vinsero di misura, ma poi a Cipro la spuntarono proprio nel
recupero, con un gol al 93’ di Nikolaidis.<o:p></o:p></span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 249, 238); margin-bottom: 0.0001pt; text-align: center;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiIDzRQnF8_GWv02Y2YVW8RoKZ4Ak6HC-XIxZsQWoUtGy4oMwjifrc7haIXp8o5qL1DFqhNWOwBnTyKzno5Zh-7wmVNH_0ZYuDpg4zrGLe7x-zKi98dmnV-IU4Snw7ynKPusQVHFUd7U0K9/s1600/Anhortosis.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="226" data-original-width="223" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiIDzRQnF8_GWv02Y2YVW8RoKZ4Ak6HC-XIxZsQWoUtGy4oMwjifrc7haIXp8o5qL1DFqhNWOwBnTyKzno5Zh-7wmVNH_0ZYuDpg4zrGLe7x-zKi98dmnV-IU4Snw7ynKPusQVHFUd7U0K9/s1600/Anhortosis.png" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il logo dell'Anorthosis Famagusta</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 249, 238); margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<b><u><span style="color: #222222; font-family: "Georgia","serif"; font-size: 11.5pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman";"> Le
grandi imprese dell’Anorthosis.</span></u></b><b><u><span style="color: #222222; font-family: "Georgia","serif"; font-size: 11.5pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman";"> </span></u></b><span style="color: #222222; font-family: "Georgia","serif"; font-size: 11.5pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman";">Tuttavia,
nella Coppa UEFA del 1996/97 l’Apoel Nicosia riuscì a ripetere l’importante
impresa ancora una volta ai danni dell’Iraklis Salonicco, questa volta
affermandosi con due vittoria sia in Grecia che a Cipro. Nel 1998/99 altri due
confronti arricchirono questa grande sfida calcistica. Infatti, in Coppa delle
Coppe il Panionios eliminò con due successi l’Apollon Limassol, mentre in Coppa
dei Campioni l’Olympiakos estromise dalla competizione, non senza affanni,
l’Anorthosis Famagosta. Proprio questi ultimi, ad ogni modo, furono i grandi
protagonisti addirittura nella stagione dei Champions League del 2008/2009. Già
nel 2002/2003 i biancocelesti avevano eliminato i malcapitati dell’Iraklis in
Coppa UEFA, con protagonista proprio il georgiano Ketsbaja. L’Anorthosis è la
squadra più antica di Cipro, fondata nel 1911, ma dal tempo ormai
dell’invasione turca di Cipro del Nord è costretta a giocare a Larnaca, dove ha
uno stadio proprio. Questo non gli ha permesso di non realizzare grandi
imprese, come quella del 2008/2009. Alla guida tecnica c’era già da qualche
stagione il georgiano Timur Ketsbaja, che aveva già vestito al maglia dello
stesso club. Arrivato dalla Dinamo Tblisi, il campionato cipriota fu il suo
trampolino di lancio per andare a giocare proprio in Grecia nell’AEK Atene e
quindi in Inghilterra. Ma poi ritornò a Famagosta per fare
l’allenatore-giocatore. Ketsbaja allestì una vera multinazionale del calcio,
con francesi, portoghesi, brasiliani, ciprioti, un iracheno, un albanese ed
anche giocatori greci, tra cui spiccava il nome di Traianos Dellas, Campione
d’Europa con la Grecia nel 2004. Nei preliminari quell’Anorthosis diede un
brutto dispiacere all’Olympiakos (vincendo 3-0 in casa grazie ad un’autorete di
Torosidis e gol francesi di Sosin e Laban) e si qualificò per la fase a gironi.
L’Anorthosis fu grande protagonista e vinse nettamente anche contro il
Panathinaikos in casa per 3-1. Poi proprio i verdi di Atene con un gol di
Karagounis negarono a Ketsabja e compagni addirittura un clamoroso passaggio
del turno.<o:p></o:p></span></div>
<table border="1" cellpadding="0" cellspacing="0" class="MsoNormalTable" style="background: white; border: solid #EEEEEE 1.0pt; margin-left: 12.0pt; mso-border-alt: solid #EEEEEE .75pt; mso-cellspacing: 0cm; mso-padding-alt: 3.75pt 3.75pt 3.75pt 3.75pt; mso-yfti-tbllook: 1184;">
<tbody>
<tr>
<td style="border: none; padding: 3.75pt 3.75pt 3.75pt 3.75pt;"></td>
</tr>
<tr>
<td style="border: none; padding: 3.75pt 3.75pt 3.75pt 3.75pt;"></td>
</tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 249, 238); margin-bottom: 0.0001pt;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj_u67Fczs30vkcEJKAdujz5Z_O4bdwlr_BLGgXSV7Lh22PJmFVbA-VNkjfaMuC80HMJu39m9g9-LvcDgacWz700qC74ZcQHf1M1bL5Ls_b3m5DqPZuPjQmZBYD3VqTdgNDKKnRGehJ0FgB/s1600/Omonoia.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="195" data-original-width="195" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj_u67Fczs30vkcEJKAdujz5Z_O4bdwlr_BLGgXSV7Lh22PJmFVbA-VNkjfaMuC80HMJu39m9g9-LvcDgacWz700qC74ZcQHf1M1bL5Ls_b3m5DqPZuPjQmZBYD3VqTdgNDKKnRGehJ0FgB/s1600/Omonoia.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Omonoia Nicosia</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 249, 238); margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="color: #222222; font-family: "Georgia","serif"; font-size: 11.5pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman";"> In
quella stessa stagione in Coppa UEFA l’Omonia Nicosia realizzò un’impresa
analoga, prendendosi il lusso di eliminare l’AEK Atene. In Grecia decise
a sorpresa il portoghese Cafù. A Cipro l’albanese Klodian Duro portò due volte
in vantaggio i biancoverdi e due volte vennero raggiunti da Blanco e Pavlis
proprio in extremis. Ma ormai l’impresa cipriota era stata firmata.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 249, 238); margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 249, 238); margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="color: #222222; font-family: "Georgia","serif"; font-size: 11.5pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman";"> Una vittoria a testa invece conseguono nella
fase a gruppi di Europa League nel 2015/2016 nel loro confronto incrociato l’Apoel
Nicosia e l’Asteras Tripoli. I ciprioti in casa vincono 2-0 con gol dell’argentino
Cavenaghi e del brasiliano Carlao, ma con identico punteggio vengono ripagati
della loro visita in Grecia.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-90045584900593442912019-06-25T15:07:00.000+02:002019-07-08T15:55:03.473+02:00Copa Libertadores 2019, Historial Emelec-Flamengo. La notte di Figueroa<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiEn1nuvYhgss7iu0ZVhKeUzLafsT4PYDKCuIQS7CtOL18fztSWkQkJO520mu1aBtYPoBRsxhFjcVaLI7Do7JBVXF4l9p8uu38tqzpSlaJzP4qn5ViUKNdCpLxIewtvxvwnN1W67fysCHvm/s1600/Figueroa+gol+al+Flamengo.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="200" data-original-width="252" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiEn1nuvYhgss7iu0ZVhKeUzLafsT4PYDKCuIQS7CtOL18fztSWkQkJO520mu1aBtYPoBRsxhFjcVaLI7Do7JBVXF4l9p8uu38tqzpSlaJzP4qn5ViUKNdCpLxIewtvxvwnN1W67fysCHvm/s1600/Figueroa+gol+al+Flamengo.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Esultanza di Figueroa contro il Flamengo</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Il suo
passaggio da Genova, sponda rossoblù, era stato fin troppo fugace, come del
resto altre esperienze nella sua carriera agonistica. Il sussulto più brillante del resto lo avevo avuto nel 2003, ergendosi a capocannoniere del Clausura argentino del 2003 con la maglia del Rosario Central e con 17 pesantissimi gol. Nell'ultima giornata il Rosario aveva buscato pesantemente in casa dal Boca Juniors, che volava verso al vittoria del campionato, mentre Figueroa d'altro canto riusciva ad essere il tiratore scelto del torneo. Tra il 2006 ed il 2008, comunque, il buon Figueroa aveva realizzato 3 gol con la maglia del Genoa, mentre aveva lasciato un segno
quasi di striscio anche con il Birmingham City, il Villareal ed il Cruz Azul.
Tuttavia, Lucho Figueroa, argentino di Rosario, visse successivamente agli exploits con la maglia del Central la sua gloria
nella notte sempre <i>caliente</i> di
Guayaquil, all’Estadio George Capwell, casa dell’Emelec, gli <i>electricos </i>per intenderci<i>,</i> la squadra della compagnia elettrica. Avversario
eterno del Barcelona di Guayaquil e spesso alla ricerca , ma con poca fortuna
della gloria internazionale. <o:p></o:p></span></div>
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhr0Uzk5iJbh_s3DrUy-cwDmdaiMd8vgOtQGRnAT74NwZaH43I27yoYzZO8Zq_IRsGjvKY2JtK-a208v_YnH6BBww6IDoUrcl3J1vbsqxE5o_P0Tsv4H7AZzGMmO9sg65hKB_s1yLGnqpsg/s1600/Ronaldinho.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="195" data-original-width="260" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhr0Uzk5iJbh_s3DrUy-cwDmdaiMd8vgOtQGRnAT74NwZaH43I27yoYzZO8Zq_IRsGjvKY2JtK-a208v_YnH6BBww6IDoUrcl3J1vbsqxE5o_P0Tsv4H7AZzGMmO9sg65hKB_s1yLGnqpsg/s1600/Ronaldinho.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Ronaldinho nella morsa di Guayaquil</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> L’avversario per l’occasione era nientemeno
che il Flamengo guidato da Ronaldinho, che dopo la gloria europea, cercava
successi e consensi importanti anche in Sud America. Era la Copa Libertadores
del 2012 ed il Flamengo si portò avanti quasi subito in quella partita con una
incursione fortunata di Leo Moura al 7’, che trovò il fondo della rete,
sfruttando anche una malaugurata deviazione di un difensore. Gol che sembrava
spianare una serata piacevole e quantomeno in discesa per i brasiliani.
Figueroa, tuttavia, con una giocata aerea degna di nota però impattò una prima
volta, accendendo gli entusiasmi del Capwell. Un pareggio momentaneo in quanto
Deivid, altro bomber brasiliano prestigioso, sull’altro fronte siglò il gol di
un nuovo vantaggio, prima dello scadere del primo tempo. E questa volta le
sorti della partita parevano incanalarsi ancora verso le fortune del Flamengo.
Ma Figueroa andò ancora ad impattare e per giunta nuovamente con un pregevole
colpo di testa. Ad ogni modo, gli ecuadoregni non si accontentarono nemmeno del
pareggio e a pochi minuti dal termine Fernando Gaibor dagli undici metri regalò
all’Emelec una vittoria di grande prestigio. Il Flamengo all’interno di quel
girone aveva vinto la gara di andata di misura, con gol di Vagner Love. Ma
anche quella vittoria servì a poco, come la stessa vittoria nell’ultima partita
netta per 3-0 ai danni del Lanus. Con una grande prova esterna infatti l’Emelec
andò a vincere per 3-2 in casa dell’Olimpia Asuncion e guadagnando il secondo
posto, utile, insieme al Luns per approdare alla fase successiva. Ad Asuncion
il gol decisivo portava la firma di Josè Luìs Quinonez addirittura al 94’. Fu
quella una pagina epica per la storia gloriosa dell’Emelec.<o:p></o:p></span></div>
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-73267318310298424882019-05-18T16:09:00.002+02:002019-05-18T16:09:57.485+02:00Copa Libertadores 2019, Historial Internacional PA-Nacional Montevideo<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhojKVURmshsMtKXeT8zzt4iPipv5SZyKBk-VRnsF9pjUKUjqdDCLW1A2DwXCYhMhQ12OSuPwP0WTJwYbigmLN96I6TJhVdEi_XRXu5bBwcMHROkOzlGQueRnGFjH8uoRn2mWQoDZc-PUJf/s1600/Nacional+1980.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="433" data-original-width="496" height="279" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhojKVURmshsMtKXeT8zzt4iPipv5SZyKBk-VRnsF9pjUKUjqdDCLW1A2DwXCYhMhQ12OSuPwP0WTJwYbigmLN96I6TJhVdEi_XRXu5bBwcMHROkOzlGQueRnGFjH8uoRn2mWQoDZc-PUJf/s320/Nacional+1980.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La vittoria del Nacional Montevideo del 1980</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">di Vincenzo Paliotto</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> E’ praticamente un derby o qualcosa del genere
la sfida che da tempo mette di fronte i brasiliani dell’Internacional Porto
Alegre agli uruguagi del Nacional Montevideo. Del resto Porto Alegre è la
capitale del Rio Grande do Sul, l’ultimo degli stati brasiliani del perimetro
di confine meridionale, che condivide i propri confini proprio con l’Uruguay.
Questa sfida assunse connotati ancora più marcati nel momento in cui nel 1980
le due formazioni approdarono entrambe in finale, sancendo poi a sua volta per
forza di cose alleanze incrociate: quelli del Gremio avrebbero per sempre
appoggiato il Nacional, mentre quelli dell’Inter trovarono giusto conforto
negli eterni rivali del Penarol. La finale dell’80 fu traumatica per i rossi
dell’Internacional, che per la prima volta erano arrivati così avanti. Falcao
era già stato ceduto alla Roma, ma avrebbe giocato ugualmente le finali, mentre
tra i pali rinunciavano al paraguayano Benitez per far posto a Gasperin.
Impressionante risultò però la massa dei tifosi che il Nacional si portò dietro
fino in Brasile nella finale di andata: arrivarono a Porto Alegre ben 20.000
uruguagi. La gara non si schiodò dallo 0-0. Rodolfo Rodriguez arginò i
tentativi brasiliani. Juan Mujica, titolato nel ’71 con il Nacional, aveva
allestito anche una squadra con tanta esperienza in campo e caldeggiato qualche
ritorno eccellente come quello di Morales. Il 16 agosto del 1980 poi il
Nacional completò l’opera sul terreno di casa, imponendosi con un solo e
decisivo gol al 34’ di testa di Waldemar Victorino, che non lasciò scampo a
Gasperin. Il Nacional vinse il suo secondo titolo, l’Internacional invece visse
un dramma profonda per quella sconfitta e per la contemporanea dipartita verso
l’Italia di Falcao. <o:p></o:p></span></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhuaE68MoBZZYZwptyLWxZa-QgcC74iHt2ZhSylmbV1wdaj2A_xJ5NIRplyIM4Q9d3isFUl5VXcKIjt2ncE7-IgouIdb4nXm6jx4k7uslr2r7C-K1aOZzOTGER-DPv8s4fkN032RLGCLOR5/s1600/Fernandao+2006.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="445" data-original-width="450" height="316" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhuaE68MoBZZYZwptyLWxZa-QgcC74iHt2ZhSylmbV1wdaj2A_xJ5NIRplyIM4Q9d3isFUl5VXcKIjt2ncE7-IgouIdb4nXm6jx4k7uslr2r7C-K1aOZzOTGER-DPv8s4fkN032RLGCLOR5/s320/Fernandao+2006.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fernandao tra i protagonisti del 2006</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> Soltanto nel 2006 l’Internacional riuscì a
lavare l’onta di quella sconfitta in una edizione che peraltro risultò la prima
ad essere vinta dall’undici di Porto Alegre. Le due squadre in tal proposito si
affrontarono ben quattro volte. Nel girone di qualificazione l’Inter vinse
nettamente per 3-0 e quindi pareggio a reti bianche a Montevideo. I brasiliani
conquistarono il primo posto, ma anche il Nacional passò il turno. Infatti, le
due squadre si fronteggiarono nuovamente negli ottavi. Questa volta l’Inter
andò a vincere per 2-1 in rimonta ala Parque Central a Montevideo, nonostante
il vantaggio iniziale griffato da Vanzini. I brasiliani impattarono con Jorge
Wagner e quindi il colombiano Renteria siglò il punto del definitivo 1-2. Bastò
poi un pareggio a Porto Alegre, nonostante l’estremo difensore brasiliano
Clemer venisse comunque severamente impegnato.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> Ma quella sfida registrò comunque una
appendice clamorosa, in quanto il Nacional nella stagione successiva ancora si
manifestò come la bestia nera dell’Inter, infliggendo a quella squadra una
nuova e cocente sconfitta. Nonostante l’Internacional si presentasse a quel
doppio confronto con il biglietto da visita di essere sia campione della Copa
Libertadores sia Campione del Mondo, dopo aver battuto addirittura il
Barcellona. Ma a Montevideo di fronte ai <i>tricolores
</i>guidati da un giovane Godin, l’Inter crollò malamente per 3-1 e nonostante
la vittoria di misura casalinga il club Campione del Mondo in carica non ce la
fece a qualificarsi.<o:p></o:p></span></div>
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-40707356282436321852019-05-16T14:54:00.003+02:002019-05-16T14:54:56.430+02:00Copa Libertadores 2019, Historial Cruzeiro-River Plate<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjpoiuhzDTb0D1Jp2EnQK6JX3A0uroeGggzv8gqz_o4mENqvUiSjEFResUexYmLJVAou9WrRvmmWTIvBPMOK7FPlhuIehjGA_NUcahqevsZxsGEyAQ6VRaQ89MU6nI6ee5qdTb5SdVXfeYK/s1600/Guerra+de+Chile.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="194" data-original-width="259" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjpoiuhzDTb0D1Jp2EnQK6JX3A0uroeGggzv8gqz_o4mENqvUiSjEFResUexYmLJVAou9WrRvmmWTIvBPMOK7FPlhuIehjGA_NUcahqevsZxsGEyAQ6VRaQ89MU6nI6ee5qdTb5SdVXfeYK/s1600/Guerra+de+Chile.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Cruzeiro-River Plate 3-2 1976</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> di Vincenzo Paliotto</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> E’ lungo il periodo di attesa per una
vendetta, in particolar modo per quelli del River Plate al cospetto degli
odiati brasiliani del Cruzeiro. Fu infatti la squadra di Belo Horizonte nel
1976 a negare ancora una volta la vittoria finale nella Copa a quelli del River
e fu quella una bruciante sconfitta vendicata da parte bonarense soltanto con
39 anni di ritardo. I <i>millionarios</i>
avevano già perso una finale nel 1966 per mano del Penarol e a distanza di
dieci anni ne persero un’altra al cospetto dei brasiliani, secondi nel loro
campionato e che non avevano mai vinto il trofeo. Ma al meglio dei tre incontri
il Cruzeiro l’avrebbe spuntata a Santiago del Cile, grazie soprattutto ai suoi
funambolici calciatori di punizione. Nelinho, un difensore che segnava su
calcio piazzato come un attaccante, decise tra gli altri la partita di andata
con un netto 4-1, timbrando il gol in apertura, poi arrivò la burrascosa
sconfitta per 2-1 al Monumental in una partita molto dura, in cui lasciarono
anzitempo il terreno di gioco <i>el mariscal</i>
Roberto Perfumo e Juan Lopez per il River Plate e Jairzinho per il Cruzeiro per
reciproche scorrettezze. A queste assenze per i <i>millionarios</i> si aggiunse quella di Daniel Passarella, privando gli
argentini per la bella degli elementi fondamentali del pacchetto arretrato.
Oltretutto nella finale di andata a Belo Horizonte l’estremo difensore Ubaldo
Matildo Fillol riportò un brutto infortunio, venendo rilevato in quella e nelle
successive partite dal suo secondo Landaburu. Il Cruzeiro invece assorbì in
maniera migliore l’assenza di Jairzinho (nonostante la potenza offensiva del
campione del mondo del ’70) e passò a condurre di due gol a Santiago del Cile,
grazie ad un penalty di Nelinho e ad un tiro fortissimo di Edu Amorim (una vita
praticamente al Cruzeiro). Il River trovò una forza insperata di accorciare
prima le distanze con Oscar <i>pinino</i>
Mas e quindi di pareggiare con Urquiza. Un pareggio contestatissimo, in quanto
quelli del River batterono una punizione quando a loro detta l’arbitro doveva
ancora fischiare la ripresa del gioco. A due dal termine poi Joaozinho sfoderò
un calcio di punizione bellissimo che condannò definitivamente il River Plate.
Al termine del match i vari Leopoldo Luque, Alejandro Sabella, Beto Alonso,
Reinaldo Merlo e gli altri si suonarono botte da orbi con i dirimpettai
brasiliani. La chiamarono non a torto Guerra de Chile. Il Cruzeiro dedicò
quella Copa a Roberto Batata, morto qualche mese prima in un incidente stradale,
proprio di ritorno da una trasferta in Copa Libertadores a Lima.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> <table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhA8hkscP5TmsmOnHmO3Ob-IY3JmPklqkbXAjj5xwQQpwHZg6afUNBDXprWKvwdmOLySW7NURvExoHnPp2UQV1nsgaRWS1oRHkZCj9ryY_Q-gT3vUTFQU-mmvmyTPDzBGiX7r2BFD95BD8g/s1600/Maidana.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="183" data-original-width="275" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhA8hkscP5TmsmOnHmO3Ob-IY3JmPklqkbXAjj5xwQQpwHZg6afUNBDXprWKvwdmOLySW7NURvExoHnPp2UQV1nsgaRWS1oRHkZCj9ryY_Q-gT3vUTFQU-mmvmyTPDzBGiX7r2BFD95BD8g/s1600/Maidana.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Esultanza di Maidana</td></tr>
</tbody></table>
La rivincita degli argentini, dopo altre
sconfitte patite nella Copa Mercosur e nella Taca Havelange, arrivò soltanto
nel 2015 all’altezza dei quarti di finale. Eppure il Cruzeiro vinse la partita
di andata con un gol di Marquinhos al Monumental e pure quella volta pareva che
il River fosse destinato a soccombere di fronte a quelli di Belo Horizonte. La
squadra di Gallego questa volta però compì il miracolo e passò in maniera
eclatante nel ritorno in Brasile. Gol in apertura di Sanchez e poi gran
raddoppio di testa di Maidana, fino ad un mortificante 0-3 con un <i>golazo</i> di
Teofilo Gutierrez in casa della <i>raposa</i>. La vendetta era compiuta ed il River andò a vincere anche la sua seconda Copa Libertadores.<o:p></o:p></span></div>
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-971273938491810141.post-76701885490367429082019-05-14T14:51:00.001+02:002019-05-14T14:51:29.056+02:00I cannonieri del Boca Juniors in Copa Libertadores<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmTIIzovOfmGWV0WHHKsVPRAzZN1364V-KG0EwVXe_sg1_6kUDW_uRQxmfUIXp28gPR8HAmV6LQ-T-yGSIdG2SvutaMK-8ZbP2IUMmsnIHt_8tKKZBTJx6sClARE8o2GplDa8nAu61Bmwz/s1600/Roman10.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="174" data-original-width="290" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmTIIzovOfmGWV0WHHKsVPRAzZN1364V-KG0EwVXe_sg1_6kUDW_uRQxmfUIXp28gPR8HAmV6LQ-T-yGSIdG2SvutaMK-8ZbP2IUMmsnIHt_8tKKZBTJx6sClARE8o2GplDa8nAu61Bmwz/s1600/Roman10.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Roman Riquelme, 25 gol in Copa</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal">
di Vincenzo Paliotto</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> In tutto il continente soltanto
l’Independiente può contare un palmarès all’interno della Copa Libertadores
migliore, poi il Boca Juniors è tra le regine da sempre incontrastate della
manifestazione. Ben 6 sono i successi complessivi e quasi altrettante le finali
perse, in ogni epoca o quasi della competizione stessa. La storia del Boca
Juniors, del resto, all’interno della Copa Libertadores è intensa e
lunghissima. Così come la storia dei suoi bomber a livello continentale. Il
primatista di realizzazioni con la maglia degli <i>zeneises</i> nella storia della Copa, comunque, non appartiene nemmeno
ad un attaccante, ma ad un giocatore di estrema universalità e soprattutto di
classe cristallina unica. <b>Juan Roman
Riquelme</b> era cresciuto nel vivaio dell’Argentinos Juniors, una specie di <i>cantera</i> sullo stile Ajax ma sul suolo
argentino (<i>Maradonaland </i>per scippare
una terminologia opportuna a Martin Mazur), ma ha debuttato da professionista
con il Boca, portandolo prima e dopo a vincere 3 volte la Copa Libertadores. La
sua permanenza <i>boquense</i> fu
intervallata da stagioni in chiaroscuro al Barca e a qualche altra di magia al
Villareal, ma era in Sudamerica che Riquelme riusciva ad esprimere al meglio il
suo calcio ricamato, efficace, ma ricco di colpi di estro che mandava in frantumi
anche le rudezze dei difensori brasiliani ed uruguagi. Prima di chiudere la
carriera all’Argentinos Juniors proprio, salvandolo dalla retrocessione in una
gara interna contro il Douglas Haig. Ben 25 sono state le sue prodezze in Copa
Libertadores, alcune di una pregevolezza inarrivabile, come i calci piazzati
distribuiti sul fondo della rete altrui, in qualche occasione anche in quella
dell’odiato River Plate. Il primo gol lo realizzò il 9 maggio del 2000 nella
gara interna degli ottavi di finale vinta contro gli ecuadoregni dell’El
Nacional per 5-3. La sua prima vittima il malcapitato Oswaldo Ibarra.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> <table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhy-8J16M8-R_s4yC5IW8CuwCofzffQ-KV9PyidgYHjSjhX_x0jDWA4BhYg1GWRPoXfPBcMZqNPQWHsAdOPok8FM92RPNZHoI7VxloadQtEvdbiDUWBdNF1pE249_KdsohXK8A7hyGX_lbx/s1600/Martin+palermo.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="158" data-original-width="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhy-8J16M8-R_s4yC5IW8CuwCofzffQ-KV9PyidgYHjSjhX_x0jDWA4BhYg1GWRPoXfPBcMZqNPQWHsAdOPok8FM92RPNZHoI7VxloadQtEvdbiDUWBdNF1pE249_KdsohXK8A7hyGX_lbx/s1600/Martin+palermo.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Martin Palermo a quota 23</td></tr>
</tbody></table>
A due lunghezze lo segue <b>Martin Palermo</b>, uno che al Boca è considerato per forza di cose un
idolo e non potrebbe essere diversamente, dopo una tripletta e non solo
rifilata al River Plate. Sembrava un film che non doveva avere mai fine per i
seguaci della Bombonera. Pescato
nell’Estudiantes nel 1997, sembrava uno così di passaggio dalla Bombonera,
invece ci è tornato per due volte da idolo, in quanto anche lui ha avuto poco
feeling con la Spagna. Qualche buona cosa al Villareal, prima di fallire con
Betis ed Alaves. Anche lui ha segnato il suo primo gol in Copa nell’edizione
del 2000, per giunta contro il River Plate alla Bombonera il 24 maggio. Il Boca
vinse per 3-0 ai quarti e gli altri marcatori di giornata furono proprio
Riquelme e <b>Marcelo Delgado</b>.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> Già Delgado, altro funambolico attaccante che
Carlitos Bianchi fece arrivare nel 2000 dal Racing Club Avellaneda, dopo che lo
stesso si era ben disimpegnato con il Rosario Central ed il Cruz Azul. Nella
medesima stagione del resto esplose anche <b>Guillermo
Barros Schelotto</b>, che segnò uno dei gol più importanti in quel lungo
cammino. Infatti, il Boca esordì con una sconfitta penosa a Santa Cruz de la
Sierra contro il Blooming e poi tra le mura amiche superò a fatica
l’Universidad Catolica de Chile per 2-1, con gol proprio di Guillermo e l’altro
di Barijho. Così cominciò la lunga strada verso la gloria eterna <i>boquense</i>. Era stato prelevato nel 1997
dal Gimnasia La Plata ed arrivò a giocare nel Boca fino a 300 partite e a
diventarne poi allenatore tra il 2016 ed il 2018.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZ_Sn_elJVII8XmuXqv_XdlkM2fBGs9sXVdfMxJTXP3JejcwxA_49D5yL9c1soTQc5_xhOSEUNBqmLrWQFuTh2959v6O3I0gtLn-UcM2luRA65EK1K58-saEIJhppylfQ9xh-4dYEBfH5x/s1600/Carlitos+Tevez.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="190" data-original-width="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZ_Sn_elJVII8XmuXqv_XdlkM2fBGs9sXVdfMxJTXP3JejcwxA_49D5yL9c1soTQc5_xhOSEUNBqmLrWQFuTh2959v6O3I0gtLn-UcM2luRA65EK1K58-saEIJhppylfQ9xh-4dYEBfH5x/s1600/Carlitos+Tevez.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Carlitos Tevez appena arrivato a quota 18</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> Tuttavia, li ha agguantati in graduatoria
recentemente <b>Carlitos Tevez</b>, tornato
da qualche mese a Baires. Segnò il suo primo gol in Copa nel torneo del 2002
nel confronto diretto contro l’Olimpia Asuncion in un doppio confronto non
proprio fortunato. Il match terminò 1-1 e poi il Boca perse di misura in
Paraguay. Carlitos nel frattempo avrà ancora tempo, Atletico Paranaense
permettendo, di migliorare il suo score personale. <o:p></o:p></span></div>
Laltrocalciohttp://www.blogger.com/profile/11047270842801108620noreply@blogger.com0