di Vincenzo Paliotto
L'URSS Campione d'Europa nel 1960 |
Ruggini greco-turche. La prima rinuncia di un certo effetto
sopraggiunse nella stagione del 1958/59, la prima peraltro in cui un club greco
veniva iscritto alla Coppa dei Campioni. All’Olympiakos Pireo, però, toccò
l’infelice sorteggio di dover affrontare il Besiktas, squadra che aveva vinto
il primo campionato turco su scala nazionale. Per motivi politici e considerate
le frequenti tensioni tra il governo turco e quello ellenico, l’Olympiakos si
rifiutò di andare a giocare ad Istanbul, ritirandosi dalla manifestazione. Una
scelta probabilmente oculata, ma molto discussa e propagandata, da parte dei
dirigenti greci, non in grado di affrontare una trasferta definita a rischio. Tuttavia,
nella seconda edizione della Coppa dei Balcani, che si svolse nel biennio tra
il 1961 ed il 1963, proprio un’altra squadra turca di Istanbul, la più famosa
probabilmente, e cioè il Galatasaray, rispose in maniera forse inattesa alla
precedente rinuncia dell’Olympiakos. Infatti, proprio i turchi si ritirarono da
quella manifestazione, in quanto nel proprio girone avrebbero dovuto affrontare
il Sarajevo, lo Steagul Rosu Brasov e proprio l’indesiderato Olympiakos. Per
ironia della sorte gli ateniesi approdarono alla finale per affrontare i
bulgari del Levski Sofia. Dopo le rispettive vittorie di misura in casa
propria, bulgari e greci andarono a spareggiare proprio al Mihat Pasa Stadi di
Istanbul, con vittoria che toccò agli ellenici, anche questa volta di misura,
con rete di Stefanakos.
URSS-Spagna 1959. Una Spagna da favola, illuminata dai
lampi di genio di Alfredo Di Stefano e Luisito Suarez, aveva eliminato senza
apprensioni la Polonia e poteva nutrire ambizioni nella disputa della prima
Coppa Europa. Tuttavia, il sorteggio gli mise di fronte l’URSS, formazione
coriacea che da poco si era affacciata sul palcoscenico internazionale del
calcio. Le ragioni politiche del Generalissimo Francisco Franco ebbero la
meglio anche sulle sorti calcistiche di quella competizione. Franco ordinò alla
sua squadra che la squadra sovietica, paladina del comunismo nel mondo, non andava
affrontata per chiare ragioni politiche. Anche in seguito a quella rinuncia l’URSS
avrebbe poi vinto il campionato europeo. Non capitò la stessa cosa, invece,
quando quattro anni più tardi nella finale della stessa Coppa Europa la Spagna
scese in campo per affrontare l’URSS, superandola per 2-1. Con quattro anni di
ritardo le ragioni politiche non tennero.
Mamma li turchi. Tra gli Anni Sessanta e gli Anni
Settanta il Goztepe, squadra storica di Smirne, città ad alto tasso calcistico,
che attualmente milita in terza divisione, visse il suo miglior momento,
vincendo per 2 volte la Coppa di Turchia ed una President’s Cup, una sorta di
precursore della Supercoppa. Adnan Suvari ne era l’allenatore miracoloso che
però beneficiava dei gol di Fevzi Zemzem, attaccante che portò in dote dei
giallorossi ben 136 gol in carriera. Una rinuncia fu probabilmente alla base
anche del miglior risultato europeo del Goztepe. Nel 1969/70, infatti, in Coppa
delle Fiere i turchi raggiunsero nientemeno che le semifinali. Eliminarono
nell’ordine Olympique Marsiglia, Arges Pitesti e OFK Belgrado, mentre nei
quarti l’Amburgo rinunciò a sfidarli. I giallorossi di Smirne giunsero così in
semifinale (prima squadra turca della storia), perdendo però di fronte
all’Ujpest Dozsa. Poco noti i motivi della rinuncia amburghese. Il Goztepe
nella stagione precedente aveva eliminato anche l’Atletico Madrid. Nel 70/71 però ha partecipato per l’ultima
volta ad una competizione europea, facendo seguire poi lunghi decenni di buio.
Lontano da Derry,
lontano dal cuore.
Per l’ultima volta nel 1965 il Derry City si laureò campione dell’Irlanda del
Nord, ma per colpe certamente non sue. La squadra di Derry, oppure Londonderry
come amano nefastamente dire gli inglesi, infatti, fu costretta a non poter più
giocare in un campionato che li vedeva indesiderati, ma non come avversari in
campo, ma proprio nella vita di tutti i giorni. Derry, infatti, rappresentò
l’epicentro dei troubles che
quotidianamente intercorrevano tra inglesi e nordirlandesi in quella che è
considerata una vera e propria guerra civile. Nel 1972 si verificò il più
triste massacro a danno dei civili di quella guerra spietata e sanguinosa. Anche
gli U2 cantarono quel triste giorno come Sunday
Bloody Sunday. Ad ogni modo, per il Derry City divenne sempre più
pericoloso giocare in quel campionato e pertanto la squadra fu costretta a
trasferirsi nel vicino campionato dell’Eire a partire dal 1985, dopo aver
peregrinato per qualche torneo amatoriale. Nella Coppa dei Campioni del 65/66,
dopo aver eliminato al primo turno il Lyn Oslo (era la prima volta che una
squadra nordirlandese riusciva nell’impresa), il Derry City cadde poi sotto i
colpi dell’Anderlecht a Bruxelles. Un inequivocabile 9-0 per i bianco malva. Il
retour-match poi non si giocò. Il Derry City venne sabotato dalle stesse
autorità nordirlandesi e dalla IFA, la Irish Football Association. Il RUC
ritenne l’impianto cittadino, il Brandywell, non in grado di rispettare i
canoni di sicurezza. Si trovava nel quartiere di Bogside, il più ostico per le stesse
truppe inglesi. Era diventato una roccaforte dell’IRA e spesso inaccessibile
anche per le truppe inglesi. Allora la federazione propose l’esilio di
Coleraine, città a maggioranza protestante, ma fu lo stesso Derry City a
declinare l’invito e a non presentarsi in campo per il retour-match per non
sottostare alle decisioni dell’IFA. Gli stessi emissari dell’Anderlecht
effettuarono un sopralluogo al Brandywell, ritenendolo perfettamente agibile.
Il Derry City non avrebbe potuto certo ribaltare il risultato, ma quella
partita contro l’Anderlecht avrebbe rappresentato in un certo qual modo un
successo più sociale che sportivo stesso.
Il blocco dell’est. Un intero blocco di squadre, invece, si
ritirò dalla Coppa dei Campioni e dalla Coppe delle Coppe alla vigilia della
stagione 1968/69. Si trattava del blocco dell’est europeo, che aveva il suo
punto politico fermo inevitabilmente in quello dell’Unione Sovietica. Proprio i
sovietici nel ‘68 avevano invaso la Cecoslovacchia, mettendo fine alla
Primavera di Praga e gli attriti internazionali furono a dir poco impraticabili.
Pertanto dai nastri di partenza della Coppa dei Campioni si ritirarono Carl
Zeiss Jena, Levski Sofia, Ferencvaros, Dinamo Kiev e Ruch Chorzow. Scesero in
campo soltanto la Steaua Bucarest, la Stella Rossa Belgrado, il cui governo era
notoriamente indipendente dalle scelte dei sovietici, e lo Spartak Trnava, squadra
campione proprio di Cecoslovacchia, che sfiorò un’impresa storica, venendo
eliminata per un solo gol soltanto dall’Ajax. Stesso discorso si intraprese
anche in Coppa delle Coppe con le preventive rinunce di Raba Eto Gyor, Spartak
Sofia, Gornik Zabrze, Dinamo Mosca ed Union Berlino. Parteciparono gli slavi
del Bor, la Dinamo Bucarest e lo Slovan Brastislava, che vinse clamorosamente
la Coppa battendo in finale il Barcellona. Non ci furono, invece, particolari
divieti per la Coppa delle Fiere, manifestazione non ancora ritenuta sotto
l’egida dell’UEFA.
Un discorso a parte, ad ogni modo, recitavano
le compagini albanesi, che per la prima volta vennero iscritte ad una
competizione europea nella stagione del 1962/63, con il Partizani Tirana che
affrontò, per la verità con molto onore, gli svedesi del Norkkoping. La loro
partecipazioni, poi, alle coppe europee fu altalenante, con numerose
partecipazioni e susseguenti diserzioni. Nel 66/67, infatti, iniziò il 17
Nentori Tirana, che si rifiutò di affrontare i norvegesi del Vaalerengen. La
situazione politica albanese, in effetti, condannava il paese in un isolamento
internazionale voluto dal premier Enver Hoxha, soprattutto in vista dell’uscita
dell’Albania dal Patto di Varsavia. Rottura internazionale nel mondo comunista
che provocò non pochi problemi. Hoxha rimaneva in pratica un convinto
stalinista.
Il derby mancato. La Germania calcistica trionfò nelle
competizioni europee oltre il previsto nella stagione del 1973/74. Ma si trattò
di un trionfo come dire riunificato, in quanto salirono alla ribalta sia una
formazione della Bundesliga, il pluridecorato Bayern Monaco, sia una della
Oberliga, vale a dire il campionato della Germania Est, con il Magdeburgo che
vinse la Coppa delle Coppe. Le due squadre dovrebbero, quindi, di diritto
misurarsi nel confronto diretto della Supercoppa Europea. Sfida che però per
quella stagione non avrà mai luogo, anche perché beffardamente il sorteggio
metterà di fronte le due squadre anche in Coppa dei Campioni e la sfida tra
tedeschi dell’est e dell’ovest ha pur sempre un gusto particolare. La spunta
con molta fatica il Bayern, ma in ogni caso le due squadre mancano di misurarsi
in un altro doppio confronto che avrebbe fatto lievitare il palmarès o dei
bavaresi o dei tedeschi dell’est. Qualcosa di incredibile era, invece, accaduto nel primo turno della Coppa UEFA del 1971/72, in cui i tedeschi orientali del Chemie Halle dovevano affrontare il PSV Eindhoven. Quelli di Halle, però, non poterono scendere in campo in seguito ad una tragdia che colpì la formazione tedesca durante il suo soggiorno nell'albergo che li ospitava in Olanda. Il Chemie si ritirò dalla competizione.
Il misterio lazial. Quella della Lazio nella stagione del
1975/76 è una rinuncia tra le più politicizzate della storia del calcio, in cui
la società romana viene chiamata in causa senza un briciolo di responsabilità.
La Lazio dovrebbe, infatti, affrontare nel secondo turno della Coppa UEFA il
Barcellona di Cruyff e Neeskens, ma il franchismo di stanza in Spagna ne mina
indirettamente la disputa del confronto. Infatti, qualche settimana prima del
confronto europeo a Burgos vengono giustiziati degli oppositori al regime con
la “garrota”, cioè una vera e propria esecuzione con la tecnica macabra del
soffocamento, tra le più brutali mai eseguite tra tutte le dittature. La
notizia fa il giro del mondo e al Presidente Umberto Lenzini vengono fatte
delle pressione affinchè la sua Lazio si rifiuti di affrontare il Barcellona,
che storicamente tra l’altro è un club, mès
que un club, da sempre schierato contro il franchismo e la dittatura
destroide di Madrid. Tuttavia, nonostante i tentativi del Presidente laziale di
spostare in altra sede la partita, l’andata all’Olimpico tra Lazio e Barcellona
non si giocherà per rinuncia da parte dei padroni di casa, che poi
misteriosamente andranno a disputare il ritorno al Camp Nou e perdendo
pesantemente per 4-0. Ma la qualificazione era ovviamente già ampiamente
compromessa.
Il Regno Unito che non
ci fu. L’Home
Championship, vale a dire il Torneo Interbritannico, è la competizione
calcistica per nazioni più antica del mondo, che si disputò per la prima volta
nel 1884 e non ebbe luogo soltanto nel corso delle due guerre mondiali, poi
andò sempre in scena fino al 1984, anno della sua chiusura definitiva, a causa
di un calendario agonistico troppo intasato. Lo disputavano le quattro
federazioni dello United Kingdom: Inghilterra, Scozia, Galles ed Irlanda del
Nord. In un’occasione, però, quella del 1981 il torneo fu sospeso come dire per
cause interne. Infatti, la guerra civile a Belfast e dintorni aveva sortito i
suoi poco piacevoli effetti e soprattutto il 5 maggio di quell’anno il
nordirlandese Bobby Sands, prigioniero politico, era morto nella Maze Prison.
Questo clima incandescente consigliò ai gallesi e soprattutto agli inglesi di
non andare a giocare a Belfast per timore di ritorsioni. Le mancate presenze di
Inghilterra e Galles in terra nordirlandese fecero sospendere un torneo che
fino a quel momento sarebbe potuto essere ad appannaggio della Scozia, che
aveva battuto in casa l’Irlanda del Nord ed aveva vinto a Wembley, dopo essere
stata sconfitta a Cardiff dal Galles. Ma quelle partite non si giocarono e per
il 1981 nel Regno Unito non ci fu alcun vincitore.
Nel regno di Cipro. Dopo aver eliminato i finlandesi dell’HJK
Helsinki, i ciprioti dell’Apoel Nicosia rinunciarono alla loro avventura nella
Coppa dei Campioni del 1986/87, rifiutandosi di affrontare i turchi del
Besiktas. Una rinuncia che rispondeva ad un chiaro risentimento politico della
squadra dell’isola. L’esercito turco, infatti, aveva invaso nel 1974 la parte a
nord dell’isola, dando vita ad uno stato, quello di Cipro del Nord, non
riconosciuto dalle autorità internazionali, ma ugualmente in vita nonostante
numerosi provvedimenti. L’invasione dell’isola rappresentava e rappresenta tutt’ora
una ferita ancora aperta nella vita politica e sociale dei ciprioti. Quello
dell’Apoel fu un gesto estremo, ma molto propagandato dalla politica cipriota
in quegli anni. Il Besiktas approdò così nel turno successivo, venendo poi
eliminato dalla Dinamo Kiev.
Appuntamento in ritardo. Le Isole Far Oer, nel nord estremo
dell’Europa, erano state da poco state ammesse a giocare le tre coppe europee e
forse qualcuno non le conosceva affatto e nemmeno forse poteva immaginare dove si
trovassero sulla cartina geografica. Ma nella stagione del 1993/94 accadde,
tuttavia, qualcosa di insolito. Infatti, i lettoni del RAF Jelgava nel turno
preliminare della Coppa delle Coppe erano stati abbinati proprio ai faroesi
dell’HB Thorshavn, in un doppio confronto non proprio di cartello. IL RAF vinse
la partita di andata in casa di fronte a poco più di 1.000 spettatori con un
gol di Kozlov al 78’. Ma la prodezza del centravanti lettone era destinata a
rimanere inutile, in quanto il 31 agosto del 1993 la squadra della Lettonia non
era riuscita ad arrivare in tempo a Thorshavn, sede dell’incontro e capitale
più piccola al mondo con appena 16.000 abitanti, per disputare la partita di
ritorno. L’HB beneficiò del passaggio del turno, anche se poi venne estromesso
nell’impegno successivo dai rumeni dell’Universitatea Craiova, vittoriosi in
casa per 4-0, ma poi bravi nel retour-match a trovare la strada per le Far Oer,
dove vinsero nettamente per 3-0.
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