di Antonio Vespasiano (giornalista di Calcio2000)
Lasciate le
britanniche sponde, il seme del calcio, che viaggiava nelle stive delle navi
mercantili della flotta di Sua Maestà, trovò facilmente modo di attecchire nello
Jutland, la penisola che occupa tre quarti della superficie della Danimarca.
Siamo ai primissimi vagiti del gioco, eppure i danesi non impiegano molto a
farsi contagiare dall’entusiasmo del football. Nel 1888 nasce la Federcalcio
danese, la più antica federazione dell’Europa continentale, punta di un
consolidato movimento che a tutti gli effetti diventa il primo credibile
antagonista allo strapotere dei maestri inglesi. Mondiali ed Europei sono
ancora lontani da venire, così il calcio si fa largo ai Giochi Olimpici dove la
Danimarca fa bella mostra del suo gioco. Nel 1906 vince l’edizione “ufficiosa”
delle Olimpiadi:
i Giochi Olimpici Intermedi di Atene. Due anni dopo, a Londra, trascinata dai
gol di Sophus “Krølben” Nielsen (capace di segnarne ben 10 gol in una sola
partita: il 17-1 con cui la Danimarca sconfisse la Francia A) si deve
accontentare della medaglia d’Argento, battuta 2-0 dai padroni di casa. Copione
identico a Stoccolma nel 1912: ancora un Argento dopo la sconfitta 4-2 con la
Gran Bretagna. Era quello il periodo d’Oro del calcio danese, delle leggende Poul “Tist”
Nielsen e Nils Middelboe. Bisognerà
aspettare la fine della Seconda Guerra Mondiale per rivedere i vichinghi danesi
di nuovo sulla cresta dell’onda. Alle Olimpiadi del ’48 la scuola scandinava la
fa da padrone. La Svezia del trio “Gre-No-Lin” vince l’oro ma la Danimarca, che
aveva sonoramente castigato l’Italia di Pozzo 5-3, si prende la rivincita sulla
Gran Bretagna nella finale per il Bronzo. Nel 1960 poi ennesimo Argento,
sconfitta 3-1 dalla Jugoslavia.
La Federcalcio danese decise di abbandonare il
dilettantismo solo negli anni ’70, ecco perché il consuntivo della Danimarca ai
Mondiali è piuttosto modesto: appena quatto le partecipazioni. Il miglior
risultato sono stati i quarti di finale del 1998, persi 3-2 in una match
bellissimo col Brasile futuro finalista. I ricordi più belli ed emozionanti
però sono legati agli anni ’80. Agli Europei del 1984 i danesi giunsero ad un
passo dalla finale, perdendo solo ai rigori con la Spagna, conquistandosi però
il soprannome di “Danish Dyanamite” che ne caratterizzò le performance per
oltre un decennio. Da Messico ’86, teatro della primissima apparizione della
Danimarca in un Mondiale, fino a Euro ’92, quando la “Dinamite Danese” esplose
in tutto il suo fragore, scrivendo una della pagine più belle, emozionanti e
commoventi della Storia del Calcio. Agli Europei svedesi la Danimarca non
doveva neppure esserci, visto che non s’era qualificata per la fase finale. Diversi
giocatori erano già in vacanza quando
seppero del ripescaggio dovuto alla squalifica inflitta dieci giorni prima
dell’inizio del torneo dall’UEFA alla rappresentativa jugoslava per via delle
sanzioni ONU relative allo scoppio della guerra nei Balcani. La squadra pur
priva del suo leader Michael Laudrup in contrasto col C.T., si fece
largo col cuore fino alla finale, dove sconfisse la Germania, salendo contro
ogni pronostico sul tetto d’Europa. Appendice di quell’Europeo fu la
partecipazione nel ’95 alla seconda edizione di quella che poi diventerà la
Confederation Cup, vinta 2-0 sull’Argentina.
LA
FORMAZIONE DI SEMPRE
NELLE MANI DI SCHMEICHEL
Nessuno meglio di lui tra i pali della Danimarca. PETER
SCHMEICHEL è stato tra i migliori portieri degli anni ’80-’90, probabilmente
tra i più grandi di sempre. Personalità e carattere da leader, fisico poderoso
e un talento smisurato sono le doti grazie alle quali è diventato un mito
assoluto. Dopo i primi successi nel Brøndby
(quatto titoli nazionali in cinque anni), passò al Manchester United per 505
mila sterline, “l’affare del secolo” secondo Fergusson. Con i Red Devils s’impose
definitivamente, conquistando una sfilza di trofei, tra i quali cinque
Campionati, tre FA Cup e la Champions
League del ’99, anno del memorabile treble. Agile tra i pali, inarrestabile
nelle uscite, carismatico in campo e nello spogliatoio. Primatista di presenze
con la Nazionale (129). In quasi quindici anni di militanza rappresentò uno dei
giocatori chiave della Danimarca, guidandola alla vittoria dell’Europeo del
1992 (decisivo il rigore parato in semifinale a Van Basten) e partecipando a
tutte le edizioni dei Campionati Europei dal 1988 al 2000 e ai Mondiali di
Francia 1998. Regolarmente citato in tutte le
classifiche di rendimento: due volte miglior portiere del mondo, quattro miglior
portiere europeo, per tre anni miglior giocatore danese, Hall of famer del
calcio inglese e chi più ne ha più ne metta. Fare meglio di lui è impresa
ardua.
Trovare un
secondo all’altezza di Schmeichel è dura. Qvist, il portiere della “Danish
Dynamite” fu eclissato dallo stesso Schmeichel. Sørensen,
nonostante le oltre centro presenze in Nazionale è un elemento affidabile ma
nulla più, e allora spazio a HENRY FROM, medaglia d’argento alle Olimpiadi del
1960. L’intera carriera spesa con la maglia dell’Aarhus con cui vinse quattro
Campionati e quattro Coppe nazionali. Nella semifinale Olimpica del ’60, vinta
2-0 contro l’Ungheria, parò il rigore del possibile pareggio magiaro.
Terzino destro THOMAS HELVEG, esploso ad Udine alla
corte di Zaccheroni, che ne fece un perno imprescindibile sulla fascia destra
nel suo innovativo 3-4-3. Dal canto suo Helveg si dimostrò perfettamente a suo
agio nel ruolo: correndo, crossando, rilanciando, difendendo e attaccando con
uguale efficacia. L’esperienza italiana lo fa maturare, restituendo al calcio
danese un vero e proprio leader, capace di disimpegnarsi sia come terzino
fluidificante che come centrocampista di fascia. Vinse uno Scudetto al Milan,
mentre in Nazionale raccolse 108 presenze, tre Europei e due Mondiali.
Difensore centrale NILS MIDDELBOE autore del primissimo gol
ufficiale della Nazionale danese. Atleta polivalente, capace non solo di
giocare a calcio ad altissimi livelli (fu il primo giocatore non britannico a
vestire la maglia del Chelsea, giocando 175 partite), ma anche di destreggiarsi
sulla pista di atletica con notevoli risultati (stabilì il record nazionale nel
salto triplo e negli 800 m). Ha giocato ben tre Olimpiadi (1908, 1912 e 1920)
vincendo due medaglie d’Argento. Prototipo del grande libero è rappresentato da
MORTEN OLSEN, atleta formidabile, tanto da giocare fino a quarant’anni, metà
dei quali spesi in Nazionale. Difensore dominante, sobrio nelle giocate,
preciso negli interventi, corretto ma implacabile in marcatura. Centrocampista
polivalente, poi eccellente mediano, fino a quando a 30 anni, dopo un brutto infortunio, si ricicla
libero diventando una vera e propria star. Con l’Anderlecht vinse tre
Campionati e la Coppa Uefa del 1983.
In Nazionale Piontek lo schierava come
“libero d’attacco”, sovente infatti si spingeva in avanti con Bertelsen che gli
copriva le spalle, creando così la superiorità numerica, fermo restando che da
regista difensivo impostava l’azione dalle retrovie comandando in maniera
aggressiva la trappola del fuorigioco. Capitanò la squadra danese agli
Europei del 1984 e del 1988, e ai Mondiali del 1986, racimolando, tra il 1970 e
il 1989, ben 102 presenze. La mancanza di un difensore sinistro di altissimo
livello spalanca le porte a JAN HEINTZE, ala sinistra convertito poi in
rampante terzino di spinta al PSV, club nel quale giocò sedici stagioni,
vincendo nove Campionati, tre Coppe nazionali e la Coppa dei Campioni del 1983.
In Nazionale ebbe una lunghissima carriera, iniziata però quando le stagioni più
belle erano ormai solo un ricordo. Giocò due Mondiali e due Europei, saltando
però per infortunio quelli magici del ‘92. In riserva JOHNNY HANSEN è perfetto
nel ruolo di terzino destro. Giocatore danese dell’anno nel 1967, era un
difensore solido, dalle prestazioni sempre affidabili. Visse annate
indimenticabili al Bayern Monaco, facendo parte di quel gruppo fantastico
capace di vincere tre Coppe dei Campioni consecutive (due delle quali giocate
da titolarissimo). 46 le sue presenze in Nazionale ed il rammarico di essere
nato toppo presto per godere del boom degli anni ’80. Al centro la caparbia del
baffuto IVAN NIELSEN, guardaspalle con Søren Busk di Morten Olsen
nell’impenetrabile difesa della “Danish Dynamite”. Tignoso in marcatura, rude
se c’era da randellare, bravo nel gioco aereo. Vinse quattro Campionato
Olandesi con la ciliegina della Coppa dei Campioni del 1988, segnando per
giunta uno dei rigori con i quali il PSV s’impose sul Benfica. Prima che Morten
Olsen divenisse il miglior difensore danese di tutti i tempi, tale primato
spettava a PER RØNTVED. Uomo simbolo
del Werder Brema durante gli anni ’70, sarebbe dovuto essere il sostituto di Beckenbauer
al Bayern, ma decise di legarsi agli anseatici, giocando 194 partite e segnando
40 gol. Capitano della Danimarca alle Olimpiadi del ’72, anno in cui fu eletto
miglior giocatore danese. Secondo Otto Rehhagel era il miglior libero al mondo
dopo Kaiser Franz. A sinistra il talentuoso DANIEL AGGER, probabilmente il
miglior difensore danese dell’ultima generazione. Centrale mancino del
Liverpool e della Nazionale con la quale ha giocato i Mondiali del 2010 e gli
Europei del 2012 (dove ha vestito la fascia di capitano), racimolando 52
presenze e 6 reti. Forte di testa, rapido nelle chiusure con un sinistro
davvero esplosivo.
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