di
Antonio Vespasiano (giornalista di Calcio2000)
Passare in
rassegna i successi del calcio tedesco è esercizio ridondante viste le
prestigiose affermazioni e l’enorme mole di dati statistici che storicamente
accreditano la Germania nell’elite del calcio mondiale. Tre Mondiali (’54, ’74
e ’90), tre Europei (’72, ’80 e ’96), torneo questo di cui detiene insieme alla
Spagna il record di successi, sono un prestigioso biglietto da visita. Inoltre
la Germania è in assoluto la nazionale che ha disputato il maggior numero di
partite ai Campionati del Mondo, dove è stata ben sette volte finalista e
dodici volte semifinalista. L’unica competizione dove non è mai riuscita ad
imporsi sono stati i Giochi Olimpici (solo un Bronzo nel 1988). Morale della
favola, quando il gioco si fa duro i tedeschi sono sempre pronti e in prima
fila per far valere le proprie ragioni.
LA
FORMAZIONE DI SEMPRE
KAISER FRANZ AL COMANDO
È indiscutibilmente SEPP MAIER il più grande portiere che abbia
mai difeso i pali della porta della nazionale tedesca. Fisico asciutto,
elasticità nei movimenti, straordinarie doti nel coprire lo specchio della
porta e un’eccezionale freddezza nel fermare gli attaccanti lanciati a rete.
Maier più che un portiere è stato un vero e proprio baluardo. Soprannominato il
“Gatto”, per via della sua agilità, con la Germania ha subito solo 75 reti in
95 partite, prendendo parte a ben quattro Mondiali, vincendo quelli del ’74,
con un suo più che decisivo contributo. Altro trionfo fu quello agli Europei
del ’72, senza contare la sconfitta in finale in quelli del ’76. Ha fatto parte
della leggenda del Bayern degli anni ‘70 con cui ha vinto cinque Campionati,
quattro Coppe di Germania, tre Coppe dei Campioni, una Coppa delle Coppe, una
Intercontinentale. Suo autentico erede è stato OLIVER KHAN, portiere dal fisico
massiccio, ma reattivo e agile. Irascibile nel carattere, mai domo nella
tempra, un vero leader in campo, punto di riferimento indiscusso per i compagni
ai quali non le mandava certo a dire. Ha vinto otto volte la Bundesliga, una
Coppa Uefa, una Intercontinentale e la Champions League del 2001, dove parò tre
rigori al Valencia. Campione d’Europa nel 1996 come secondo di Köpke. Nel 2002 pur
perdendo la finale Mondiale col Brasile fu nominato miglior giocatore del
torneo, premio che al quale vanno sommati i tre riconoscimenti dell’IFFHS quale
miglio portiere del Mondo, i quattro quali Miglior portiere d’Europa, i cinque
quali Miglior portiere in Germania e i due quali Miglior giocatore tedesco.
Straordinario davvero.
Terzino destro BERTI VOGTS, marcatore vecchio stampo, di quelli
che non superavano quasi mai la metà campo anche per via di una tecnica non
certo raffinata. Eppure sull’uomo era un mastino spietato, marcatore ferreo,
implacabile sempre attento e concentrato. Colonna del Borussia Mönchengladbach
che negli anni ’70 fece epoca, vincendo cinque Campionati e due Coppe Uefa. In
Nazionale ha vinto l’Europeo del ’72 e i Mondiali del ’74. Stopper il roccioso
e baffuto JÜRGEN KOHLER. Imponente di
stazza, irruente ma deciso nei contrasti, soprattutto in scivolata, concreto e
semplice nelle giocate, fortissimo nel gioco aereo. Ha giocato tre Mondiali,
vincendo quelli del ’90. Calciatore tedesco dell’anno nel ’97. Ha vestito le
maglie di Bayern, Juventus e Borussia Dortmund, vincendo tre Campionati
tedeschi, uno italiano, una Coppa Uefa una Intercontinentale e la Champions
League proprio contro la Juve che lo aveva mandato via. Libero non può che
essere “Kaiser” FRANZ BECKENBAUER, in assoluto il miglior giocatore tedesco di
ogni epoca. Capitano e leader indiscutibile. Dopo gli esordi come centravanti e
poi mediano si è spostato in difesa inventando un nuovo modo di interpretare il
ruolo in virtù di straordinarie doti tecniche e caratteriali, grazie alle quali
riusciva ad essere un difensore implacabile, sempre attento e puntuale nelle
chiusure, ma allo stesso tempo il primo ispiratore della manovra, una sorta di
regista arretrato, naturale e sapiente accentratore di gioco. Univa, con una semplicità
straordinaria, stile, tecnica, eleganza, senso di gioco, geometria. Un
giocatore fantastico impossibile da imitare. Ai Mondiali è stato una volta
primo nel ‘74, una volta secondo nel ‘66 e una volta terzo nel ‘70 finendo
sempre nella top 11 del torneo. Senza contare il Campionato Europeo vinto nel
’72. 103 presenze in Nazionale e 14 gol, due Palloni d’Oro, tre Coppe dei
Campioni, una Coppa Intercontinentale, una Coppa delle Coppe, quattro titoli
tedeschi, tutti trofei, questi, vinti col Bayern Monaco di cui è, ovviamente,
il miglior giocatore di sempre. A sinistra lo spirito ribelle di PAUL BREITNER,
terzino a tutto campo con preponderante licenza offensiva. Potenza e tecnica
combinate insieme. Dopo aver vinto l’Europeo del ’72 ma soprattutto il Mondiale
del ’74, le sue idee politiche (lo chiamavano il “maoista”) e la rottura col
collettivo fedele a Beckenbauer lo portò lontano dal Bayern, di cui era stato
una colonna. Col Real Madrid s’afferma anche come centrocampista centrale,
ruolo che continuò a ricoprire con stupefacente disinvoltura nel suo ritorno in
Germania. Calciatore tedesco dell’anno nel 1981 anno in cui arriva secondo
anche nella classifica del Pallone d’Oro. In riserva PHILIPP LAHM, esterno
difensivo di sicuro affidamento, capace di disimpegnarsi con la stessa
efficacia su entrambe le fasce. Prodotto del vivaio del Bayern, ha scalato un
gradino alla volta le gerarchie del club bavarese fino ad indossare la fascia
di capitano nel fantastico “treble” di quest’anno (Campionato, Coppa nazionale
e Champions League). 94 le sue presenze in Nazionale dove ha vinto due bronzi
Mondiali, venendo inserito entrambe le volte nella miglior formazione del
torneo. Un Argento e un bronzo Europeo. Come stopper merita d’essere citato KARLHEINZ
FÖRSTER protagonista insieme a Stielike delle sorti della difesa tedesca
agli inizi degli anni ’80. Difensore risoluto
nei compiti che gli affidavano. In Nazionale ha colto due Argenti Mondiali (’82
e ’86) e l’Oro agli Europei del 1980. Nel 1982 fu nominato calciatore tedesco
dell’anno. Tra i difensori più forti che la Germania abbia mai avuto non si può
dimenticare uno come KARL-HEINZ SCHNELLINGER, nato terzino sinistro ma capace
di giocare con altrettanta efficacia sia come stopper che come libero,
anticipando di qualche anno la poliedricità che rese famosi gli olandesi.
Ribattezzato “Volkswagen” per l’affidabilità e l’inesauribile
dinamismo. Dopo gli esordi col Colonia, dove vinse lo storico primo titolo del
club nel ’62, venne in Italia a cercar fortune e le trovò nel Milan vincendo
quattro Campionati, due Coppe delle Coppe, una Coppa dei Campioni e una
Intercontinentale. In Nazionale prese parte a quattro Mondiali consecutivi, dal
’58 in Svezia quando aveva appena 19 anni, fino al ’70 in Messico dove realizzò
il suo unico gol con la Germania, quello del pareggio al 90° nella semifinale contro
l’Italia che permise di dare il là al leggendario “quattroatre”. A sinistra ANDREAS
BREHME, ennesimo grande laterale del calcio tedesco. Terzino infaticabile,
preciso negli appoggi e glaciale nelle conclusioni sia di destro che di
sinistro. Ha segnato un rigore, quello nella finale Mondiale del ’90, che
nessuno volava calciare, regalando così il successo ai suoi compagni. Era in
campo anche nella finale del 1986, raggiunta anche grazie un suo gol in semifinale
alla Francia, gol che bissò nella semifinale del ’90 contro l’Inghilterra tanto
per dare la dimostrazione dell’incisività del suo ruolo nei successi teutonici.
Con l’Inter vinse il Campionato dei record del 1989 e una Coppa Uefa.
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