Andrade, la Maravilla Negra |
1924-1929:
Il dominio dell’Uruguay
Negli Anni Venti anche la Copa Amèrica continuò la logica
celebrazione della Celeste, la fantastica nazionale uruguagia che in verità con
il suo gioco e la sua grinta dominò anche nel resto del mondo. In quella
decade, infatti, l’Uruguay vinse la Coppa Rimet nel 1930 proprio a Montevideo,
due volte le Olimpiadi nel 1924 e nel 1928 tra Parigi ed Amsterdam, e per 4
volte la stessa Copa Amèrica. Gli uruguagi si rivelarono uno spettacolo anche e
soprattutto per coloro che non li avevano mai visti giocare prima, a cominciare
dagli spettatori nei paesi europei.
Andrade,
la maravilla negra. Dopo aver vinto la Medaglia d’oro alle
Olimpiadi parigine, nel novembre del 1924 l’Uruguay si aggiudicò anche la Copa
Amèrica, con un punto in più dell’Argentina, fermata a sorpresa dal Paraguay.
Pedro Petrone con 4 reti fu ancora il capocannoniere della manifestazione. La
stella maggiore della squadra era tuttavia pur sempre Josè Leandro Andrade,
detto la Maravilla negra. Stupì gli
europei per la sua grande raffinatezza nel gioco e la sua stessa velocità, ma
anche per la sua grande consistenza a centrocampo. I tifosi francesi si
innamorarono di lui e per la prima volta videro eseguire magnificamente quella
che era tecnicamente denominata la “veronica”. Vinse tutto con l’Uruguay,
mentre militò sia nel Penarol che nel Nacional di Montevideo. Fu di colore
dunque la prima stella mondiale del calcio e questo rappresentò un fatto
decisamente significativo. Dopo tanta gloria, finì i suoi giorni nella miseria
assoluta. A Parigi gli uruguagi in una gara amichevole si fecero vedere apposta
abbastanza impacciati dagli osservatori jugoslavi. Poi quando li affrontarono
nel primo turno li strabatterono per 7-0. Il pubblico di Parigi si entusiasmò a
vederli giocare e presenziò in buon numero ad ogni partita dell’Uruguay.
David Arellano |
L’eterna
sfida Argentina-Uruguay. Nel 1925 vinse l’Argentina su Brasile e
Paraguay, in quanto l’Uruguay era assente ed oberato da numerosi impegni
agonistici. Nel 1926, infatti, a Santiago del Cile la Copa Amèrica ritornò
nella mani dell’Uruguay. La Celeste vinse tutte le partite, in un torneo che
per la prima volta allineava ai nastri di partenza cinque squadre, compresa la
debuttante e disastrata Bolivia, che beccò ben 24 gol, segnandone appena 2. In
tre diventarono capocannonieri del torneo con 6 reti: il cileno Subiabre, e gli
uruguagi Scarone e Castro. Quest’ultimo segnò anche contro l’Argentina ed era
detto il monco, perché aveva perso una mano quando lavorava come falegname.
Hector Scarone continuò ad essere l’anima vera della squadra a suon di gol.
Aveva un tiro precisissimo, che affinò nei dettagli in lunghi allenamenti, in
cui si esercitava a colpire bottiglie di vino vuote da una distanza di trenta
metri. David Arellano fu tra i protagonisti non vincenti di quegli anni in Copa
Amèrica. L’attaccante cileno del Colo Colo era uno dei migliori esecutori della
rovesciata volante, la “chilena”. Che prese questo nome in quanto il primo ad
eseguirla fu Ramòn Unzaga a Talcahuano. Poi a diffonderla in tutto il mondo fu
lo sfortunato campione del Colo Colo. Sfortunato in quanto Arellano morì sul
campo in un incidente di gioco, scontrandosi con un difensore spagnolo del
Valladolid. Il Colo Colo, infatti, era in tourneè in Europa. Tuttavia, esiste
una lunga controversia in merito a chi
avrebbe inventato la rovesciata. Eduardo Galeano sostenne la tesi cilena,
Vargas Llosa invece aveva testimonianze che la stessa fosse stata eseguita per
la prima volta in Perù. Poi saltarono fuori anche rivendicazioni brasiliane.
Tutti in Sudamerica vorrebbero attribuirsi l’invenzione della rovesciata
volante.
Forza
Argentina. Ad ogni modo, il decennio si chiuse con due affermazioni
argentine nel 1927 a Lima e nel 1929 a Buenos Aires, che rinfrancarono le
ambizioni della Selecciòn. Nel 1927 si giocò per la prima volta in Perù,
all’Estadio Nacional di Lima con le tribune in legno. Ma la manifestazione
richiamò un gran pubblico. Mentre l’edizione del 1928 venne posticipata al 1929
per le Olimpiadi di Amsterdam, che videro l’Uruguay proprio prevalere in finale
sui cugini argentini. L’edizione del ’29 si disputò a Buenos Aires con
l’affermazione sontuosa dei padroni di casa. Nolo Ferreyra dell’Estudiantes de
La Plata fu tra gli uomini di punta della Selecciòn. Inventò il paso doble, che fece innamorare tutti
gli argentini. L’Argentina piegò gli avversari di sempre dell’Uruguay per 2-0
nello stadio del San Lorenzo de Almagro, dinanzi a 60.000 spettatori. I gol
furono di Ferreyra e di Mario Evaristo, che giocava per lo Sportivo Palermo.
Aurelio Gonzalez del Paraguay fu capocannoniere con 5 gol. Giocava nell’Olimpia
Asunciòn.
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