di Riccardo Pessarossi
(dal Wall Street Interantional www.wsimag.com)
http://wsimag.com/it/sport/17879-luzhniki-20-ottobre-1982
Il 20 ottobre del 1982
allo stadio Luzhniki di Mosca (allora “Lenin”) persero la vita 66 tifosi (ma la
cifra non ufficiale è 350), travolti dalla calca all’uscita dalla tribuna C
dopo il fischio finale dell’incontro di Coppa delle Fiere, tra lo Spartak Mosca
e gli olandesi dell’Harleem.
1982, 20 ottobre.
L’Italia del calcio è da poco Campione del mondo per la terza volta, e il
calcio sovietico non si difende male: al “Mundial” spagnolo l’Unione Sovietica
del “colonnello” Lobanovsky approda al secondo girone, eliminata solo dal
Brasile. L’Unione Sovietica di Breznev invece è quasi al capolinea, il leader
malato si sarebbe spento da lì a poche settimane dai tragici fatti di quella
fredda sera moscovita.
Freddo, già, come in
pieno inverno. La temperatura era di -8° e nei giorni precedenti la partita la
neve aveva ricoperto le tribune dello stadio, privo di copertura. Così ad
assistere Spartak Mosca-HFC Harleem, Sedicesimi di finale di coppa UEFA,
accorsero solo 16 mila tifosi, tra cui un centinaio di ospiti. Una goccia, in
un’arena da 100 mila posti. Le autorità allora decisero che a sistemare gli
spettatori bastavano le due tribune centrali e la maggior parte di essi (12
mila circa) trovò posto sulle gradinate del settore est (C), il più vicino alla
fermata della metropolitana.
Sul campo la partita
scivola via veloce. Al 16’ del primo tempo i padroni di casa trovano il gol con
Edgar Gees e col passare dei minuti la supremazia tecnica dello Spartak e il
freddo congelano ogni tentativo di rimonta degli olandesi. Con la vittoria in tasca
il primo pensiero dei tifosi, soprattutto di quelli più giovani, diventa
raggiungere la metro, e tornare a casa al più presto. Centinaia di persone
decidono quindi di abbandonare la tribuna C, sferzata dal vento gelido, e si
avviano anzitempo verso l’uscita. L’uscita però è una sola, l’unica aperta
dalla polizia per i tifosi russi della “C”: una scalinata larga qualche metro
che col passare dei minuti si trasforma in una trappola mortale. La gente
defluisce lentamente, spinge, si accalca. All’85° minuto lo Spartak raddoppia:
su calcio d’angolo dalla destra il colpo di testa di Sergey Schvezov si insacca
alle spalle del portiere dell’Harleem.
È il gol del 2-0. Il gol
che “era meglio se non avessi mai segnato”, come dichiarerà a molti anni di
distanza lo stesso Schvezov. Il boato dello stadio richiama dentro i tifosi che
erano quasi usciti. L’ondata di chi vuole rientrare si scontra contro il muro
di chi sta uscendo. Non ci si muove. Scoppia il panico. Il parapetto della
scala d’uscita cede, decine di persone cadono, altre rimangono schiacciate
nella calca, o calpestate dalla folla. La mattanza si consuma nel buio, le urla
di dolore rimbombano nel tunnel, la polizia non interviene.
Aleksandr Prosvetov
allora era un ragazzino qualunque, innamorato dei colori rosso-bianchi, e
quella sera andò al Luzhniki a sostenere lo Spartak. Oggi è un giornalista di Sport
Express, e ricorda così quegli attimi: Oscurità, scalini scivolosi,
sotto il peso della gente la struttura della scala si piegò su se stessa. A me
andò bene. Io ero lontanto dall’uscita, ma sentivo le urla, capii subito che
stava succedendo qualcosa di terribile. Che cosa successe veramente, quella
sera non lo seppe nessuno. L’indomani soltanto il quotidiano Vechernaya
Moskva, pubblicò uno scarno trafiletto, in linea con i tempi che erano.
Ieri, 20 ottobre 1982,
dopo la partita di calcio allo stadio centrale “Lenin”, durante l’uscita degli
spettatori, a causa di una violazione dell’ordine di movimento delle persone,
ha avuto luogo un incidente. Ci sono dei feriti. Sono in corso le indagini per
appurare la dinamica dei fatti.
Il Regime sovietico
insabbiò la tragedia del Luzhniki per anni. Solo durante la Glasnost emerse la
verità, o almeno una parte di essa. Quella dell’inchiesta istituzionale, che
accertò 66 decessi e condannò il custode dello stadio a 18 mesi di lavori
forzati. E quella, diversa, dei parenti delle vittime e dei testimoni oculari,
che il 20 ottobre del 1982 sopravvissero. Uno di loro era il sedicenne Andrej
Chesnokov, stella del tennis russo dei primi anni ’90, che raccontò così la sua
esperienza: La gente cadeva dagli scalini ghiacciati, trascinando a terra i
vicini, come fossero pedine di un domino. Per salvarmi scavalcai il parapetto e
“nuotai” sui corpi che giacevano gli uni sopra gli altri. Alcuni alzavano le
mani, chiedevano aiuto. Però non riuscivano a muoversi. Io trascinai con me un
ragazzino più piccolo e lo portai a un’ambulanza. Ma era già morto. Andando via
vidi che nell’antistadio i cadaveri erano centinaia.
Oggi, lo stadio Luzhniki non esiste più. O meglio, attende di
rinascere a nuova vita per i Mondiali di Calcio del 2018. Tra i mezzi al lavoro
nell’enorme cantiere, che darà alla luce uno stadio ultramoderno da 81 mila
posti, nascosta tra gli alberi vicino all’ingresso del settore B, la curva dei
tifosi dello Spartak, è rimasta ancora la stele in memoria “di tutti i caduti
negli stadi”. Qui ogni anno, il 20 ottobre, tifosi e parenti delle vittime si
ritrovano sfidando il freddo e il tempo che passa inesorabile e con un fiore riportano
in vita la memoria di tutti coloro che persero la vita in quella tragica sera
di 33 anni fa.
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