Genoani in partenza (foto il calndeigrifoni.it) |
di Renzo
Sanna (estratto dal sito Assciazione
Memoria Storica Torresina al link: http://amst1903.altervista.org/genoa.html)
Rossoblù contro, destinate entrambe a lasciare la C e
a non rivedersi. E per quarant'anni, in effetti, è stato così, anche se a metà
del primo decennio del duemila si sono sfiorate. Accomunate dai colori, dalla
passione dei loro tifosi, dal non sentirsi, pur con storie diverse, mai troppo
fortunate. Destinate, sempre e comunque, a soffrire.
Il 16 maggio del '71, quattro decenni fa, un
pomeriggio assolato di inizio estate le vede per la prima volta incrociarsi,
Torres e Genoa. Non è una partita che entra nella storia del calcio a Sassari,
o forse è la memoria dei tifosi a non volerla far entrare. Ma storica,
comunque, lo è ugualmente. Arriva il Genoa, i cui nove scudetti già negli anni
settanta sembrano roba del passato. Ma pur sempre una grande, ora caduta in C
ma col diktat di tornare subito dove i suoi tifosi pensano le competa. E in
serie A, in effetti, ci tornerà presto. I tifosi del grifone quell'anno, forse
anche più che in passato, la loro squadra la seguono ovunque. A Sassari, il 16
maggio, in un Acquedotto gremito e curioso del confronto con altri cuori
rossoblù, più prestigiosi, più abituati a vedere altro calcio, arrivano in
mille. E' la prima volta in Italia che per un esodo sportivo si affitta
un'intera nave.
Attesa per Torres-Genoa |
Vincono e condannano la Torres alla retrocessione in D, peraltro cancellata
già l'anno successivo col ritorno in terza serie. I genovesi li porta in
Sardegna la Caralis (si chiama proprio così, sembra un segno del destino, il
traghetto Tirrenia che affonda i sogni di salvezza di Sassari), e tra loro c'è
anche, giurano gli storici genoani, Fabrizio De André. .
Quell'anno era stato un po' particolare per lui, vagabondo
e inquieto più del solito, e le cronache lo danno al seguito della sua squadra
quasi sempre, da Imola a Montevarchi. Forse il declassamento lo esaltava, i
campi meno nobili pure, di sicuro la Sardegna, in cui stava per stabilirsi, lo
intrigava, e così questa presenza, che in realtà forse è solo leggenda, è
plausibile.
Ad attendere lui e gli altri 999 c'erano tifosi delusi, arrabbiati con la società sull'orlo del fallimento (il presidente Benassi si è già dimesso, gli subentra Olla) e quasi rassegnati alla retrocessione ormai imminente. Dopo tredici anni di terza serie, spesso entusiasmante, di scontri con squadroni e di derby col Cagliari, riecco la D. Lo spettro della retrocessione si materializza proprio in questa partita, che al contrario dà al Genoa il via libera opposto. Le strade tra le due rossoblù si separano alla fine di una partita brutta, per nulla spettacolare e anche meno tesa di quanto ci si attendeva, soprattutto dalla Torres tecnicamente inferiore. Ma è un anno così, fatto di pochi gol e sconfitte di misura. Di mediocrità e di gambe molli nei momenti importanti.
Ad attendere lui e gli altri 999 c'erano tifosi delusi, arrabbiati con la società sull'orlo del fallimento (il presidente Benassi si è già dimesso, gli subentra Olla) e quasi rassegnati alla retrocessione ormai imminente. Dopo tredici anni di terza serie, spesso entusiasmante, di scontri con squadroni e di derby col Cagliari, riecco la D. Lo spettro della retrocessione si materializza proprio in questa partita, che al contrario dà al Genoa il via libera opposto. Le strade tra le due rossoblù si separano alla fine di una partita brutta, per nulla spettacolare e anche meno tesa di quanto ci si attendeva, soprattutto dalla Torres tecnicamente inferiore. Ma è un anno così, fatto di pochi gol e sconfitte di misura. Di mediocrità e di gambe molli nei momenti importanti.
Speggiorin, uno che in terza serie non ci fa nulla, all'inizio del secondo
tempo manda sotto la traversa la palla della promozione, e poi i suoi accorti
compagni conservano senza troppo sudare. Paolo Morosi, capitano di quella e
tante altre Torres, inarrivabile con 332 presenze, quel pomeriggio non deve
faticare, per ricordarlo: “Ci avevano fatto sapere da Ferrara che in caso di
vittoria ci sarebbe stato per noi un bel premio in denaro”. La Spal, avversaria
del Genoa nella corsa alla B, le provava tutte: “Non ho paura della
squalifica”, ride Morosi, “dopo quarant'anni...”. E comunque la promessa non
bastò a svegliare la squadra di Ettore Trevisan: “Non l'abbiamo perso lì, il
campionato, spesso gli avversari facevano un tiro, un gol. Un anno storto. E
c'era la maledizione di Cesare Planetta, il nostro portiere. Non si capiva
perché, ma quell'anno non gliene andava bene una”. E dall'altra parte Turone,
Speggiorin, Perotti, e Arturo Sandokan Silvestri in panchina: “Noi invece
avevamo Trevisan, che non si è mai ambientato e francamente non ho mai ben
capito perché sia stato preso”. Il presidente Benassi, a metà campionato, aveva
provato così a dare una scossa. Fuori Mario Genta, dentro questo friulano che
non lascerà traccia nella storia della Torres: “Era una brava persona, sin
troppo: una volta alcuni giocatori gli fecero uno scherzo e lo lasciarono a
piedi, in stazione. Rischiò di perdere la nave”.
Torres-Genoa, con settemila sugli spalti a
sperare in un sussulto d'orgoglio, sussulti ne regalò pochi: “All'andata a
Marassi giocai bene, un giornale di Genova mi diede otto in pagella, e allora
al ritorno Silvestri mi mise addosso il 4 che mi seguiva ovunque. Già segnavamo
poco, quell'anno: quella partita non avremmo fatto gol neanche giocando altre
due ore”. Derlin, si chiamava quel quattro. Quel giorno si trovarono di fronte,
lui e i suoi talentuosi e ben pagati compagni, tanti ragazzi sardi, sei su
undici: Planetta, Valeri, Pani, Dettori, Cadeddu, Caneo. E Morosi, che già
allora lo era d'adozione, sassarese, e lo è oggi ancor di più, pur con
quell'accento pistoiese che non va via. Come i ricordi, belli e brutti. Il 16
maggio '71, con buona pace della Spal di Del Neri e Malatrasi, le rossoblù
salutano la C a braccetto. Due settimane dopo, contro l'Entella, Valeri si fa
cacciare per un pugno a un avversario (“gliel'avevo detto, a questo tal
Gittone, che con Valeri non c'era da scherzare,e loro continuavano a
provocare”), e poi un'invasione inaugura la serie delle squalifiche
dell'Acquedotto. Si torna in D, ma per poco. E' un ritornello che a distanza di
quarant'anni, ancora una volta, si spera di risentire.
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