Nelle
prime edizioni della neonata Coppa UEFA il calcio italiano era rimasto
effettivamente a guardare ed applaudire i successi delle compagini inglesi,
tedesche e olandesi. Soltanto il Milan nel ’72 e nel ’76 si era affacciato fino
alle semifinali della competizione. Per il resto, invece, soltanto una serie di
magre figure. D’altra parte, dopo i successi negli Anni Sessanta, a livello di
club il calcio italiano attraversava un periodo non proprio ricco di
soddisfazioni. Ad ogni modo, nel 76/77 la Juventus , che non aveva mai trionfato in nessuna
competizione continentale, riuscì finalmente a portare questo ambito trofeo in
Italia, inaugurando quindi la lunga lista dei suoi successi in tornei
internazionali. I bianconeri trionfarono in una edizione della coppa che lasciò
spazio a molte sorprese, annotando come protagoniste squadre che per la prima
volta si imponevano all’attenzione internazionale.
Sorpresa
belga. Una
delle tante sorprese appunto di questa edizione della Coppa UEFA fu rappresentata
dai belgi dell’ RWDM di Molenbeek, compagine nata il 1° luglio del 1973 dalla
fusione di due club della capitale, il Racing White ed il Daring Club. Il nuovo
sodalizio entrò di prepotenza nelle consolidate gerarchie del calcio belga,
vincendo il titolo nazionale nel 1975. Il successo era tutt’altro che casuale,
infatti l’RWDM si fece largo anche nelle competizioni internazionali e nel
76/77 raggiunse le semifinali della Coppa UEFA, eliminato dall’Athletic Bilbao,
senza aver subito neanche una sconfitta. Il cammino dell’undici di Bruxelles,
infatti, non registrò nessuna gara persa sin dal primo turno, quando furono
estromessi i danesi del Naestved. Quindi toccò ai polacchi del Wisla Cracovia,
eliminati ai calci di rigore dopo un doppio 1-1. Al terzo turno terminò
l’avventura anche dello Scahlke 04, battuto di misura in Belgio e che non andò
oltre l’ 1-1 a
Gelsenkirchen. Nei quarti l’RWDM, quindi, eliminò il Feyenoord. Dopo il
pareggio a reti inviolate di Rotterdam, in casa l’RWDM vinse per 2-1 in rimonta con reti di
Wellens e Teugels, dopo il momentaneo vantaggio di De Jong. In semifinale al
cospetto dei baschi dell’ Athletic Bilbao la squadra belga fu eliminata per
effetto del gol subito tra le mura amiche. Infatti, nel retour-match al San
Mamès il Bilbao si accontentò a ragione dello 0-0. Ad ogni modo, i belgi
avevano vissuto una avventura entusiasmante, imponendosi all’attenzione
europea, dopo le imprese delle connazionali Anderlecht e Bruges.
Stan
Bowles, genio e gol. Capocannoniere
della manifestazione con 11 reti si laureò Stan Bowles, talento del calcio
inglese, che dopo stagioni sfortunate, raccolse meritati applausi con la maglia
del Queen’s Park Rangers. La formazione londinese, fondata nel 1882, per la
prima volta nella sua storia partecipò ad una coppa europea. Nel ’76 perse,
infatti, il titolo inglese per un solo punto nei confronti del Liverpool. La
squadra di Dave Sexton esprimeva un gioco piacevole e redditizio. In Coppa UEFA
la corsa del QPR si fermò nei quarti, dopo aver eliminato Brann Bergen, Slovan
Bratislava e Colonia. Nei quarti appunto venne sgambettato dall’ AEK Atene.
Dopo essersi imposto per 3-0 a
Loftus Road, ad Atene il QPR fu sconfitto con analogo punteggio e quindi
eliminato nella lotteria dei rigori. Tuttavia i tifosi inglesi poterono
celebrare le prodezze del loro campione in assoluto quale appunto Bowles.
Orgoglio
basco. Al
pari di quelle italiane, anche le squadre spagnole non avevano proprio ben
figurato nel corso della Coppa UEFA. In questa edizione della manifestazione
continentale si mise in luce, però, la compagine basca dell’Athletic Bilbao che
si spinse fino alla doppia finale, eliminando Ujpest Dozsa, Basilea e Milan,
andando poi ad incrociare nei quarti di finale il Barcelona. Nell’andata al San
Mamès il Barca passò in vantaggio al 13’ con Asensi, prima di subire la rimonta ad
opera di Churruca e Dani Ruiz. Nel ritorno al Camp Nou l’Athletic riuscì a
spuntarla grazie ad una prova superlativa di Irureta, che con due gol rese
inutile la doppietta siglata da Johann Cruyff. In semifinale, quindi, estromise
il sorprendente RWDM Molenbeek, grazie ad un gol segnato in Belgio da Churruca.
L’Athletic raggiunse quindi la finale con la chiara intenzioni di imporsi alla
quotata Juventus.
La Juventus vantava già
qualche esperienza con le finali europee, avendo disputato quella della Coppa
delle Fiere nel ’65 e quella di Coppa dei Campioni nel ’73, anche se le aveva
perse entrambe rispettivamente contro Ferencvaros e Ajax. Infatti, i torinesi
vantavano una grande tradizione in patria con numerose vittorie, che però non
avevano seguito nelle manifestazioni continentali. La finale di andata si giocò
il 5 maggio allo Stadio Comunale di Torino davanti a 75000 spettatori e la Juventus risolse il
confronto, grazie ad un colpo di testa di Tardelli che superò l’esperto
portiere dei baschi Iribar. La
Juventus riportò un successo di misura che doveva andare a
difendere nella bolgia di Bilbao al San Mamès, uno stadio solitamente ostico,
dove anche le grandi di Spagna lasciavano spesso l’intera posta in palio. Il
retour-match si disputò il 18 maggio e la Juventus registrò una partenza fulminea, in un
clima reso ancora più teso dalla problematica situazione politica in cui
versava la regione delle Province Basche con i frequenti attenti dell’ETA. Nonostante
tutto, la Juve
passò al 7’
con Bottega, ancora con un colpo di testa. Il gol degli ospiti gelò gli spalti
dell’impianto basco, in cui erano presenti 43000 spettatori. Pareggiò subito al
12’
Irureta, ma uno straordinario Zoff ed una difesa granitica capitalizzarono il
gol esterno. Carlos Ruiz segnò nuovamente al 78’ per il 2-1, che però non
bastava a strappare la coppa alla Juve. Bottega e soci condussero fino al
termine con quel risultato e poterono finalmente esporre in bacheca il primo
trofeo europeo.
Juve da
record. La Juventus affidata per la prima
volta nella sua storia all’emergente mister Giovanni Trapattoni disputò una
stagione praticamente strepitoso. Nel torneo nazionale precedente aveva
lasciato amaramente il tricolore ai cugini del Torino, ma i bianconeri avevano
iniziato il nuovo campionato a spron battuto, contendendo il titolo proprio ai
concittadini granata. Trapattoni aveva costruito una macchina perfetta con
l’ausilio di molti nazionali: Zoff, Gentile, Cuccureddu, Scirea, Tardelli,
Bottega, Causio, rivalutando lo stagionato bomber Roberto Boninsegna. La Juventus eliminò nei
primi due turni due compagini inglesi, peraltro della stessa città: Manchester.
I torinesi, infatti, batterono prima il City e quindi lo United, perdendo in
entrambe le occasioni in Inghilterra, ma rifacendosi nel vecchio Comunale. Al
terzo turno la squadra di Trapattoni eliminò i sovietici dello Shaktar Donetz,
imponendosi nettamente in casa per 3-0, con tutti e tre gol nel primo tempo.
Quindi nei quarti bastonò anche i forti tedeschi dell’est del Magdeburgo,
riportando un doppio successo sia in casa che fuori. In semifinale, invece, la Juve incappò nell’ostico AEK
Atene. I bianconeri andarono in vantaggio con Cuccureddu, ma Papadopoulos siglò
un inaspettato, prima che nella ripresa Causio e Bottega con una doppietta
firmassero il definitivo 4-1. La
Juventus approdava in finale, mentre in Italia si aggiudicava
sul filo di lana lo scudetto per un solo punto ai danni del Torino. Sui 60
disponibili la Juve
conquistò ben 51 punti contro i 50 del Toro, dando vita a d un torneo
irripetibile.
Sfida
autarchica. Juventus-Athletic
Bilbao rappresentava ad ogni modo una finale inedita, oltretutto le due squadre
in campo condividevano un aspetto importante. Infatti, sia italiani che baschi
schieravano formazioni senza l’apporto di nessuno straniero. La Juventus in quanto le
frontiere per il calcio italiano erano da tempo chiuse, i baschi invece per una
politica societaria ben precisa. Dal 1899, infatti, da quando fu fondato
l’Athletic Bilbao nessun giocatore straniero ha vestito la prestigiosa casacca
biancorossa del club. Un primato che rimane praticamente unico per tutto il
calcio europeo.
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