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venerdì 7 febbraio 2014

Stefano presente


Stefano Furlan
 Sono passati 30 anni dal delitto di Stefano Furlan, ma in molti non dimenticano. Stefano presente. 
Il calcio non fu più lo stesso a Trieste da quel triste pomeriggio dell’8 febbraio del 1984. La città che era stata del calcio anche attraverso le poesie di Umberto Saba ed i miracoli sportivi di Nereo Rocco si era arresa inconsciamente in una delle giornate più buie, e poi così in fretta anche dimenticate, del calcio italiano. Nel vecchio Pino Grezar si disputava un derby valevole per la Coppa Italia tra la Triestina e l’Udinese, eterna rivale degli alabardati, anche se come tutti sanno in Friuli l’antagonismo tra Udine e Trieste non si limita soltanto ad una partita di pallone. L’atteso match era terminato a reti bianche. La Triestina, che militava in Serie B, aveva provato ad impensierire i bianconeri guidati trionfalmente da Arthur Zico, ma senza troppa fortuna. Poi all’esterno dello stadio i tifosi si riversarono per le strade che circondano lo stadio, ma senza nulla che facesse presagire ad incidenti. Del resto gli ultras bianconeri al seguito erano poco più di una sessantina di fronte agli oltre 20.000 spettatori che avevano gremito lo stadio. Tuttavia, la polizia effettuò improvvisamente una inutile ed incauta carica di alleggerimento, al termine della quale il  20enne Stefano Furlan venne malmenato e colpito dai manganelli degli agenti delle forze dell’ordine. Oltretutto agenti anche molto giovani e senza dubbio inesperti per le grandi manifestazioni sportive. Trattenuto in questura e ritornato a casa in serata, il giovane Furlan sarebbe entrato in coma il giorno successivo. Il giovane triestino sarebbe morto in ospedale una ventina di giorni più tardi in seguito a quelle terribili ed inutili percosse. Trieste si ribellò a quello che fu un delitto da parte degli agenti di polizia. Delle ragazze provarono ad inoltrare la propria testimonianza anche attraverso il quotidiano triestino Il Piccolo, ma quella verità fu quasi subito offuscata, distorta ed infangata. Le ragazze sostenevano che gli agenti avessero sbattuto la testa di Furlan contro un muro. Un giovane giornalista riuscì a far riaprire il caso in seguito ad una sua indagine, raccogliendo la preziosa testimonianza delle ragazze e grazie anche all’apporto di mamma Renata. Soltanto dopo oltre un anno fu comminata una lieve pena ad uno degli agenti, ma quasi tutto l’episodio finì nel vorticoso dimenticatoio. Trieste ed i suoi tifosi, però, non dimenticarono. Stefano Furlan era morto senza motivo. Non sussisteva nessuna necessità da parte delle forze dell’ordine di effettuare una carica né tantomeno esisteva un motivo per colpire così duramente il giovane tifoso della Triestina. Manifestazioni, cortei, raccolte di firme furono organizzate sin dal giorno del decesso di Stefano Furlan e la stessa curva degli ultras alabardati fu dedicata alla sua memoria, affinchè il nome di quel giovane rimanesse sempre impresso nel ricordo di tutti e non dimenticato. Ed allo stesso tempo rimaneva chiaro che la città di Trieste quella versione inventata dalle forze dell’ordine non l’aveva mai accettata. Sono passati trent’anni ormai, ma Trieste e la famiglia Furlan sono ancora alla ricerca di un colpevole. Tutti i tifosi della Triestina l’8 febbraio di ogni anno ne onorano il suo ricordo, appoggiati anche dalle altre tifoserie. Un tempo occupavano la Curva Nord nel vecchio Stadio Pino Grezar, poi hanno mantenuto un’analoga posizione anche al tempo del trasferimento nel più moderno Stadio Nereo Rocco. Continuano a portare in tutti gli stadi d’Italia il nome di Stefano Furlan, nonostante la gloriosa Triestina nel 2012 sia stata costretta addirittura a ripartire dal Campionato di Eccellenza.

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