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lunedì 7 aprile 2014

Storie di partite mai giocate


 di Vincenzo Paliotto


L'URSS Campione d'Europa nel 1960
Nel novembre del 1973 l’URSS rinunciò ad affrontare il Cile a Santiago nello spareggio per andare alla Coppa del Mondo, in quanto i sovietici ritenevano (ed a giusta causa) che il paese andino si trovasse sotto una vera e propria dittatura militare e che l’Estadio Nacional, dove si doveva giocare la partita, fosse stato fino a poche settimane prima usato come campo di concentramento. Non fu l’unica rinuncia di rilievo nella storia del calcio.


Ruggini greco-turche. La prima rinuncia di un certo effetto sopraggiunse nella stagione del 1958/59, la prima peraltro in cui un club greco veniva iscritto alla Coppa dei Campioni. All’Olympiakos Pireo, però, toccò l’infelice sorteggio di dover affrontare il Besiktas, squadra che aveva vinto il primo campionato turco su scala nazionale. Per motivi politici e considerate le frequenti tensioni tra il governo turco e quello ellenico, l’Olympiakos si rifiutò di andare a giocare ad Istanbul, ritirandosi dalla manifestazione. Una scelta probabilmente oculata, ma molto discussa e propagandata, da parte dei dirigenti greci, non in grado di affrontare una trasferta definita a rischio. Tuttavia, nella seconda edizione della Coppa dei Balcani, che si svolse nel biennio tra il 1961 ed il 1963, proprio un’altra squadra turca di Istanbul, la più famosa probabilmente, e cioè il Galatasaray, rispose in maniera forse inattesa alla precedente rinuncia dell’Olympiakos. Infatti, proprio i turchi si ritirarono da quella manifestazione, in quanto nel proprio girone avrebbero dovuto affrontare il Sarajevo, lo Steagul Rosu Brasov e proprio l’indesiderato Olympiakos. Per ironia della sorte gli ateniesi approdarono alla finale per affrontare i bulgari del Levski Sofia. Dopo le rispettive vittorie di misura in casa propria, bulgari e greci andarono a spareggiare proprio al Mihat Pasa Stadi di Istanbul, con vittoria che toccò agli ellenici, anche questa volta di misura, con rete di Stefanakos.

URSS-Spagna 1959. Una Spagna da favola, illuminata dai lampi di genio di Alfredo Di Stefano e Luisito Suarez, aveva eliminato senza apprensioni la Polonia e poteva nutrire ambizioni nella disputa della prima Coppa Europa. Tuttavia, il sorteggio gli mise di fronte l’URSS, formazione coriacea che da poco si era affacciata sul palcoscenico internazionale del calcio. Le ragioni politiche del Generalissimo Francisco Franco ebbero la meglio anche sulle sorti calcistiche di quella competizione. Franco ordinò alla sua squadra che la squadra sovietica, paladina del comunismo nel mondo, non andava affrontata per chiare ragioni politiche. Anche in seguito a quella rinuncia l’URSS avrebbe poi vinto il campionato europeo. Non capitò la stessa cosa, invece, quando quattro anni più tardi nella finale della stessa Coppa Europa la Spagna scese in campo per affrontare l’URSS, superandola per 2-1. Con quattro anni di ritardo le ragioni politiche non tennero.

Mamma li turchi. Tra gli Anni Sessanta e gli Anni Settanta il Goztepe, squadra storica di Smirne, città ad alto tasso calcistico, che attualmente milita in terza divisione, visse il suo miglior momento, vincendo per 2 volte la Coppa di Turchia ed una President’s Cup, una sorta di precursore della Supercoppa. Adnan Suvari ne era l’allenatore miracoloso che però beneficiava dei gol di Fevzi Zemzem, attaccante che portò in dote dei giallorossi ben 136 gol in carriera. Una rinuncia fu probabilmente alla base anche del miglior risultato europeo del Goztepe. Nel 1969/70, infatti, in Coppa delle Fiere i turchi raggiunsero nientemeno che le semifinali. Eliminarono nell’ordine Olympique Marsiglia, Arges Pitesti e OFK Belgrado, mentre nei quarti l’Amburgo rinunciò a sfidarli. I giallorossi di Smirne giunsero così in semifinale (prima squadra turca della storia), perdendo però di fronte all’Ujpest Dozsa. Poco noti i motivi della rinuncia amburghese. Il Goztepe nella stagione precedente aveva eliminato anche l’Atletico Madrid.  Nel 70/71 però ha partecipato per l’ultima volta ad una competizione europea, facendo seguire poi lunghi decenni di buio.

Lontano da Derry, lontano dal cuore. Per l’ultima volta nel 1965 il Derry City si laureò campione dell’Irlanda del Nord, ma per colpe certamente non sue. La squadra di Derry, oppure Londonderry come amano nefastamente dire gli inglesi, infatti, fu costretta a non poter più giocare in un campionato che li vedeva indesiderati, ma non come avversari in campo, ma proprio nella vita di tutti i giorni. Derry, infatti, rappresentò l’epicentro dei troubles che quotidianamente intercorrevano tra inglesi e nordirlandesi in quella che è considerata una vera e propria guerra civile. Nel 1972 si verificò il più triste massacro a danno dei civili di quella guerra spietata e sanguinosa. Anche gli U2 cantarono quel triste giorno come Sunday Bloody Sunday. Ad ogni modo, per il Derry City divenne sempre più pericoloso giocare in quel campionato e pertanto la squadra fu costretta a trasferirsi nel vicino campionato dell’Eire a partire dal 1985, dopo aver peregrinato per qualche torneo amatoriale. Nella Coppa dei Campioni del 65/66, dopo aver eliminato al primo turno il Lyn Oslo (era la prima volta che una squadra nordirlandese riusciva nell’impresa), il Derry City cadde poi sotto i colpi dell’Anderlecht a Bruxelles. Un inequivocabile 9-0 per i bianco malva. Il retour-match poi non si giocò. Il Derry City venne sabotato dalle stesse autorità nordirlandesi e dalla IFA, la Irish Football Association. Il RUC ritenne l’impianto cittadino, il Brandywell, non in grado di rispettare i canoni di sicurezza. Si trovava nel quartiere di Bogside, il più ostico per le stesse truppe inglesi. Era diventato una roccaforte dell’IRA e spesso inaccessibile anche per le truppe inglesi. Allora la federazione propose l’esilio di Coleraine, città a maggioranza protestante, ma fu lo stesso Derry City a declinare l’invito e a non presentarsi in campo per il retour-match per non sottostare alle decisioni dell’IFA. Gli stessi emissari dell’Anderlecht effettuarono un sopralluogo al Brandywell, ritenendolo perfettamente agibile. Il Derry City non avrebbe potuto certo ribaltare il risultato, ma quella partita contro l’Anderlecht avrebbe rappresentato in un certo qual modo un successo più sociale che sportivo stesso.


Il blocco dell’est. Un intero blocco di squadre, invece, si ritirò dalla Coppa dei Campioni e dalla Coppe delle Coppe alla vigilia della stagione 1968/69. Si trattava del blocco dell’est europeo, che aveva il suo punto politico fermo inevitabilmente in quello dell’Unione Sovietica. Proprio i sovietici nel ‘68 avevano invaso la Cecoslovacchia, mettendo fine alla Primavera di Praga e gli attriti internazionali furono a dir poco impraticabili. Pertanto dai nastri di partenza della Coppa dei Campioni si ritirarono Carl Zeiss Jena, Levski Sofia, Ferencvaros, Dinamo Kiev e Ruch Chorzow. Scesero in campo soltanto la Steaua Bucarest, la Stella Rossa Belgrado, il cui governo era notoriamente indipendente dalle scelte dei sovietici, e lo Spartak Trnava, squadra campione proprio di Cecoslovacchia, che sfiorò un’impresa storica, venendo eliminata per un solo gol soltanto dall’Ajax. Stesso discorso si intraprese anche in Coppa delle Coppe con le preventive rinunce di Raba Eto Gyor, Spartak Sofia, Gornik Zabrze, Dinamo Mosca ed Union Berlino. Parteciparono gli slavi del Bor, la Dinamo Bucarest e lo Slovan Brastislava, che vinse clamorosamente la Coppa battendo in finale il Barcellona. Non ci furono, invece, particolari divieti per la Coppa delle Fiere, manifestazione non ancora ritenuta sotto l’egida dell’UEFA. 

 Un discorso a parte, ad ogni modo, recitavano le compagini albanesi, che per la prima volta vennero iscritte ad una competizione europea nella stagione del 1962/63, con il Partizani Tirana che affrontò, per la verità con molto onore, gli svedesi del Norkkoping. La loro partecipazioni, poi, alle coppe europee fu altalenante, con numerose partecipazioni e susseguenti diserzioni. Nel 66/67, infatti, iniziò il 17 Nentori Tirana, che si rifiutò di affrontare i norvegesi del Vaalerengen. La situazione politica albanese, in effetti, condannava il paese in un isolamento internazionale voluto dal premier Enver Hoxha, soprattutto in vista dell’uscita dell’Albania dal Patto di Varsavia. Rottura internazionale nel mondo comunista che provocò non pochi problemi. Hoxha rimaneva in pratica un convinto stalinista.

Il derby mancato. La Germania calcistica trionfò nelle competizioni europee oltre il previsto nella stagione del 1973/74. Ma si trattò di un trionfo come dire riunificato, in quanto salirono alla ribalta sia una formazione della Bundesliga, il pluridecorato Bayern Monaco, sia una della Oberliga, vale a dire il campionato della Germania Est, con il Magdeburgo che vinse la Coppa delle Coppe. Le due squadre dovrebbero, quindi, di diritto misurarsi nel confronto diretto della Supercoppa Europea. Sfida che però per quella stagione non avrà mai luogo, anche perché beffardamente il sorteggio metterà di fronte le due squadre anche in Coppa dei Campioni e la sfida tra tedeschi dell’est e dell’ovest ha pur sempre un gusto particolare. La spunta con molta fatica il Bayern, ma in ogni caso le due squadre mancano di misurarsi in un altro doppio confronto che avrebbe fatto lievitare il palmarès o dei bavaresi o dei tedeschi dell’est. Qualcosa di incredibile era, invece, accaduto nel primo turno della Coppa UEFA del 1971/72, in cui i tedeschi orientali del Chemie Halle dovevano affrontare il PSV Eindhoven. Quelli di Halle, però, non poterono scendere in campo in seguito ad una tragdia che colpì la formazione tedesca durante il suo soggiorno nell'albergo che li ospitava in Olanda. Il Chemie si ritirò dalla competizione.


Il misterio lazial. Quella della Lazio nella stagione del 1975/76 è una rinuncia tra le più politicizzate della storia del calcio, in cui la società romana viene chiamata in causa senza un briciolo di responsabilità. La Lazio dovrebbe, infatti, affrontare nel secondo turno della Coppa UEFA il Barcellona di Cruyff e Neeskens, ma il franchismo di stanza in Spagna ne mina indirettamente la disputa del confronto. Infatti, qualche settimana prima del confronto europeo a Burgos vengono giustiziati degli oppositori al regime con la “garrota”, cioè una vera e propria esecuzione con la tecnica macabra del soffocamento, tra le più brutali mai eseguite tra tutte le dittature. La notizia fa il giro del mondo e al Presidente Umberto Lenzini vengono fatte delle pressione affinchè la sua Lazio si rifiuti di affrontare il Barcellona, che storicamente tra l’altro è un club, mès que un club, da sempre schierato contro il franchismo e la dittatura destroide di Madrid. Tuttavia, nonostante i tentativi del Presidente laziale di spostare in altra sede la partita, l’andata all’Olimpico tra Lazio e Barcellona non si giocherà per rinuncia da parte dei padroni di casa, che poi misteriosamente andranno a disputare il ritorno al Camp Nou e perdendo pesantemente per 4-0. Ma la qualificazione era ovviamente già ampiamente compromessa.


Il Regno Unito che non ci fu. L’Home Championship, vale a dire il Torneo Interbritannico, è la competizione calcistica per nazioni più antica del mondo, che si disputò per la prima volta nel 1884 e non ebbe luogo soltanto nel corso delle due guerre mondiali, poi andò sempre in scena fino al 1984, anno della sua chiusura definitiva, a causa di un calendario agonistico troppo intasato. Lo disputavano le quattro federazioni dello United Kingdom: Inghilterra, Scozia, Galles ed Irlanda del Nord. In un’occasione, però, quella del 1981 il torneo fu sospeso come dire per cause interne. Infatti, la guerra civile a Belfast e dintorni aveva sortito i suoi poco piacevoli effetti e soprattutto il 5 maggio di quell’anno il nordirlandese Bobby Sands, prigioniero politico, era morto nella Maze Prison. Questo clima incandescente consigliò ai gallesi e soprattutto agli inglesi di non andare a giocare a Belfast per timore di ritorsioni. Le mancate presenze di Inghilterra e Galles in terra nordirlandese fecero sospendere un torneo che fino a quel momento sarebbe potuto essere ad appannaggio della Scozia, che aveva battuto in casa l’Irlanda del Nord ed aveva vinto a Wembley, dopo essere stata sconfitta a Cardiff dal Galles. Ma quelle partite non si giocarono e per il 1981 nel Regno Unito non ci fu alcun vincitore. 

Nel regno di Cipro. Dopo aver eliminato i finlandesi dell’HJK Helsinki, i ciprioti dell’Apoel Nicosia rinunciarono alla loro avventura nella Coppa dei Campioni del 1986/87, rifiutandosi di affrontare i turchi del Besiktas. Una rinuncia che rispondeva ad un chiaro risentimento politico della squadra dell’isola. L’esercito turco, infatti, aveva invaso nel 1974 la parte a nord dell’isola, dando vita ad uno stato, quello di Cipro del Nord, non riconosciuto dalle autorità internazionali, ma ugualmente in vita nonostante numerosi provvedimenti. L’invasione dell’isola rappresentava e rappresenta tutt’ora una ferita ancora aperta nella vita politica e sociale dei ciprioti. Quello dell’Apoel fu un gesto estremo, ma molto propagandato dalla politica cipriota in quegli anni. Il Besiktas approdò così nel turno successivo, venendo poi eliminato dalla Dinamo Kiev.

Appuntamento in ritardo. Le Isole Far Oer, nel nord estremo dell’Europa, erano state da poco state ammesse a giocare le tre coppe europee e forse qualcuno non le conosceva affatto e nemmeno forse poteva immaginare dove si trovassero sulla cartina geografica. Ma nella stagione del 1993/94 accadde, tuttavia, qualcosa di insolito. Infatti, i lettoni del RAF Jelgava nel turno preliminare della Coppa delle Coppe erano stati abbinati proprio ai faroesi dell’HB Thorshavn, in un doppio confronto non proprio di cartello. IL RAF vinse la partita di andata in casa di fronte a poco più di 1.000 spettatori con un gol di Kozlov al 78’. Ma la prodezza del centravanti lettone era destinata a rimanere inutile, in quanto il 31 agosto del 1993 la squadra della Lettonia non era riuscita ad arrivare in tempo a Thorshavn, sede dell’incontro e capitale più piccola al mondo con appena 16.000 abitanti, per disputare la partita di ritorno. L’HB beneficiò del passaggio del turno, anche se poi venne estromesso nell’impegno successivo dai rumeni dell’Universitatea Craiova, vittoriosi in casa per 4-0, ma poi bravi nel retour-match a trovare la strada per le Far Oer, dove vinsero nettamente per 3-0. 

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