Luciano Chiarugi |
di Vincenzo Paliotto
Il suo approdo napoletano veniva auspicato come decisivo per la squadra di Pesaola. Sarebbe stato il partner ideale per spedire in gol con importanti frequenze la bocca da fuoco Savoldi. Invece, dopo gli exploit di Firenze e Milano, l’esperienza di Napoli non rispecchiò pienamente le attese ed in due stagioni Chiarugi alla corte del Ciuccio totalizzò 7 gol in appena 34 presenze di campionato, non ripetendo in sostanza quelle sgroppate sulle fascia e non rispolverando quasi mai la sua arma letale sui calci piazzati. Anzi per ironia della sorte, nel corso della sua permanenza partenopea fu creato per lui appositamente un nuovo ma poco edificante neologismo, il “chiarugismo”. Lo inventò tra un mare di polemiche l’arbitro internazionale Alberto Michelotti di Parma, che lo accusò palesemente di essere un abile cascatore da area di rigore e per questo da indurre pertanto spesso in errore la giacchetta nera di turno. Michelotti fu anche squalificato per questa sua piccante dichiarazione, ma questo non favorì un rapporto tra il Napoli e la classe arbitrale in per sé già alquanto precario. Non fu l’unica polemica che lo legò agli ambienti del calcio. Infatti, fu accusato di aver favorito l’ingaggio nella Fiorentina di Emiliano Macchi soltanto perché era suo nipote. Quel Macchi che nel ’71 indossò anche la maglia del Napoli.
A Napoli Chiarugi arricchì parzialmente il suo palmarès, vincendo la Coppa di Lega Italo-Inglese nel 1976, rifilando pure un gol agli inglesi del Southampton nella doppia sfida che assegnava il trofeo. Fu successivamente ceduto in Serie B alla Sampdoria, quindi giocò anche nel Bologna, nel Rimini, nella Rondinella e concluse la carriera a 38 anni nella Massese. Non ebbe fortuna, un volta appese le scarpette al chiodo, con la carriera di allenatore, allenando in qualche occasione la Fiorentina ed il Poggibonsi.
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