di Vincenzo Paliotto (questo articolo lo trovi anche su www.ilpallonaro.com)
Nella folgorante e per certi versi genuina
bellezza del calcio italiano degli Anni Ottanta, nessuna sfida supera in
termini di contenuti tecnici ed agonistici il dualismo intercorso tra la Roma e
la Juventus, almeno nella prima metà di quel decennio. Sfida infuocate, accuse
a distanza tra i protagonisti nel bel
mezzo di colpi di fuoriclasse e di campioni che ne hanno tratteggiato a grandi
linee la storia del nostro calcio. Anche perché il dualismo tra romanisti e
juventini nasceva su sostrati storici alquanto differenti. Enormemente
consolidato e legittimato il blasone della Juventus, la Vecchia Signora del
calcio italiano, da sempre vincente ed aristocratica sotto la guida e la
protezione degli Agnelli, mentre sorprendentemente in ascesa quella capitolina,
affidatasi all’intuito, alla passione e all’amore per i colori giallorossi del
suo Presidentissimo Dino Viola, l’uomo che ebbe il coraggio di far cambiare il
corso della storia almeno in quegli anni e che aveva già pagato l’ingiustizia
per quel gol annullato a Turone per “una questione di centimetri” nel
campionato del 1981.
Roma-Juventus è un big-match che si spinge
oltre il contorno calcistico e che travalica le attese, definendosi la sfida
per eccellenza. I vincitori di sempre contro la nuova realtà del calcio
italiano. Il 6 marzo del 1983 pertanto in un Olimpico di Roma zeppo in ogni
ordine di posto le due squadre incrociano le proprie ambizioni in una sfida di
cartello che vale una buona fetta dello Scudetto. La Roma è al 1° posto con 5
lunghezze di vantaggio, sfruttando i dettami tattici di Nils Liedholm e la
classe dell’VIII Re di Roma, Paulo Roberto Falcao, brasiliano di pelle bianca e
di classe cristallina. Ma la Roma ha anche altri eccellenti alfieri: Ancelotti,
il compianto Di Bartolomei, Nela, Tancredi, ‘o
rey de Crocefieschi Pruzzo e Bruno Conti, un brasiliano nato per caso in
Italia e precisamente a Nettuno, terra incredibilmente più di baseball che di
calcio. La Juve trapattoniana da par suo schiera ben 6 Campioni del Mondo più
un Platini ed un Boniek nel motore tanto per gradire, ma in campionato accusa
il ritardo sui capitolini anche perché molto concentrata a portare l’assalto in
Coppa dei Campioni.
Arbitra Barbaresco da Cormons, il tifo è
quello delle grandi occasioni. Lo sparuto gruppo degli juventini cerca di far
sentire la propria voce, ma sugli spalti dominano i cori travolgenti del
Commando Ultras Curva Sud, i C.U.C.S., che fanno la storia del tifo in Italia
di quegli anni. Non ci sono le telecamere spesso ingombranti delle pay-tv, le
emozioni si vivono in gran parte alla radio. Al 62’ la Roma passa in vantaggio
tra il tripudio generale. Falcao di testa beffa Dino Zoff, correndo poi a braccia
levate verso i suoi tifosi, ma i romanisti si rilassano troppo presto. All’83’
Platini pareggia con una punizione capolavoro, una delle sue perle, e all’86’
Sergione Brio di testa sigla il gol del sorpasso. Il campionato più bello del
mondo si riapre ma non troppo. La Juve accorcia le distanze in classifica, ma
alla fine della stagione sarà la Roma a trionfare. Dino Viola porta a Roma il
2° Scudetto della storia giallorossa ed Antonello Venditti compone e canta Grazie Roma, uno degli inni calcistici
più belli della storia del pallone. Magie e nostalgie del calcio degli Anni
Ottanta.
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