Dei quarti di finale inediti segneranno la
prossima tappa della Copa Libertadores, che ha visto cadere prima nella fase a
girone e poi in quella ad eliminazione diretta i nomi più blasonati che c’erano
in lizza: Flamengo, Penarol e Nacional Montevideo, Gremio, Botafogo, Cerro
Porteno e Velez Sarsfield. Persino i detentori dell’Atletico Mineiro, sorpresi
dai colombiani del Nacional Medellìn. Addirittura in questi quarti delle 8
rimaste in lizza soltanto in 2 hanno vinto almeno una volta il trofeo: i
brasiliani del Cruzeiro Belo Horizonte e i colombiani del Nacional Medellìn.
Alcune sono protagoniste assolutamente inedite come le argentine Lanùs e
Arsenal Sarandì oppure come i paraguyani del Nacional Asunciòn, club antico ma
mai arrivato così lontano nel massimo torneo.
Tra le outsider anche i boliviani del Bolìvar
La Paz, club della capitale nato nel 1925, di estrema popolarità, che non a
caso porta il nome di Simòn Bolìvar, il primo che si ribellò ai soprusi dei conquistadores europei. Un libertador
che fu precursore delle idee di Martì ed Ernesto Che Guevara. La scelta di un
nome autoctono e non del classico anglosassone, così come da consuetudine per i
club in quegli anni, fanno già capire lo spirito di identificazione del popolo
con questa squadra. Nel 1986 il Bolìvar si era spinto fino alle semifinali
della manifestazione, che erano però rappresentate da due giorni da tre squadre
ciascuno, mentre nel 2004 hanno raggiunto la finale della Copa Sudamericana.
Unica squadra della Bolivia ad aver raggiunto l’atto decisivo di una
manifestazione della Conmebol. Dopo aver vinto di misura in casa (gol di
Chiorazzo), il Bolìvar perse 2-0 alla Bombonera contro il Boca Junior,
trascinato dai gol di Martìn Palermo e Carlitos Tevez. Il Bolìvar ha vinto ben
18 titoli nazionali a partire dal 1978, cioè da quando nel paese andino è stato
introdotto il campionato professionistico ed una sola volta è precipitato in
cadetteria: nel 1964, in quello che viene detto “El ano maldito”. Il Bolìvar ha
una rivale storica per eccellenza ed è il The Strongest, l’altro club della
capitale contro di cui disputa il clàsico
paceno. Entrambe si dividono
l’Hernando Siles, lo stadio di 42.000 posti costruito nel 1931 nel quartiere di
Miraflores, che con i suoi 3.600 lo fanno il secondo stadio più alto del mondo
dopo quello di Potosì.
C’è una fetta importante di Spagna, comunque,
nei successi odierni del Bolìvar, che ha in organico ben tre calciatori
spagnoli, più il tecnico Xabier Akzagorta, che allenò la nazionale boliviana ai
Mondiali di USA ’94. Troavno spazio nelle file biancocelesti Edu Moya,
Capdevilla e Juanmi Callejòn, il fratello gemello di Josè, attualmente punto di
forza del Napoli. Anche Juanmi è cresciuto nella cantera madri dista, ma con
meno fortune. Il bolivar lo ha pescato tra i greci del Levadiakos, ma in Copa
Libertadores Callejòn ha già siglato 4 gol. Il basco Azkagorta, invece, è
arrivato nel 2014, dopo essere stato al timone del Cile, con gli Yokohama
Marinos in Giappone, a Guadalajara e di nuovo con la Bolivia.
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