lunedì 10 ottobre 2011

I trascorsi calcistici del Che

Il giovane Ernesto Guevara
di Vincenzo Paliotto
 Il 9 ottobre del 1967 nel mondo si diffuse con rabbia e clamore la notizia che Ernesto Che Guevara era stato giustiziato a Las Higueras, sulle alture boliviane, dopo essere stato a lungo inseguito dall’esercito regolare locale. Il rivoluzionario argentino, il cui pensiero era stato ormai esportato in tutto il mondo, era stato ucciso dopo la sua cattura con una decisione crudele e precipitosa presa dal governo dittatoriale boliviano del generale Barrientos, incoraggiato in maniera particolare dalla CIA e dagli Stati Uniti. L’agente CIA Felix Rodriguez ordinò nel villaggio boliviano di Las Higuera l’uccisone del Che, che fu ammazzato dal soldato Mario Teràn, il quale per eseguire l’ordine di esecuzione dovette addirittura ubriacarsi. Il corpo martoriato del Che fu occultato  e non fu trovato fino al 1997, in quanto facendolo scomparire per sempre i suoi nemici pensavano di offuscarne definitivamente la memoria. In quel giorno d’ottobre, invece, in terra boliviana la storia del Che si trasformò irrimediabilmente in leggenda.

Independiente Sporting il libro di Mauro Berruto
 Ernesto Guevara, nato a Rosario in Argentina il 14 giugno del 1928, aveva in gioventù giocato a rugby nell’Altalaye e nel SIC e dei suoi trascorsi sportivi ne era fortemente orgoglioso. Tuttavia, il futuro Comandante poteva vantare anche un’esperienza calcistica di tutto rispetto. Nel suo primo viaggio nel continente sudamericano a bordo di una motocicletta a cavallo del 1951 ed il 1952, Ernesto Guevara, insieme al compagno di viaggio Alberto Granado raggiunse anche la Colombia nella località di Leticia e lì, per guadagnarsi qualche spicciolo per vivere, accettò il ruolo di allenatore della formazione locale, l’Independiente Sporting Club, che partecipava con alterne fortune al campionato interregionale. Lo stesso Guevara nel suo diario Notas de viaje, pubblicato poi in tutto il mondo con grandissimo successo come Latinoamericana e quindi riprodotto anche in un film di successo come I diari della motocicletta, riportava questa simpatica esperienza ai margini del calcio colombiano.  Oltretutto nonostante il loro apporto tecnico e di conoscitori di calcio, la situazione in classifica dell’Independiente tardava a migliorare e sia Ernesto Guevara che Alberto Granado pensarono egli stessi di scendere in campo. Granado giocava all’ala destra ed era enfaticamente soprannominato “Pedernerita”, in onore del calciatore argentino Adolfo Pedernera, molto dotato tecnicamente, che faceva faville con la maglia del River Plate. Mentre Guevara giocava in porta, rivelando grande coraggio nelle uscite per lo più spericolate e nel senso del piazzamento. Non male per i due dottori argentini che riuscirono a portare la loro squadra di Leticia ad una condizione migliore e ad ottenere un buon risultato in quel campionato. Nel suo stesso diario Ernesto Guevara raccontava di un rigore parato in una partita a Leticia che rimarrà nella storia del calcio locale.
il Che in versione rugbista
 Il rapporto del Che con il mondo del calcio, comunque, non si chiuderà in quel campionato. Infatti, in una lettera indirizzata alla madre Celia de la Serna del 6 luglio del 1952 dalla Colombia ci tiene a sottolineare che all’indomani a Bogotà, ovviamente in compagnia di Alberto Granado, sarà ad assistere alla gara amichevole molto attesa tra i Millionaros ed il mitico Real Madrid di Alfredo Di Stefano, il più forte giocatore al mondo prima dell’avvento di Pelè. La stessa saeta rubia argentina del Real Madrid racconterà di aver stretto la mano al termine di quell’incontro a quel giovane dottore argentino che avrebbe scritto pagine importanti della storia. Inoltre il Che non nascose mai la sua simpatia per la compagine gialloblu della sua città del Rosario Central, fiera antagonista dei concittadini del Newell’s Old Boys.
 A termine di quel primo viaggio transamericano lo stesso Ernesto Guevara scrisse nelle pagine introduttive del suo diario “io non sono più io. Per lo meno non si tratta dello stesso io interiore. Quel vagare senza meta per la nostra “Maiuscola America” mi ha cambiato più di quanto credessi”. Infatti, al termine di quel viaggio maturò la convinzione di Ernesto Guevara di non continuare ad esercitare la professione di medico, pur potendo godere di molte opportunità di lavoro, ma di affrontare tra le tante l’avventura più grande della sua vita: di lottare contro il capitalismo in favore dei popoli americani da sempre sottomessi economicamente e politicamente. A 44 anni di distanza dalla sua scomparsa il Che continua ad essere un mito vero per tanti in ogni angolo del pianeta.

3 commenti:

  1. Grande Vincenzo, credevo di essere un discreto conoscitore della vita di quest'uomo e invece...non si finisce mai di imparare!

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  2. Caro Bion,

    della vita del Che non si finisce mai di scoprire qualcosa di nuovo. La storia ed un certo tipo di cultura ce ne hanno tarsferito un'immagine in molti casi sommaria e deviata, facendolo spesso apparire non nella profondità del suo animo e del suo pensiero.
    Il Che è stato un rivoluzionario straordinario e di una cultura profonda e vasta, ai più inimmaginabile.
    Il mio primo hobby è il calcio, il secodno è quello di collezionari libri, film e documentari su Ernesto Guevara. Di lui ho letto tanto e non mi stancherò mai di leggere qualcosa scritto di suo pugno o da altri.
    Un caro saluto,
    Vincenzo

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  3. Grandissimo Fuser!!
    Furibondo de la Serna...
    Complimenti Enzo.
    Nico.

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