I Boys San dell'Inter |
di Vincenzo Paliotto (tratto da Fan's Magazine n. 269)
La nascita dei gruppi ultras trasformò
gradualmente l’atmosfera negli stadi italiani. Il tifo organizzato divenne una
componente sempre più importante ed influente del calcio del nostro paese, come
in tutte le altre nazioni europee del resto. I gruppi ultras sorsero
praticamente al seguito di tutte le maggiori realtà calcistiche italiane,
soprattutto nelle divisioni più importanti, ma anche nel calcio cosiddetto
impropriamente minore i club erano seguiti dai loro ultras. Tuttavia, le
trasferte al seguito delle nostre squadre anche in gare di campionato
crescevano enormemente, anche perché venivano facilitate dai mezzi di trasporto
e dagli stessi autobus organizzati dalla tifoserie. Nel ’75 i napoletani
seguirono la loro squadra all’Olimpico contro la Lazio in quasi 30.000 tifosi
in una gara valevole quasi per lo Scudetto comunque, ma le trasferte di massa
erano diventate ormai una nota di colore. Senza tessere e senza restrizioni
particolari. Nelle aree metropolitane e ad alto tasso industriale (Milano, Torino
e Genova) le formazioni ultras videro la luce in anticipo, ma ben presto furono
seguite da altre piazze calcisticamente e non importanti (Napoli, Roma, Verona,
Vicneza, Bologna, Firenze).
Il calcio e la politica. Il fenomeno ultras degli albori lo potremmo
definire per certi versi genuino. Si sceglievano principalmente nomi di matrice
britannica (del resto tutti si ispiravano inevitabilmente agli inglesi
nell’ambito del tifo) ed oltre agli striscioni esposti allo stadio si
stampavano le prime sciarpe, i foulard ed i cappellini. Identificarsi con i
colori sociali della squadra del cuore diventava ormai abitudine quotidiana del
tifoso e non solo all’interno degli stadi. Tuttavia, accanto al fenomeno
sociale degli ultras entrò negli stadi anche la politica, nel pieno degli anni
di piombo e dei risvolti sociali tra gli Anni Sessanta e Settanta. I simboli
che accompagnavano l’estremo sinistra entrarono anche nelle curve spesso volentieri in contrapposizione con quelli
dell’estrema destra. Ad esempio il gruppo portante interista, quello dei Boys San (nati nel 1969), non a caso fu
fondato dal missino Servello, così come la tifoseria nerazzurra si riconosceva
spesso nelle fazioni della destra. Mentre i rossoneri del Milan si
etichettavano sempre più spesso come la squadra del popolo, i casciavit, come si diceva al tempo. E
non a caso le Brigate Rossonere (nate
nel ’75)richiamavano all’attenzione della gente sigle politiche con ben altre
intenzioni e spessore. Ad ogni modo, non sempre la corrente politica dei tifosi
si rispecchiava in quella che al momento andava di moda in quella tifoseria e
non poche furono le curve che si spaccarono per motivi e dissesti politici. Ad
ogni modo, nelle curve facevano il loro ingresso anche altri tipi di simboli,
come quello della marijuana ed altri tipi di droghe, che ormai facevano
capolino nella società italiana. Le droghe erano presenti nel nostro tessuto
sociale già da diverso tempo, ma la cultura delle curve le sdoganava e le
rendeva argomenti meno tabù rispetto al solito.
Gli ultras e le rivalità. Con il fenomeno ultras si accentuavano
comunque le rivalità tra le squadre. Gli antagonismi ancestrali che esistevano
nei derby di provincia subirono delle ulteriori impennate, in quanto gli ultras
imponevano negli stadi e nelle curve i loro codici e le loro regole d’ingaggio.
I derby locali venivano spesso caratterizzati da incidenti e contatti tra il
pubblico, che esistevano già ma venivano in qualche modo amplificati e
descritti con cronache più ampie ed incisive dai mass media. Ma oltretutto le
curve cominciavano a comunicare attraverso gli striscioni di sfottò e qualche
volta anche in termini più offensivi ed attraverso le coreografie che si
facevano di campionato in campionato più ricche ed imponenti. Per la partita di
cartello la coreografia diventava un classico ed il pezzo forte dello stesso
match di campionato.
Delitto allo stadio.
L’uccisione di Vincenzo Paparelli.
Un episodio di estrema gravità si registrò poi il 28 ottobre del 1979 in
occasione del Derby Capitolino Roma-Lazio all’Olimpico. Il tifoso laziale
Vincenzo Paparelli fu infatti ucciso prima dell’inizio della gara da un razzo
di segnalazione lanciato dalla curva sud romanista. Paparelli, 33 anni, muore
sotto gli occhi della moglie Vanda Del Pinto, che era andata con lui allo
stadio, mentre sta mangiando un panino prima dell’inizio della gara. La Curva
Nord laziale entra in subbuglio. I tifosi chiedono a capitan Wilson di non
giocare, ma per motivi di ordine pubblico la partita si gioca lo stesso in un
clima surreale. The show must gon on,
direbbe qualcuno. In Curva Nord scoppiano disordini, poi dopo 14 mesi si
costituirà il giovane diciottenne Giovanni Fiorillo, pittore edile disoccupato.
Verrà condannato per omicidio preterintenzionale. Una pagina molto nera per il
calcio ed il tifo.
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