di Antonio Vespasiano (giornalista di Calcio2000)
Per raccontare del calcio cileno
bisogna partire dal 1553, anno in cui i conquistadores spagnoli, guidati
da Pedro de Valdivia, furono travolti e sconfitti dall’esercito Mapuche, nel
quale si distinse un guerriero di nome Colocolo. Quello stesso capo tribù
arucano nel 1925 fu scelto come simbolo del neonato Colo-Colo, il club cileno più importante e titolato del Paese
(in bacheca anche la Coppa Libertadores del 1991), a rappresentare ideali quali
coraggio, forza e orgoglio tipici di un popolo che sovente li ha ostentati
anche in campo, attraverso le performance dei giocatori della Nazionale.
Quattrocento anni dopo la battaglia di Tucapel, infatti, lo Stadio Nazionale di
Santiago del Cile (città fondata proprio da Pedro de Valdivia) fu
teatro, nel 1962, di un altro celebre scontro, passato alla storia come la “Battaglia
di Santiago”, quando cileni e italiani se le diedero di santa ragione,
inscenando il più cruento match di calcio che si sia mai visto. Ma il fútbol cileno non è solo “garra y orgullo”. È bene sottolineare anche
come quella cilena sia stata la seconda federazione nata in Sudamerica e dopo
più di un secolo di vita la Roja si è guadagnata l’onore di essere considerata
come la quarta potenza calcistica del Sud America, dopo Brasile, Argentina e
Uruguay.
Il buon nome di cui gode, non
solo nell’ambito della CONMEBOL, la Nazionale cilena, però, non può dirsi cha
faccia leva su successi degni di nota. Nonostante il Cile sia tra i membri
fondatori della Coppa America, dopo trentacinque partecipazioni al più antico torneo
continentale del mondo non è ancora riuscito ad aggiudicarsi alcuna vittoria.
Quattro volte ha chiuso al secondo posto e cinque al terzo. Probabilmente il
podio di bronzo ai Mondiali casalinghi del ’62 è stato il momento di maggior
splendore del calcio cileno. Sovente però nella storia dei Campionati del Mondo
la Roja ha dovuto fare i conti con vergogne e scandali. Dagli arbitraggi
accomodanti della kermesse casalinga del ’62, fino al vergognoso epilogo delle
qualificazioni ad Italia ’90, dove il teatrino di Antonio Rojas costò
l’esclusione dalle qualificazioni per Usa ’94, senza dimenticare che il
lasciapassare per il Mondiale tedesco del ’74 arrivò soltanto perché l’Unione
Sovietica si rifiutò di giocare nello Stadio Nazionale di Santiago, che poco
tempo prima era stato campo di concentramento e cortile per le fucilazioni del
regime di Pinochet. La medaglia di bronzo ai
Giochi Olimpici di Sidney e il terzo posto ai Mondiali under 20 del 2007 sono
ottime basi da cui ripartire in vista di maggiori fortune per il prossimo
futuro.
LA
FORMAZIONE DI SEMPRE
BELLA
FIGUEROAS
È passato
alla storia come “el Sapo” (il Rospo) per la postura che assumeva e i balzi
prodigiosi con i quali copriva lo specchio della porta. SERGIO LIVINGSTONE è
stato una vera e propria icona del calcio cileno e dell’Universidad Católica, club quale ha vinto due
volte il Titolo Nazionale. Con la Roja debuttò nella Coppa America del ’41,
torneo che il Cile chiuse al terzo posto, venendo nominato miglior giocatore
della manifestazione. Da allora fino al ’53 fu presente a tutte le edizioni della
Coppa per un totale-record di 34 partite. I gradi di secondo spettano al cóndor
ANTONIO ROJAS, che nonostante
due Coppe e due Titoli Nazionali con il Colo-Colo dette il meglio (e il peggio)
di sé con la maglia della Nazionale. Miglior portiere della Coppa America del
1987, quando da capitano e leader condusse il Cile al secondo posto. Peccato
per la sconcertante scenetta che mise in imbarazzo un intero Paese, passata
alla storia come il “Maracanazo della Nazionale cilena”,
quando finse d’esser stato colpito da un bengala in modo che il suo Cile
potesse avere la meglio sul Brasile così da qualificarsi ad Italia ’90.
Scoperto, fu squalificato a vita,
stralciando di fatto buona parte di una carriera che avrebbe meritato un
epilogo migliore.
Sulla
corsia di destra LUIS EYZAGUIRRE, uno dei primissimi, e più forti, interpreti
di un “nuovo ruolo”, quello del terzino fluidificante, alla pari del brasiliano
Djalma Santos. Veloce, tecnico, intelligente è stato uno dei protagonisti dei
cinque titoli del “Ballet Azul” dell’Universidad de Chile, club
col quale vinse cinque Titoli Nazionali. Si guadagnò il curioso soprannome di
“Fifo” dopo che fu invitato dalla Fifa a far parte della selezione del Resto
del Mondo nella sfida contro l’Inghilterra del 1963. Col Cile ha giocato due
Mondiali, centrato il terzo posto nel ’62. Come centrale difensivo la classe di
“don” ELÍAS FIGUEROA, senza
ombra di dubbio il miglior giocatore cileno di ogni epoca. Uno dei più forti
difensori della storia del calcio sudamericano e non solo. Libero elegante e
potente, dalla grandissima visione di gioco. Tecnica da gran maestro,
eccellente in ogni fondamentale del ruolo: colpo di testa, marcatura, anticipo.
Coraggio e leadership innate. Col suo amato Cile ha giocato tre Mondiali a
distanza di 16 anni e nel ’74 in Germania fu eletto miglior difensore del torneo,
proprio a casa di Beckenbauer,
del quale era l’idolo dichiarato. Tre volte Pallone d’Oro sudamericano e una
sfilza infinita di premi a dimostrazione di un talento davvero prodigioso.
Partner di Figueroa non può che essere ALBERTO QUINTANO ennesimo grande difensore
della scuola cilena. Con don Elías dette vita all’impenetrabile “muro”
difensivo che il Cile eresse nella Coppa del Mondo del ’74. Mancino di piede è
stato un giocatore chiave nei successi dell’Universidad de Chile negli anni
’60. Dopo tre Titoli Nazionali e il premio di miglior giocatore cileno del ’67 andò
a cercar fortune in Messico, vincendo altrettanti campionati e venendo
ricordato, ancora oggi, tra i migliori stranieri di sempre. A sinistra ISAAC
CARRASCO, terzino che sapeva conciliare l’incisività offensiva di un attaccante
– eredità di un passato da mezzapunta –, alla concretezza e praticità che il
ruolo gli imponeva. Il suo gioco lasciava poco all’istinto, sviluppandosi,
piuttosto, con la puntualità di un meccanismo d’orologio. 25 le presenze con la
Roja e due secondi posti in Coppa America (’55 e ’56).
Tra le
riserve MARIO GALINDO, terzino destro dalla spiccata vocazione offensiva.
Miglior giocatore cileno nel 1979, anno in cui fu tra i protagonisti del
secondo posto nell’itinerante Coppa America. Con la maglia del Colo-Colo fece
incetta di Titoli Nazionali, salvo però lasciarsi sfuggire la Libertadores del
’73. Al centro LIZARDO GARRIDO, brillante e grintoso difensore. Le sue qualità
gli permettevano di disimpegnarsi anche sulla fascia destra. Bandiera del
Colo-Colo con il quale detiene il record di presenze in Coppa Libertadores,
trofeo che vinse nel 1991. Miglior giocatore del campionato cileno nel 1984.
Alle spalle di Figueroa e Quintano impossibile non citare IGNACIO PRIETO
campionissimo del Nacional di Montevideo, club dove ha ottenuto i suoi più
grandi successi tra cui la Libertadores e l’Intercontinentale del ’71. Si
distinse anche in Francia al Lille, e nella sfortunata Coppa del Mondo del ’66.
A sinistra ANTONIO ARIAS, due volte Campione Nazionale con Unión Española, club fuori dal giro delle
solite grandi, ciononostante in grado di giocarsi la Libertadores del ’75 fino
all’atto conclusivo. 32 le sue presenze in Nazionale con la chicca del Mondiale
del ’74.
Nessun commento:
Posta un commento