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venerdì 20 aprile 2018

Historia de la Copa Amèrica- 3a puntata

di Vincenzo Paliotto
1935-1947: la fantastica nazionale argentina
Vicente De La Mata
La lenta ripresa. La finale della Coppa Rimet del 1930, giocata a Montevideo e vinta dall’Uruguay, aveva lasciato i suoi evidenti strascichi. Gli argentini battuti in finale avevano avuto da ridire e non poco con gli uruguagi e si rifiutarono di scendere in campo per la Copa Amèrica. Per cui la successiva edizione si disputò soltanto nel 1935 a Lima. L’Uruguay però vinse ancora una volta, prevalendo nello scontro decisivo sui cugini per 3-0.  Ad ogni modo, si giocò nuovamente nel 1937 e questa volta l’Argentina si prese la sua bella rivincita in una vittoria finale molto faticosa per l’intrusione del Brasile, per molto tempo lontano dal podio. A Boedo l’Argentina superò di misura l’Uruguay, ma doveva giocare una gara di spareggio proprio contro gli auriverdi. In 80.000 questa volta gremirono il Gasometro e la contesa fu risolta dal giovanissimo De La Mata, che militava nel piccolo Central Cordoba di Rosario. Il giovane attaccante siglò una doppietta nei supplementari, dopo aver rilevato all’84’ Varallo. Il cileno Toro del Santiago Wanderers con 7 gol fu il capocannoniere, ma la festa degli argentini fu grande.
 
Teodoro Fernandez
Te lo dò io il Perù. Jack Greenwell era un inglese a cui piacevano le sfide. Ed infatti è stato l’unico allenatore europeo che è andato a vincere la Copa Amèrica dall’altra parte del mondo e per giunta non con una squadra favoritissima. Nel 1939, infatti, a Lima il successo finale arrise ad una squadra nuova, il Perù forte di numerosi talenti. Greenwell era stato prima giocatore e poi allenatore del Barcellona, sulla cui panchina stette seduto per ben 7 anni consecutivi, un record eguagliato soltanto da Cruyff. Poi sbarcò a Lima all’Universitario e poi fu scelto per la nazionale andina. La squadra peruviana ottenne l’affermazione decisiva, superando per 2-1 l’Uruguay. Jorge Alcalde dello Sport Boys aprì le marcature, raddoppiate poco più tardi da Bielich del Deportivo Municipal, prima che la Celeste accorciasse definitivamente le distanze. Il gran protagonista fu però Teodoro Fernandez, capocannoniere con 7 gol, che fece anche grande la storia dell’Universitario Lima. Nella storia della Copa Amèrica è 3° tra i cannonieri di sempre con 15 gol. Dai tifosi peruviani era soprannominato El canonero, per la sua forza nel tiro in porta ed infatti vinse 7 volte il titolo di cannoniere in patria. Giocò sempre con l’Universitario, nonostante avesse ricevuto tantissime offerte in particolar modo dall’Argentina. Il povero Bielich, invece, morì prematuramente in un incidente stradale.
La cinquina di Marvezzi e Enrique Garcia. Nel ’41 l’Argentina si affermò scavalcando in classifica l’Uruguay con gol decisivo di Sastre. Juan Marvezzi del Tigre segnò 5 gol nel 6-1 all’Ecuador. Primato detenuto quello di più gol segnati in una partita con Scarone, l’altro argentino Josè Manuel Moreno ed il brasiliano Evaristo, che nel ’57 rifilò il pokerissimo nel 9-0 alla malcapitata Colombia. Nel ’42 tornò al titolo l’Uruguay, battendo gli argentini di misura con Zapirain. L’edizione giocata a Montevideo fu caratterizzata dal punteggio più roboante nella storia della manifestazione. L’Argentina, infatti, superò l’Ecuador per 12-0, con pokerissimo di Moreno, poker di Masantonio e quindi Garcia, Pedernera e Petrucca.

Il tris argentino. Tra il 1945 ed il 1947 l’Argentina calò uno dei tris più avvincenti nella storia del campionato sudamericano. La Selecciòn dominò letteralmente la Copa Amèrica come mai gli era capitato prima e che anzi era capitato soltanto all’Uruguay. Gli argentini si affermarono in tre edizioni consecutive senza perdere mai un match, ma anzi affidandosi a grandi ed immensi campioni.  Nel ’45 l’Argentina cominciò andando a vincere a Santiago del Cile, nell’immensità dell’Estadio Nacional. Nello scontro decisivo gli argentini batterono con un sonoro 3-1 il Brasile, grazie ad una tripletta di Norberto Tucho Mendez, gran cannoniere dell’Huracan di Buenos Aires. Ma l’Argentina poteva contare su un attacco atomico, in cui giocava anche Mario Boyè del Boca Juniors, ma che avrebbe poi giocato nel Genoa, Pontoni e Martino del San Lorenzo, Loustau del River Plate, mentre De La Mata era passato all’Independiente. Mendez vinse la classifica dei cannonieri con 6 reti insieme al brasiliano Heleno de Freitas, attaccante del Botafogo. Un puntero dalla finta ammaliante. Si diceva però che cadevano ai suoi piedi sia i difensori avversari che le donne. Morì in assoluta povertà. Nel ’46 l’Argentina riesce a fare ancora meglio, vincendo la Copa Amèrica a Buenos Aires, questa volta vincendo 5 incontri su 5. La squadra è affidata ancora una volta al CT Guillermo Stabile, capocannoniere della prima Coppa Rimet, che in Italia giocò nel Genoa e che è ancora il Commissario Tecnico con il maggior numero di vittorie nella Copa Amèrica, addirittura ben 6. Nell’incontro decisivo ancora Mendez stese con una doppietta il Brasile. La partita fu contrassegnata dal contorno di scontri che non avevano nulla da invidiare al pugilato tra i giocatori in campo. La rissa si scatenò dopo un durissimo contrasto tra Salomon e Chico, in cui il primo ne uscì con la frattura della gamba. Nel ’47, invece, l’Argentina completò il tris a Guayaquil in Ecuador, trovando un avversario inedito nel Paraguay. Assente il Brasile e sotto tono l’Uruguay. Nelle file dell’Argentina si distinse e si laureò campione anche il giovane Alfredo Di Stefano, che aveva vinto il titolo di capocannoniere con il River Plate. Fu quella però la sua unica esperienza con la Selecciòn. Avrebbe infatti in seguito giocato con la Colombia e con la Spagna. Ma in tutto il Sud America fu un vero idolo. 

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